Sette musulmani europei su dieci sostengono di digiunare durante il mese del Ramadan, il 60 per cento in più rispetto a 10 anni fa, mentre tra i cattolici è un problema rinunciare alla fettina persino nel giorno del Venerdì Santo. Ogni cento musulmani 32 si dichiarano credenti, ogni cento cattolici appena 16. Ma il dato più singolare, perché segna la tendenza dei prossimi anni, è quello sull’età: mentre nelle chiese crolla la presenza dei giovani, i più attivi nelle moschee sono proprio i fedeli che hanno tra i 15 e i 34 anni.
Il quadro emerge da una recente indagine dell’Ipsos, che dal 1989 al 2009 ha studiato le abitudini e i comportamenti nell’Islam europeo, di fatto ormai la seconda fede del Vecchio Continente. Cifre che fanno riflettere. E che pongono molte domande. Soprattutto a chi islamico non è. E che magari, come tanti islamici, vive il bisogno forte di un rapporto intimo e profondo con Dio.
Certo, la tara va fatta: il fervore religioso nell’islam europeo riflette un bisogno di identità, soprattutto per tanti extracomunitari ancora in cerca di una vera integrazione. Pregare insieme, digiunare insieme è una prova di forza, una sfida al mondo moderno vissuto come forte nel senso di ostilità ma debole nelle certezze, un modo per contarsi e rinsaldare i legami di protezione reciproca. E sul versante opposto, come sottolinea un recente intervento dello scrittore Pascal Bruckner, sul Domenicale del Sole 24 ore, “per molti cattolici il Ramadan è una delle molte manifestazioni di arretratezza, una sofferenza inutile che milioni di uomini e donne si auto-infliggono per segnare la propria differenza”. Per non parlare del sospetto che spesso l’Islam suscita in chi ha a cuore le conquiste consolidate delle democrazie laiche europee, dai diritti della donna alla libertà di espressione.
Tutto vero. Eppure. Eppure oltre a cercare ragioni sociologiche e a diffidare, un cattolico o un protestante non possono fare a meno di guardare con stupore allo coerenza con cui i musulmani osservano le pratiche della loro religione, sia quelle legate al cibo nei giorni prescritti sia quelle previste per le preghiere quotidiane e per gli obblighi in genere del Corano. Una disciplina che non trova neppure un pallido riscontro tra le file dei battezzati. E domandarsi: perché persino tra quei pochi che hanno scelto di vivere la fede cattolica con impegno è così difficile trovare la costanza quotidiana della fede che nel mondo islamico erompe anche tra persone molto semplici e prive di particolare vocazione mistica? Perché persino tra chi cerca un rapporto più complesso con la spiritualità (come i gruppi di Darsi Pace in cui si sperimentano pratiche meditative e autoconoscitive da esercitare con continuità) è così difficile trovare un quarto d’ora al mattino per mettersi in silenzio e meditare?
Audalla Conget, ex monaco cistercense convertito all’Islam e ora segretario della Giunta islamica di Spagna, nel 2006 scrisse una lettera a Benedetto XVI in risposta al celebre discorso di Ratisbona sulla violenza congenita dell’Islam: “Critichi la nostra fede per dissimulare la tua profonda ammirazione per la nostra intensa e perseverante adorazione. Una fede incrollabile che ti spinge a chiederti, senza portare risposte convincenti, perché siano così pochi i musulmani che si convertono al cattolicesimo. E perché tanti di coloro che sono stati attivamente cristiani in seno alla Chiesa riconoscono nell’Islam il nostro vero posto nel cosmo. In verità , è molto doloroso vedere, quando si è cristiani, le moschee riempite ogni venerdì di uomini e donne di ogni età, la fronte spinta al suolo nel più sincero atteggiamento di accettazione della volontà di Dio. Il fatto che si tratti soprattutto di uomini in maggioranza giovani è qualcosa che richiede attenzione. Vedere le chiese vuote, a eccezione di poche donne anziane disseminate fra i banchi, ha qualcosa di molto doloroso”.
Già, non è che dietro la nostra comprensibile e ragionevole diffidenza verso i precetti del Corano, sotto sotto, noi credenti impigriti nutriamo un po’ di invidia per i fratelli islamici? Perché ci pesa così tanto dedicare alla meditazione almeno una piccola parte di quel tempo che ci viene naturale passare su Internet, al telefono o davanti al televisore?
M.C.
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Carissimo Massimo, grazie di queste riflessioni davvero pungenti e appropriate.
E’ vero, c’è molta pigrizia spirituale nell’Occidente, molto scetticismo, scarsa disciplina.
