«La meditazione: avevo passato mezza vita in Asia e non me n’ero mai occupato[…] In Cina, in Giappone, in Tibet, in Corea, in Thailandia, in Indocina avevo visitato decine di templi, passato giornate e giornate nei monasteri buddisti, ma il problema della meditazione non me l’ero mai posto. A che serve? Come la si fa? Qual è il suo senso?»
«L’idea di imparare a meditare da un americano, ex agente della CIA, mi pareva strana, ma è vero, come diceva Leopold, che spesso ci vuole un mediatore occidentale per arrivare a capire certe cose dell’Oriente. Il ritiro era a Pongyang, nel Nord della Thailandia.»
«I primi giorni furono durissimi. Appena seduto, la posizione del loto mi pareva comodissima, ma dopo un quarto d’ora diventava insopportabile; dopo mezz’ora era una vera tortura: le ginocchia sembravano riempirsi di spilli, la schiena era tutta un crampo e il desiderio di muoversi diventava fortissimo. Mai, neppure per un secondo, riuscivo a «meditare». Invece d’essere là dove il respiro toccava la pelle, la mia mente era «una scimmia che saltava da un ramo a un altro», come John ci aveva avvertiti, e non ero capace, neppure per un attimo, di farne «un bufalo solido e forte, mettergli una corda al collo e legarlo a un palo». […]
«Tenevo i piedi sotto le ginocchia, gli occhi chiusi, le mani ferme, ma la testa, quando non si fissava sul dolore nelle gambe o sulla voglia di alzarmi e di urlare, mi andava in tutte le direzioni: scappava e non riuscivo a richiamarla. Non la dominavo; non era mia. Inutile. Il dolore diventava insopportabile e ancor prima che John annunciasse la fine dell’ora col suo amen che era: «Possano tutti i nostri meriti essere condivisi da tutte le creature», io cedevo, mi muovevo, cambiavo posizione, aprivo gli occhi… ed ero frustrato a vedere come certi altri invece continuavano serenamente. Varie volte fui sul punto di andarmene.» […]
«Allora maestro […]gli dissi nell’unico momento in cui, chiamato nel suo bungalow per riferire sui progressi che facevo nella meditazione, ero autorizzato a rompere il Nobile Silenzio […] non ti offenderai se ti dico che in tutti questi giorni non ho meditato un solo minuto; che, invece di concentrarmi sul naso, la mia mente ha fatto di tutto, dal ridipingere la casa in campagna a un progetto per allargare la biblioteca; invece che pensare al respiro, ho pensato alle cose da scrivere e a quanto è assurdo essere qui; quando tu dici di pensare alla ‘gola’, penso a stringere la tua che mi forzi a questa tortura; quando dici ‘gambe’ penso a quelle sotto le gonne di tutte le tailandesi che mi stanno accanto, anche alle gambe di quella vecchia e brutta in ultima fila! »
John rise divertito. «Non disperarti», disse. «Anche tutto quello che dici è passeggero. Finirà. Magari sono secoli che la tua mente non è stata messa sotto controllo. E ora, tutt’a un tratto, pretendi di domarla? In pochi giorni? Aspetta. Tieni duro. Continua a conoscere aniiccia. »
[…] «Mi pareva che il gruppo come tale sprigionasse una grande energia e che lo sforzo comune elevasse lo sforzo di ciascuno. La mattina dell’ottavo giorno elevò anche il mio. Le gambe mi facevano malissimo, stavo di nuovo per cedere, ma d’un tratto la sofferenza s’acquietò, il dolore non mi fece più paura, cominciò a sciogliersi e sparì. Ce l’avevo fatta. La mente non era più una scimmia che saltava di ramo in ramo. Era lì. Era mia. Fu un grande piacere. Poi sentii le parole di John: «Lascia andare… Lascia andare… Non attaccarti a niente… Non desiderare niente». Anche quel piacere d’aver domato la mente, d’aver domato il dolore, era passeggero, era aniiccia e lasciai che se ne andasse. Tornai al punto dove il respiro toccava la pelle e mi parve di vedermi separato: la mente fuori di me, che guardava il corpo ridotto a uno scheletro insensibile, attraverso il quale sentivo, vedevo soffiare la brezza dell’alba. Una sensazione che non avevo mai provato prima. Sentii la voce di John dire il suo amen, sentii il gong annunciare la colazione, ma rimasi ancora immobile, come avessi perso un po’ della mia pesante materialità. Le ore successive non furono così belle, ma il tempo passava, senza che aspettassi più con impazienza la fine. Meditare non era più una prova di resistenza contro l’orologio, come stare sott’acqua finchè i polmoni non scoppiano. Meditare era diventato quello che doveva essere: un esercizio di concentrazione. Ebbi l’impressione di aver «imparato» qualcosa, come a nuotare, a leggere. Ora toccava a me. »
