Vergogna tossica

Commenti

  1. chiara guzzi dice

    la vergogna è l’emozione negativa con cui entro più facilmente in contatto. è accompagnata dalla paura di essere scoperta vulnerabile, dalla sensazione di avere qualcosa di sbagliato e più profondamente da rassegnazione e sfiducia verso me stessa e la vita.
    ma è anche il modo in cui, crescendo, scopro la mia verità, al di là delle mie immagini di perfezione e di onnipotenza, oltre le difese e le maschere, mi ritrovo fragile, insicura e bisognosa d’aiuto. quando riesco a non condannarmi per questo, anzi ad amarmi di più trovo una fiducia e una forza nuova, uno sguardo diverso su di me, e imparo a rilassarmi e a darmi pace.
    grazie a tutti per questo bellissimo sito…
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  2. Chiara, bravissima.
    Condivido talmente quello che hai così bene descritto, che penso non avrei mai saputo scrivere meglio.
    Grazie per questo lucido e prezioso contributo,
    mi hai aiutato a capirmi … di più.
    Grazie, un caro saluto.
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  3. Carissima Chiara ti ringrazio tantissimo anch’io. In poche parole hai descritto l’essenziale.
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  4. Cara Giovanna,
    grazie per aver portata l’attenzione sulll’emozione così dolorosa e paralizzante della vergogna.
    La vergogna mi ha impedito di essere me stessa e di aprirmi alll’altro, anche quando l’altro era disposto ad ascoltarmi e ne poteva nascere una costruttiva esperienza di dialogo. Io invece ho alzato tra mee e lui la barriera del giudizio! e anche quanta vergogna nella mia vita nel tentare di esprimere i miei sentimenti. Quante occasioni perdute!
    Ma quante occasioni mi offre ancora la vita di ricominciare, con maggiore consapevolezza, accettando le mie e le altrui debolezze! Mariapia
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  5. Carissima Mariapia, grazie per il dono della tua esperienza: aiuta a comprendere nel concreto l’azione della vergogna.

    La vergogna è un veleno paralizzante che agisce subdolamente e si camuffa in mille modi: snidarla, nominarla, le toglie potenza e libera grandi riserve di energia.
    Ricordo una conferenza nella quale il relatore esordì dicendo: “Sapete, prima di venire qui ho dovuto affrontare una grande tentazione, quella di dover fare bella figura. Ho dovuto affrontare la paura (vergogna) di fare brutta figura. Ora ve l’ho detto ed ho vinto così la mia paura.”
    Immediatamente si è creato un livello di comunicazione più profondo e autentico che ha reso la conferenza appassionante e vivamente partecipata.
    Quando ci concediamo di ‘essere’, di mostrarci come siamo, offriamo anche agli altri la possibilità di ‘essere’, di entrare in contatto con la verità di se stessi.
    Questa accoglienza delle proprie ed altrui debolezze è il primo fondamentale contributo per costruire un mondo di pace.
    Un abbraccio. giovanna
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  7. letta

  8. Antonella Pane dice

    Quando ho visto la poesia sulla vergogna ho avuto un sussulto. In questi giorni ce l’avevo in mente e la volevo cercare per rileggerla.
    Mi è ritornata alla memoria perchè ho fatto negli ultimi mesi dei sogni in cui ho provato vergogna ritrovandomi nuda. E nella realtà mi è recentemente capitato di alzarmi e aver provato un forte e fugace senso di vergogna per quello che durante la notte avevo concepito con i miei pensieri. Pensieri da cui spesso mi sento sequestrata e che quinid non governo.
    Non sapevo che la vergogna sottostesse alla paura.
    Grazie per i vostri contributi!
    Sarebbe auspicabile non vergognarsi della vergogna.
    Antonella
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  9. carissima Antonella, grazie per quello che hai voluto condividere di te.

    C’è davvero un muro che ci impedisce una libera comunicazione con gli altri ed anche con noi stessi, che ci tiene come prigionieri: un muro di emozioni congelate.

    Solo il calore dell’abbraccio le può sciogliere, solo un amore che le accoglie senza giudizio.

    E’ il cammino che facciamo nei nostri gruppi: impariamo ad accogliere le nostre emozioni congelate e ad esporle all’azione risanante della grazia per essere ri-generati.

    L’esperienza dell’amore misericordioso di Dio può liberarti dalla vergogna e renderti veramente libera.

    Un forte abbraccio. giovanna
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  10. letta

  11. Cara Rosella,
    provo a risponderti riguardo al valore e disvalore della vergogna in rapporto al pudore.

    A me sembra che la tua domanda riguardi la differenza tra ‘vergogna sana’ e ‘vergogna tossica’.