Molti cattolici non sanno nemmeno per sentito dire che cosa sia la contemplazione, la visione/realizzazione delle realtà invisibili.
Per cui la stessa liturgia risulta spesso uno spettacolo esterno, ben poco vissuto, oppure si traduce in una (spesso vana) perorazione morale alla giustizia sociale.
Non so però se il modello islamico sia da invidiare.
Alle tue domande farei seguire anche queste: come mai questi popoli, così credenti nel Dio Clemente e Misericordioso, esprimono spesso società in cui alle donne non è concesso alcun diritto, in cui la legge del taglione diviene legge di stato, in cui i più elementari diritti civili sono un’utopia?
Come mai a tante preghiere e digiuni non segue, in Iran o in Arabia Saudita, in Sudan o tra i Talebani, la fioritura di società della tolleranza e dell’amore?
E anzi sembra che ad un maggiore rigorismo rituale segua sempre un altrettanto più rigido e violento sistema di vita e di pensiero?
Io credo che dovremmo comprendere che la fede di per sé non è garanzia di nulla.
Bisogna comprendere meglio in che cosa una persona crede e quali effetti questa fede produca nella nostra vita concreta, e nella nostra storia comune.
Anche Hitler aveva una forte fede, anche i comunisti di Lenin credevano fino al punto di essere pronti a sgozzare la propria madre per l’Idea.
Anche i démoni credono in Dio, ed infatti sono i primi a riconoscere il Cristo come il Messia venuto a scacciarli dai cieli.
I contenuti e la verità della nostra fede li manifestano soltanto le nostre opere.
E’ l’amore, la benevolenza, la tolleranza, la non-violenza, la giustizia per i deboli e gli emarginati, la cura degli infermi, la qualità delle carceri e degli ospedali, che parlano con maggiore eloquenza di ciò in cui crediamo, e di Chi crediamo essere il Principio dell’Eterna Vita.
Speriamo che i cristiani e i musulmani possano vivere da fratelli questa santa gara, questa gara nell’assomigliare alla verità divina che ci abita, e ad immagine della quale siamo creati.
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Carissimo Marco,
lontana da me l’idea che l’Islam possa essere anche lontanamente una soluzione per l’occidente. Che il modello musulmano esprima una inquietante minaccia sulle nostre conquiste democratiche, e un sicuro freno sulle nuove tappe di liberazione della società moderna, l’ho scritto con chiarezza nel post. Quello che mi premeva sottolineare è come mai non si riesce a trovare un giusto equilibrio tra una pratica disciplinata e una ricerca leggera dell’essenza profonda del nostro essere, che è soltanto amore. Come mai, oggi, il rigore nella pratica di fede debba portare, come nel caso islamico, a un’idea di società opposta alla tolleranza in cui crediamo e al contrario, come nel caso cristiano, l’assenza di questo rigore finisca per produrre vite sempre in balia degli eventi, sempre asservite ai mutevoli capricci dell’ego. L’invidia del Ramadan non significa un acquisto in blocco, a scatola chiusa. Solo uno sguardo stupito verso chi, sebbene al servizio di cause sbagliate, sa tenere acceso un fuoco che noi invece stiamo soffocando.
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Caro Massimo,
trovo invece molto stimolante il tuo post per almeno due ordini di motivi:
il primo, sul quale anche io mi arrovello da tempo, riguarda il perchè di fatto sembra così difficile trovare il momento quotidiano per la meditazione
ed il secondo è questo confronto sempre più scottante oggi tra cristianesimo ed islam.
Relativamente al primo punto, che fu come forse ricorderai, oggetto del mio primo post su Darsi Pace, noto che ancora oggi personalmente mantengo lo stesso ordine di difficoltà a praticare la meditazione quotidiana e non riesco a venirne a capo:
non trovo la sede, il tempo, la musica, l’atmosfera, insomma la voglia e la concentrazione forse, di farla veramente, …. perchè? mi domando. Forse un maggior rigore mi spingerebbe?? non saprei, ma ritengo di no, sono sicuro che sarebbe fasulla, devo riuscire da solo, anche se la testimonianza di Tiziano Terzani che citai in quella occasione mostrav invece che proprio la durezza del rigore aveva poi prodotto in lui i risultati cercati.
Per quanto riguarda il secondo punto temo invece che sia ancora molto lunga la strada per una fattiva collaborazione ed un sodalizio spirituale con l’islam che mi pare assai lontano, ciò non toglie che spesso anche io mi sono sorpreso ad invidiare all’islam, ma anche all’ebraismo ed all’induismo ad esempio, la coerenza, la costanza ed il rigore degli assidui e ferventi praticanti, ma credo comunque che il discorso sia molto ampio e, come suggerisce il sempre ottimo, ora anche Accademico, Marco Guzzi, quello che veramente conta è questa gara nell’assomigliare alla verità divina in cui la speranza è di arrivare a … pari merito.