(Tiziano Terzani / Un indovino mi disse, 27. Il meditatore della CIA)
Ecco, come umile, ma ostinato principiante immagino anch’io di arrivare all’alba di un ottavo giorno in cui tutto finalmente diventerà più facile ….. nel frattempo tengo duro! Ma quanti di questi pensieri del grande Tiziano ho fatto identicamente nelle nostre sedute….. Come dice Marco meditare, in fondo, è una questione di allenamento, dunque non possiamo mollare e se anche a volte appare assurdo, insensato, impossibile… inutile, non rimane che continuare ad allenarci. Bello pensare ancora a Terzani che conclude questo capitolo così: «M’ero ricordato […] che se uno muore meditando e in quell’ultimo istante la mente è quieta, la reincarnazione avviene in un posto di grande pace e tranquillità.» Da solo non riesco come vorrei, ma nelle meditazioni guidate da Marco, dolori vari e pensieri terribili a parte, ho spesso raggiunto profondi stati di abbandono e tranquillità interiore senza fine, una forte sensazione di fluttuazione … al fondo di un caldo mare calmo, assorto nella contemplazione dell’increspato luccichìo delle onde viste dal di sotto… e … ho saputo pregare.
Grazie, davvero, Marco, per queste parole di Terzani che ci hai proposto. Descrivono molto bene quello che ciascuno di noi ha provato almeno una volta, quando si è deciso a provare, a tentare pratiche di meditazione.
Qualcosa del genere si trova anche in Krishnamurti, che – come si sa – faceva della meditazione il punto centrale del percorso di consapevolezza.
Molti di coloro che andavano da lui, a Ojai, o nella scuola in Svizzera, o a Brockwood Park, gli rivolgevano sempre questo stesso tipo di obiezione: come posso meditare veramente, come posso riuscire a raggiungere quello che tu descrivi ?
Il Maestro rispondeva sempre che il processo di consapevolezza – quello che lui stesso viveva – è profondo, meraviglioso ma al contempo doloroso, molto doloroso.
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Nell\’incontro di ieri mattina in ateneo è uscita fuori una domanda interessante: ma come dovrebbe essere il respiro durante la meditazione?
Quante volte mi sono posta anche io questa domanda in passato e quante volte l’ho posta sotto forme diverse alla mia insegnante di yoga…
Mi sono tuffata in quella domanda nel momento in cui è stata pronunciata ed ho sentito un’empatia trascinante e quindi mi sono messa a scrivere per mettervi a conoscenza dei frutti della mia personale ricerca in tal senso, che dura da appena 10 anni (mi rendo conto che non sono molti) ma che ad ogni modo spero possa essere d\’aiuto a qualcuno.
Il respiro, durante la meditazione così come in qualsiasi altro istante della nostra giornata, è esattamente lo specchio di come stiamo noi in quel preciso momento.
Partendo da questo presupposto, durante la meditazione, ma ripeto in qualunque altro momento della giornata, portando soltanto l\’Attenzione (e non il giudizio, che è cosa ben diversa!!!) sul nostro respiro, potremmo per così dire \"monitorare\" il nostro stato interiore.
Forse uno dei primi passi è proprio questo: l\’Ascolto, si l\’Ascolto del proprio respiro.
Proviamo, per esempio a seguire il “Percorso” del nostro respiro: scopriremo sorpresi, che mentre nell’in (spiro) l’aria “fresca” dalla punta del naso passa al centro dei due occhi e poi scende nella gola, delicato alle clavicole, nei polmoni spostando poi il diaframma e andando a stimolare fino agli addominali più bassi, il nostro corpo sale e si apre (a ricevere).
Nell’es (spiro) invece quando l’aria “calda” sale dal basso verso l’alto delle narici, il nostro corpo scende e si chiude (a raccogliere-rsi).
