Massimo Cerofolini intervista Marco Guzzi sulla crisi dell’identità europea:
http://www.radio.rai.it/radio1/radioeuropa/view.cfm?Q_EV_ID=289459
Il 57% degli europei non è andato a votare, manifestando in modo inequivocabile che i popoli europei non apprezzano questa Europa, non si riconoscono in essa, e non considerano importanti le sue istituzioni.
Lo sapevamo già, ma indubbiamente questi dati ci danno una conferma eclatante del netto rifiuto popolare di questa Europa.
Un ceto politico responsabile non si occuperebbe di altro.
Noi invece discutiamo del “trionfo” di Di Pietro e dello 0,5 in più dell’UDC.
Questioni di capitale importanza, come è evidente.
La cosa non è diversa nella Spagna di Zapatero o nell’Inghilterra di Gordon Brown.
L’Europa, come idea, come progetto, come sogno, declina, si affloscia, e si eclissa insieme alle classi dirigenti che produce.
Robert Schuman, uno dei fondatori della Comunità Europea, il 19 marzo del 1958, di fronte al primo parlamento europeo sostenne con forza che l’Europa è interamente permeata di civiltà cristiana, e che essa “è l’anima dell’Europa che occorre ridarle”.
Uno studio abbastanza recente del Pew Reserch Center ci dice che alla domanda se la religione abbia rilevanza nella propria vita risponde sì soltanto il 33% degli Inglesi, il 27% degli Italiani, e addirittura l’11% dei Francesi.
Percentuali per certi versi analoghe a quelle dei votanti alle elezioni europee.
La crisi dell’idea di Europa si radica nella crisi della sua fede cristiana?
Io penso di sì, e penso perciò anche che il progetto europeo troverà la forza di un nuovo slancio politico solo quando la cultura ebraico-cristiana occidentale avrà trovato nuove forme e nuovi linguaggi in cui esprimersi e manifestarsi.
Non si tratta, sia ben chiaro, di rivendicare le vecchie radici cristiane, ma di dare vita a nuovi frutti da questo albero rinsecchito e smorto.
Non si tratta di imporre simboli o di alzare altre bandiere crociate, ma di comprendere le cause di una crisi spirituale e culturale che ha origini lontane, che coinvolge tutti i secoli del conflitto tra Chiesa cattolica e modernità, e che ci apre proprio adesso a immensi processi di revisione e di conversione, a inedite sintesi creative.
Per cui non è certo l’attuale Partito Popolare con la sua assoluta maggioranza di 265 seggi al parlamento europeo, tanto vasta quanto indeterminata e in fondo imbarazzante nei suoi valori comuni così simili a quelli trionfanti in questo mondo, il possibile protagonista di un rilancio teologico-politico dell’Europa. Prima dobbiamo ritrovare l’essenza messianica del nostro cristianesimo annacquato. Prima dobbiamo cioè comprendere in modo inedito che cosa intendiamo, sul piano storico e politico, quando annunciamo l’avvento di un mondo nuovo, di una nuova umanità, di un ordine divino che viene a confutare e a distruggere gli ordinamenti omicidi di questo mondo.
Oggi anche un laico radicale come Habermas, che vorrebbe riportare tutto il sistema giuridico liberaldemocratico ad una razionalità procedurale e dialogica, ammette che l’intero pensiero politico moderno deriva dall’etica ebraica della giustizia e da quella cristiana dell’amore, e che “a tutt’oggi non disponiamo di opzioni alternative. Anche di fronte alle sfide attuali della costellazione postnazionale continuiamo ad alimentarci a questa sorgente. Tutto il resto sono chiacchiere postmoderne”.
Questo però è ovvio.
Ma il problema è un altro, ed è ben più arduo da affrontare: questa tradizione ebraico-cristiana che ha alimentato e ispirato tutta la modernità, come può esprimersi oggi, in questa fase di esaurimento di un intero ciclo storico? Come può l’ispirazione messianica rinnovare il progetto democratico moderno alla fine di un mondo?
Purtroppo il pensiero europeo non è più e al contempo non è ancora capace di pensare a questo livello di radicalità.
Ma presto temo che saremo costretti a farlo.
Ivan Illich, uno dei pochi pensatori originali degli ultimi decenni, poco prima di morire diceva: “Io non credo che questo sia un mondo postcristiano. Sarebbe consolatorio. Credo che sia un mondo – è così difficile da pronunciare – apocalittico”.