Grazie.
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Personalmente, sono in genere molto scettica sul seguire rigidamente regole che spesso risultano imposte dall’esterno e quando mi scopro delle rigidità mi ripeto che il sabato è al servizio dell’uomo e non viceversa.
In realtà ero stata molto colpita dalle parole che il rabbino Carucci Viterbi aveva dedicato al Shabbat in una serie di Uomini e Profeti su Radio Tre. Aveva spiegato con calore come l’adesione alle regole non sia una meccanica obbedienza passiva, ma la manifestazione visibile di una fede profonda, come se rispettare le regole scaturisse in modo naturale dalla passione del cuore. Era stato così appassionato appunto da farmi in qualche modo “sentire” il significato di quel rispetto del sabato per me assai poco comprensibile. Da allora sono molto più cauta nel valutare e mi pare che là dove ci sia armonia tra fede e opere, anche il rispetto delle regole diventi un’opera che mostra la fede. Ma appunto, dipende dal cuore, dalla libera adesione ad un rituale a cui si attribuisce un senso, nulla a che vedere con l’imposizione esterna e perciò con un’adesione esteriore.
Per come sono fatta, almeno ora, non credo che potrei sopportare l’astensione da ogni tipo di lavoro al sabato, le ristrettezze del ramadan, l’astinenza della quaresima. Mi pare che purtroppo già viviamo in un mondo assai costringente: sotto l’illusione del tutto è permesso, in realtà siamo intrappolati da orari, scadenze, shopping compulsivo per avere l’ultimo modello, non importa di cosa, purché sia l’ultimo, perbenismo, mascheramenti … cioè da quelle strutture egoiche che ci sforziamo con tanta fatica di sciogliere. Non posso credere che il mio Signore mi chieda di “regolare” la mia vita quando mi esorta a guardare alla stupefacente novità della vita che ogni volta ci viene incontro.
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Credo che per comprendere la nostra difficoltà a seguire regole di vita interiore, la nostra specifica difficoltà di uomini e donne occidentali del XXI secolo, dovremmo comprendere il senso evolutivo degli ultimi 500 anni, e cioè della modernità.
La modernità, nel suo risvolto appunto evolutivo, che secondo me corrisponde all’impulso del Cristo, ci ha liberato da ogni religiosità di tipo tribale, antropologico-culturale, da ogni sacralità radicata nell’identità bellica del noi-contro-gli-altri, e quindi anche dalle forme rituali ad essa connesse.
Siamo messi ognuno da solo, nudo e crudo, di fronte a Dio, alla morte, e al proprio destino, come diceva Kierkegaard.
Questo è un po’ il prezzo dell’uscire dall’infanzia della fede, per entrare in una fede libera, vissuta veramente "in spirito e verità", né a Gerusalemme né a Roma né in qualsiasi altro luogo della terra.
E’ chiaro che questo passaggio epocale, di portata appunto antropologica, ci disorienti un po’, e stia portando molte persone non verso una spiritualità libera, ma verso una cecità coatta, una pura e semplice perdizione dentro la notte di questo mondo.
Sta a noi, uno per uno, scoprire nel profondo del nostro io atomizzato i canali della riconnessione alla Fonte del tutto, e scoprire che questo riconnettermi alla Fonte è l’unica cosa seria da fare, ogni giorno di nuovo. Così elaboreremo anche nuove pratiche di spiritualità, fondate non sull’abitudine o sulla legge, ma sull’esperienza spirituale diretta.
A questo grande passaggio tentiamo di collaborare, incontrando poi gli ostacoli abituali che si frappongono ad ogni trasformazione interiore: la nostra pigrizia, la nostra confusione, la nostra presunzione, la nostra mancanza di fede, il nostro dubbio, la nostra incostanza, le illusorie fascinazioni del mondo, etc.
Tutti ostacoli aggravati dall’individualismo radicale in cui ognuno di noi oggi vive….
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Raccolgo la ‘provocazione’ di Massimo, che mi sembra molto sensata, e anche molto opportuna.
E’ una cosa alla quale penso spesso anch’io, quando partecipo alle stanchissime liturgie della domenica, nelle nostre chiese, con i fedeli che balbettano a fatica qualche frase, che sembrano ‘sopportare’ stancamente (e anche con fastidio) i tempi e i modi della invocazione collettiva.
Sulle cause di questa disaffezione al rito si potrebbe discutere a lungo. Sembrerebbe una disaffezione tutta Occidentale, ma poi basterebbe frequentare le celebrazioni di una qualche chiesa evangelica americana (del Nord o del Sud) per ricredersi.