Forse potrà anche succedere che riuscendo a restare concentrati unicamente su questo per un po’ di tempo, si possa anche arrivare a percepire le due pause che ci sono tra l’in e l’es.
Potremmo anche per caso scoprire che, portando la nostra respirazione sulla parte posteriore dei polmoni a ridosso della colonna vertebrale nell’in e lasciando massaggiare quella parte dall’es, è più facile rilassarsi e quindi che la pausa tra…
Basta così… altrimenti che gusto c’è… a voi la meravigliosa scoperta!
Ah! A proposito di quanto diceva Marco sulla percezione dell’allineamento della colonna, che è molto importante non andare di corsa ma gustarsi a pieno lo spostamento alla linea di vertebra dopo vertebra, aggiungerei una frase della mia insegnante di yoga e che per me è stata illuminante: “ricordate che c’è un solo punto d’equilibrio, Uno e uno solo proprio come nelle leve”.
E questo ho l’impressione che valga tanto per l’allineamento della colonna, quanto per il riconoscimento e l’accettazione dei propri limiti (sia fisici che di altra natura). Che ne dite?
Vi abbraccio tutti
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Carissimi,
la difficoltà nel mantenere una pratica costante e regolare è l\’unica costante regolarità che incontriamo.
Ci sono persone che raggiungono questa soglia abbastanza presto e altre che impiegano anni per consolidare l\’abitudine alla meditazione e alla preghiera quotidiana.
Perché? mi chiedo.
Da che cosa dipende? da dove nasce quella determinazione che ci fa capire che tutte le nostre distrazioni e obiezioni non sono altro che materia di lavoro? e cioè che gli ostacoli fanno parte del lavoro meditativo stesso?
Sarebbe bello ascoltare le nostre amiche e i nostri amici per conoscere le loro difficoltà non solo entro la pratica, ma nell\’abituarsi ad una pratica regolare.
Lo psichiatra buddhista Jean Pierre Schnetzler sogna un tempo in cui i lavoratori manifesteranno chiedendo meditazione per tutti. Io oggi vorrei sognare una scuola e una università in cui le pratiche di concentrazione e di consapevolezza potessero diventare consuete e normali. Vedo nel futuro una società in cui l\’igiene della mente avrà più importanza di quella del corpo. Allora molte delle attuali forme di violenza e di stupidità, tante vane e distruttive parole svaniranno.
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Che interessanti spunti di riflessione, grazie a tutti ed in particolare ad Andrea per suggerirci di esporre le varie tecniche più o meno facili che ognuno ha sperimentato, e a Bruna per il richiamo al respiro, in effetti non avevo pensato a questa possibilità di monitorare il nostro stato interiore solofacendo attenzione al respiro nei vari momenti della giornata. E\’ vero, ho notato come siano differenti i ritmi e le intensità. Credo che dovremmo comunque porre più attenzione a come respiriamo, penso si potrebbe fare meglio.
Ma quello che sogno veramente è la capacità di poter meditare in qualunque circostanza, riuscendo a estraniarmi da ogni contesto per restare solo al cospetto di me stesso.
Mi sorprende anche la nuova angolatura proposta nell\’incontro di domenica mattina da Marco, e continuo a riflettere che in fondo anche lavorare su tutti gli ostacoli che di solito frapponiamo tra il momento dell decisione e quello della meditazione sono proprio il lavoro della meditazione, o meglio ne sono parte integrante.
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Grazie di cuore a Marco per questo post sulla pratica meditativa e a tutti gli amici intervenuti.
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Grazie a tutti, in particolare a Bruna per le profonde e al contempo semplici indicazioni sul respiro. E\’ vero, il respiro ci dice come stiamo interiormente: un respiro corto, affannato, è sintomo di uno stato di agitazione (ancora purtroppo frequente in me).
Talvolta poi, quando si inizia a essere consapevoli del respiro, la mente si frappone e allora anche una cosa così naturale diventa complicata e si altera. Allora a me fa bene sentirmi come un neonato che dorme nella pace, o pensare al mio corpo steso sulla sabbia calda della battigia, accarezzato dal moto lieve delle onde del mare.
