Proprio ieri, riascoltando il Prologo di Giovanni, pensavo alla bellezza assoluta di quel verso: Dio, nessuno l’ha mai visto.
È proprio così. Dio, nessuno l’ha mai visto. Sembra essere questa la condanna definitiva della nostra ‘condizione umana’. Noi, che attribuiamo un valore fondamentale dell’esperienza, al vedere.
Se una cosa non si vede, per l’uomo, è come se non esistesse.
La prevalenza del vedere è diventata nella nostra epoca quasi una tirannia. Tutto passa dal vedere. E dalla nostra ‘visione’ dipende tutto.
Eppure, mai forse come ora che tutto vediamo, che tutto vogliamo vedere, sembriamo del tutto ciechi.
Lo spiega, in una grandiosa metafora, Josè Saramago in quell’allucinante romanzo – il suo capolavoro – che è Cecità (Ensajo sobre a cegueira) dove immagina una misteriosa epidemia che contagia il mondo intero, rendendo tutti gli uomini ciechi. Gli uomini, deturpati dalla vista, che è l’unico bene che li renda convinti possessori della verità, si trasformano in bestie, il mondo diventa un lager di ciechi che governano altri ciechi, finché l’incantesimo malvagio si spezza proprio grazie alla fede di una donna, l’unica che è stata risparmiata dall’epidemia, l’unica che ha continuato a vedere veramente. Parabola molto istruttiva scritta da un grande ateo.
Blaise Pascal, grande matematico, ammoniva, dal canto suo non solo sulla illusorietà del visibile, ma addirittura sulla illusorietà della conoscenza.
Che una cosa sia incomprensibile, non implica che non esista, scriveva nei Pensieri, L’uomo sa così poco cosa sia Dio, che non sa neppure cosa è egli stesso. E, continua Pascal, incapaci di conoscere chi siamo, non possiamo che conoscerlo da Dio.
Ma se Dio stesso è in-visibile, se nessuno l’ha mai visto, come faremo a conoscerlo?
Il Cristianesimo offre questo straordinario Paradosso: Sì, è vero, Dio, nessun uomo l’ha mai visto. Ma c’è qualcuno che di Lui ci ha parlato, che di Lui ci ha testimoniato, in forma diretta. Questo Uomo è Quello che si è proclamato Figlio. E che, non essendo stato riconosciuto come tale dagli uomini, è stato messo a morte.
Dicono che sia risorto, come riferiscono espressamente i Vangeli. Ma anche i Vangeli cosa sono se non il racconto di provvisorie visioni/testimonianze umane? Il miracolo della conversione a/in Dio per noi uomini, si dovrebbe poggiare sulla testimonianza di donne (all’epoca ritenute del tutto inaffidabili), sul racconto di due viandanti che si fermano a cena con uno sconosciuto…
E allora? No: la conoscenza con la quale arriveremo a Dio, non avrà mai nulla a che vedere con la certezza della visione, e con la razionalità dei sensi.
La via di una nuova conoscenza è la stessa che quel Figlio ci ha invitato a perseguire su questa terra: è il cuore che sente Dio, scrive Pascal, non la ragione. Ecco che cos’è la fede. Dio è sensibile al cuore non alla ragione, il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.
Forse per questo motivo, l’apostolo Tommaso iniziò a credere veramente in Dio, un secondo prima di toccare veramente la piaga del Risorto.
Fabrizio Falconi
Grazie Fabrizio,
mi doni l’opportunità di continuare il lavoro interiore, iniziato con Andrea , Iside e tutti gli altri.
Dormendo, mi sono addentrata un altro poco nella faccenda di: "come vivere il nostro tempo nella pace". Sono giunta a questa conclusione (a Voi già nota da tempo, ma io son tarda! Non vi capita mai di fare ritorno ogni volta sugli stessi identici valori, ma percependoli più chiaramente? sentendovi anche un poco "tonti? " nel "lo sapevo già!"):
"per vivere nella pace necessario è: costruire il Suo regno" (quello che io tento di discerivere con il "lasciarmi attraversare")
… Nessuno di noi ha visto Dio, ma lo possiamo sperimentare nel cuore come RELAZIONE .