Questa stanchezza, questa estenuazione, questa insofferenza, questa ‘atomizzazione’ sembrerebbe più un fenomeno tutto tipico della cristianità cattolica di questo momento storico.
Io stesso ho riscoperto il senso e la bellezza del rito collettivo, della preghiera collettiva, dello scandire delle ore e del sacrificio, soltanto quando sono approdato su sponde che hanno rovesciato le mie convinzioni e anche il mio sentire la fede (come a Bose e a Taizé).
Credo che pur con tutto quello che sappiamo dei rischi e delle orrende distorsioni del fondamentalismo, anche nell’islamismo, come in ogni grande religione vi sia qualcosa degno di essere trasmesso e conosciuto, e che possa servire anche per quel confronto con la Fonte del Tutto a cui ciascuno di noi, come scrive così efficacemente Marco, è chiamato.
Fabrizio
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Caro Michele,
sono tornata da poco e prima ancora di leggere il post, ho letto il tuo commento… e mi vien da dirti questo… e te lo dico!
Ma veramente il tuo cuore si colma di felicità incontrando "UN’IDEA FORZA"?
Il mio no.
Solo l’esperienza di un incontro reale d’amore lo colma, anzi lo trasfigura.
Proprio come sulla terra la vita evolve dall’incontro di un uomo ed una donna che concepiscono, non solo l’idea di un figlio, ma :UN FIGLIO.
Poi leggerò il post. Mi scuso con tutti, ma…
Michele, ti abbraccio
con affetto
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caro MC,
adesso il post l’ho letto, e mi fa sorridere, con tutti i suoi perchè.
Non sarà perche concepire un figlio, nella realtà, è una piccola incarnazione di un’idea e… crescerlo fa si che tu a fatica LASCI l’idea che ti eri fatta di lui e ci fai i conti… con la parola LIBERTA’.
Io solo una cosa ammiro ai mussulmani, ma in fondo a tutti gli estracomunitari che incontro, il numero dei loro figli.
Loro in un modo o nell’altro SPERANO ancora nella vita. Hanno il coraggio di metterli al mondo, talora però non quello di realizzare loro stessi… INSIEME, nella libertà di essere TUTTI padri e figli, figli di un Dio.
Io amo il Dio cristiano perchè mi ha concesso il grande onore di "poter sbagliare" e la grande gioia di poter accedere al suo abbraccio: SENZA CONDIZIONI.
Questo è un percorso che ritengo tutte le religioni stanno compiendo, quelle che non si fermano "all’idea forte" ma l’incarnano nella vita.
In quella grande contraddizione che va unificandosi in noi: "si nasce per morire"… forse… per continuare a vivere NELL’ETERNO IN CUI SIAMO
ciao
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Michele,
per me lo Spirito Santo è la relazione d’amore che Dio ha con noi (dopo la morte e resurrezione ecc. ecc.)
Ora la stessa relazione d’amore è necessario intercorra tra te e me… io Rosella, sono tu che mi fai Michele (nella misura in cui io mi faccio ascolto della tua parola) e tu? Tu Michele ti evolvi nella misura in cui ascolti la mia parola… In un certo qual modo la realtà è la stessa eppure diversa. la realtà è un cambiamento che permane nell’eterno ORA.
Io ho lasciato la casa del padre per un sacco di anni, che tu ci creda o no non mi sono mai pentita di essermene andata, poichè lui, mi ha ripreso per i capelli e mi ha riportato a casa NOSTRA.
Io capisco che gli uomini (soprattutto i maschi) debbano sempre meritarsi qualcosa, ma pensa checosa mai si è meritato Paolo, prima della conversione?
Allora, perchè non ascoltiamo la vita che è in noi e ci lasciamo dilatare da essa. senza lasciarci schiacciare da tutti i nostri errori.
…Michele, forse non dovrei dirlo ma la tua idea forte si schianta su questa frase "… perchè vedono come sono ridotti gli occidentali (cristiani?) sottomessi a tutti… " ma dove sta la forza di questa idea?
Io sono Cristiana perchè sono felice di esserlo.
Punto.
Ho fatto un’esperienza di tradimento nel confronto del mio Dio, da darmi la prova sufficiente che Lui ama proprio me. Così imperfetta come sono. Non sono compiaciuta del mio limite e con tutta me stessa, NEL MIO STESSO LIMITE, lascio che L’AMORE spacchi un po’ la pietra: Forse morirò (certamente) prima che il mio cuore sia totalmente di carne, ma non è il fatto che altri esseri umani possano essere , più coerenti di me, anche migliori che mi farà rinnegare l’amore che Dio ha personalmente per me: quello è l’unico amore che conosco "QUELLO CHE LUI HA PER ME" personalmente.
