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Ora avviamo la nostra seconda meditazione, seguendo i medesimi passi iniziali indicati già nella prima. Qui noi non li ripeteremo con la stessa precisione, ma è necessario riattraversare ogni volta i singoli stadi del processo meditativo, realizzandoli nella loro successione organica. Dobbiamo cioè imparare a distinguere con cura la rappresentazione puramente mentale di questi stati dalla loro realizzazione concreta come progressiva mutazione della nostra forma mentis. Siete inoltre chiamati ad esercitarvi in modo accurato e al contempo non rigido, a seguire cioè bene le indicazioni, ma poi ad appropriarvene, e cioè a personalizzare l’esperienza, comprendendo sempre meglio quali siano i punti forti, i passaggi determinanti della pratica, quegli stadi appunto da realizzare uno dopo l’altro, e che via via vi saranno comunque segnalati.
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Associamo dunque alla consapevolezza del movimento fisico dell’inspiro l’attitudine interiore del sorridere, e alla consapevolezza del movimento fisico dell’espiro l’attitudine interiore dell’abbandonarci, lasciando che la quiete interiore si espanda progressivamente e attenui la ressa dei pensieri e delle emozioni. Quando l’acqua del lago del nostro cuore si sarà sufficientemente calmata, sosteremo per un po’ nel lasciar emergere ciò che dalle nostre profondità vorrà venire fuori. Quando emergerà qualche cosa, qualunque cosa (un’emozione, un’immagine, un pensiero, un disturbo, un ricordo), la riconosceremo con cura sorridendole benevolmente, e poi la lasceremo andare. Quando non emergerà nessun oggetto interiore, torneremo ad approfondire il sorriso accogliente nell’inspiro, e l’abbandono fiducioso nell’espiro, rendendoli ogni volta più veri e più personali. E’ chiaro che a volte dovremo sostare molto a lungo in questo stadio della meditazione, se avremo a che fare con emozioni o pensieri molto invadenti; altre volte invece potremo rapidamente passare oltre. E’ proprio questa libertà, questo ascolto libero dei moti interni della nostra anima una delle principali acquisizioni che dovremo sviluppare nel nostro lavoro.
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Quando questo duplice movimento sarà stato sufficientemente realizzato, potremo incominciare a sperimentare in tutta la sua bellezza il momento in cui ogni volta riusciamo a lasciare andare uno specifico pensiero o una precisa emozione che emergano automatica-mente in noi. Ogni volta che li abbandoniamo sorridendo sentiamo espandersi dentro di noi un delicatissimo sollievo, e potremo esclamare con tutto il nostro cuore: questo è un momento meraviglioso. Continuiamo però sempre a tornare al nostro esercizio di base: sorridiamo e ci abbandoniamo, e preferibilmente nella piccola pausa che si produce alla fine di ogni espiro, ma anche con grande scioltezza, concediamoci di sentire che questo qui è veramente un momento meraviglioso. Più procediamo nell’abbandonarci interiormente e nell’abbandonare ogni pensiero o emozione o resistenza che emerga in noi, e più riusciamo a scendere nel presente. Sono i nostri pensieri automatici cioè, quelli che non sono io a decidere di pensare, ma che anzi costringono il mio io dentro i loro labirinti e a volte lo violentano, che mi impediscono di sperimentare questo momento qui, questo mio presente in tutta la sua bellezza. Per cui, più riesco a lasciar andare, a non fare miei, a non identificarmi con questi pensieri, più posso uscire nello spazio infinito del presente e goderne. Realizziamo bene perciò che ogni pensiero automatico mi separa, mi aliena, mi allontana dal mio presente e dalla sua pace. In questa fase potremo individuare ogni giorno di più quali forme di resistenza e di “messa a distanza dalla vita” siamo abituati ad utilizzare isolandoci dagli altri e separandoci nelle angustie del nostro io recluso.
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Sorrido dunque, e mi abbandono, sull’onda del respiro, e così sperimento sempre più intensamente che questo qui è veramente un momento meraviglioso. Realizziamo adesso ancora meglio, procedendo nel nostro esercizio, il nesso strettissimo che c’è tra abbandono interiore e godimento della pace, e tra abbandono interiore e discesa nel presente. Più mi abbandono, e più mi sembrerà, in un certo senso, di uscire da me stesso, o di risvegliarmi in uno spazio libero, in cui veramente incomincio a sentire che questo, proprio questo momento qui, è meraviglioso, è completo, lo posso abitare con un senso inusuale di agio, di benessere, e di familiarità. E’ come se stessi finalmente a casa mia.
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Continuiamo sempre a tornare al ritmo respiratorio del sorrido/mi abbandono ogni volta che insorga una qualsiasi forma di distrazione, e poi procediamo nella nostra meditazione realizzando che la bellezza di questo presente, l’intensità della pace che si espande in me, dipende dal fatto che in esso io mi sento libero. Più esco cioè dalle strutture condizionate del mio vecchio io, più fuori-esco nel presente, e più io sono libero, e perciò mi sento davvero felice. Lasciamo che il nostro vero io fuoriesca sempre più integralmente dalle sue prigionie, dagli specchi deformanti dei suoi pensieri automatici, ritornando ogni volta a scioglierne l’apparente perentorietà sorridendo nell’inspiro al loro comparire e abbandonandoli espirando nel loro progressivo svanire. Lasciamoci fuoriuscire nella nostra libertà. E proviamo lenta-mente a realizzare questo pensiero: io sono libero in quanto qui, in questo presente, io sono aperto all’infinito.