Ci è stato donato fare esperienza della Persona(le) relazione che intercorre tra Padre e Figlio, nella loro divinità stessa nel sentirci amati.
Anche nella vita normale e non solo nella meditazione, non possiamo non riconoscere che quella è :
L’UNICA COSA CHE VERAMENTE CONTI e LA SOLA CHE ABBIA VALORE E POTERE.
Per recuperare energie e tempo, necessario è porre l’attenzione non sul checosa fare (reprimere o migliorare) di noi stassi, ma su COME ACCOGLIERE, come accettare amorevolmente, IL LIMITE nostro ed altrui.
E’ nel "cambiamento qualitativo della nostra relazione con il limite", che procede l’ordine della nuova armonia anche sociale.
Propongo una riflessione "serissima" giocata totalmente NEL RISCHIO DI VIVERE:
"…scusa sai, ma IL BONSAI può essere felice?"
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… magari, dandovi una piccola "dritta"?…
In un rotolo giapponese antico del periodo di Kamakura, è scritto:
" Per apprezzare e trovare il piacere in alberi conservati in vaso stranamente curvati OCCORRE AMARE LA DEFORMITA’ ".
Il fatto che questa sia da intendersi come istruzione positiva e non negativa, e’ dimostrato dalla storia: entro il XIV secolo il bonsai effettivamente è stato indicato nei testi come forma altamente raffinata di arte tipica di monasteri e aristocrazia…
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Carissimo, è proprio così, ciò che vediamo con i nostri occhi di carne non è Dio.
Eppure in un altro senso lo è, se Dio stesso è ovunque, in ogni cosa, in ogni momento.
Forse noi ci illudiamo che Dio sia una cosa da vedere, mentre Dio è un modo di vedere, un punto di vista.
In tal senso Dio è Spirito, forma della coscienza.
Forse se vediamo con i suoi occhi vediamo nell’albero o nel fratello proprio Dio.
Forse per questo Gesù dice: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio.
O: Chi vede me vede il Padre.
Già ora, già qui. Al presente.
Forse, come dici, è proprio una questione di cuore, e direi anche di orecchie.
Forse dovremmo imparare a vedere con le orecchie giuste.
Forse questo voleva dire il grande William Blake:
"Vedere il mondo in un granellino di sabbia
e il Cielo in un Fiore.
Contenere l’infinito sul palmo della mano
e l’eternità in un’ora."
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Carissimo Fabrizio mi permetto di intervenire su queste tue splendide riflessioni. L’istinto (la ragione?) mi spinge a condividere in pieno quello che tu dici quando affermi: "…No: la conoscenza con la quale arriveremo a Dio, non avrà mai nulla a che vedere con la certezza della visione, e con la razionalità dei sensi."……eppure…
Eppure credo che ognuno di noi sia chiamato a ricercare fino in fondo la propria umanità.
A immagine e somiglianza di Dio siamo stati fatti ed ecco che le nostre emozioni, ciò che noi vediamo nella realtà, può aprirci a ciò che è il mistero di Dio. Penso al dramma che possiamo vivere davanti alla morte di un nostro caro ma penso anche alla gioia immensa che prova chi ha la fortuna di vedere il proprio figlio appena nato.
Data la nostra amicizia mi permetto di scendere nel personale: come non vedere il mistero di Dio (perché sempre mistero, almeno fino al giorno della nostra resurrezione, rimarrà) nei sorrisi di Matteo e Gabriele, nel viso sofferente prima ma gioioso poi, della panciona Carlotta? Ma soprattutto come non potraanno aprirti a Dio le emozuioni che proverai nel guardare per la prima volta Isabella?
Non vorrei sembrarti melassato ma credo fermamente che l’amore umano – nella sua pienezza: cuore, mente, corpo – abbia a che fare da vicino con Dio con quello stesso Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Gesù Cristo che con il suo amore ce lo ha rivelato.
Ecco penso che se riuscissimo a vedere sempre con il cuore gli altri Dio sarebbe più facile da ri-conoscere.
Un abbraccio.
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ciao Michele
se il significato consiste nel "senso" in me solo l’emozione si fa parola.
