Titolo: Stati Generali della professione medica
Sottotitolo: 100 tesi per discutere il medico del futuro
A vederla così c’è di cui scoraggiarsi. Poi apro il pdf e come una scolaretta vado a leggere il numero delle pagine: 332. La cifra è implacabile, sento un tuffo al cuore ed entro in franco sgomento.
Non sono un medico e il tema sembra proprio rivolto a quei professionisti, poi non sopporto lo stile burocratico e formale dei documenti. Ma per quale motivo dovrei leggere un tale tomo?
La curiosità però è troppa, così inizio da pagina 1… ben presto sono sorpresa ed avvinta nella lettura.
Provo a delineare qualche coordinata.
La FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri) nel 2018 ha dato avvio ai suoi Stati Generali. Sentendo questa parola, mi è scattata immediatamente l’associazione con la Francia rivoluzionaria del 1789 e non avevo altri riferimenti. Mi sono detta: evidentemente i medici hanno intenzione di portare a discussione temi caldi della loro professione se hanno mutuato un termine così storicamente carico.
Per indire i suoi Stati Generali, la FNOMCeO ha commissionato al sociologo Ivan Cavicchi la stesura di un documento che permettesse di tracciare un percorso di riflessioni da cui far partire il confronto sulla cosiddetta “questione medica”.
Intanto occorre ammettere che esista una “questione medica” cioè una crisi della figura del medico e del tipo di medicina che la sottende.
La lettura del testo di Cavicchi è stata illuminante, entusiasmante, consolante.
Innanzitutto l’autore scrive per punti, aiutando quindi a schematizzare il pensiero.
Usa poi un linguaggio per niente convenzionale rispetto al genere letterario della documentazione. Non ho però avuto la sensazione che si trattasse di una posa, di un ammiccamento conveniente per fare l’amicone. Mi pare invece che sia proprio una scelta precisa: fin dal tono della scrittura emerge la rivoluzionarietà di questo testo. Uno stile coinvolgente, un linguaggio che limita allo stretto necessario il gergo tecnico, impiega espressioni e parole comuni, rivolgendosi spesso in modo diretto al lettore.
Entrando nel merito dei contenuti, Cavicchi dice apertamente, senza mezzi termini, che la crisi della professione medica si può affrontare soltanto se la si colloca in un contesto molto più largo, andando fino alla radice del paradigma positivista su cui si fonda ancora tutta la scienza, compresa la medicina.
Il paradigma positivista, che ha dettato i caratteri della medicina (definita solo come scienza) a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, ha fatto il suo corso, sostiene Cavicchi, e non ha più molto da dire al cittadino del XXI secolo, almeno nella perentorietà con cui ci viene imposto ancora oggi.
La società è chiaramente cambiata, le persone non sono più recettori passivi di terapie lasciate cadere dall’alto. Le persone oggigiorno sono informate, hanno esigenze precise, desiderano prendere parte alle decisioni che riguardano la loro salute.
A fronte di questi cambiamenti epocali nella società odierna, la medicina e il medico non sono al passo con i tempi, relegati in un modello per un mondo che non c’è più. Anche gli amministratori delle aziende sanitarie e i politici a livello centrale continuano a ragionare avendo in mente il vecchio stampo positivista. Perciò, le riforme della sanità falliscono perché di fatto non sono riforme reali, ma semplicemente introduttori di piccoli aggiustamenti su un substrato inamovibile.
A questo punto, mi rendo conto come mi venga difficile provare a descrivere Cavicchi senza transitare nell’assetto concettuale che ho imparato in Darsi Pace in anni di frequentazione.
Ed è questa la cosa che mi ha impressionata di più nella lettura del documento: la profonda corrispondenza tra la proposta di Cavicchi e ciò che andiamo dicendo in DP da tanti anni ormai.
