Le carceri sono un po lo specchio della nostra società, il condensato dei problemi e delle patologie che la affliggono. Suor Mirella, che da anni svolge attività nelle carceri, ci invita a interrogarci sulla reale applicazione dell’articolo 27 della nostra costituzione.
“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (art.27 della Costituzione)
In questo tempo alta è la tensione sulla situazione della Giustizia in Italia favorita anche dal fatto, innegabile, che si riscontrano spesso, a conclusione di processi gravi, pene irrisorie, seguite da facili scarcerazioni che restituiscono la persona alla società, con fatali risultati di recidività.
Che succede? Come avviene quella rieducazione del condannato che la Costituzione prevede?
In Italia vige una normativa molto avanzata che permette l’utilizzo di misure alternative, delegando alla società e alle Istituzioni “esterne” il compito del completamento rieducativo.
Ma la società non riesce a far questo e praticamente lo rifiuta: sembra respirare solo se il soggetto è “ristretto” in carcere.
Penso che la situazione delle carceri italiane sia uno dei problemi più scottanti del nostro tempo: il lavoro che svolgo all’interno e da molti anni me ne dà quotidiana testimonianza.
Non posso fare qui un elenco dei mali cronici acutizzatisi in questo tempo, ma basti pensare che già il sovraffollamento e la promiscuità a cui gli ospiti sono per forza costretti ha fatto esclamare ai tempi di tangentopoli ad un ospite di alto livello culturale che il carcere gli era risultato, soprattutto per i giovani incensurati, una vera scuola di delinquenza.
La realtà è che nelle carceri italiane vengono convogliate tutte le patologie e i problemi che affliggono la società contemporanea, il che rende impossibile la cura rieducativa che gli ospiti dovrebbero ricevere per poter ricominciare una vita in normalità, cosa che tutti desiderano.
Suor Mirella
Leggo stamattina questa riflessione di Suor Mirella, dopo che la scossa di terremoto di questa notte mi ha tenuto sveglia a riflettere sulla precarietà della nostra esistenza: non c’è previsione né prevenzione di sorta nei confronti di questi moti di assestamento del nostro pianeta, così dicono gli esperti. Nè si deve parlare di terremoto assassino, perché non c’è nessuna intenzionalità negativa in questi ‘colpi di tosse’ della terra, che segue processi naturali.
Chissà perché, collego sempre i terremoti alle carceri, un evento così naturale a una realtà così poco naturale e così legata al ‘sociale’, alle strutture storiche e mutevoli della nostra civiltà.
Forse a causa di certe letture: il drammatico racconto scritto agli inizi dell”800 da Heinrich von Kleist "Il terremoto del cile", che narra i continui rovesci del destino dei protagonisti durante il terribile terremoto del 1647, ma soprattutto gli Atti degli Apostoli 16, 25-32: "Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli. D`improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti. Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gli gridò forte: "Non farti del male, siamo tutti qui". Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per esser salvato?". Risposero: "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia".
Quando scrivi, Mirella, che la nostra società non è in grado di farsi carico del compito rieducativo che pure la nostra avanzata legislazione gli attribuisce, tocchi il punto delicato dei limiti di attuazione del principio di solidarietà, che pure è affermato dalla nostra Costituzione.
La solidarietà non può essere solo un, pur importante, principio giuridico: dovrà calarsi sempre più nella carne della nostra umanità, per farci diventare uomini e donne capaci di non temere e non rifiutare la negatività, l’abisso del male e del crimine (fatte salve, ovviamente, le necessarie misure punitive e preventive che uno Stato deve attuare nei confronti di chi viola le regole della convivenza).
Carcerati e carcerieri, ladroni e derubati, colpevoli e innocenti: uniti nell’anelito ad essere salvati, liberati dalle catene dell’avidità e della violenza, capaci di perdonare e di accogliere il perdono.
E’ proprio necessario un terremoto interiore, uno scossone dell’anima, per aprire squarci e prospettive inedite su questa delicata realtà sociale!
Grazie, Mirella, per la tua testimonianza e per il tuo lavoro.
Paola
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Grazie Paola, sono veramente commossa…
Io per natura non sono molto magnanima, ho sofferto molto (per la mia limitatissima soglia del dolore) e talora mi riscopro: piuttosto gretta.
Ora faccio silenzio, lascio calare dentro me le tue parole e questa visione d’insieme di terremoto e carcere: "… si sciolsero le catene".
