Continuiamo nella pubblicazione di questo Corso tenuto da Marco Guzzi presso il “Claretianum” – Istituto di teologia della vita consacrata dell’Università Lateranense.
Questo Corso riassume tutti i presupposti del lavoro dei Gruppi “Darsi pace”, potete quindi diffonderlo in tutte le forme che riterrete opportune.
Il titolo e i contenuti di questa Terza Lezione sono:
Dalla rappresentazione alla realizzazione dei misteri della salvezza
- Ci troviamo a vivere in una fase del tutto nuova della storia umana e quindi anche della storia della salvezza, in cui l’appello cristiano alla trans-formazione della nostra mente, da egoistica a relazionale, diventa urgenza apocalittica, rivelazione evidente.
- Questa circostanza provoca innanzitutto i cristiani a rivestire sul serio la loro novità umana, a manifestare sul serio di essere l’avanguardia dell’umanità relazionale, rinnovata nello Spirito di Cristo. E potremmo dire che dall’inizio della modernità in poi si sia aperta proprio una fase cruciale e dolorosa di verifica entro il grembo del cristianesimo. E’ come se l’umanità relazionale di Cristo, emergendo dalla storia stessa del pianeta, mettesse in crisi tutti quegli aspetti dello stesso cristianesimo storico che non appartengono affatto all’umanità relazionale nascente.
- E’ in corso potremmo dire un immenso Giudizio Universale in questo senso, per valutare che cosa appartenga all’uomo vecchio ego-centrato e che cosa alla nuova umanità relazionale. Questo travaglio selettivo si manifesta nella Chiesa cattolica in modo accelerato a partire dal Concilio Vaticano II, e attraverso diverse tappe cruciali, quali la Richiesta di perdono di Giovanni Paolo II, le dimissioni Papa Benedetto, e l’elezione di Papa Francesco.
- La NE insomma è la risposta della Chiesa ai travagli dell’attuale passaggio antropologico, attraverso i quali i cristiani sono chiamati a verificare in quale misura la loro fede sia reale e realmente incarnata. Questo processo sta portando di conseguenza alla crisi di tutte le forme di religiosità preminentemente rappresentata, di tipo cioè cultuale e abitudinaria, mentre le persone si orientano sempre di più verso una spiritualità più personalmente realizzata, vissuta e sperimentata.
Leggere: M. Guzzi, La nuova umanità, op. cit., pagg. 129-144; 174-186
Caro Marco, in questa lezione che ho trovato bellissima e coraggiosa, attraverso le tue parole ho capito perfettamente il mio malessere sempre crescente per tutta questa religione rappresentata ma che non mi porta a fare nessuna autentica esperienza dei misteri rappresentati . Ho riconnesso le tue parole a quelle della lectio sulla Samaritana e all’invito di pregare in spirito e verità come cerchiamo di fare in DP.
Scusami del mio intervento sconclusionato ma mi è venuto spontaneo comunicarti un grande grazie!
Annapaola
Cara Annapaola, perchè “sconclusionato” il tuo intervento?…anzi, di apprezzamento e di confessione di un “malessere” che, ti assicuro, non vivi solo tu!
Siamo in molti a soffrirne e per fortuna, oggi, riusciamo anche a dircelo, ciao, mcarla
Carissime, avete perfettamente ragione: siamo in tanti a soffrire, anche senza riconoscere sempre che soffriamo proprio per ragioni strettamente spirituali, perché ancora una volta ci viene offerta una religione troppo estrinseca, troppo spettacolare, da guardare appunto, mentre mancano terribilmente cammini concreti di liberazione interiore.
La chiesa in tal senso è chiamata a profonda conversione: troppa mondanità ancora, davvero asfissiante, troppe chiacchiere, troppi salamelecchi coi potenti della terra: non si servono due padroni! Una chiesa povera non può che essere una chiesa emarginata dai poteri di questo mondo; una chiesa rivoluzionaria, come la chiede Papa Francesco, non può che essere una chiesa perseguitata, derisa, esclusa, e calunniata dai potenti e dai gaudenti di turno, come lo è sempre stato il suo Signore, altrimenti è tutta la solita retorica, il riciclaggio della solita scissione tra il dire e il fare, che ha creato per secoli uomini e società letteralmente schizofreniche…
Perseveriamo dunque con forza nel laboratorio/oratorio spirituale e culturale del nostro cuore e dei nostri Gruppi, collaboriamo a questa straordinaria riforma della Chiesa, che comunque ormai è ineluttabilmente avviata.