- Leggere la crisi come opportunità di crescita e i limiti imposti ai medici nello svolgimento del loro lavoro come nuove possibilità professionali;
- riconoscere la complessità del reale e valorizzare le interconnessioni;
- puntare sulle relazioni tra tutti gli attori coinvolti dove dialogo e linguaggio assumano un ruolo cruciale nella condivisione di responsabilità;
- riconoscere che il bene e la verità vanno ben oltre la conoscenza di tipo razionale;
- il fatto che tutti crediamo in qualcosa, medico o malato che siamo;
- il fatto che affrontare una crisi implichi risalire alla sua sorgente vista nel cambio antropologico in atto per cui il paradigma positivista non ha più significato:
sono soltanto alcuni degli aspetti di grande sintonia tra la prospettiva di Marco Guzzi e Darsi Pace e ciò che Ivan Cavicchi propone.
Altra questione particolarmente rilevante è il committente di tutto questo studio: la FNOMCeO, cioè la federazione degli ordini dei medici. Questo è un lavoro commissionato dall’interno, cioè i medici stessi, nella loro organizzazione di professione, hanno deciso di intraprendere un viaggio esplorativo di che cosa significhi essere medico nel XXI secolo. Proprio lì nella roccaforte medica, dove la professione è custodita e garantita innanzitutto nella sua definizione, si sta percependo in modo inequivocabile l’improrogabilità di far fronte alla “questione medica” pena la distruzione della professione e la disintegrazione della tutela della salute.
In due prossimi post proveremo ad analizzare ulteriormente questo documento.
Riferimento bibliografico
Ivan Cavicchi, “Stati ‘Generali della professione medica – 100 tesi per discutere il medico del futuro”, Editore FNOMCeO 2018
Ivan Cavicchi, Docente di Sociologia delle Organizzazioni Sanitarie, Logica e Filosofia della Scienza presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università Tor Vergata (Roma)
Laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia
Grazie cara Iside, il tuo contributo è sempre ricco di preziose informazioni e del proficuo sforzo di connettere le novità che proponi con il nostro lavoro! Attendiamo le prossime puntate! Paola
Cara Iside, grazie davvero per questa tua indagine a tutto campo, per questo amichevole e ostinato cercare i segni del nuovo. E ad una ricerca così attenta, l’universo risponde: i segni, si trovano.
Che questo “nuovo” irrompa nel centro esatto dell’istituzione medica, è sicuramente segno di fondata speranza. E un segno che molti di noi non avremmo colto, senza la tua appassionata e lucida disamina.
Grazie!
Grazie.
Grazie Iside! Bellissima questa sintonia con Darsi Pace. E’ davvero il momento di una rivoluzione anche nella medicina. Come in ogni altro contesto, ciò che non deve sfuggire, è che proprio i diretti interessati devono mettersi in discussione per rinnovarsi. Quindi sicuramente medici, infermieri e altri operatori sanitari, ma anche normali persone in veste di “pazienti”. Il rinnovamento deve produrre una “visione nuova” che possa poi tradursi in una “pratica nuova” della medicina stessa. Facendo parte del campo, posso dire che questa necessità è proprio impellente, ma le resistenze (come c’è da aspettarsi) sono fortissime. Ci aspetta un grosso e lungo lavoro! Che però in qualche modo è già iniziato…
Cavicchi è un sociologo, sicuramente espertissimo di materie mediche (gli è stata conferita una laurea honoris causa in medicina!), speriamo che la sua apertura contamini ampiamente anche l’ambiente medico…
A me pare che sia giunto il tempo di cercare attivamente intrecci lì dove si percepisca la (buona) volontà di andare incontro alla vita in modo aperto e creativo. Ci sono tante esperienze che le persone stanno mettendo in campo, screpolature da cui può sbucare la nuova umanità. Adesso abbiamo bisogno di trovarci, riconoscerci e lavorare insieme, nella specificità dell’ambito che ciascuno esprime, ma nella consapevolezza di desiderare la stessa buona destinazione per ogni essere umano e per la creazione tutta intera.
Se ci fosse qualche medico o altro professionista sanitario che è già coinvolto negli Stati Generali indetti dalla FNOMCeO o che è interessato all’argomento, ci piacerebbe entrasse in contatto con noi. Chissà quali intrecci appunto potranno nascere…
iside
Per chi volesse scaricare il documento citato nell’articolo questo è il link: https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato5781192.pdf
Che bella, bellissima notizia!