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Si ognuno dovrebbe parlare esclusiva mente delle proprie esperienze, le mie dopo diversi anni, e dopo diverse ricerche, si possono concludere con una frase, tutto quello che passa per la via della mente, auto-controllo, meditazione profonda, può diventare una trappola perchè facilmente sviluppa ego, siamo convinti che dipende da noi, il risultato punto d\’arrivo, se lo possiamo chiamare cosi. Lo scopo é dalla mente al cuore, ma la maggior parte non arriva mai al cuore si ferma sul ego .
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Carissima,
hai ragione, una pratica spirituale mal compresa può ingigantire il nostro ego, rafforzarlo nelle proprie pretese di controllo.
Ma gli insegnamenti tradizionali ci aiutano ad evitare questo pericolo, in quanto l\’autentica meditazione fiorisce solo attraverso l\’abbandono di queste pretese, e la morte reiterata dell\’ego-centratura della nostra anima.
Anche la preghiera può essere egoica, come ci insegna Gesù parlandoci della preghiera del fariseo. Anche le esperienze più sublimi possono essere contraffate dal nostro egocentrismo.
Non so invece se ho compreso bene la tua domanda: come esprimere l\’amore materno se il figlio non c\’è più? è questo ciò che chiedi?
Credo che l\’amore possa esprimersi solo come amore, come maternità, paternità, fraternità, amicizia.
Sussiste anche una maternità spirituale, un esserci madri gli uni per gli altri, un custodirci affettuoso…
Non so se ho almeno in parte risposto.
Con affettio
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Proprio domenica uscendo dal primo incontro del gruppo io e Marco (l\’autore di questo post nonchè mio marito) abbiamo un pò discusso …o meglio lui mi ha stuzzicato sulla mia prevenzione verso i blog telematici in generale. Al momento me la sono presa ma devo confessare che stasera, presa dalla curiosità, sono entrata nel sito per vedere i commenti a ciò che aveva scritto Marco riguardo la meditazione. Sono commossa non so dire altro, perchè mi sono resa conto che qualunque cosa, anche uno scambio di opinioni, di sfoghi, di pensieri, anche senza guardarsi negli occhi, se viene dal cuore, diventa una cosa meravigliosa e benefica per chi è veramente in \"ascolto\"….
Cercherò di fare la mia parte, superando gli ostacoli, che spesso mi bloccano, perchè credo che ho fra le mani un tesoro enorme, quello di aver conosciuto tutti voi e di vivere questa esperienza con voi e con mio marito che amo infinitamente. Non posso sprecare questa occasione! Grazie Bruna quello che hai detto sul respiro è importante, ora sto provando a svegliarmi 20 minuti prima la mattina (ore 5 e 40) è dura, soprattutto devo sperare che il mio cane non se ne accorge, però quanto è bello quando riesco a perdermi nella pausa prima di riprendere il respiro. Baci a tutti
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Grazie, hai ragione nessuna via e stata esclusa da Dio e lui lo sa perché…e in tutte possiamo perderci…
Riguardo la mia domanda un altra volta Grazie, perché le tue parole sono sagge e caute… maternità e come paternità non ce nessuna differenza se vissuta pienamente ma none amore, anche se l\’amore e unico sconfiggere la morte, io provo di dedicare la mia maternità in questo momento non soltanto alla mia famiglia, ma anche donandola a tuti bimbi nati o non…e sto scoprendo che e una sensazione bellissima sapere che tutti bambini sono nostri…li posiamo amare tutti pienamente…per me e una grande scoperta uscire e sentire amore per ogni bimbo che vedo…Questo e un dono, frutto dopo che ho imparato ad amare la mia figlia senza aspettative.
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Grazie, Marzena, e auguri per tutto.
Mi pare che il dialogo si stia scaldando e la nostra ricerca proceda: vedere se possiamo ampliare a livello di rete, globale-mente, il tipo di comunicazione che sviluppiamo nei gruppi.
Come dice Gabriella:
Sono commossa non so dire altro, perchè mi sono resa conto che qualunque cosa, anche uno scambio di opinioni, di sfoghi, di pensieri, anche senza guardarsi negli occhi, se viene dal cuore, diventa una cosa meravigliosa e benefica per chi è veramente in \"ascolto\"….
Ciao
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Grazie a tutti voi per farmi la compagnia che mi fate… questo modo di comunicare tra di noi mi commuove e mi fa sentire parte di un qualcosa di accogliente, di caldo, forse proprio come in un grembo materno… o anche come in un abbraccio paterno…
E\’ un richiamo giornaliero all\’Attenzione e quindi un piccolo seme di Bene e di Pace, che cresce dentro noi.
