Il giardino nel quale vorrei vivere.

Commenti

  1. Bravo Fabrizio!
    Vengo anch’io!!!

  2. Sottoscrivo

  3. PASSATO (gratitudine). Non mi sembra di aver mai rifletutto in maniera consapevole su questo binomio. Grazie e .. noi siamo in quattro 😀

  4. Sembrerà un caso ma proprio mentre sto deliziandomi della lettura di “Giardini” un bellissimo libro di Robert Pogue Harrison (Fazi editore), che peraltro raccomando proprio a tutti, oltre in particolare che a Mariapia, tu caro Fabrizio mi descrivi il giardino in cui vorresti abitare!
    E dunque proprio ora che sto riscoprendo attaverso questa lettura l’importanza, il valore e la bellezza dei giardini… mi associo al tuo desiderio e sento che è proprio quello il giardino in cui anche io vorrei almeno potermi rifugiare, … magari ogni tanto.
    Certo che a ben pensare sembra proprio che oggi questo giardino sia ….. sull’Isola che non c’è!!
    Grazie per la riflessione.
    Un caro saluto a tutti.
    Marco F.

  5. Ah dimenticavo, il sottotitolo del libro del mio amico Robert è :
    “Riflessioni sulla condizione umana”…
    Doverosa ed importante precisazione, perchè attraverso la dettagliata disamina sui giardini l’autore articola una preziosa, singolare e molto consona (ai nostri lavori) riflessione su l’uomo.
    Marco F.

  6. Bravo Fabrizio perché ci ricordi quali sono le vere mete a cui la nostra vita deve aspirare: bellissime virtù che naturalmente vanno vissute con la mente e con il corpo, o meglio con i sensi!

    Subito il mio senso della vista è stato attirato, aprendo il sito, da uno dei miei quadri preferiti: “il mandorlo in fiore di Van Gogh”, bella scelta! E quanto sono felice quando, nel nostro piccolo “giardino” di casa, posso cogliere il profumo delle rose che curo con tanta passione ed ascoltare il rumore delle cicale, che mi piace tanto perché segno dell’estate!

    Io credo che in questi ultimi anni, grazie soprattutto al lavoro dei gruppi, ho ampliato lo spazio dedicato a questi aspetti della vita, e forse grazie al mio carattere che poi è molto simile al tuo non ho avuto grosse difficoltà; ho ricevuto molte prove di sincera gratitudine, io dagli altri! Questo mi fa pensare che qualcosa ho seminato e mi riempie di gioia!

    Sai cosa rimane ancora per me una piccola fatica? La pazienza.
    Spesso mi accorgo che se devo attendere una persona, un appuntamento di lavoro, la fine di un viaggio mi assale l’ansia. E’ con il presente che devo fare i conti e credo che solo la meditazione può aiutarmi per farmi cogliere la bellezza del presente, senza reminescenze del passato né ansie per il futuro. Trovo per questo un grande aiuto in un libricino che già ricordo di aver menzionato nel sito: “Ogni momento è un dono” Riflessioni sul vivere nel presente di Chiara Lubich.

    Spero Fabrizio che davvero chi prima chi dopo possiamo ritrovarci tutti nel bel giardino di cui tu parli.

    Un abbraccio Gabry

  7. davide calandrini dice

    IL post inizia con”il corpo è stanco della tirannia della mente”e finisce con un cervellotico elenco di virtù da frequentare per raggiungere l’ataraxia.
    Per uno che a fatica riesce ad avere pazienza con se stesso questo giardino attrae poco.Anzi a tratti sembra claustrofobico oltre che elitario e in fondo frutto propio di quella tirannia della mente che tutti condanniamo.Certo che ci dovrà essere un recupero delle virtù ma ho l’impressione che alla fine di questo gran parlare manchi il solo ingrediente (mezzo?) che fa poi sviluppare il resto:il silenzio.
    Tre secoli dopo Epicuro un Ebreo che forse amava più gli orti dei giardini non si preoccupava tanto di circoscrivere come dove e con chi sviluppare queste virtù ma in piena libertà frequentava luoghi mancanti di amicizia,franchezza, speranza ,considerazione,gratitudine…

  8. Pazienza, gratitudine e speranza uguale frutto della tirannia della mente????? Bah! No comment! Marco F.

  9. Belle, carissimo Fabrizio, le virtù di Epicuro, che, non a caso, viene oggi ripreso da molti pensatori in Italia, come Madera, ad esempio; e bella l’idea del giardino.
    Ricordo uno dei miei primissimi dialoghi, scritto intorno ai 19 anni, in cui un maestro e un discepolo dialogavano appunto in un giardino, ed io tentavo di essere il più possibile “greco”, influenzato dal Nietzsche della “Nascita della tragedia”.

    Eppure in queste riprese di temi classici e greci mi pare di percepire un limite, quasi l’illusione di poter scavalcare duemila anni a ritroso e ritrovare una saggezza precristiana, premoderna, che quindi ci appartiene solo in parte, e rischia di diventare una sorta di alibi, di altrove idealizzato e irraggiungibile.