Un abbraccio. Marco
Caro Marco, la tua affermazione secondo la quale Gesù, davanti a una coppia gay né li perseguiterebbe ma neanche approverebbe un matrimonio, mi lascia perplessa.
Non capisco come l’amore tra due persone dello stesso sesso sia diverso da quello tra persone di sesso diverso.
Essere gay non è un capriccio, anzi, è un travaglio sociale, familiare, intimo e psicologico che qualsiasi persona che voglia vivere nella verità deve affrontare, e credo che tutti vogliamo cercare per quanto possibile di vivere nella verità, almeno la nostra, più intima e personale, sempre a riuscirci…
Meglio riconoscere chi si è che negare, nascondere o fingere, anche a costo di una fatica che immagino debba essere molto grande (io non sono gay, ma la paura fa novanta…).
Perché allora non riconoscere una realtà che si afferma sempre di più ovunque e oltretutto va nel senso del creare una famiglia, cioè un luogo dove ci si ama, si cerca di capirsi e di vivere assieme?
Daltronde, la Chiesa non riconosce nemmeno le coppie di fatto, neanche dopo 25 anni di convivenza, e questa è la mia esperienza personale, ne ho già parlato anche qui.
Ma allora come faccio a credere in una maggiore apertura della Chiesa, se perfino tu “metti questi paletti”?
Vorrei capire meglio, ti ringrazio, Rita
Mi associo a Rita su un argomento che mi provoca conflitto interiore. Ho iniziato, grazie a te Marco, uno straordinario cammino di autoconoscenza e riscoperta della fede che per me è un punto di non ritorno. Ma sono separato. In tutta coscienza io non so se il mio matrimonio è viziato dalle origini per mancanza di consapevolezza e immaturità affettiva, ma la cosa, secondo me, in fondo, non ha molta importanza. Oggi so solo che il mio matrimonio non c’è, nonostante il grande affetto, la vicinanza, la confidenza, la cura che reciprocamente ci scambiamo la mia ex moglie ed io, molto più di tante coppie formalmente insieme che conosco. Ma il giorno che m’innamorerò, e spero che ciò accada, per la Chiesa non potrò più vivere una vita sacramentale piena (azione di Cristo integralmente e storicamente liberante), a meno che decida di vivere in castità. Qualcosa non mi torna per niente, è tutto problema di sesso? Se amerò penso che non mi farò scrupoli a vivere i sacramenti, nonostante quello che la Chiesa prevede, ma non senza inquietudine interiore. Grazie, Marco, e non solo per la tua eventuale risposta.
Cara Rita e caro Enrico, i problemi che sollevate sono molto diversi: un conto è la possibilità di concepire un secondo matrimonio, dopo il fallimento del primo, un altro conto è dare legittimazione giuridico-matrimoniale al rapporto tra due persone dello stesso sesso.
Sul primo punto credo che la chiesa cattolica debba rivedere le sue posizioni, come in parte sta già facendo.
Sul secondo credo che il matrimonio sia un’istituzione antropologica molto precisa: l’unione di un uomo e di una donna al fine di creare una famiglia naturale, in grado di procreare figli.
Le società fin dalle origine antropologiche hanno tutelato il matrimonio come luogo in cui nasce l’uomo, luogo della trasmissione genetica della vita, e quindi degno di particolari tutele e attenzioni.
L’amore omosessuale può essere valutato moralmente in modi diversi, in Grecia ad esempio era concepita e accettata entro certi limiti la pederastia a scopi formativi; ma nessuna società ha mai concepito un matrimonio (concetto che deriva da “mater”) tra persone dello stesso sesso.
Questa è una novità antropologica, tutta da meditare, e non da dare per scontata in nome di un “progresso”, che spesso è molto discutibile nei suoi parametri morali.