Vi abbraccio tutti.
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Veramente non ho parole per ringaziare di tutti i contributi, è al di là di quello che potevo immaginare. Gli spunti che via via sono stati suggeriti mi sembrano tutti bellisimi, stimolanti, aprono nuove vieda esplorare e sono particolarmente felice del dialogo che siè animato.
Invito dunque ancora a far conoscere le vostre dirette esperienze nella meditazione, nella difficoltà a ritagliare il tempo per meditare, nell\’attenzione al respiro ….
Ecco proprio stamattina rileggevo gli appunti del nostro corso di due anni fa e ho colto queste frasi appena aperto il mio quaderno: \"si può fare meditazione anche sotto i ferri del dentista o sull\’autobus\" e ancora \"la pratica meditativa è povertà è umiliazione\" … \"la meditazione è dunque prima di tutto una durissima lezione di vita, più l\’ego si abbassa più siamo liberi\".
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Questo equivoco, e nato perché infatti non vi conosco, scusatemi, e bello sapere che non manca l\’amore nelle copie, e cosi tramite te o conosciuto anche voi, un altra copia che vive reciproca mente nell amore…essendo lontano e non potendo partecipare al corso, almeno vi seguirò da lontano, mi fa molto piacere, poter aprire la rete e vedere che ci sono persone che costruisco no, concreta-mente, e non anno paura di confrontarsi, e di donare autentico, le proprie emozioni…
Gabriella ho 31 anni e la mia seconda figlia Raffaella e morta 12 luglio a vissuto sei settimane, ma in tutta questa storia non ce una virgola che dovrebbe essere cambiata, va tutto bene, va bene cosi…e stata una lezione d amore un amore gratuito e senza aspettative, perché le condizioni di Raffi erano molto difficili, per noi lei sarà sempre viva, perché le abbiamo donato la vita…
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Carissima Marzena, speriamo che Raffaella ci stia vicino adesso e ci sostenga e ci dia conforto.
Tu però non credo che sia italiana…vero? hai un modo divertente di scrivere, un po\’ bizzarro…da dove vieni?
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Sono polacca,
ma io prima di tutto volevo scusarmi con Te e con la redazione perché, mi sembra di aver sbagliato, riflettendoci poi ho capito che mi sono intrufolata, nella pagina con le questioni personali,
e vorrei proporvi di organizzare un spazio appositamente preparato, dove le persone come me potrebbero fare delle domande, al di fuori del articolo,
quello che scrivette, e saggio autentico, vissuto, ma anche difficile confrontasi con il testo perché alle domande date voi già la maggior parte delle risposte,
e cosi, da noi arriva tutto pronto servito.
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Carissima, hai ragione, anch\’io credo che dovremmo aprire uno spazio libero di domande, riflessioni e contributi, anch\’esso con possibilità di risposte da parte nostra e di commenti in genere…
In ogni caso non devi proprio scusarti di nulla, in quanto è più che naturale che emergano questioni personali nei commenti, anzi è auspicabile, dati gli argomenti che trattiamo…
Ciao
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Buongiorno,
ho iniziato a frequantare il corso \"Darsi pace\" da sabato e lunedì mi è stato inviato ,da un amico, il brano che riporto di seguito.
Buona giornata
Estratto da P. André Louf, Lo Spirito Santo prega in noi
Ed. Qiajon – Comunità di Bose, pp. 18-20
Nella vita di tutti i giorni, il nostro cuore resta ordinariamente nascosto. Emerge appena alla coscienza. Viviamo quasi del tutto immersi nei sensi esteriori, ci perdiamo nelle nostre impressioni e nei nostri sentimenti, in tutto ciò che ci attira o si oppone. Anche se vogliamo vivere a un livello più profondo, deviamo di solito verso l\’astratto: soppesiamo, componiamo, tiriamo le conclusioni logiche. Frattanto il cuore sonnecchia e non batte ancora al ritmo dello Spirito.
