Il Piacere della Bellezza – Prima Il Piacere Poi Il Dovere

Commenti

  1. Domenico,
    per oggi ho gia dato! (nel blog)
    Ma appena mi riprendo da un doveroso/piacevolissimo stacco rilassante… .
    Sei un mito!!!
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  2. Chiara De Dominicis dice

    Non posso resistere .Adoro questa poesia
    ITACA
    Quando ti metterai in viaggio per Itaca
    devi augurarti che la strada sia lunga,
    fertile in avventure e in esperienze.
    I Lestrigoni e i Ciclopi
    o la furia di Nettuno non temere,
    non sara` questo il genere di incontri
    se il pensiero resta alto e un sentimento
    fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
    In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
    ne’ nell’irato Nettuno incapperai
    se non li porti dentro
    se l’anima non te li mette contro.

    Devi augurarti che la strada sia lunga.
    Che i mattini d’estate siano tanti
    quando nei porti – finalmente e con che gioia –
    toccherai terra tu per la prima volta:
    negli empori fenici indugia e acquista
    madreperle coralli ebano e ambre
    tutta merce fina, anche profumi
    penetranti d’ogni sorta; piu’ profumi inebrianti che puoi,
    va in molte citta` egizie
    impara una quantità di cose dai dotti.

    Sempre devi avere in mente Itaca –
    raggiungerla sia il pensiero costante.
    Soprattutto, non affrettare il viaggio;
    fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
    metta piede sull’isola, tu, ricco
    dei tesori accumulati per strada
    senza aspettarti ricchezze da Itaca.
    Itaca ti ha dato il bel viaggio,
    senza di lei mai ti saresti messo
    sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

    E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
    Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
    gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.

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  3. Bellissima Chiara, la rileggerò e rileggerò ancora ….

    Grazie per questo luminosissimo intervento.

    Un abbraccio con affetto.

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  4. Gabriella S. dice

    Caro Domenico quando Marco disse quella frase che hai riportato all’inizio anch’io credevo di aver capito male. Accidenti come è radicata nella nostra generazione (di cinquantenni) l’idea del dovere e del sacrificio!

    Per fortuna per i nostri figli non è proprio così, talvolta sono assalita dall’angoscia che sono troppo abituati bene e forse poi non riusciranno ad adattarsi agli ostacoli che inevitabilmente la vita offre. Ma penso che il giusto sia vederli positivi ricchi di sentimenti e soprattutto sereni.

    Comunque ho gioito quando mi sono convinta che potevo anche pensare al mio piacere senza sentirmene in colpa, in fondo è chiaro il concetto …se vogliamo dare e amare dobbiamo innanzitutto essere contenti e sereni.
    Penso che il segreto è scoprire il piacere anche nel dovere, molto difficile ma non impossibile trovare piacere nel lavoro ad esempio; del mio lavoro ci sono aspetti che mi affascinano e mi arricchiscono e quindi punto su quelli. Certo potessi non alzarmi tutte le mattine alle sei e un quarto!!
    Ma in fondo è per questo che poi godiamo tanto nel week end e nelle vacanze, che ne pensi?
    Gabriella S.

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  5. Carissimo, la frase può sembrare, ed in realtà vuole essere, provocatoria.

    Per molti secoli il piacere è stato demonizzato e identificato col piacere sessuale, quindi proibito, e male-detto.
    In realtà il piacere possiede uno spessore molto più vasto, che giunge fino alla beatitudine, che è l’essenza stessa di Dio, e la nostra destinazione…speriamo!
    Fare spazio perciò al piacere e alla sua dilatazione significa corrispondere al desiderio più profondo della nostra umanità, che è quello della felicità, della gioia, dell’amore, e cioè del massimo piacere.

    Ciò che nei nostri Gruppi impariamo ogni giorno di più è che questa direzione va spesso nella direzione opposta di quella che il nostro piccolo io persegue, inseguendo i suoi piccoli piaceri, che spesso sono solo inutili sofferenze: vizi, cioè, mancanze, deficienze, che tentano invano di compensare la nostra sostanziale tristezza, e assenza di vero piacere.

    Grande è il lavoro di discernimento, affinché possiamo riconoscere che cosa ci dà veramente gioia e piacere…. e in questo lavoro entrano a giusto titolo la disciplina, il dovere, il giusto sforzo del Buddha, e perfino il sacrificio (di ciò che in realtà non ci appartiene…)

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  6. FabrizioFalconi dice

    Che bello, Marco.
    Ciò che spieghi, e che hai spiegato tante volte nei corsi/conferenze è anche molto del succo di questa nostra epoca.

    Credo che il malinteso senso di piacere (se uno avallasse ‘tout court’ la tua frase direbbe che il governatore del lazio era perfettamente in linea) decide molti dei nostri disturbi contemporanei, individuali e collettivi.