Lascio che accada.
In comunione.
letta
.. tra il dire (di molti) e il fare (di pochi) c’è di mezzo il mare
Il mare potrebbe essere il "nulla" (dei molti) nel quale "morire" oppure la "speranza" (dei pochi) che gridano "Terra, Terra, .."
Ho allargato un pò il pensiero di Mirella. Le carceri (tutte) sono il segno della (nostra) "povertà" dalla quale rifuggiamo e non vorremmo essere "toccati". I colori, gli odori, i suoni fanno paura quindi meglio "spegnere".
Peccato che la "povertà" lasciata fuori spinge, bussa e si fa sentire, grida e si fa spazio. Se non impariamo a smettere di aver paura (i pochi che diventano tanti) saremo travolti da così tranta violenza che non sapremo cosa fare … cronaca degli ultimi anni.
Grazie Sr Mirella.
letta
Cara suor Mirella, le tue parole mi sollecitano a un continuo impegno di ri-educazione, di sguardo incessante sulle
povertà che ci portiamo dentro, sulle paure che ci imprigionano e di ascolto dei nostri più profondi bisogni e desideri.
Grazie per il tuo prezioso lavoro, Giuliana
letta
Cara Suor Mirella,
non so se trattasi di omonimia o della stessa persona, ma penso a quella Madre Superiora che veglia la Consorella sotto le macerie della loro casa, dopo aver tratto in salvo i bambini affidati alle sue/loro cure… e sto in silenzio ed in preghiera. Ma proprio da questa comunione nel dolore lascio che la parola si esprima nel rispetto del Suo lavoro come di quello di molte altre persone.
Non conosco la situazione delle carceri, (frequento, solo un poco, il disagio psichico… legge Basaglia?) ma, nei giorni scorsi ho lasciato che le immagini di Paola e le parole di Giuliana, rompessero la pietra del mio cuore .
Checos’è una legge per me?
Una legge è come un punto d’evoluzione storico di una società e contemporaneamente ne è la sintesi.
Una legge è una riflessione (ri-conosce l’esperienza del passato) e produce una "visione" che si proietta nel futuro (come ipotesi?).
Noi la viviamo in altro modo, ci mettiamo sopra un sacco di aspettative e la rendiamo una cosa immonda: "Fatta la legge fatto l’inganno" .
Iconograficamente la vediamo realmente per ciò che è: LA LEGGE E’ UN INGANNO !
Ad esempio, può indurre in noi, un profondo senso di inadeguatezza "ci sentiamo impotenti" sentimento che favorisce l’atteggiamento di delegarne ad altri l’applicazione; e quindi la pretesa che… ecc. ecc..
Noi potremmo vedere le leggi promulgate nel paese da un diverso punto di vista, considerare la loro applicazione nella misura in cui "divengono superflue".
La dove una legge è completamente interiorizzata nel valore indicato (ad esempio col lavoro di tutte le Suor Mirella che operano tra i carcerati) si può considerare superflua…
Non trovo altra sintesi di Verità che quella di Paolo: non è la legge che salva ma l’amore.
( e … sono promulgate anche leggi di morte.)
L’articolo n° 27 s’incontra/scontra con la nostra "egoicità/ polemica " che non sà :"darsi pace": Il diritto della vittima o quella del carnefice? in quale giusta priorità? in quale giustizia?. I loro diritti restano separati e non confluiscono in una possibile giustizia se non nel "dono" della gratuità: nel per-dono.
"Dare la propria vita per la salvezza di chi ha "fatto il male", errato, peccato…? "
"Perdonare è perfino rinunciare a sapere quello che l’altro se ne farà di quel perdono." (Fr: Roger di Taizè)
Ci sarà mai una società "civile" che possa promulgare ed IMPORRE una siffatta legge???
IMPORRE LA LIBERTA’? poichè senza libertà non è possibile amare e… cos’è la libertà? se non realizzare sè stessi!
Io continuo a riflettere sul limite… mio!
Lascio che gli Angeli custodiscano tutti noi, in questi giorni di paura e dolore.
Edificata dalla testimonianza di tanto rinnovato "slancio solidale" operante in questa catastrofe che, riconosce e si stringe attorno: "all’ingiusto dolore innocente" che vive il Suo Venerdì Santo.
Con affetto,
Buona Pasqua a tutti.
letta
La settimana santa inizia con un grande terremoto che mette l’Aquila in ginocchio. Paola nel suo commento al post, citando il brano degli Atti degli Apostoli, mette in relazione carcere e terremoto.