Gesù ce l\’ha sovente rimproverato: il nostro cuore è cieco, indurito e sbarrato (cf Mc 8,17). È lento e pigro (cf Lc 24,25), pieno di tenebre. Si appesantisce nel piacere e nelle occupazioni (cf Lc 21,34). Il nostro cuore ha bisogno di essere circonciso. \"Circoncidete i vostri cuori per amare il Signore vostro Dio e servirlo con tutto il cuore e tutta l\’anima\" (cf Dt 10,12-22). L\’amore verso Dio e verso il prossimo ne saranno il frutto, perché un cuore buono produce buoni frutti (cf Mt 7,17). Ritrovare il cammino verso il proprio cuore è il compito più importante dell\’uomo. In cerca di uno spazio interiore ancora sconosciuto, l\’uomo è un pellegrino alla ricerca del suo cuore, del suo essere più profondo. Ognuno porta in sé, secondo la mirabile espressione di Pietro, nella sua Prima Lettera, \"l\’uomo nascosto nell\’intimo del cuore\" (1Pt 3,4). Ciò costituisce la nostra realtà più profonda: quello che siamo noi, nient\’altro. Là Dio ci incontra e soltanto a partire di là noi possiamo a nostra volta incontrare gli uomini. Là Dio ci parla e a partire di là possiamo anche noi parlare agli uomini. Là riceviamo da Lui un nome nuove e ancora misterioso, che Lui solo conosce e che sarà il nostro per l\’eternità nel suo Amore; e a partire di là soltanto potremo fra poco pronunciare il nome di un altro, nello stesso Amore. Ma non vi siamo ancora giunti: siamo soltanto in cammino verso il nostro cuore. Il mondo meraviglioso che ci attende merita uno sforzo coraggioso.
Il nostro cuore infatti è già in stato di preghiera. La preghiera l\’abbiamo ricevuta, insieme alla grazia, al momento del nostro battesimo. Lo stato di grazia, come lo si chiama, significa infatti, al livello del cuore, stato di preghiera. Là, nell\’intimo più profondo di noi stessi, siamo da allora in contatto continuo con Dio. Lo Spirito Santo di Dio si è impadronito di noi, si è completamente impossessato di noi: si è fatto il respiro del nostro respiro, lo Spirito del nostro spirito. Prende, per così dire, a rimorchio il nostro cuore e lo volge verso Dio. È lo Spirito che, secondo Paolo, parla incessantemente al nostro spirito e testimonia che noi siamo figli di Dio. Costantemente infatti lo Spirito grida in noi e prega: \"Abbà, Padre!\" supplicando e sospirando con parole inenarrabili ma che tuttavia non cessano mai (cf Rm 8,15; Gal 4,6).
Portiamo continuamente questo stato di preghiera con noi, come un tesoro nascosto di cui siamo ben poco o per nulla con scienti. Il nostro cuore respira da qualche parte in pienezza, ma senza che noi lo avvertiamo. Siamo sordi nei confronti del nostro cuore in preghiera, non gustiamo l\’amore, non vediamo la luce in cui viviamo. Infatti il nostro cuore sonnecchia e bisogna destarlo progressivamente, per tutta la vita. Allora pregare non è davvero difficile. La preghiera ci è stata data da tanto tempo, ma raramente si è coscienti della propria preghiera. Ogni tecnica di preghiera non ha altro scopo che renderci coscienti di ciò che abbiamo già ricevuto, insegnare a sentire, a discernere, nella piena e tranquilla certezza dello Spirito, la preghiera che nel nostro intimo ha preso radice e non cessa di operare. Essa deve salire alla superficie della coscienza, impregnare e investire progressivamente tutte le facoltà, lo spirito, l\’anima e il corpo. La nostra psiche e le nostre membra devono vibrare al ritmo di questa preghiera e venire coinvolte nella preghiera dall\’interno, come un pezzo di legno secco che gettato sul fuoco si infiamma immediatamente. Un monaco lo diceva con forza: \"Il nostro lavoro è bruciare legna\".
La preghiera allora non è nient\’altro che questo stato di preghiera, che con l\’andare del tempo è divenuto ormai cosciente. La preghiera scaturisce dall\’abbondanza del cuore, secondo il detto evangelico: \"La bocca parla dalla pienezza del cuore\" (Mt 12,34; Lc 6,45). La preghiera è un cuore che trabocca di gioia, di eucaristia [=ringraziamento], di lode e di gratitudine. È la sovrabbondanza di un cuore ben desto.