Ne ho esperienza.
Ciao
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forse l’immagine d’esser presa per i capelli è ambigua, troppo.
Mi ha presa per i capelli, nel senso che in quel preciso momento avevo deciso, di separarmi da Lui. Da un Dio che "non esisteva" nella mia realtà di vita. Era assente.
… allora Lui, Lo spirito d’Amore m’ha "stregato il cuore" in un giorno preciso in un’ora precisa… ed io l’unica cosa che imploro ora è di non essere "dimenticanza", di poter fare memoria evolutiva di questo incontro.
Lo sò, non sono molto "culturale" mi limito all’esperienza personale, ma questa conosco e non ho studiato, più di tanto… poco.
ciao
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Caro Michele,
il post precedente era contemporaneo al tuo e quindi solo ora l’ho letto.
Io di te capisco questo, che sei profondamente infelice poichè non vedi una luce che sia fuoco all’anima.
Ora: chiedila a Dio. Lascia il tuo dolore e la tua delusione tra le braccia dello Spirito Santo (io lo chiamo lo Spirito dolcino) ed abbandonati a Lui.
Provaci. Prova a fidarti di questo poco che ti dico.
La fede in fondo è solo una piccolissima fiducia che io e tu possiamo porre ogni giorno nella Vita e se ci sono giorni nei quali non ne abbiamo neppure un poco, non resta altro da fare che chiederla a colui che la possiede.
Fare un semplicissimo scambio, noi gli doniamo la nostra impotenza e la nostra angoscia e gli chiediamo di fidarci di lui Risorto.
Tutto qui, troppo infantile, troppo semplice, troppo impossibile?
Chiedi la gioia nel cuore e poi vedrai che non tutto è perduto, poichè Lui è Risorto e magari, scopriamo che è bello per un Cristiano fare il Ramadan con il vicino musulmano. Chissà???
ciao
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Caro michele, la chiesa con il concilio ha dato un notevole impulso alla lettura della parola di Dio. Durante la Messa domenicale si leggono ben tre brani della Bibbia, mentre prima erano due, tratti soltanto dal Nuovo testamento. Le letture inoltre non sono le stesse ogni anno liturgico, ma ritornano uguali soltanto dopo tdue anni. Il lezionario festivo ( e anche quello feriale ) è molto più ampio. Prima si usava il latino ora la lingua che tutti capiscono. Sia ringraziato Dio!
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me, 23 Settembre
lettura
Confida sempre in Dio, davanti a lui effondi il tuo cuore.
Sal 62
meditazione
Spesso ci viene posta una domanda: perché a Taizé si trovano sempre molti giovani? Cosa rispondere? Non lo avevamo previsto. Gli anni passano e noi restiamo sempre col medesimo stupore.
Fin dall’inizio di Taizé, abbiamo capito che era essenziale vivere in una fiducia reciproca con le giovani generazioni. Con tutto il cuore, desideriamo che fra i giovani cresca questa capacità di fiducia, essa è un punto di appoggio per uscire da una crisi di fiducia nell’uomo.
Arriviamo a domandarci: la nostra accoglienza non sarà forse troppo sprovvista, troppo povera? Ed allora facciamo questa scoperta: con grande semplicità di cuore e con pochi mezzi, si può offrire una accoglienza del Vangelo che non sembrava possibile.
Da
In Te la pace del cuore frère Roger di Taizé, Editrice Elle Di Ci
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Michele,
questa volta sono totalmente d’accordo con te.
La mia "idea forte" è questa: essere come i primi martiri cristiani all’interno dell’arena.
Si lasciavano al martirio innalzando Lode a Dio.
Intendo questo Vivere il dolore nella gioia, nella lode. Questa unificazione in me è il compito che tento di assolvere lasciandomi alla fiducia dell’onnipotenza e, credi Michele, più mi addentro in questa profondità e più incontro una situazione strana, farei meno fatica a "compiere sacrifici" che non a lasciarmi semplicemente alla gioia ed alla felicità, che ora, proprio ora in questo momento mi è offerta.
Tentare di lasciare il dolore, per viverlo nella gioia è qualcosa di non naturale…
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forse è sbagliato dire, lasciare il dolore… più corretto è "abbracciarlo" il dolore nella gioia.
Fonderlo, con-fonderlo, trasfigurarlo sensa cessare di viverlo, anche se lo hai sempre lì dinnanzi…
Un abbraccio
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Michele… io ho 64 anni e tu?
rispondere non è un obbligo.