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Più ci concederemo di essere liberi in questo presente, abbandonandoci in esso, e sciogliendo via via le diverse resistenze che insorgeranno a trattenerci, e più comprenderemo che la nostra libertà è determinata dal fatto che noi siamo intrinsecamente aperti all’infinito: il mio io, cioè, la mia vera identità, è in se stessa e come tale apertura all’infinito: l’infinito è dentro di me e mi costituisce nella mia identità. Essere un io umano significa proprio questo: essere un soggetto sostanziato di infinito e perciò libero, e realizzare questa verità è davvero meraviglioso.
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Questa progressiva realizzazione della più profonda verità del nostro io ci lascia sperimentare almeno in parte la realtà del mondo dello spirito. Noi percepiamo cioè di essere aperti all’infinito, di non essere determinati dai nostri limiti materiali, ma di trascenderli libera-mente, e cioè appunto che il nostro io vero è uno spirito in un mondo dello Spirito, tutto da sperimentare d’altronde e da comprendere nelle sue leggi che sono poi all’origine anche di tutto ciò che appare nel mondo fisico. In tal senso san Paolo può scrivere: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio”(Rm 8,16). Ci rivela cioè chi siamo. E sperimentiamo però in modo sempre più chiaro che la libertà totale, propria dei figli di Dio, verso la quale tutti aneliamo, è possibile solo in quanto ritroviamo, uscendo dall’illusione di questo mondo e dall’alienazione della nostra mente egoica, la nostra reale identità, la nostra libertà, la nostra assoluta trascendenza nel mondo dello Spirito: “Il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2Cor 3,17).
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Questo stadio della nostra meditazione è di grandissima rilevanza, e va perciò approfondito con cura in ogni sessione di pratica e ogni giorno di più, reiterando con serena costanza il breve cammino che ci porta ad incontrarlo: sorrido, mi abbandono: questo è un momento meraviglioso, ed è meraviglioso perché io in esso sono libero, ed essere veramente libero significa essere aperto all’infinito, essere trascendente rispetto al mondo intero, essere uno spirito eterno.
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La fonte dell’infinito è dunque dentro di me, ed in realtà essa mi chiama. Questo mio essere aperto all’infinito, infatti, mi spinge ad essere in un certo modo, è cioè una chiamata ad essere sempre più integralmente umano. Ed è proprio aprendomi alla fonte infinita del mio essere, che è dentro di me, che io posso imparare ad essere ciò che sono, ad essere umano in pienezza, e cioè un essere pienamente libero. Questo essere un essere umano in pienezza, in quanto totalmente aperto alla fonte dell’infinito che è dentro di sé, e perciò libero e trascendente (il mondo), è il mistero stesso del Dio che si fa Uomo, si fa cioè proprio un Io umano, donandoci la propria stessa libertà creativa, è cioè il mistero stesso di Gesù. In comunione spirituale con Gesù l’Infinito Pensiero creatore di Dio si fa Umanità adesso in me. Io mi apro totalmente a questo Evento: la Fonte infinita dell’Essere assume adesso la mia umanità, e mi fa perfetta-mente umano, un io umano perfetta-mente realizzato, mi cristifica cioè e mi salva. Posso dire perciò con crescente verità: Dio è davvero in me: io sono veramente il tempio vivente di Dio (1Cor 3,16), e posso rivolgermi direttamente a lui adesso presente in me: Immanu’El: Signore Gesù! Entriamo così de-liberata-mente nella Nuova Alleanza, nel processo della Ri-Creazione personale e cosmica a partire dal Principio perfettamente incarnato, compenetrato nella nostra umanità.
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Questa fase della nostra meditazione culmina dunque con la realizzazione sempre più concreta della presenza dello Spirito di Dio nel mio spirito, dell’Infinita sapienza creatrice che adesso si fa la mia umanità, il mio vero io, sanandomi e trasformandomi secondo la mia immagine divina originaria, e cioè rendendomi capace di perfetta libertà creativa: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi” (Galati 5,1). Realizziamo perciò il mistero centrale della fede cristiana: l’Incarnazione di Dio in Gesù, e lo realizziamo come evento attuale, come principio della mia personalissima nuova umanità che ora si sta configurando. Qui il nostro io entra in relazione col principio vivente della propria rigenerazione, e lo può fare in piena consapevolezza ovviamente solo se ha già ascoltato e creduto nell’annuncio di ciò che in Cristo è stato avviato sulla terra. Qui cioè la pratica meditativa dà conferma alla fede che è già stata accolta. Dal momento in cui ci rivolgeremo al Signore come nostro Signore, in quanto Principio vivente della nostra specifica e attuale trans-figurazione, passeremo nettamente dalla pratica meditativa ad una vera e propria preghiera cristiana, che diventerà sempre più diretta e personale, e nella quale sarà lo Spirito stesso a suggerirci che cosa chiedere o dire in base ai reali bisogni della nostra crescita momento per momento. Noi però per ora ci fermiamo qui.
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E’ molto importante, come abbiamo detto, realizzare reiteratamente gli stadi principali di questo percorso meditativo che vi riassumo perciò schematicamente per vostra comodità:
Procediamo con estrema lentezza e accuratezza. Non affrettiamo la realizzazione progressiva degli stadi della nostra meditazione. E’ molto meglio realizzare pienamente i primissimi stadi piuttosto che procedere senza profonda assimilazione. Soffermiamoci perciò su ognuno di essi per il tempo necessario, che a volte potrà essere di giorni, di settimane, o anche di mesi. E poi torniamo ogni volta a perfezionare, a rifinire, a ri-esperimentare, come se fosse sempre la prima volta. Lasciamo che la nostra meditazione proceda in forma organica, sbocci come un fiore. |
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