Mi chiedo: che tipo di uomo politico potrà porsi alla guida di un tempo apocalittico?
Che tipo di formazione o partito politico è adeguato ad un tempo finale/iniziale?
Domande troppo future? Chi sa…
ciao Marco Guzzi,
questo è il mio modo per augurare a tutti una buona estate e buone vacanze.
Rompere il ghiaccio (il che rinfresca).
Io di politica non capisco proprio nulla e dopo tanti cambiamenti di nomi e di partiti, la mia filosofia di voto è pittosto trasversale.
Ognuno fa quel che può per non arrendersi.
Però ciò di cui parli tu m’interessa, poichè è un divenire; ed allora anche se da una posizione limitata ti dico quel che penso.
Secondo me le radici del Cristianesimo storico, battono sullo zoccolo duro della storia Cristiana che è: l’offrir se stessi per gli altri… e "se necessario" morire. (che tanti giovani e padri andassero alla guerra con questi sentimenti? degni di stima anche se ora tentiamo d’essere post bellici, in darsi-pace?)
Non conta molto che venga citata l’etichetta, anzi forse se scompare può anche non fare danno.
Quel che penso sia importante è che i Cristiani (non necessariamente quelli che si dicono tali) che "si sporcano le mani" con la politica, abbiano la consapevolezza che esser tali significa "s’offrir" se stessi
Intendo che prima ancora che al servizio del popolo e dell’Europa, si pongano al servizio del disegno di Dio sulla loro vita, sul popolo e sull’Europa.
Rimetterci la pelle? proprio no!
affidare la propria vita e la propria storia a Lui.
Non che io sappia che cosa sia un tempo "apocalittico" (anche se pare io lo viva) ma se stiamo lì all’ora terza o nona? insomma quando "Spirò". Ricordiamoci che è anche Risorto ormai.
Son fuori tema?
Pazienza, mi defilo e "vado al fresco".
Ciao a tutti
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Grazie, Rosella, è vero, ciò che conta è appunto darsi pace, imparare che il proprio bene è sempre comune, e così via.
Ma credo sia importante che l’Europa riconosca il proprio ruolo specifico nella diffusione dell’idea di universalità.
Universalità dei diritti, universalità della verità, unicità sostanziale del Genere Umano.
Ispirazioni fondamentali nate e fiorite nell’incontro tra Atene, Roma, e Gerusalemme.
Riconoscere se stessi non per contrapporci agli altri, ma, proprio in nome di ciò che ci ispira (l’universalità sostanzialmente cristiana), per contribuire all’unificazione dei popoli nella pace.
Oggi queste idee sono messe in sordina da una Europa depressa e autolesionista, che non sa fare i conti col proprio passato, per rilanciarsi nel futuro.
Può sembrare strano, ma negli ultimi due o tre decenni solo i papi hanno ribadito questa centralità europea.
Ultimamente Benedetto XVI lo ha ripetuto nel controverso discorso di Ratisbona, quando ci ha ricordato che "il cristianesimo ha infine trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa", proprio coniugandosi con Atene e con Roma.
Lo ha detto, guarda caso, qualche mese prima di andare a Istanbul.
Voleva forse ricordarci quali sono i titoli indispensabili per entrare a far parte dell’Europa?
Riconoscere questa realtà è l’inizio di un possibile nuovo inizio per l’Europa, e quindi anche per il mondo.
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Grazie Marco Guzzi. Io lo sò che non vedo ad un palmo del mio naso.
Auguri anche a te.
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Caro Marco, mi perdonerai la partigianeria di questa riflessione, stimolata dall’intervista, davvero bella per chiarezza di espressione e vedute, che hai concesso a Massimo.