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Michele
leggo ora il tuo commento su Taizè
Tesoro ma se nulla proprio nulla del Cristianesimo ti va bene, neppure quello ecumenico, che vai cercando???
Presumo tu abbia una vocazione da eremita, verificala come ipotesi.
Adesso ti saluto e ti abbraccio con tutto il cuore.
Spengo il computer e mi affaccio al tavolo da stiro.
ciao.
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Caro Michele,
se il silenzio potesse ora trasportarti il mio modo di sentire… non userei la parola.
Ma… tant’è… faccio fatica a dirmi, poichè desidero veramente che tu non pensi a della facile, facile non sò neppure bene checosa…
A conti fatti le cose stanno così:
" io continuo a dialogare con te proprio perchè ho rischiato di essere come te!!!"
Questo è il punto.
Imploro sulla tua strada, un incontro, come per i discepoli di Emmaus.
Io oggi ho: poca fede, poca speranza e poca carità, però so di esistere di essere nella Vita Eterna e sento spesso gioia in cuore
Un abbraccio , ora mi taccio "in comunione di preghiera".
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… dall’acqua e dallo Spirito
deserto arido è la vita
nel suo farsi, impotente, solleva
polvere nella polvere.. irrita, occlude
l’alveo strozza in gola, il grido
e il pianto… lava iridescente! goccia
il cuore come brace, sigilla il labbro
ch’espande il soffio, sulla dUNA
VITA DORATA, lasciata, accolta per-donata
la stessa eppur diversa
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Credo che qualsiasi sia la nostra visione del cristianesimo, dovremmo convenire che i frutti dell’azione dello Spirito Santo in noi sono "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Galati 5,22).
E questo sempre, anche nel tempo in cui il Principe di questo mondo continua a fare il suo solito lavoro: mentire e uccidere.
Nei nostri Gruppi scopriamo ogni giorno di più che il nostro sguardo amareggiato (politico o teologico o d’altro genere) è spesso il risultato di antiche ferite personali, che, a volte, caro Michele, nemmeno 10 anni di psicoanalisi possono guarire.
Il processo di guarigione segnala i propri stadi di avanzamento con il progressivo dilatarsi della nostra capacità di amare.
Specialmente i nemici e i peccatori.
Solo così.
Anche ora possiamo vedere il Cristo che trionfa sul peccato e sulla morte, oppure vedere soltanto la morte e il male trionfanti.
Anche ora possiamo godere dell’Eterno, basta lasciar morire il punto di vista che ci separa dall’Onni-Presenza di Dio.
Chi entra nell’ascolto di Dio ADESSO, "è passato dalla morte alla vita" (Gv. 5,24), fa già un’esperienza della vita eterna, e da lì vede anche le peggiori oscurità del tempo con occhi illimpiditi e colmi di gioia e specialmente di riconoscenza.
La misura della nostra gratitudine segnala la temperatura della nostra fede.
Per questo abbiamo bisogno di itinerari spirituali e interiori molto profondi, per questo lavoriamo, portando il nostro piccolo contributo.
letta
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Rileggendo gli interventi (che avevo trascurato) mi hanno colpito, in modo particolare quelli di Massimo , di Iside e di Marco Guzzi
Tratto da Massimo: "Quello che mi premeva sottolineare è come mai non si riesce a trovare un giusto equilibrio tra una pratica disciplinata e una ricerca leggera dell’essenza profonda del nostro essere, che è soltanto amore. "
Questo mi pare essere proprio il quesito fondamentale.
iside – parole del rabbino Carucci Viterbi: "… come se rispettare le regole scaturisse in modo naturale dalla passione del cuore. "
La passione del cuore, mi pare essere la sola risposta adeguata al nostro modo di essere … post moderni? (ci provo ad usare questi paroloni, che mi sono ostici?)
Marco Guzzi – la nostra pigrizia, la nostra confusione, la nostra presunzione, la nostra mancanza di fede, il nostro dubbio, la nostra incostanza, le illusorie fascinazioni del mondo, etc.
La mia intuizione è questa: come nella meditazione si "gusta" una posizione decisa e contemporaneamente il crollo di tutte le tensioni (beato chi ci riesce, per mè è ancora un’utopia) perchè non unifichiamo più fronti… lasciandoli andare.
Prenderei in considerazione due fronti
il primo – la nostra pigrizia, la nostra presunzione, la nostra confusione – la nostra incostanza- le illusorie fascinazioni del mondo
ed il secondo – la nostra mancanza di fede, il nostro dubbio.
Sul primo punto giochiamoci pure la nostra, più o meno valida "volontà" (abbondante pigrizia da parte mia) e sul secondo le categorie che gli competono.