Un abbraccio
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… avrei dovuto approfondire: " per vivere nella pace necessario è: costruire il Suo regno"
L’esperienza di Dio io la "sento" quindi esplicito il suo "senso" solo nella creatività.
Nell’accogliere un dono per "porgerlo" all’atro.
Condivido molto "lello" .
La natura umana esplicita/incarnando il meglio della Fede nella creatività , anche corporea.GENERANDO.
Il Nuovo figlio incarnato nell’umano è "il senso di Dio".
La fede in Dio è la "fiducia "del neonato "la prima volta" (l’abbandono) che si attaccato al seno della madre sotto gli occhi ri-conoscenti del padre (che ri-conosce il figlio imponendogli il nome).
Noi vediamo Dio nell’umano solo incarnandolo (in un certo qual modo "a prescindere" dal successo… ma nel semplice "incarnare", generare, lasciarsi attraversare, si vive e trasmette Dio.
Son stata veramente shoccata da quanto scritto da Carlo Carretto nelle lettere dal deserto, sulla loro vocazione!
Un abbraccio
Ciao
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Grazie a tutti, davvero.
Grazie Rosella. Scrivi: "La fede in Dio è la "fiducia "del neonato "la prima volta" (l’abbandono) che si attaccato al seno della madre sotto gli occhi ri-conoscenti del padre (che ri-conosce il figlio imponendogli il nome)."
E sembra davvero un caso che proprio oggi Benedetto XVI – un Papa che viene molto poco ascoltato, anche per vari motivi – nella messa per l’Epifania ha espressamente parlato di questo: per credere, ha detto, per credere veramente occorre – cito testualmente – " l’umiltà autentica, che sa sottomettersi a ciò che è più grande. Manca la capacità evangelica di cuore, di stupirsi, e di uscire da sè per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada di Dio."
In effetti sperimento spesso anche parlando con i non credenti convinti o con quelli renitenti – che il bisogno e il sentimento del sacro sono presenti anche dentro di loro, ma è come se questo bisogno e questo sentimento fossero obnubilati dalla convinzione/ostinazione a dedicarsi al proprio ‘sè’ che viene ritenuto più importante e più degno di qualunque altra cosa al mondo.
Dipende, poi, come si parla al cuore di queste persone. Se si fa silenzio, e se si sa ascoltare chi pronuncia parole giuste, nessuno è capace di restare del tutto in-sensibile.
A Lello non rispondo qui, perchè il suo intervento mi ha ovviamente toccato il cuore, profondamente.
Condivido con Michele la necessità, poi, di capirsi quando si usa il nome ‘Dio’. Oggi questa parola è come sfilacciata in mille piccoli irrilevanti significati, mi sembra. Dio è diventato il destino, il fato, il disegno imperscrutabile: insomma, una visione molto pagana di Dio.
Ringrazio poi molto Marco. E mi porto, nei prossimi giorni, la sua folgorante immagine di Dio come ‘Modo di vedere’.
Grazie .
Fabrizio
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Fabrizio non è la prima volta che con i tuoi riscontri mi ri-veli un oltre che non avevo colto.
Ora, senza troppo tergiversare, inforca gli occhiali con griff "guzzi" e volgi il tuo sguardo proprio lì al PUNTO.?! e di-svelami l’arcano.
"scusa sai. ma il bonsai può essere felice?"
buona giornata
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Rosella: e certo che il bonsai può essere felice. Come può esserlo ogni essere vivente su questa Terra, che è stata creata (anche) per la bellezza, ma soprattutto per l’evoluzione.
La vita, in qualsiasi forma esista – ora addirittura è stato scoperto che anche i Prioni, che si riteneva fossero particelle di proteine inanimate si evolvono e mutano biologicamente – prevede due cose: – la conservazione e – l’evoluzione. La vita, cioè, ha nel suo codice programmatico quello di svilupparsi, di crescere, di riprodursi e di migliorare (tanto è vero che solo chi si migliora, secondo le leggi del darwinismo, ha la possibilità di tramandare il proprio patrimonio genetico).
Per questo è particolarmente scoraggiante chi si sottrae, nel corso della propria esistenza, a un reale cambiamento, a una evoluzione (e a un possibile miglioramento) personale, della propria anima, del proprio pensiero, del proprio comportamento, che sono tutti aspetti della nostra vita terrestre.