I misteri celebrati nella fede diventano liturgia esistenziale.
Non c’è più separazione: come è dentro così è fuori.
Mi chiedo: quale ‘aquila’ in me è messa in ginocchio? Quale carcere in me sta crollando?
Un abbraccio. giovanna
letta
Quando un problema è grave e complesso si rinuncia a fare qualche piccolo tentativo…si abbandona anche la speranza, si delega il compito ad altri, agli addetti ai lavori. Invece no, qualche cosa qualche piccola cosa si può fare. Bernanos afferma che "…le piccole cose non han l’aria di nulla ma donano la pace". Già parecchi imput sono emersi dagli interventi, quello che lancio io è una richiesta di cambiamento di mentalità, un superamento di pregiudizi riguardo al problema carcerario. Superare la pretesa punitiva e giustizialista, di cambiare, rendere saggia una persona attraverso una ulteriore sofferenza… Quando mai il disprezzo o una punizione sia pure meritata ci ha resi migliori? La mia esperienza mi ha portato spesso ad affermare che la frequentazione di questi ambienti mi ha cambiato la vita, ed è molto più quanto ho ricevuto di quento non abbia donato. Lì ho trovato spesso reati, patologie, povertà, follia, ignoranza di tutto, ma quanta riconoscenza, quanta umiltà spesso, quanto spirito di adattamento , quanta capacità di misericordia, quanto sentimento, quanta solidarietà…non sto mitizzando o facendo del buonismo, è così!La sofferenza, le restrizioni i propri diritti negati, la tanta rabbia ingoiata, rendono nel migliore dei casi più più saggi e comprensivi….Nessuno mai mi ha detto, fuori, " Grazie che ci sei" per una semplice cartolina inviata, per un sorriso, per una buona parola…tutte piccole cose che a me non costano molto ma sono importanti per chi vive negli inferi della propria angoscia.
Grazie e Buona Pasqua anche dai miei amici ed amiche ristretti!
Suor Mirella
letta
Cara Suor Mirella,
puoi dare, a me, l’opportunità di fare una piccola cosa con te per i tuoi amici ristretti?
E come? e dove?
Sò che non è questo che chiedevi o forse è " anche questo"?
Comunque sia, potrebbe aiutarmi a non dimenticare, che esiste il problema, anche solo interagire con un augurio a distanza.
Farebbe bene a me, prima che a loro.
Ciao e Buona Pasqua a tutti
letta
Carissima, già, un po’ anche questo chiedevo, sempre nella misura del possibile. Dovrei sapere tuttavia se puoi alimentare un’aspettativa che si crerebbe perchè succede spesso che le persone lasciano perdere dopo aver alimentato una speranza. Dovrei sapere anche se nella tua città o luogo dove abiti esiste una Casa di Reclusione o un Circondariale…se esiste un volontariato che si dedica a questo settore…se esistono sul luogo delle Associazioni o un ramo Charitas che si occupa di carcerati. E’ necessario in questo lavoro avere un aggancio operativo di sostegno e di informazione per non incorrere in avventure spiacevoli. Potrei comunqe proporti qualcosa con noi per esempio la corrispondenza con un carcerato/a, con un recapito fermo posta o presso la Caritas ( è prudente non dare mai il priprio indirizzo e usare pseudonimi).. Una nostra volontaria sta sperimentando anche la corrispondenza in inglese con statunitensi del braccio della morte. Si dichiara molto contenta e recentemente è anche andata a trovarli. Ritengo la corrispondenza molto importante con risultati altamente educativi. Le nostre lettere vengono lette e rilette, appese in cella e attese.
Essendo sul luiogo ed entrando noi in carcere facciamo un po’ di tutto: accompagnmenti in permessi, alloggi e lavoro come pure sostego alle famiglie, ai bambini che spesso rimangono soli avendo entrambi i genitori in carcere.. ma per questo è necessario essere qui. Per intenderci meglio scrivimi chiedendo alla redazione la mia mail.
Un abbraccio riconoscente e a presto
letta
Cara Suor Mirella,
desidero postare ancora qualcosa qui. Riflessioni fatte ad alta voce, con "pretese" di chiarezza, almeno per me.
Sono un poco ad una svolta in "darsi pace", necessito prendere una decisione, se continuare ad interagire dicendomi, oppure fare un passo indietro.
