Assumiamo una posizione comoda, eretta, e rilassata, e lasciamo che la serena attenzione al respiro plachi progressivamente il rumoreggiare dei nostri pensieri e delle nostre emozioni. Accompagniamo, come di consueto, l’inspiro con l’attitudine interiore del sorriso, e l’espiro con quella dell’abbandonarci: sorrido/ mi abbandono. Non lasciamo che queste restino semplici parole automaticamente ripetute, bensì rilanciamo ad ogni inspiro la nostra disposizione al sorriso accogliente, alla dilatazione interiore, e ad ogni espiro abbandoniamoci un po’ di più nel nostro abbandonarci, nel nostro non trattenere, nel nostro lasciar andare, lasciar scorrere via.
Procediamo serenamente per alcuni minuti, gustandoci il senso di pace, di stabilità, e di discesa nel presente, che andrà crescendo dentro di noi. Sorrido/mi abbandono: questo è un momento meraviglioso. Più mi abbandonerò, cedendo nelle mie resistenze, nella mia volontà di controllo, e più la percezione del presente diventerà concreta e gioiosa, ed io sperimenterò la bellezza della mia intrinseca infinità. Questo momento, che mi apre al mistero del presente non più condizionato, è cioè davvero meraviglioso in quanto in esso io esperimento la mia infinità, la mia apertura all’infinito, e quindi la mia autentica libertà: io sono felice qui, in questo stato, perché sono aperto all’infinito, e perciò sono libero, non più chiuso, non più de-finito dal mio passato, sono felice perché sono uscito dalla prigione del mio io ego-centrato, fatto di forzature, mascheramenti, e paure e rabbie e odio.
Gustiamoci appieno la nostra libertà, il mistero del nostro essere soggetti incondizionati, e apriamoci alla comprensione che questo significa che nel profondo del nostro essere abita la fonte stessa della nostra infinità: Dio cioè dimora in me, è con noi: Immanu’El: ed è in noi come Fonte dell’eterna ri-creazione: in questo momento Dio effonde in me la sua Potenza creatrice, la sua Parola, che assume la mia umanità con tutte le sue distorsioni, e la trans-figura. In questo momento meraviglioso Dio pro-crea in me, se io lo desidero e ci credo, il mio Salvatore: Gesù.
Lasciamo che questi stati interiori fioriscano dentro di noi, si consolidino, e diventino esperienza: il senso della libertà, l’apertura all’infinito, la percezione dell’infinità di Dio presente dentro di noi, la creazione in atto della mia nuova umanità come generazione di Gesù, e rivolgiamoci poi direttamente a questo Dio-Uomo che ci salva, chiedendogli ciò che in quel momento sentiremo come più necessario al nostro progresso spirituale: “Signore Gesù, principio vivente della mia umanità trasfigurata, tu sei la luce del mio pensiero, illuminami fino in fondo.”
Quando la comunione con lo Spirito del Cristo Vivente sarà sufficientemente rinforzata, gli chiederemo di scendere con noi nelle nostre aree più oscure per illuminarle e integrarle nella nostra nuova identità: “Con la luce della tua luce, Signore, guarda tutto ciò che in me ancora resiste alla tua grazia, al tuo perdono. Illumina e fammi vedere tutto ciò che in me è ancora vincolato alle catene di questo mondo”. E con l’aiuto dello Spirito di Gesù, Vero Dio e Vero Uomo, ogni giorno potremo osservare sempre meglio tutti i nostri mascheramenti, tutte le nostre paure, tutti i nostri rancori, tutto ciò cioè che ancora non è pienamente umano, fino a percepire quel punto di scissione, quella ferita arcaica che ognuno ha nel più profondo abisso del cuore, come segno del mistero della separazione originaria dalla fonte stessa della vita, e fonte di tutti i nostri mali.
E proprio da lì, da quello stato di impotenza e di abbandono, invocheremo con più forza la grazia della salvezza: “Colma, Signore Gesù, con la potenza della tua umanità anche questo baratro di morte e di disperazione. Tu sei il perdono. Tu sei la remissione di tutti i peccati del mondo. Tu sei la frantumazione del peccato, dell’antica scissione che ancora ci ferisce e ci dis-integra. In comunione con te, Signore, io sono del tutto perdonato, ricreato. Io sono santo. Io sono Uno, in comunione con tutti. Lascia che io goda senza fine questa inaudita integrità. Lascia che io comprenda il miracolo della mia eternità. Lascia che io esperimenti con tutto il mio essere il mistero del perdono come liberazione dalle catene della morte e come vera pace: vita che si rinnova in me: creazione che pro-creo con Dio.”
Gustiamo senza fretta alcuna la nostra santità, il nostro essere figli di Dio, generati proprio adesso dal nostro vero Genitore, e sentiamo che in questo stato siamo davvero noi stessi: “Signore solo in te io sono me stesso: Io in Te e Tu in me, per sempre. Questa è la vita eterna, la mia eterna gioia.” E proviamo magari a vederci in questa nostra identità divinizzata e compiuta. Proviamo a vedere chi siamo in questa comunione con Dio. Che cosa siamo chiamati a fare, a donare, ad offrire ai nostri fratelli. Proviamo a chiedere allo Spirito che ci illumini sulla nostra specifica missione su questa terra.
