Quando si parte per le vacanze ci sono grandi aspettative. Si vogliono conoscere posti nuovi.
Le offerte non mancano: il giro del Mediterraneo in 7 giorni. Roma in 3 giorni. Istanbul in 3 giorni.
Tre settimane in giro per l’Australia, Due settimane a New York e dintorni, e così via
Foto, foto, .. telefonate/SMS agli amici. Cibi del luogo tendenti al Mc Donald, …
Si torna e si racconta o si fanno vedere 1 milione di foto o 30 minuti di filmino che riprende l’atterraggio dell’aereo… oppure niente perché si pensa che non si può capire se non ci sei stato.
E’ vero il tono è un po’ ironico…
Non voglio però entrare in merito se è giusto/sbagliato, al tipo di viaggio o di luogo
perché altrimenti dovremmo parlare di cosa intende ciascuno di noi per vacanza.
Quello che voglio invitarvi a fare è un gioco. A mia figlia è piaciuto molto e si diverte a farlo anche da sola e a condividermi subito dopo alcuni pensieri.
Se vi piace potete farlo quando e dove volete ed è sicuramente indicato per il periodo estivo.
Mentre passeggiate, conversate, cenate, siete su un mezzo pubblico concentratevi su una/più persone.
Osservate cosa fanno, come si muovono, il tono della voce, guardate le mani, come si vestono, i loro tic… concentratevi sul dettaglio
L’obiettivo non è fare gossip, né fare gli intrusi ma capire, imparare e magari trovare qualcosa che conferma o distrugge un mio pregiudizio. Capire se certe cose hanno un significato che proviene dalla tradizione,se sono buone/cattive, affidabili, accoglienti. L’obiettivo è entrare in sintonia, vivere il presente.
L’anno scorso sono stato 9 giorni a Istanbul.
Ricordo che ad un matrimonio in tipico stile occidentale alla Beatiful per intenderci gli sposi accoglievano gli invitati (vestiti in modo occidentali con sfoggio di oro) su una splendida barca ormeggiata Bosforo.
C’era un gruppo di donne con il burka nero poco distante che li guardavano ammirate. Erano molto giovani.
Dopo un bel po’ una di loro si stacca dal gruppo e gli offre un bellissimo fiore… non lo avrei mai immaginato, e neanche gli sposi.
Sono un pendolare e ogni giorno prendo il treno. Quando sono particolarmente stanco non leggo, non ascolto musica, non lavoro. Guardo le persone intorno a me. Vedo le loro mani e immagino chi sia (adesso sono molto bravo).
Guardo i loro occhi persi o di chi è stato sfondato dalla giornata. Ascolto i loro stati d’animo (e il mio).
Naturalmente lo faccio anche a casa .. 🙂
Spero che il gioco sia chiaro e che vogliate trovare l’attitudine interiore del mettervi in sintonia con il presente (accoglienza) presupposto fondamentale per la buona riuscita. Se non ci riuscite non desistete e cominciate ascoltando questa meditazione disponibile sul sito di Marco Guzzi.
Attendo vostri suggerimenti e magari qualche condivisione perché il gioco non è una esclusiva e magari lo fate già anche voi.
Approfitto per augurare buone vacanze a tutti.
“photo credit lensfodder“
Carissimo Domenico, è molto interessante questo tuo gioco.
Fatto con attenzione meditativa può essere un ottimo strumento per passare dall’attitudine interiore immediata nei confronti di una persona, che è sempre nutrita di proiezioni e antichi pregiudizi, ad una attitudine empatica e compassionevole.
Questo, come sappiamo, è in realtà un passaggio mentale determinante dallo stato dell’io ego-centrato, che giudica e mette a distanza, allo stato dell’io in conversione, che osserva, o addirittura dell’io in relazione, che percepisce col cuore la comunione sostanziale di tutti nell’unico destino di salvezza.
Auguri allora per queste meditazioni on the road…
Marco Guzzi
Caro Domenico, questo gioco lo faccio anche io da molto tempo fa ogni volta che prendo la metro. Non sai quante cose si possono capire guardando le facce della gente: si capisce il loro stato di animo.