I risultati delle recenti consultazioni fanno indubbiamente emergere un quadro deprimente della sinistra europea. Cioè di quella parte politica e culturale in cui personalmente mi riconosco e a cui sento di appartenere. Tanto per essere chiari. Mentre "le" sinistre sono al palo, in un clima di generale disaffezione al progetto democratico europeo manifestato dall’alto astensionismo registrato, guadagnano le destre "estreme". Cioè quelle proposte politiche che incanalano e danno rappresentanza agli elementi meno razionali e più pulsionali dei cittadini: paura generalizzata, xenofobia, chiusure localistiche. Sottolineo questo aspetto: elementi pulsionali. Gli stessi recenti "fatti" italiani, che popolano le pagine dei giornali, credo o temo finiranno col confermare piuttosto che ledere il consenso del premier, proprio in quanto ne fanno il manifesto vivente di un modello di umanità e cittadinanza più pulsionale che razionale, anche sul piano sessuale. Se oggi il premier tentasse una conferma plebiscitaria del suo mandato, sarei quasi certo del risultato. [In una recente intervista a El Mundo (http://www.elmundo.es/elmundo/2009/06/06/internacional/1244319019.html), alla domanda "Come è possibile che Silvio Berlusconi domini da 15 anni la politica italiana?", il sociologo Giuseppe De Rita risponde senza incertezze: "Il suo gran merito è stato quello di cavalcare un nuovo e lungo ciclo storico-culturale: quello della libertà di essere se stessi. Se osserviamo, per esempio, i suoi discorsi elettorali dello scorso anno, noteremo che insiste sempre che è lui che garantisce agli italiani la libertà di essere se stessi. Il suo messaggio è: Volete essere ricchi? Volete essere internazionali? Volete essere quelli che vanno a puttane? Bene io vi garantisco la libertà di esserlo. Io personifico questo, anch’io sono uno che vuole essere se stesso, che non sopporta il Presidente della Repubblica perché non mi lascia essere me stesso, che non sopporta il Parlamento perché non mi lascia essere me stesso, che non sopporta la magistratura perché neanche lei mi lascia essere me stesso. Berlusconi personifica la idea che il vero valore di una società moderna è l’essere se stesso. Domanda di El Mundo: Quando dice “essere se stesso” vuol dire fare qualunque cosa gli venga voglia? Risposta di De Rita: Esattamente.].
E la/le sinistra/e? Sembrano inchiodate a una fiacca razionalità, una algida morale che, se continua a convincere me, certo non ha più alcuna capacità di penetrazione di massa. Il socialismo, partito massa per definizione, finisce per essere una ridotta culturale, una enclave di anime belle peraltro rissosissima, che sembra non avere più connessione e sintonia con la base reale dell’elettorato, con le sue propensioni, le sue preoccupazioni, le sue aspettative di riscatto, i suoi bisogni e i suoi sogni.
In questo quadro, il cristianesimo che contributo può dare a una ripresa in grande stile del progetto democratico, che coniughi la "ratio" e la passione, il pensiero e le emozioni? Ti dirò, su questo punto sono particolarmente dubbioso. Ogni volta infatti che il cristianesimo (ma direi il religioso) è sceso nell’agone dell’ideologia e dell’affabulazione politica, ha finito per provocare guasti ed eventi luttuosissimi. Anche, anzi direi soprattutto, quando riusciva a convogliare e mobilitare l’elemento erotico-pulsionale-emozionale. Non serve che stenda in proposito il solito cahier de doléances.
Ti faccio però alcune domande, senza pretendere risposte definitive. Anzitutto: quale cristianesimo può oggi attivare nuove traiettorie politiche? Il cristianesimo "popolare", che definendosi in contrapposizione ai partiti comunisti è quasi sempre coinciso col "moderatismo", e che oggi sembra orientato a battaglie conservative di piccolo cabotaggio sulla triade Dio/Patria/Famiglia, con la benedizione delle nostre gerarchie (della cui prudenza e lungimiranza di calcolo politico abbiamo oggi qualche ragione in più di dubitare)? Quel cristianesimo che guarda al "ceto medio", cioè a quel corpo elettorale che non ha grandi slanci, non ha grandi passioni oltre alla paura di perdere quel pochissimo che ha consolidato negli ultimi decenni?
E poi: che proposte "pragmatiche" è oggi possibile calibrare? Forse che il cristianesimo deve definitivamente scomparire dall’orizzonte e dalla sintassi degli schieramenti politici, per divenire quel "fuoco" che alimenta nuovi slanci e nuove visioni istitutrici di valori e civiltà? Se è così, ciò che dici nell’intervista non attiene alle opzioni politiche oggi in campo, ma alle traiettorie "formative" di una nuova classe dirigente…
Intanto grazie, e a presto!
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Avrei una domanda anch’io da fare, Ed ho quasi timore a porla, poichè è una domanda politica.