Nelle mie esperienze non sempre positive con i medici, molte volte ho pensato a quanto bene avrebbe potuto fare un diverso tipo di approccio! Magari anche solo dire… non si preoccupi siamo qui per aiutarla!
Grazie
Grazie Iside e grazie Pierluigi per il link del documento di cui si parla nel post…seguirò con interesse le prossime ‘puntate’…
mcarla
Questa notizia e cioè che una persona come Ivan Cavicchi sia stato investito di redigere questo importante documento mi fa ben sperare in una direzione finalmente nuova della cura della salute in senso olistico e aperto a tutte le possibilità, nell’ottica di una seria è credibile ricerca del vero bene per l’uomo è anche di una reale libertà di scelta ancora tanto osteggiata da un ambiente medico chiuso, arrogante, diffidente e ormai obsoleto. Grazie
Cara Iside, grazie per il tuo intervento molto utile ed interessante perchè non fa che confermare che ci troviamo in un punto di svolta, in un momento quindi propizio. Se anche la “comunità scientifica” comincia a mettere in discussione un sistema non più adeguato, o per lo meno ad interrogarsi sui propri metodi, vuol dire che la trans-formazione è in atto. Questo lo avvertiamo anche per quanto concerne l’ inclusione nei piani terapeutici della medicina integrata, vale a dire il ricorso, in aggiunta alla medicina convenzionale, a tecniche e strumenti che si prendono cura del paziente in maniera olistica. Per fare un esempio giorni orsono ho ricevuto un invito dalla Croce Rossa Italiana, associazione che lavora a stretto contatto col Servizio Sanitario Nazionale ed in prevalenza nel Pronto intervento, di partecipare ad un corso a titolo gratuito sul tema : Impariamo semplici procedure della MTC (Medicina Tradizionale Cinese)…..per dare un aiuto a chi ha bisogno in attesa dell’ intervento del medico. Nella prima sessione il medico ( dell’ Istituto Paracelso di Roma) ha mostrato alcune manovre pratiche della MTC tra l quali l’ applicazione sul padiglione auricolari dei semi di vaccaria, introducendo così il metodo dell’ auricoloterapia,. Sono rimasto favorevolmente colpito, e ho pensato che “apertura” è un segno della trans-formazione di cui parlavo.
Tutti i segni di apertura sono senz’altro di buon auspicio. Personalmente, mi pare però che la trasformazione di cui abbiamo bisogno sia così radicale da implicare appunto un cambiamento di paradigma, ovvero un capovolgimento delle strutture di riferimento.
Ho l’impressione che molte volte le cosiddette terapie complementari (giusto per rimanere nell’esempio portato da Pasqualino) siano soltanto una sorta di giustapposizione alle terapie convenzionali. Ancora di più: anche le terapie complementari cadono dentro la stessa cornice, lo stesso tipo di paradigma positivista. Come dice Cavicchi, non si tratta di essere un po’ più gentili, far durare una visita un’ora invece degli standard 10 minuti dell’ASL, magari bruciare un po’ di incenso e mettere in atto qualche pratica mutuata dall’oriente. Certo che un bell’ambiente in un tempo più disteso mi danno la sensazione di essere maggiormente ascoltata.
Tuttavia, mi pare che attualmente qualunque tipo di approccio terapeutico sia ancora ben dentro un paradigma oggettivante e poco relazionale. Gli esempi classici sono le medicine orientali, dalla cinese all’ayurvedica: catapultate ad ovest, il sistema, ben oliato ed organizzato, le fagocita rigurgitandole in versione occidentale, impacchettate ben bene nel nostro paradigma positivista. Così il sistema si perpetua identico a se stesso, dando la parvenza di accoglienza ed integrazione.
A me pare che occorra proprio scavare parecchi metri sotto la superficie prima di trovare le fondamenta del sistema corrente, toglierne i puntelli, portare nuovo materiale da costruzione e iniziare a creare nuove abitazioni.
iside