Me ne accorgo anche dalla voce: c’è molta gente triste, stanca, che non sorride più e mi viene un senso di sconforto.
Vi auguro una buona vacanza.
Un abbracio.
Rashide.
Caro Domenico, mi piace il gioco che proponi, anch’io l’ho messo in atto durante i miei viaggi e conservo ricordi di volti, di luoghi e di situazioni molto diversi.
Leggendo il tuo post è affiorato il ricordo di una donna quarantenne, mia coetanea, incontrata in Perù, sedici anni fa. Era circondata da quattro ragazzini e da una giovane incinta che l’avrebbe resa nonna in breve tempo. Il suo corpo era sciupato, precocemente invecchiato ed io , guardandola, avevo espresso col mio volto sorpresa, ma anche compassione: non avrei voluto essere al suo posto. Parlando con lei, le dissi che io avevo la sua età e non avevo figli.
Lei mi guardò e sul suo volto lessi la stessa sorpresa e compassione, questa volta rivolte a me.
Buona vacanza.
Giuliana
Che interessante l episodio ricordato da Giulana!
E credo lo sia anche il gioco proposto da Domenico anche se devo dire che il modo in cui lo propone lui è un pò direi più avanzato rispetto al mio .. forse la stessa espressione gioco indica una leggerezza che aiuta l empatia , l approccio con gli altri .
Sono molto interessato e un pò inpaurito dal passaggio sul vivere il presente in questo modo … Marco, Domenico vi va di fare un post su questo punto ? Nella mia esperienza scuto il fatto che ciò che per anni è stata la verità per me è frutto in realtà di grandi equivoci ed avvicinarsi a ssensazioni reali necessita ad un certo punto di un lavoro continuo su se stessi che ,per me, fa incontrare sempre più chiaramente l ‘amico . la moglie , il vicino del tram etc: procedendo cioè verso se stessi se ne sce sempre più per incontrare gli altri .;si esce sempre più dalla parte egoica , e allora si può piano piano fare esperienza del presente spoglio di ansie timori o apettative. Questo è più o meno ciò che io sto vedendo nella mia vita
Mentre scrivevo il post rileggevo il mio passato con grande gratitudine.
Il gioco nasce tanti anni fa. E’ frutto della mia esperienza nel modo salesiano. Don Bosco diceva che per amare i giovani bisognava amare quello che loro amavano. Non era ruffianeria ma il piacere di stare insieme, di capire da parte di chi aveva il compito di essere una guida.
Soleva ricordare che la santità consisteva nell’essere sempre allegri. Il gioco (come la preghiera) quindi era importante. Doveva avere una finalità, uno scopo educativo, una porta nel mondo, una presa di coscienza una consapevolezza. Una meditazione diremmo noi.
Quando insegnavo tecniche di animazione i partecipanti rimanevano stupiti dal fatto che per organizzare un gioco era necessario che si conoscesse la “psicologia” dei giovani, quale fosse “il gesto atletico” proprio di quell’età, “quale linguaggio utilizzare” per spiegare e condurre un gioco.
Anche io le ho imparate. Ricordo ancora a 17 anni quando cominciai il percorso (tre anni) per diventare allenatore federale di basket. L’agenda degli incontri prevedevano: l’ambito psicologico (elementi di psicologia evolutiva e transazionale), culturale (psicomotricità e basket per fasce di età), spirituale (il metodo preventivo di Don Bosco).
Adesso che te l’ho raccontato scopro che sto continuando lo stesso cammino da sempre … cose dell’altro mondo ❓
Sul post .. che mi proponi .. why not ?
Ciao Domwnico. Mi intereaaerebbe approfondire il concetto di vivere il presente e in relazione il vivere il passato o cosa che lo precede
Carissimo Domenico, allora non è nemmeno un caso che i nostri Gruppi si svolgano proprio in casa di Don Bosco, all’Università Salesiana, se i nostri tre livelli formativi già venivano integrati nei corsi per allenatori di basket….
Ciao. Marco