La fede si può chiedere, e quel poco che abbiamo, unitamente a quel tanto di dubbio esercitarla, metterla all’opera.
"Signore se non posso fidarmi di me, posso fidarmi di te.: AUMENTA IL MIO DESIDERIO D’INCONTRARTI (mi aspetto un cambiamento fantastico)
Che ve ne pare?
Troppo infantile?
provare per credere.
IO MI ASPETTO UN CAMBIAMENTO FANTASTICO e Voi?
Spero sorridiate.
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la nostra presunzione andrebbe in un terzo gruppo
quello del capo cosparso di cenere.
Ma come si acquisisce l’umiltà…?
letta
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grazie Michele
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Caro Michele,
ti abbraccio e desidero farti dono di due immagini,
la prima è un bicchiere, per metà è pieno d’acqua e per metà d’aria o di Spirito, che dir si voglia, comunque sia, un bicchiere è un bicchiere.
la seconda è quella di un albero, l’albero della vita ed accanto a lui, un secondo albero, intimamente connesso al primo quello della conoscenza; cresce proprio nello stesso giardino.
Lo abita il serpente, è la sua casa.
Lui l’antico custode della ri-conoscenza, della gratitudine che tutte le creature hanno verso la vita…
Il resto lo conosci, sei colto.
Come dalla conoscenza si passi all’albero del bene e del male è noto.
Ora il limite umano, insormontabile, noi crediamo sia la morte, ma non è così: il limite è la vita poichè noi proprio in questo transito terrestre non possiamo starci "da soli".
IO SONO "TU CHE MI FAI" e la sua legge è "iIO MI FIDO DI TE"
Questo è inderogabile.
Ciao Michele, buon fine settimana, ora parto e desidero farti gli auguri per il tuo onomastico che è tra poco…
Sai, se ti capita di sentire un piccolo desiderio di cambiamento in te, acchiappalo al volo e contatta Marco Guzzi che può darti una mano.
Auguri anche a Gabriele di Marco… mamma mia in che guaio mi son messa con gli auguri. A tutti gli Arcangeli che volano da queste parti AUGURI
Su su … sorridete!!!
Buon fine settimana a tutti
Rosella
letta
L’EVIDENZA
Vi è un abisso in me Signore
delirio d’onnipotenza
desiderio di nulla
al suo cospetto, il cuore della terra
è
troppo vicino.
Non questo. Non questo Signore
troppo immanente.
Vi è una vetta in me Signore
reale onnipotenza
desiderio d’esistenza
al suo cospetto, la morte
è
troppo effimera.
Come un’immagine, come un’immagine Signore
l’ESSERE la informa.
Ma vi è un luogo in me Signore
di REALE impotenza
vi abito all’improvviso
concepita SONO
e
tutto tace.
La Tua presenza è l’assenza Signore
letta
Grazie, carissima, per gli auguri a Gabriele.
Ho sempre amato i tre Arcangeli:
Michele, che dà la luce e la forza
Gabriele, che dà la parola e la sapienza
Raffaele, che dà l’amore che unisce e guarisce.
Auguri a tutti/e
letta
mi è pervenuta la vostra newsletter, pur senza averla richiesta.
non sono un cattolico e mi chiedo se pertanto potrò esprimermi liberamente qui. se volete inserirmi in una classificazione religiosa consideratemi neo pagano, avvertendo però che a me la religione non interessa molto, sono semplicemente come tantissimi altri italiani che pensano a cose materiale e a problemi concreti e quotidiani.
in un paese in cui i primi a pensare solo a sesso soldi e potere sono quelli che dovrebbero dare l’esempio non mi pare di essere tanto strano.
eviterò però di usare un tono polemico, e di rispettare la tematica dei post proposti, se me lo consentirete.
visto dall’esterno della sfera religiosa cui non appartengo, il problema che ponete qui appare ben caratterizzato storicamente.
lo stesso stupore che leggo qui era quello degli scrittori romani al tramonto del paganesimo di fronte alle are deserte di zeus e apollo e alle chiesette gremite dei primi cristiani.
il fatto è che bisognerebbe capire perchè chi crede all’islam crede così forte.
motivazioni sociali? senso di appartenenza?
io credo che oggi l’islam, come duemila anni fa il cristianesimo, si offra alle masse di diseredati come una religione di rottura, di protesta, di aperta conflittualità con liberismo economico, strapotere occidentale e miseria imposta alle masse di tre quarti del mondo…
spero di essere stato pacato, vi saluto
letta
Carissimo Ray, benvenuto tra di noi, e grazie delle tue riflessioni.
Questo sito nasce dall’esperienza di Gruppi di liberazione interiore, che vanno avanti da più di 10 anni.