In effetti la condizione è che il nostro cuore si desti. Finché dorme, invano cerchiamo in noi il luogo della preghiera. Inutile immaginare: si cadrebbe nella distrazione. Inutile eccitare un sentimento religioso: si scivola presto nel sentimentalismo. E se l\’intelligenza, prendendo il sopravvento, ha di mira idee chiare, la preghiera fredda e secca si sottrae a qualsiasi flusso vitale. Certo, immaginazione, sentimento e intelligenza non sono inutili. Ma queste facoltà non possono portar frutto se, a un livello molto più profondo, il nostro cuore non si è destato ed esse, divorate dalla fiamma di questo fuoco spirituale, non sono bruciate.
Ogni metodo di preghiera mira a quest\’unico scopo: ritrovare il cuore e destarlo. La preghiera deve consistere in una specie di vigilanza interiore. Gesù stesso ha accostato vigilanza e preghiera. La formula \"vegliate e pregate\" risale certamente a Lui (Mt 26,41; Mc 13,33). Solo un\’attenzione profonda e pacata può metterci sulle tracce del nostro cuore e, in esso, della preghiera.
Bisogna dunque vigilare e incominciare con il ritrovare la via verso il nostro cuore per liberarlo e sbarazzarlo da tutto ciò che lo ingombra. La conversione non ha altro scopo che farci rientrare in noi stessi, farci ritornare al centro vero della nostra persona, redire ad cor (cf Is 46,8 Vulg.), ritornare la cuore, come si diceva volentieri nel medioevo. Nel cuore spirito e corpo si raccolgono; si tratta del punto centrale del nostro essere. Ritornati ad esso viviamo a un livello più profondo, in cui si è in riposo e in armonia con tutto e con tutti, in primo luogo con se stessi.
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Carissima, bello il brano di Louf, che avevo già letto e apprezzato.
La meditazione che proponiamo nei nostri gruppi consiste proprio in una preparazione alla preghiera, in una apertura del cuore.
Spesso si sottovaluta questo elemento preparatorio, senza il quale però la stessa Parola di Dio può scivolare sulla nostra anima come su una tela impermeabile.
Ciao, e auguri
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scusate, non ho inserito alcun commento ….
Ho voluto condividere il brano che mi è stato inviato perchè mi è sembrato uno stimolo al cammino proposto nei gruppi \"darsi pace\"… riporto alcuni passi che mi hanno indotto a postarlo…
\"Nella vita di tutti i giorni, il nostro cuore resta ordinariamente nascosto …Viviamo quasi del tutto immersi nei sensi esteriori, ci perdiamo nelle nostre impressioni e nei nostri sentimenti, in tutto ciò che ci attira o si oppone…Anche se vogliamo vivere a un livello più profondo.
…In effetti la condizione è che il nostro cuore si desti. Finché dorme, invano cerchiamo in noi il luogo della preghiera. Inutile immaginare: si cadrebbe nella distrazione.
……Il mondo meraviglioso che ci attende merita uno sforzo coraggioso.
…incominciare con il ritrovare la via verso il nostro cuore per liberarlo e sbarazzarlo da tutto ciò che lo ingombra.\"
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Carissima Marzena, non devi assoluta-mente scusarti di nulla è per me e per noi un gran piacere poterti ospitare e condividere le tue sensazioni e le tue emozioni e le tue preziose indicazioni. Non avevo mai pensato alla meditazione come avventura., è una immagine molto suggestiva che proponi per questo tipo di attività che io da povero principiante sto iniziando con regolarità ma anche molte difficoltà. Trovo ugual-mente molto interessante quello che proponi e cioè che tutti i giovani dovrebbero provare! In effetti ai giovani non ci rivolgiamo mai stimolandoli alla meditazione. Penso proprio che seguirò il tuo consiglio. Ma, dimmi che tipo di meditazione hai fatto per tanti anni? Avevi anche tu difficoltà? Riuscivi a praticarla con regolar -mente?
Ora riesci a ferne a meno?
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Carissima, certamente rifletteremo sul nostro modo di pregare.
In fondo è uno degli elementi costitutivi del lavoro dei nostri Gruppi.
Riteniamo, come sai, indispensabile trovare un\’esperienza personale ed efficace della preghiera, rendendo il nostro cuore disponibile all\’ascolto attraverso le pratiche di meditazione e lo stesso lavoro psicologico di autoconoscimento.
Vedrai che ci saranno diversi post sul tema….tu stessa d\’altronde potresti scriverne uno…
Un abbraccio
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