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Devo ringraziarti caro Fabrizio 8) per questo bellissimo intervento almeno per due sostanziali motivi:
* sicuramente per la citazione di uno dei (pochissimi) più bei romanzi che abbia mai letto Cecità, che oltre ad
essere una straordinaria metafora sulla condizione umana è anche un invito a riflettere sull’importanza del
vedere e dunque del conoscere; è uno di quei romanzi che influenzano una vita, anzi mi chiedevo e Ti
chiedevo : che ne è del film che ne hanno girato?; mi capita così spesso di tonare alle atmosfere di
quel racconto mentre vivo la vita di tutti i giorni …;
* e poi per aver parlato della capacità di stupirsi che oggi sembra nella grande maggioranza smarrita ed è
un vero disastro; confesso che tu hai vuto una gran capacità di sintesi per indicare quello che anche io
avverto da un po’ di tempo, proprio come qualche giorno fa quando citavo la capacità di nostro padre di
insegnarci lo stupore; quello che capita di scorgere solo negli occhi dei bambini dove alberga ancora la
purezza di cuore … e pensavo proprio oggi cosa è, o meglio perchè prima o poi arriva quel qualcosa che la
corrompe inevitabilmente …. ci sarebbe ancora molto da dire ma mi fermo qui.
Grazie ancora per questa opportuna riflessione che ci hai regalato.
Auguro a tutti buon 2010, che la pace sia nei cuori e la capacità di vedere e stupirsi di un bambino ci accompagni.
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Caro Marco,
ti ringrazio di cuore.
Per quanto riguarda il film tratto da ‘Cecità’ ti riporto le notizie che ho trovato:
Dal romanzo di Saramago è stato tratto il film omonimo per la regia del brasiliano Fernando Meirelles e interpretato, tra gli altri, da Julianne Moore, Mark Ruffalo, Alice Braga e Gael García Bernal. Presentato al Festival Internazionale di Cannes nel 2008, il film è giunto nelle sale statunitensi nell’ottobre dello stesso anno e sarà distribuito in italia da Mikado nel corso del 2010.
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Correremo a vederlo (anche se non mi aspetto molto, considerando quanto sia difficile trarre una buona trasposizione da un romanzo così forte, così alto).
Grazie ancora e un abbraccio
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Caro Fabrizio
molto bello il tuo post! e così i successivi commenti, illuminati e illuminanti.
A proposito della trasformazione e delle indiscutibili difficoltà insite in un processo davvero profondo e radicale, che si sviluppi in ogni dimensione, vi propongo questa preghiera che porto con me da anni per ricordare a me stessa (eppure continuo a dimenticarlo! caparbia-mente ) che non siamo soli quando vogliamo cambiarci in meglio.
Noi non siamo mai soli.
E questa è una notizia meravigliosa !!!
‘ Ricevi, o Signore,
le nostre paure e trasformale in fiducia
la nostra sofferenza e trasformala in crescita
le nostre crisi e trasformale in maturità
le nostre lacrime e trasformale in intimità
la nostra rabbia e trasformala in preghiera
il nostro scoraggiamento e trasformalo in fede
la nostra solitudine e trasformala in contemplazione
le nostre amarezze e trasformale in calma interiore
le nostre attese e trasformale in speranza
le nostre sconfitte e trasformale in Resurrezione ‘
A. Pangrazi
Grazie e auguri di un anno colmo di gioia e integrità vere
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Grazie, carissima Filomena.
In effetti bisognerebbe ripetere e ripetersi questa preghiera come un ‘mantra’, perché credo che proprio questo sia il significato e il senso del vivere su questa Terra.
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Tuttavia, dopo Mosé, che lo vide come rovo ardente sul monte Sinai, la Madonna l’hanno vista in molti. Anche piangere!!!
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ciao Giorgio,
Benvenuto!!!
m’intriga quel che hai scritto.
Ma dimmi, quando contempli l’arte: Tu, proprio tu che vedi?
Mi piace l’idea di poter condividere la visione delle cose attraverso occhi competenti.
Lo so che non ci conosciamo, ma sono curiosa e poco colta.
Un abbraccio
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Giorgio caro,
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dio e luce