C’è una bella differenza tra l’accettazione sociale dell’amore omosessuale, e la sua formalizzazione giuridica in forma di matrimonio. Credo che sia molto più appropriato creare istituti giuridici specifici (diversi dal matrimonio), evitando così sia la persecuzione che la confusione, in tal senso dicevo che Gesù avrebbe evitato entrambi questi pericoli.
Dopodiché la valutazione morale degli atti sessuali rimane al libero giudizio delle singole persone, e noi non possiamo impedire a un cattolico o a un musulmano o al Dalai Lama di continuare a pensare che l’omosessualità praticata sia un peccato. Noi umani abbiamo sempre ritenuto che non tutti gli amori sono legittimi e da favorire, ad esempio l’amore incestuoso (pure a volte appassionato e vero) continuiamo a ritenerlo negativo, o l’amore per la donna di un altro, o l’amore per una donna e per un uomo al contempo, o per più uomini, e così via.
Il tema comunque, carissimi, è molto arduo, e qui posso solo toccarlo molto superficialmente.
Grazie dell’ascolto, e a presto. Marco
Carissimi, vi segnalo questo testo di parte ebraica sull’argomento, scritto dall’ex gran rabbino di Francia Gilles Bernheim.
Mi sembra molto razionale e utile per la discussione. Grazie. Marco
http://www.ilregno.it/php/view_pdf.php?md5=140adc34925187b8b8d3decdda53f35f
Marco, alla fine della tua lezione, che è stata una premessa a quel lavoro a cui tu rimandi, cioè capire cosa conservare e cosa lasciare andare, tu parli dei sacrementi , che secondo te sono da conservare ma da rivedere. Da qualche mese mi sono trovata a riflettere sul concetto di sacro, la cui gestione è alla base del potere delle religioni che tante sofferenze e paure ha seminato nel corso della storia. Il battesimo e altri sacramenti usati come fattore di distinzione , quelli che stanno dentro dagli altri,,, e poi il matrimonio , dichiarato indissolubile per legge (ma siamo pazzi!!!) … un tempo mi sono espressa a favore del sacerdozio alle donne ( divieto insopportabile) ma forse sarebbe meglio abolire il sacerdozio e liberare tanti uomini dal peso di sentirsi rappresentanti di Dio sulla terra. Riconosco che i temi sollevati richiedono approfondimento e la mia può sembrare una provocazione, ma credetemi mi sento in una crisi profonda e cerco di lavorarci seriamente. Grazie dello spazio.. cettina
Cara Cettina, credo che il problema consista nel come una comunità cristiana viva ciò che il sacramento significa, e cioè il rapporto tra il segno e il suo significato. Già Paolo VI diceva che spesso abbiamo amministrato sacramenti come atti estrinseci, privi della consapevolezza e della fede che donano ad essi valore e forza.
Questo mi pare il punto: riequilibrare il rapporto tra sacramento e maturazione di fede.
Anche il ministero ordinato nella chiesa cattolica chiede di essere vissuto come uno dei ministeri all’intentero di una comunione di ministeri e di carismi, e non più come l’unico ministero su cui si concentra ogni tipo di autorità: spirituale, organizzativa, catechistica, liturgica, amministrativa, culturale, e così via….
In ogni caso io penso che la riforma della chiesa, che lo stesso Papa Francesco ci ripropone, non possa che iniziare dalla mia personale e quotidiana conversione, e dal lavoro condiviso di una liberazione autentica, che relativizza di molto questi problemi: nella misura cioè in cui ci liberiamo per davvero nella nostra umanità integra e divina le differenze di ministero si riducono a ciò che sono: diversi aspetti, diverse configurazioni personali (e carismatiche) di un unico mistero di salvezza.
Ciao. Marco
Grazie Marco per la risposta, sono assolutamente d’accordo che bisogna iniziare dalla personale conversione ; in quanto alle riforme della chiesa “vedremo” : sono siciliana e quando la questione è di difficile soluzione usiamo concludere cosi , che è nello stesso tempo una esclamazione di curiosità e di speranza.
Ciao a tutti… cettina