Anche in questa pratica di preghiera è importante che i singoli passaggi vengano realizzati, lasciando che lo Spirito ci aiuti a capire dove soffermarci di più. Per maggiore chiarezza riportiamo i passaggi già delineati precedentemente ed aggiungiamo quelli che completano la pratica:
1. sorrido (inspiro): apertura, dilatazione interiore, accoglienza/ mi abbandono (espiro): non trattengo, lascio andare;
2. sorrido/accolgo con simpatia e poi abbandono ogni specifico oggetto di pensiero o emozione che sorga dentro di me;
3. così scendo sempre più intensamente nel presente: questo è un momento meraviglioso;
4. nesso tra abbandono interiore e pacificazione; e nesso tra abbandono ed esperienza del presente (realizzo quali resistenze o pensieri automatici mi trattengano dall’abbandonarmi un po’ di più);
5. questo è un momento meraviglioso perché qui, in esso, io sono libero; e sono libero in quanto io sono aperto all’infinito;
6. io sono in tal senso un essere spirituale (che trascende i limiti di questo mondo) in un mondo dello Spirito: nesso tra essere uno spirito ed essere libero;
7. la fonte dell’infinito è in me e adesso si fa umanità in me e mi trans-figura, mi salva: Signore Gesù! Entro in relazione con il Principio vivente della nuova ed eterna Alleanza;
8. mi rivolgo con tutto il cuore al Signore chiedendogli luce (e tutto ciò di cui in quel momento sento il maggior bisogno), e rafforzando nel dialogo con lui la comunione con il suo Spirito;
9. in comunione con il Signore della Luce scenderò poi a vedere meglio tutto ciò che in me resiste ad abbandonarsi del tutto alla potenza del ricominciamento: osserverò i mascheramenti, le falsità, l’odio, e le paure che mi abitano;
10. giunto nel punto della mia profondissima scissione, nel baratro della mia disperazione e impotenza, invocherò con tutto il cuore l’aiuto e la salvezza;
11. in quell’abisso accoglierò la grazia del perfetto perdono, godendo della mia integrazione: in te, Signore, io sono Uno, Uno in comunione con tutti;
in te, Signore, io sono me stesso: Io in Te, e Tu in me: questa è la vita eterna: mi vedo, Signore, in questa luce, vedo chi sono io nella mia perfetta integrazione: lo Spirito illumina i tratti della mia missione.
… sorrido e mi abbandono
io mi abbandono sorridendo alla vita; ma, non accolgo atrettanto sorridentemente, l’altro e la vita.
In fondo la mia reale difficoltà è quella di accettare di stare/vivere in questo mondo.
Come se al fondo il mio desiderio di morte, per fondermi nel tutto, fosse il desiderio più intimo, vero e unificante in me… . Come se non mi sentissi adatta ad accogliere, ma solo a lasciare: "la vita".
Trovo strano questo, poichè io sono "ora" serena; in pace , sia in famiglia che con me stessa. Eppure contemporaneamente è come se un "atteggiamento" depressivo mi qualificasse; ciò nonostante, senza per questo diventare un "sentimento" depressivo.
Questo, seppur confuso, è il mio punto.
Se non avessi cercato di dirmi a voi non ci avrei pensato.
Grazie e ciao a tutti
Rosella
letta
Carissima, quello che scrivi è molto importante.
Noi infatti siamo fatti a strati, e quella disperazione di fondo che percepisci è un punto preciso della geografia della nostra anima, un punto che noi chiamiamo punto di scissione, il luogo emotivo in cui siamo stati tagliati fuori dalla vita.
Questa ferita può essere raggiunta e attraversata, ogni volta di nuovo, ad ogni pratica (psicologica o spirituale), per scoprire che, abbandonandoci in quella impotenza, senza resistere o riprodurre le antiche e inutili difese, e facendo di quel luogo disperato un luogo di richiesta di aiuto e di preghiera, e quindi di relazione col principio della vita, possiamo sbucare ogni volta di nuovo nell’Aperto di una integrità senza tagli o separazioni.
Inesauribile cammino di integrazione/guarigione.
Credo che sia questo luogo disperato l’area che tu oggi puoi contattare e sanare, per aprirti ad un’esperienza più matura della fede, che proprio lì, al fondo di ogni disperazione, trova la propria verità.
letta
Grazie Marco Guzzi per quel che mi dici.
Ma c’è qualcosa di diverso, una sorta di "non disperazione" in ciò che contatto.
Una sorta di mancanza di emozione della disperazione, in questo luogo d’impotenza; che questa notte mi ha fatto formulare questo pensiero: Spesso quel che "non lascio consapevolmente" è proprio la quotidianità.
Quelle faccende in cui "posso sbrigarmela da sola".
Eppure se ci penso bene il dramma della mia vita si è formato (anche per quello che ho riconosciuto nel passato dell’infanzia) giorno per giorno, con piccole cose.