    In fondo noi abbiamo creato i nostri Gruppi proprio per aprire aree odierne, metropolitane, postmoderne, concrete, in cui curarci, in cui accogliere (caro Davide)proprio i disperati, gli oppressi, gli isolati, e cioè le ppersone come noi; oasi o pronti soccorsi in cui confrontarci con i nostri demoni, le nostre angoscie, i nostri terrori, in un momento in cui tutto sembra esplodere.

    Per noi cristiani l’importante non è tanto la coltivazione delle virtù, ma la metanoia radicale, il passare dallo stato ego-centrato della mente a quello cristo-centrico.
    Solo da questo rovesciamento mortale può sgorgare goccia a goccia una vita davvero nuova, e quindi cristiana-mente virtuosa.

    E’, credo, questa radicalità messianica che distingue il nostro stato psichico e spirituale da quello dei tempi di Epicuro, o di Buddha, che è poi lo stesso. E fermarsi a questi maestri credo che configuri la stessa tentazione di dislocarci altrove, invece di confrontarci con le potenze cieche e minuziose che sono all’opera oggi.

    Tornare ad Epucuro, o a Buddha, o anche a Seneca, è dunque utile, a mio parere, solo se siamo ben consapevoli che i nostri corpi non sono più gli stessi di quelli del IV secolo a.C., e che quindi le vie di salvezza, e di guarigione sono ormai diverse.

    Come possiamo guarire oggi?
    Questo mi sembra il vero problema.
    Che cosa significa oggi diventare uomini e donne veri, vera-mente virtuosi, e cioè dotati della libertà e della creatività che lo Spirito del Messia OGGI ci mette a disposizione?

    Epicuro, come d’altronde Socrate, sono, in altri termini, l’Antico Testamento greco, come Buddha è l’Antico Testamento hindu, ma le loro vie sprofondano e riemergono radicalmente trasformate nella Nuova Umanità del Risorto.
    Questa attuale scarsa comprensione del significato storico-epocale dell’Incarnazione rende la nostra civiltà occidentale così debole e stanca, e anche i nostri corpi così poco energici e vitali.

    Non è la mente in sé infatti che stanca il corpo, ma la mente ego-centrata, mentre la mente cristo-centrica possiede il fuoco che dà vita anche al nostro corpo.

    Un abbraccio. Marco

  10. “il corpo di cui è fatta la nostra anima”: è un’espressione che mi ha toccata.
    Anche se è solo una piccola emozione, ho voluto condividerla.
    Un caro saluto a tutti voi che solitamente scrivete e a tutti coloro che, magari come me, solitamente leggono
    iside

  11. Fabrizio F. dice

    Grazie Paola, Massimo, Domenico e Iside (un abbraccio).

    @Marco: grazie perché in effetti mi dai modo di ricordare il libro di R.P.Harrison, che contiene una lunga riflessione, piena di fondamentali spunti letterari e filosofici, proprio su questi temi.

    @ Gabriella: cara Gabriella, in effetti è lo stesso anche per me. La pazienza del presente è il terreno più difficile per me, l’esercizio quotidiano che richiede più sacrificio e più umiltà nell’imparare.

    @ Davide: Claustrofobico esercitare l’AMICIZIA, la CONVERSAZIONE, la CONSIDERAZIONE PER GLI ALTRI, la FRANCHEZZA NEL PARLARE, la SPERANZA, la GRATITUDINE ? Cioè le virtù che fanno di un essere vivente, un essere ‘umano’ ?
    Evidentemente non rendi giustizia ad Epicuro, e forse dovresti rileggerlo. Perché non c’è nessun intento elitario, o di circo-scrizione nel suo pensiero. Semmai esattamente il contrario.

    @Marco: Grazie, carissimo Marco per il tuo intervento, che è fonte, come sempre, per me, di meditazione e riflessione.
    Condivido in gran parte quel che scrivi, l’unica cosa sulla quale sulla quale mi pare di dissentire è il fatto che i temi di Epicuro mi sembrano sempre quanto mai attuali perché la nostra sfida oggi è proprio quella – come tu dici – di rifondare il nostro essere nel mondo e il nostro essere con gli altri, e ciò a mio avviso non può essere fatto altrimenti che coltivando e ritrovando, in forma libera e creativa, queste forme umane primarie. Che sono il terreno senza il quale, forse, nessuna metanoia è possibile.

    Un abbraccio
    f.

  12. … al “chiuso per ferie” ho dovuto sommare “gli strali di Giove” che si son abbattuti sul modem, così, ho “lasciato che accada” l’amalgama tra PRESENTE e pazienza.

    Le sollecitazioni emergono da più post, ma è come se sulla tavolozza vi fossero colori che l’acqua-rello scompone e ricompone in altro, ALTRO DA SE’? Sono la stessa eppur diversa.