Il suo intento è proprio quello di dialogare con chiunque si possa interessare delle problematiche che proponiamo, da qualsiasi punto di vista, e con l’intento di costruire ponti, lì dove spesso si alzano mura….
letta
letta
Carissimo, partecipo ai gruppi di Marco da diversi anni, a questa esperienza si sono unite nel tempo anche persone che non credono o che comunque hanno difficoltà nei rapporti con la religione.
La meta principale è la “liberazione” dalle nostre paure, dai nostri condizionamenti, da quella prigione in cui molti di noi si trovano e che non permette di tirare fuori il meglio di sè.
Tutto questo non è affatto facile, ma persistiamo in questo lavoro perchè crediamo che solo liberandoci possiamo essere felici e di conseguenza far felice chi ci è accanto.
Ora penso che questo credo possa essere dentro ognuno di noi sia cristiani che atei purchè spinti dall’amore verso gli altri. Uno dei momenti per me magici (perché non mi sento sola) è la condivisione dei nostri problemi.
Forse un cristiano può trarre la forza per andare avanti dalla fede e dalla lettura delle sacre Scritture; qualcun altro troverà magari la forza in un grazie, un sorriso od una parola comunque illuminata (magari in questo sito!).
Saluti da Gabriella
letta
Caro Michele,
sono appena rientrata da una lunghissima vacanza e sono alquanto sconclusionata, ma leggendo quello che mi hai scritto, mi sento proprio felicissima.
Sai, io sono sposata ed ho tre figli, eppure sono una solitaria essenzialmente. Scrivere in "Darsi", mi aiuta molto, soprattutto nell’esperienza del dialogo. Mi arricchisce e mi evolve veramente (sai che praticamente io non avevo scritto poesie se non da quando sto qui. Non proprio così ma quasi ).
Sono certa di ritrovarti ancora nel sito, in un momento in cui parlare mi sarà più facile.
Un abbraccio, con affetto
Rosella
(Domani è la festa degli angeli custodi, sempre di ali trattasi. Questi piacciono un sacco a Gabriella.
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“Ai Somali molto ho dato. Dai Somali molto ho ricevuto. …. quella loro preghiera cinque volte al giorno, l’interrompere qualsiasi cosa si stia facendo, anche la più importante, per dare tempo e spazio a Dio.
Da quando sono con loro, sono 30 anni che mi struggo perché anche nel nostro mondo noi fermiamo i lavori, ci alziamo se dormiamo, interrompiamo qualsiasi discorso per fare silenzio e ricordarci di Dio, meglio se assieme ad altri, per riconoscere che da Lui veniamo, in Lui viviamo, a Lui ritorniamo.
Ma il dono più straordinario, il dono per cui ringrazierei Dio e loro in eterno e per sempre, è il dono dei miei nomadi del deserto.
Musulmani, loro mi hanno insegnato la Fede, l’abbandono incondizionato, la resa a Dio, una resa che non ha nulla di fatalistico, una resa rocciosa e arroccata in Dio, una resa che è Fiducia e Amore.
I miei nomadi del deserto mi hanno insegnato a tutto fare, tutto incominciare, tutto operare nel nome di Dio, nel nome di Dio Onnipotente e Misericordioso. Ci si alza nel nome di Dio, ci si lava, si pulisce la casa, si lavora, si mangia, si studia, si parla, si fanno le mille cose di una giornata, e finalmente ci si addormenta: Tutto nel nome di Dio.
La consuetudine del nome di Dio ripetuto incessantemente ha trasformato la mia vita permanentemente. Rendo Grazie ai miei nomadi del deserto che me l’hanno insegnato.”
(Stralcio della testimonianza resa da Annalena Tonelli in occasione di un convegno a Roma nel 2001. Annalena ha condiviso la vita dei Somali per più di 30 annni ed è morta, uccisa in un agguato il 5 ottobre del 2003)
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Ciao Michele,
speravo di chiacchierare con te in qualche altro post. Magari in quello di Giovanna, intervista a Terzani: "l’armonia della vita", cambiando un poco argomento. Ma, tant’è, se tu sei qui avrai le tue ragioni.
Io non ho nulla di nuovo da aggiungere, in fondo tu hai "anche" delle buoni ragioni, ragionevoli; ma, talvolta " il cuore ha ragioni che la ragione non conosce" ( questa non è farina del mio sacco come puoi ben sapere)
Se ti va di cambiare pensieri:
alla prossima.
Un abbraccio
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ciao " non so il mio nome",
Continua a leggerci ed a migliorare il tuo italiano, sono certa che prima o poi saprai anche checosa dirci.
Intanto resta contento e trascorri una buona serata con gli amici.
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