    Oggi sembra venuto meno il senso del pudore (a tutti i livelli) perché manca un ‘sano’ senso di vergogna che consente di porre dei limiti al proprio comportamento ma non impedisce l’espressione della spontaneità.
    Un ‘sano’ senso di vergogna consente quindi di commettere errori e non lasciarsi condizionare dal giudizio degli altri (rispetto umano).

    La ‘vergogna sana’, base della coscienza e del senso morale, presuppone una personalità ben integrata che agisce mossa dall’interno ed è consapevole dei limiti provenienti dalla sua ‘umanità’.

    La patologia narcisistica oggi diffusa (Sé fragile, mancanza di confini) porta a sviluppare un senso di vergogna ‘tossica’, che blocca la spontaneità e rende dipendenti dall’approvazione e dal giudizio degli altri.

    Quando non riusciamo ad accettare i limiti della nostra ‘umanità’, quando cerchiamo di essere ‘più che umani’, o quando ci comportiamo in modo ‘meno che umano’, stiamo manifestando un senso di vergogna tossica.

    Un abbraccio. giovanna
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  12. Grazie Giovanna, il tuo riscontro mi è di aiuto.
    Cercavo di mettere meglio a fuoco: il “senso del pudore”; poiché mi era solo intuitivo ( rispetto al dire cose intime, mai condivise prima). In un certo qual modo una lieve spinta nel forzarmi ad aprirmi/dirmi e contemporaneamente la domanda “come mai non ne ho mai parlato prima?.
    Non vi è nulla di totalmente “puro” nell’azione umana ma: va bene così!
    Cercando in Google – pudore dei sentimenti pdf – ho trovato: “Il pudore come rispetto dell’alterità”, che mi ha chiarito meglio il punto oscuro.
    Nel tuo intervento mi sono utilissime le ultime due righe.
    “Quando non riusciamo ad accettare i limiti della nostra umanità; quando cerchiamo di essere “più che umani”, o quando ci comportiamo in modo “meno che umano”…
    Ci dormirò sopra un pezzo. E’ così che produco: dormendo.
    Grazie ancora e buona giornata Rosella
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  13. Ottimo articolo !

  14. “egli (l’uomo) si ‘vede’, vede la sua fragilità, ma non può accoglierla, deve anzi negarla, nasconderla anche a se stesso, perché insegue il sogno orgoglioso dell’autosufficienza, di un Sé grandioso e onnipotente.”

    E’ vero, è proprio così. Contento di aver trovato questo post, che mi ero perso: offre una strada lavorabile di “riscatto” (esperienza espansa nel biennio PerDonarsi del percorso DP) e soprattutto apre alla speranza, che illumina e scioglie le stanze della nostra vergogna.

    “Solo facendo esperienza di un amore che mi ama follemente così come sono posso accogliermi ed amarmi anch’io così come sono e far cadere tutti i mascheramenti e le difese.”

    E’ tutto qui – anche se è un attimo, ma anche un cammino. Un cammino che si nutre di attimi, di epifanie.

    La Buona Notizia è così buona che a volte si fa fatica a crederla possibile.
    Però, anche, ogni granello di abbandono è ricompensato in modo incredibile.
    Ineffabile.

  15. Giuliana Martina dice

    Ho cominciato ad intervenire in questo blog dopo aver letto e riletto a lungo il commento di Chiara Guzzi.
    Non avevo ancora iniziato a seguire i gruppi Darsi pace anche se avevo partecipato ad alcuni Intensivi tenuti da Marco Guzzi.

    Col tuo commento Marco mi riporti a questo post, a tanti ricordi, ai cambiamenti avvenuti lungo questi anni fuori e dentro di me.

    Credo che il punto cruciale del cammino iniziatico sia quello di scoprire che da soli non facciamo nulla, di riconoscere l’illusione di un Io autosufficiente e la disperazione profonda insinuata in ogni sua cellula.

    Ho continuato e continuo il cammino in questo laboratorio della fede perché respiro la libertà cercata, sudata e pagata a lungo in altri luoghi nel corso della mia vita. Una libertà che ora, comprendo un po’ meglio, è molto difficile.

    Non si tratta solo di fare bene gli esercizi di autoconoscimento, di fare pratica meditativa e contemplativa, di studiare seriamente, si tratta di imparare a morire all’Io che crede di sapere tutto e di imparare a vivere nell’abbandono confidente in cui scopro la verità di me stessa.

    Penso che fatichiamo a credere alla Buona Notizia non solo perché è così buona ma perché facciamo fatica a morire all’Ego.

    Sappiamo però e lo sperimentiamo attraverso le pratiche che riconoscere e condividere senza vergogna e senza paura il limite della nostra condizione terrena ci aiuta a comprendere anche il potere straordinario che abbiamo, quello di decidere di credere in cosa credere.

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