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  7. Grazie Chiara per Itaca, anch’io la trovo bellissima.
    In quanto a te, Domenico, si può vivere (e scrivere) anche senza fare uso del "devo".
    Certo, mi si dirà che comunque: se una cosa devi farla ti tocca farla.

    Se una cosa è necessaria la si fa.
    Magari anche solo ritenere una fatica necessaria è meno opprimente dal "dover fare" la stessa cosa.

    Che sposta il baricentro secondo me è che: nel "devo" sopporti qualcosa che in un qualche modo subisci; nel "necessario" la tua libertà ha assunto consapevolmente, dandole un senso la stessa azione.
    E’ necessario lavorare per realizzar se stessi!
    Devo lavorare per realizzare me stesso!

    Mi son concessa quel "doveroso/piacevolissimo"… solo per gioco.

    Trasformare il devo nel necessario, attraverso un’AZIONE LIBERA e consapevole conduce /produce piacere.
    Ciao
    Rosella

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  8. … questa mattina mi son svegliata con:
    "anche il piacere è necessario".
    Non avevo mai "visto" questa evidenza.

    Non ne ho fatto ancora una sufficiente esperienza, la butto solo lì:
    se la parola necessario, toglie al dovere il suo peso e produce…ora dico SENSO di piacere.
    Che lo stesso termine, appunto: "necessiario", sia quello che induce nel piacere il SENSO del suo proprio limite e nell’unificazione degli opposti la possibile BEATITUDINE in questo transito terrestre?
    ciao
    buona giornata a tutti
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  9. Caro Domenico,
    è bello il tuo invito alla riflessione sul piacere, tante volte mi trovo a pormi le stesse questioni.
    Io vivo, oltretutto, nella situazione di aver fatto del mio piacere (il suonare) e della ricerca della bellezza (per restare alla tua ultima indicazione), dell’armonia, del vero in musica, comunicando tutto ciò anche nell’insegnamento, la mia attività lavorativa.

    Ho vissuto tutto ciò, spesso, come un privilegio, di cui però potevo anche nevroticamente vergognarmi.

    In quei casi, sono stato preso da tormenti, sensi di colpa, d’inadeguatezza, che il lavoro con Marco ha aiutato a comprendere e sciogliere.

    La risposta al tuo invito ad una vita più orientata sul piacere, forse, sta proprio nella comprensione di ciò che c’è dietro il piacere, quale bisogno nasconde, quale esigenza, per cui, a volte, si può trovare il piacere anche nel dovere.
    Se io so che al termine di un faticoso studio, potrò godere nel suonare un certo brano e nel parteciparlo ad altri, sarò disposto a passare, felicemente, con disciplina, innumerevoli ore davanti allo strumento, ripetendo migliaia di volte ogni passaggio difficile.

    In ogni caso, penso che sull’argomento abbia scritto parole meravigliose Gibran, nel suo "Il Profeta", che ti segnalo all’indirizzo:
    http://www.stazioneceleste.it/profeta/23_Piacere.htm

    Grazie, però, dello spirito con cui sempre porti le tue riflessioni.
    Un abbraccio
    letta

  10. Grazie Alessandro per Gibran, penso che me lo leggerò un poco per volta, tutto, "il profeta"
    Per ora nel piacere mi ha come rimandata un’eco il verso:
    "E’ un richiamo profondo verso una vetta"
    che mi ha fatto ricordare forse, la poesia di Guzzi che preferisco (tra quelle che conosco, non tutte, son limitata)
    e, visto che anche nel profeta, segue al piacere , la domanda del poeta sulla bellezza, mi permetto trascriverla

    APICE E FONDO

    E’ seppellito a dovere
    L’oro. E la mappa
    Del tesoro è cancellata.

    Nubi violente, viola,
    Trascorrono nel cielo come angosce.

    I quattro cavalieri
    Zoccolano teste e mondo.

    Le cavallette somigliano a pensieri.
    La lebbra sulle foto sono io.

    "Inabissata
    Dolce collina, tu sei il pascolo
    Delle mie ombrate.
    Non c’è più vento
    In te; ma solo il lento
    Mormorio di mareggiata
    Sempre più acquietata
    Più te ne vai a fondo.
    Rallegrati
    Del rovesciamento. E’ cosa buona
    E giusta che la vetta
    Spicchi sul fondo
    Senza farti male
    Perchè nel mare
    L’uno è anche il tutto".

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  11. Domenico Parlavecchio dice

    Wow .. quanta poesia.

    Ho bisogno di tempo per apprezzare i vostri contributi "poetici" che avevo dimenticato e alcuni scoperti in quest’occasione.
    Ne farò tesoro per il prossimo post quello sulla "bellezza".

    letta

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