Crollano i muri col terremoto d’Abruzzo. Di quelli in cemento se ne è parlato tanto. Di quelli tra le persone meno. Lo ha fatto le Iene, in un servizio di Enrico Lucci, che ha messo in luce il paradosso di questo sisma: persone che hanno perso tutto, d’improvviso, scoprono quanto poco valeva la loro vita, fatta di chiusura e insensatezza. E quanto, senza più nulla, si accorgano solo ora della bellezza di rapporti veri.
Di un sorriso col vicino sempre ignorato, di un gioco vero e non solo virtuale tra bambini, di un’attenzione in più per l’anziano. Nessuno degli intervistati dice che preferirebbe tornare indietro, al tempo in cui aveva un tetto sulla testa. Sembra pazzesco, ma è così.
E’ un servizio molto bello, che non riguarda solo la gente del terremoto. Ma tutti noi. C’è davvero bisogno di una calamità per capire il tesoro nascosto dietro ogni occasione di amore che perdiamo?
Anch’io sono rimasta molto colpita quando ho visto in tv questo servizio.
Penso sia capitato a molti di riscoprirsi solidali e pieni di voglia di dare e di "darsi" quando ci troviamo in una situazione inconsueta, fuori dalla nostra esperienza ordinaria (per esempio durante di un ricovero in ospedale).
Ma quando la nostra vita va avanti nel suo binario consueto, aprirsi con gesti concreti agli altri esige una sforzo personale, isolato, da cercare caparbiamente e spesso senza nessuna gratificazione. Allora diventa tutto più difficile.
Siamo così radicati nelle nostre abitudini, soprattutto mentali, che preferiamo un presente non soddisfacente, ma rassicurante nella sua prevedibilità, piuttosto che avventurarci in gesti potenzialmente pericolosi per il nostro ego.
letta
E’ successo di recente! Nel mio ambiente di lavoro pieno, come tutti, di disaccordi, rancori, difficoltà nel comunicare…mentre eravamo intenti ognuno alle proprie attività, arriva una telefonata alla mia collega, una di quelle che non vorresti mai ricevere: il padre, uomo sano, pieno di vita, ancora giovane (64 anni) è in coma!
Subito nel panico generale si scatena la solidarietà da parte di tutti e così nei giorni a seguire (purtroppo il papà non ce l’ha fatta).
Dopo qualche tempo arriva una lettera al direttore da parte della mia collega, indirizzata a noi tutti, ciò che ella tenta di esprimere, pur in un momento di infinita tristezza, è la gioia di averci sentito tutti così uniti nel condividere il suo dolore, di averci visto con occhi nuovi, esseri umani….e la speranza che ciò continui anche in futuro!
Continuerà? Non so, Antonietta nel suo intervento descrive molto bene cosa ci blocca e devo dire che per me il "punzecchiarsi per non cadere addormentati" coincide con il lavoro dei gruppi di "darsi pace" , un lavoro che mi riapre continuamente gli occhi e soprattutto cerca, se pur con immensa fatica, di farmi vedere il prossimo come deve essere visto…. da amare sempre e comunque con tutte le sue debolezze!
letta
letta
Le nostre abitudini sono così, intimamente nostre ed inconsapevoli che, un gesto diverso che nasca solo "dall’istinto", dal desiderio nel cuore di un incontro con l’altro, ci appare "un atto inconsulto".
Uscire da sè stessi per andare verso gli altri, spegnere la TV ed uscire di casa: una fatica che "non vale la pena". E così di giorno in giorno ci lasciamo "uguali".
Anche se non è crollato alcun muro alla nostra casa, raccogliere una pietra da terra e lanciarla in quella parte di noi che è ancora "stagno"?
Così, tanto per assaggiare il gusto di rompere un’abitudine.
Cambiare posto a tavola? no? e dormire sul lato opposto del letto o del corpo?
Sono volutamente attenta a cose non immediatamente percepibili come un gesto di cambiamento di vita ma: "provare per credere". Ascoltando ciò che ci trasmettono/dicono.
Quanto possano essere difficili ed anche efficaci per stimolarci, questi semplici gesti.
Quando ho provato, ho riso e mi sono lasciata andare a sfidare me stessa.
Alla fine è stato veramente travolgente.
Gabriella ieri mi ha posto una domanda, la risposta è questa: Quegli inediti moti dell’anima che stupiscono anche me, nascono dall’aver raccolto UNA PIETRA da terra, dall’averla osservata e dall’aver iniziato a dialogare con essa: "tu sei IL PROBLEMA, ed anche LA RISORSA"
Provare per credere.
Rosella
p.s. non mi riesce veramente anche per oggi non trascrivere la meditazione .del giorno, di Taizè
meditazione – L’incupimento sarà forse più contagioso della pace nel cuore? Giudicando gli avvenimenti con pessimismo, drammatizzando ogni situazione, alcuni pensano di acquisire una autorità. Ma non si rischia forse di abbandonare uno dei tesori del Vangelo? Quale?
Lo stupore di un amore.
letta
terremoto ad Haiti
dalla meditazione di Taizè di oggi 13 gennaio 2010
Alcuni fratelli della nostra comunità vivono nel Bangladesh già da lungo tempo, condividendo la vita dei più poveri. Uno di loro scriveva: "Dopo un ciclone, alcuni dei nostri vicini ci dicevano: Perché tutte queste disgrazie? Abbiamo peccato così tanto contro Dio?". La loro sofferenza era amplificata dal segreto timore di una punizione di Dio.
Dio non suscita mai ne la paura, ne l’angoscia, ne lo sconforto. Egli condivide la pena di chi attraversa una prova incomprensibile. E ci dona la possibilità di alleggerire, a nostra volta, i fardelli degli altri. Dio non vuole ne la guerra, ne i terremoti, ne la violenza accidentale. Dio ne è innocente, Dio è l’innocenza
ad Haiti opera stabilmente don Giuseppe, sacerdote della diocesi di Milano e fratello di mia cognata, condividete come potete.
grazie
letta