In un certo qual modo, il problema delle carceri m’ha evidenziato l’incongruenza, essendo più a portata di mano di quello palestinese.
Ho tante di quelle resistenze rispetto ai detenuti che penso di essere indatta. Mi ci vorrà del tempo anche solo per poter decidere di scrivere in modo ch’io possa essere, accettabile prima che credibile… però ritengo che qualcosa si possa fare (almeno per me, se non per loro).
Forse altri non hanno le mie stesse resistenze, anche se non si dicono.
Propongo qualcosa d’iniziale, di pregare con te "per noi"; perchè cominci a rompersi un poco la pietra del cuore. Qualcosa che sia un pochino stabile.
Una sorta di luogo/appuntamento per tutti noi. Ricordarci di te e del tuo lavoro, o di una necessità particolare; in un giorno o un’ora precisa e insieme.
Un minuto di silenzio/preghiera per "ricordare consapevolmente" uno per uno, volto per volto, tutti i luoghi della terra, postati in "darsi-pace", in cui siamo impotenti a fare alcunchè "personalmente"? nel tentativo di mantenere viva la memoria del nostro limite lasciato nelle mani di un Altro? perchè con Lui risorga.
Per il resto, sono certa che attivandomi, posso trovare anche nella mia città qualcosa in atto a favore dei carcerati.
Ho impiegato un anno e passa ad integrarmi con il bisogno del disagio psichico; ed anche lì le speranze non vanno deluse ed è necessario che continui, magari ampliando e riqualificando il tempo che vi dedico.
Talvolta penso che data la quantità dei bisogni che c’interpellano basti vivere i rapporti giornalieri sorridendo… senza caricarsi di altri guai, oltre ai nostri.
Dalla famiglia, al vicino di casa, all’estraneo…. Tocca a me salvare il mondo?
Così sono stata un po’ provocatoria, quasi ad indurre volutamente una di quelle "scosse" in me.
I poveri saranno sempre in mezzo a noi, mi pare di ricordare. Ma non è che il bisogno si risolve col pensiero e basta. Forse serve ancora ragionarci sopra, anche a "questo" bisogno, prima di "fare". Ma un parlare finalizzato anche ad una ipotesi, almeno come "ipotesi" (concreta? appunto!).
Lo sò, sono piena di pretese, e non ho ancora deciso se restare, ne come, in "darsi pace".
Gli argomenti mi arricchiscono, il che non è poco. Ma sento anche un disagio (la mia pretesa onnipotente?) che ancora non riconosco consapevolmente fino in fondo.
Ormai, ci sono persone e nomi che mi diventano familiari, riscaldano il mio cuore, nonostante il mezzo virtuale; che sento vicine…. Mah!?
Bene, Suor Mirella,
quando riceverò il tuo indirizzo mail,
sarò lieta di cominciare a scrivere a te,
poi si vedrà., da cosa nasce cosa.
Con affetto
Rosella
p.s. alla redazione.
E’ necessario che vi ricontatti per inviarvi il mio indirizzo mail?
Grazie di tutti i vostri sforzi comunicativi.
Buona giornata e buon lavoro Rosella.
letta
Bene, grazie! Cogli tante cose importanti: la preghiera"corale" per tutti noi perchè il nostro sito diventi una zona di luce e di speranza…il pensare…il riflettere…il meditare, creano consapevolezza. Da dove pensi mi sia venuta la capacità di guardare in faccia un portatore di reato come a persona nuova? E il vivere i rapporti giornalieri sorrdendo e il perdonare a chi ti ferisce? Tutto col tempo arriva se abbiamo la pazienza e attenzione alle vicende del nostro spirito.
Alla prossima dunque
letta
… è proprio l’attenzione alle vicende del mio spirito che m’induce a fare un passo indietro.
Non esattamente l’andarmene, ma il fermarmi un poco "quasi" in solitudine.
Sono nuova al blog e sono nuova in Darsipace.
Poichè non ne conosco il lavoro e quindi in un certo qual modo ne il come ed il perchè esista, ne se abbia delle aspettative (ma è poi così importante?) ci ho proiettato sopra: "il mio" di film. Addentrandomi un poco mi sono resa conto che, se pur l’esperienza è analoga il linguaggio è diverso e se prima ne ascoltavo le pause ora desidero ascoltarne la voce sperimentando la mia di presenza/assenza nel silenzio.
Ciao a tutti
letta