Come pietruzze poste una sull’altra che si sono accumulate soffocando il cuore.
Senti non ho la pretesa di capire, ne di parlare la stessa lingua.
In fondo non sò neppure meditare.
Mi piacerebbe e desidererei ascoltare la voce dell’esperienza di chi quest’avventura la vive gia.
Buona giornata
Rosella
letta
Vi segnaliamo l’intervista a Marco Guzzi sul programma Radio Europa di Radio 1 Rai, che parla della crisi dell’Europa dopo il voto della scorsa settimana.
http://www.radioeuropa.rai.it
letta
Marco Guzzi,
hai ragione.
Quello che contatto è proprio l’essenza emotiva della mia scissione, nell’esperienza del "perdono".
Io sono veramente "un’impunita".
Ci sto lavorando.
letta
Una delle cose più difficili da capire, da accettare, e poi da sperimentare nel cammino interiore di liberazione è che torniamo integri proprio scendendo ogni volta di nuovo nel punto in cui siamo stati fratturati, che cioè la vita nuova scaturisce solo dalla discesa entro la ferita che ha prodotto e continua a produrre la nostra vita dissennata.
A volte noi invece cerchiamo il divino proprio allontanandoci dai nostri inferi, dalle nostre ferite, dai nostri luoghi più infami e tenebrosi, e così ci costruiamo un cielo di cartapesta, utile solo per le mascherate di carnevale.
No, paradossalmente il cielo vero si apre proprio nell’abisso di una notte senza più speranze (umane), e cioè proprio nel luogo in cui sperimentiamo il nostro essere tagliati fuori dalla vita e dal bene, la nostra impotenza, il nostro essere perduti, e "de profundis" innalziamo però la nostra invocazione di aiuto a Dio, alla Vita, ricollegandoci così alla sua forza: questo nuovo stato lo chiamiamo io in relazione, il nuovo io immacolato.
Sapienza pasquale, sapienza battesimale.
letta
O.K. Marco Guzzi,
mi permetto continuare.
Comprendo quello che dici poichè, se pur, non nel metodo da te proposto, ma, in una sorta di meditazione a cui sono pervenuta all’interno della psicoterapia; quegli inferi lì li conosco.
Li ho attraversati in compagnia del "certosino", nella purificazione del cuore; tenuta per mano saldamente da una persona competente in psicoterapia..
Ora a me non pare molto differente da quello che fate voi. Anche se sono consapevole che la "questione" non è risolta una volta per tutte, ma che vi sono cicli di ritorni: Mi pare però che vi sia una differenza come nella faccenda del bicchiere: mezzo pieno o mezzo vuoto.
Un bicchiere è un bicchiere, per metà è pieno d’aria e per metà… pieno di vino.
Se hai sete bevi e se desideri respirare tieni fuori dal vino il naso.
Qui è uguale. Forse ogni tanto nella vita, dopo tanto dolore attraversato e lasciato (dopo tanto peccato lavato dallo Spirito e nel sacramento) si comincia a percepire che ( il Risorto esiste veramente) il Nascente nasce.
Io cercavo il mio Risorto, più o meno come la Maddalena.
Forse quando l’incontro comincia ad essere esperienza, si può cominciare a vivere un poco in pace, nel proprio "centro".
Si scopre che "tutto è dato". Anche il perdono. E che magari "possiamo godercelo".
Magari ci vuole quel tanto di "vuoto" per accettare di "godercelo"!
… di concepirsi illimitato limite o limite illimitato… in quell’incontro: "per dono"
Avere/prendersi il permesso di essere anche nella pace… unitamente alla consapevolezza che non puoi più tornare ad allevare i tuoi figli, con questo "cuore nuovo"! che non possedevi, mentre imprecavi contro la vita; mentre testimoniavi alla tua stessa carne che: la vita non era degna di essere vissuta, ne procreata, ne continuata…. mentre invocavi l’esser sterile e la morte.
Ma che ne sai tu di quale pozzo ho attraversato, prima di giungere qui?
Ritieni opportuno conoscere le "grandi colpe " da cui "siamo state" travolte, mia madre ed io?
La morte di mia sorella,prima d’esser concepita io; e della quale ho preso inconsapevolmente il posto? o l’allattamento interrotto su consiglio medico, e nel quale mi sono lasciata morire d’amore?
L’impotenza umana è persino oltre la propria colpa e la colpa dei nostri genitori naturali. L’impotenza umana è "storica".(Sembra la storia del cieco nato: "chi ha peccato lui o i suoi genitori?"
"Che il Signore ci doni RI- CONOSCERE e sperimentare IL DOLORE NELLA gioia della PACE".
(… ma forse questa è cosa da donne, quando prendi tra le braccia il figlio che hai appena partorito!)
Ciao e Buona domenica.
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Marco Guzzi, appena postato ho riletto e: "Vuoi vedere che ho frainteso e dicevamo la stessa cosa?"
Se così è, scusami e "lascia andare".
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Stride la carne
Nel "voler"
Attaccata all’osso
Abbarbicata lì
Quel tanto o poco
Basti continuar
"la fame".
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