    La vera meraviglia sta nel fatto che dall’impotenza, emerga LA VITA.
    L’immagine coinvolgente di una luce tersa che FINALMENTE ILLUMINA il giardino della RICONOSCENZA.

    Quell’ultima parola GRATITUDINE mi pare la chiave, “la chiave del regno”.

    Il Mistero STA NEL FATTO (nel riconoscere la mia impotenza) NEL DONO (nella gratitudine del cuore per il fatto che io son fatto, fatto dono a me stesso ed alla Vita)!

    Io ho solo l’empirica esperienza di quel che dico, un piccolissimo inizio, ma spesso non comprendo perchè non si comprenda… ? che al disotto della separazione vi è l’unità? UN TUTTO DI UNITA’!

    Che la mia impotenza consenta l’onnipotenza, che non sono parole vuote queste ma un’esperienza veramente possibile e che il giardino è proprio questo nel quale vivo e non un altro.
    Una unità che non distingue, non separa e non confonde. Non è neppure che ogni cosa abbia il proprio posto se non un posto nuovo: lo stesso eppur diverso”. .
    La vera conoscenza non ha nulla a che vedere con la perfezione di fare solo il bene e dall’essere vittoriosi sul male; dallo sconfiggere il drago, qualunque esso sia…
    Eppure la vera conoscenza ha a che vedere proprio con tutto questo: nulla la definisce una volta per tutte, eppure tutto, ma proprio tutto, anche la morte ed il dolore, ne hanno parte.
    In un certo qual modo la morte ed il dolore sono certamente vinti nell’amore all’uomo ed alla sua storia (su questa nostra terra o in un altro mondo) ma proprio in quel che abbiamo patito e sofferto consapevolmente (consapevole= ri conoscenza = gratitudine: come si accoglie un dono?) la morte ed il dolore avranno la loro parte di vittoria nella mia personale, nella vostra ed in QUESTA UNIVERSALE STORIA.

    La conoscenza ri-conoscente e grata, nasce nel cuore della mente: E’ CONCEPITA dall’amore.

    Una unità nella quale tutto ma proprio tutto è presente.

    Il passato ed il futuro sono nel presente CONTEMPORANEAMENTE e lo sono ORA E SEMPRE.
    Che trasfigura è l’amore nel PER DONO.
    Questo principio di unificazione L’AMORE noi lo abbiamo nel nostro “cuore della mente”, è proprio nostro, è il nostro stesso fondamento, in esso siamo stati concepiti e nel concepire nuova vita (nell’Idea e nel Figlio) sta LA DIMENSIONE nell’essere del mistero e nel suo divenire PRESENTE.

    L’amore non è un’etica, non un diritto e non un dovere, l’amore è la sorgente, è l’alba nuova di una libertà possibile.

    Un abbraccio a tutti. Son felice e son tornata, ciao

    Rosella

  13. Rileggendo gli interventi desidero puntualizzare meglio la riflessione su “passato e gratitudine” (dal mio punto di vista, poichè non ho mai letto Epicuro).

    In un certo qual modo, quando noi compiamo un’ azione “crediamo di sapere quello che facciamo”, ma, vi sono automatismi personali inconsci e variabili esterne, che rendono l’azione stessa ed il suo risultato imponderabili.
    Si può dire che “noi non sappiamo quello che facciamo” mentre agiamo; ma, possiamo ri-conoscerlo “solo dopo”.
    Siamo limitati ed impotenti più di quanto pensiamo.
    Gesù stesso pronunciò sulla croce le parole: “Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno”.

    La consapevolezza si basa quindi su una rivisitazione di ciò che è accaduto, su una RICONOSCENZA il resto, per così dire, è “un futuribile che si fa presente” .
    La consapevolezza implica quindi anche l’evocazione di sentimenti, che possono esprimersi in molti modi; ma , se IN ARMONIA con l’evento del riconoscere, dovrebbero essere di gratitudine.

    Effettivamente sentirsi ed essere grati nella vita è “quasi un miracolo”. Attiene allo stato dell’integrità. Io l’ho sperimentata nell’intensivo, durante il lavoro di gruppo. Lì ho sentito gratitudine verso la vita ed ho reso lode e gloria a Dio. (ero felice)
    Se noi potessimo permanere costantemente in questo stato di conoscenza emotivamente “riconoscente e grata” penso che vivremmo una vita contemplativa come quella di Maria.

    “La conoscenza ri-conoscente e grata, nasce nel cuore della mente: E’ CONCEPITA dall’amore.” (e nostro è solo il “sì”)

    “Eppure siamo veramente liberi di amare solo nel momento in cui riconosciamo: quello che non è possibile all’uomo è possibile a Dio”. (quando ne facciamo una sapida esperienza iniziatica, come nell’alchimia meditativa)

    ciao Domenico
    buon ferragosto a tutti
    Rosella

  14. 😆

  15. 😀

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