Ma dove mi portate a riflettere, erano anni che mi facevo i fatti miei:
La mia domanda è questa.
Ma dalla caduta del muro di Berlino le sinistre si sono mai riprese?
Nel senso di una riflessione comune sui valori che incarnano? Di una rielaborazione del passato.
Io lo chiedo perchè ho degli amici con cui sto bene. Salvo toccare il tasto della politica.
Loro butterebbero via una testa ad averne due, sul mio modo estemporaneo di votare.
Ora, io certo non entrerò in politica , visto che non mi riesce nemmeno di riconoscermi in un partito.
Ma chi l’ha detto che la mia posizione sia per forza irrazionale? Non può essere semplicemente diversa e non condivisibile da altri?
Io ho le mie ragioni per essere trasversale, magari non saranno buone ragioni, ma quelle che mi vengono proposte non le trovo ancora adatte a farmi decidere idifferentemente.
La tolleranza che cerchi di ascoltare anche chi non la pensa come te dov’è nella sinistra intelligente? Sembra sempre che la Sinistra sappia tutto e gli altri non capiscano e quindi siano irrazionali.
Forse è anche per questo motivo che preferirei un’Europa che incarnasse i valori cristiani senza etichettarli.
Ho fatto la mia… ma tranquilli! per un po’ son fuori gioco.
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Cara Rosella, "razionalità astratta" non è affatto sintomo di intelligenza, almeno nel senso in cui ne ho parlato, cioè come uno dei guai della sinistra europea. Un’esempio: l’affabulazione di Obama (retorica come deve essere ogni affabulazione politica) con la sua aurea "messianica" (voluta o meno) non è affatto aridamente razionale, e proprio per questo è, credo, intelligente e vincente.
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Non ce l’avevo proprio con te, ma con una parte della mia storia, della mia vita, della mia esperienza.
Gia che ci siamo. La tua precisazione mi calza a pennello, poichè penso che comunque sia ritenere che la razionalità sia il meglio dell’umano è tutto da dimostrare.
Il cuore dell’uomo e la sua irrazionalità sono una parola che sarebbe meglio che si cominciasse a prendere seriamente in considerazione per la domanda che pongono nella vita di tutti i giorni.
Quindi anche dalla politica.
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Carissimi, grazie di questi ulteriori arricchimenti.
Mi permetto solo due parole su un tema così complesso, per il quale rimanderei al post Democrazia umana, presente in questo blog.
La mia impressione è che i moti politici della modernità: dalla rivoluzione inglese a quella francese, fino al socialismo e al fascismo, e al comunismo, siano tutti intrisi di intenti messianici, più o meno contraffatti.
Il fuoco che ha acceso queste rivoluzioni viene dall’idea messianica di un mondo nuovo da instaurare, di una nuova umanità da far emergere, smantellando tutti i vecchi regimi della storia.
Le manifestazioni novecentesche di questa messianicità (più o meno distorta) ci hanno mostrato l’orrore di un messianismo senza Dio e senza Cristo, che mette al posto dell’Uomo-Dio la classe operaia, il partito, la razza ariana, il Duce, il Grande Timoniere, o l’uomo sovietico.
Questa crisi della spinta messianica paralizza la politica occidentale.
La domanda è: sarà possibile riprendere il fuoco messianico in altro modo?
Potrà il cristianesimo, che è messianico per essenza, alimentare RINNOVANDOSI, un nuovo progetto anche politico planetario?
Io credo che questo accadrà senz’altro, ma che ci vorrà del tempo, e che correremo forti rischi di nuove e più catastrofiche controfigurazioni.
Il Regno procede sempre tra tradimenti e fallimenti, tra Erode, Caifa, Giuda e Pilato.
Gli attuali partiti cristiano-democratici vivono anch’essi l’esaurimento di un’epoca della modernità, e oscillano tra il rincorrere una sinistra socialdemocratica già sfiatata, e il propendere per le regressioni etnico-sacrali.
Dobbiamo, credo, per ora limitarci ad azioni preparatorie: culturali e spirituali, creando aggregazioni inedite, e funzionando da lievito in una pasta gommosa e ben poco amalgamabile.
Per questo alle ultime elezioni mi sono ricordato delle ultime parole di Goethe prima di morire: mehr Licht,
ed ho scritto due volte sulla scheda: più luce, più luce….
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