C’era una volta l’Italia di Fellini, Visconti, Antonioni, Gadda e la Morante.
Oggi non c’è più e quel che passa il convento è una ‘nuova’ (per modo di dire, perché sono tutti quarantenni, ma in Italia si sa la gioventù è un’opinione) ondata di intellettuali. Ne scegliamo soltanto tre che sono tra i più considerati, e due di loro ci hanno fatto vincere anche qualche importante premio all’estero: Ammanniti, Garrone, Sorrentino.
Ho scelto questi tre perché mi sembrano accomunati da uno stesso linguaggio artistico e da una stessa lettura della attuale realtà italiana. Linguaggio e lettura che sono assai bene evidenziati dalla intervistona che ieri Antonio D’Orrico ha realizzato a Paolo Sorrentino, l’autore napoletano che ha diretto film già divenuti di culto, L’uomo in più, Le conseguenze dell’amore e soprattutto Il divo.
Nella intervista D’Orrico tanto per stare con i piedi per terra, paragona il nuovo e primo romanzo di Sorrentino che sta uscendo da Feltrinelli, a il Pasticciaccio brutto di Gadda. D’Orrico ripete il paragone più volte nell’intervista tanto che siamo portati a credergli se non fosse che siamo abituati a queste iperboli di D’Orrico che – per chi lo legge – ogni settimana su ‘Sette’ recensisce un romanzo o un saggio definendolo ogni volta immancabilmente “il più importante libro degli ultimi 50 anni.”
Non ho ancora letto, ovviamente Hanno tutti ragione – così si intitola il romanzo di Sorrentino – ma nell’articolone sono riportate la trama, e soprattutto le interessanti osservazioni di Sorrentino, il quale si conferma – come i suoi colleghi Garrone nel cinema e Ammanniti nella letteratura – epigoni di una sorta di arte che si è arresa alla incomprensibilità del reale (e soprattutto del reale italiano).
Al centro del romanzo di Sorrentino c’è un personaggio, Tony Pagoda, eroe campano dei nostri tempi, cantante da night che riceve i complimenti anche da Frank Sinatra, un ‘aspirapolvere di cocaina a tal punto da scandalizzare lo stesso medico svizzero che lo deve disintossicare e anche uomo “che è un kamasutra vivente”. Il catalogo delle sue performance amorose, ci informa D’Orrico, “va avanti per due pagine ed è puro godimento in tutti i sensi della parola.”
Tony Pagoda è, insomma, un eroe moderno, senza morale perché non conosce nemmeno cosa voglia dire questa parola, Sorrentino lo descrive così: ” È un vitalista, uno che dice: in ultima analisi, la vita è una favolosa rottura di coglioni”. E tra la rottura di coglioni e il favoloso, aggiunge il regista, lui opta per il secondo aspetto, godendosi la vita alla grande.
Un altro tema del libro è la “decadenza gastronomico/esistenziale” che secondo D’Orrico e Sorrentino fungevda cruda analisi della società contemporanea: “metafora della vita fasulla e intellettualoide che viviamo.”
Il libro, par di capire è una cavalcata di 264 pagine in quella che Sorrentino definisce “una valle di lacrime e mozzarelle”, ovvero l’Italia, con Roma, la città di Roma che è secondo il regista “una impressione, una Sindone. Sbiadita. E dentro non c’è nessun dio” (con la d minuscola of course).
E il libro è pieno di personaggi grotteschi, senza senso morale, né buoni né cattivi, che si lasciano vivere e compiono sbagli e misfatti più per apatia e sbandamento che per vera convinzione o cattiveria, esattamente come nei film di Garrone o nei romanzi di Ammanniti.
Il finale dell’intervista poi è paradigmatico. ‘Un’ultima domanda’, dice D’Orrico, ‘ Sorrentino, la filosofia di questo romanzo è quella del titolo ?’
Risponde il regista: “Sì, in ultima analisi penso veramente che tutti hanno ragione. Che è vero tutto e il contrario di tutto. E che come dice il maestro Mimmo Repetto, maestro di Pagoda, l’unica cosa importante è la sfumatura.”
Chiaro no ?
Ecco, io credo che davvero il quadro che si ricava da questa intervista e dalla ‘poetica’ di Sorrentino, Garrone e Ammanniti sia proprio questa rinuncia, questa resa. Il mondo è una porcata ed è anche incomprensibile. Tutto è vero e tutto è falso allo stesso tempo, e tutto va bene. E tutti hanno ragione.
Un trionfo ‘relativistico’ che in Italia sembra ormai aver messo tutti d’accordo, anche se ci siamo arrivati come al solito con una ventina di anni di ritardo, da quando Robert Altman realizzò ‘America oggi.’
Oggi sembra quasi una bestemmia, per certi ambienti intellettuali, pronunciare la parola ‘speranza’. Non parliamo poi di ‘morale’.
Se Tutti hanno ragione, però, come è evidente, è vero anche che Nessuno ha ragione. Il tutti hanno ragione di Sorrentino è spaventoso perché abdica alla ricerca di un senso. Dà per definizione il presente – e anche il prossimo – come inconoscibile e dunque estraneo e immune da un qualsiasi reale coinvolgimento personale.
Siamo chiamati ad assistere ad un teatro assurdo, dove anche a noi è richiesto di recitare -per venti minuti, per una giornata o un mese – la nostra parte.
L’unica chiave di lettura, perciò, è il grottesco e l’eccesso. Perché con altri strumenti – quelli tradizionali – ogni interpretazione della realtà è destinata a fallire.
Ma l’altro, in questo teatro dell’assurdo, è solo fenomeno macchiettistico, è solo tragedia o orrore, stupore o assenza. L’altro è, cioè, niente. Niente che ci riguardi veramente.
No, ammiro Sorrentino per il suo cinema e la sua abilità nel costruire storie, ma non è vero che Hanno tutti ragione.
Per me la vita è altro. La ragione c’è, ed io la trovo dentro me stesso (e non nello specchio confuso che mi rimandano gli altri), e trovandola dentro me stesso, la riconosco come bene per essere utile agli altri, e non per essere soltanto uno spettatore di un teatrino insignificante.
Signore, fammi vivere di un unico, grande sentimento scriveva Etty Hillesum nei suoi Diari, pochi mesi prima di essere mandata nelle docce di Auschwitz – fa’ che io compia amorevolmente le mille piccole azioni di ogni giorno, e insieme riconduci tutte queste piccole azioni a un unico centro, a un profondo sentimento di disponibilità e di amore.
Preferisco questo, francamente, alle sfumature di Tony Pagoda…
fabrizio falconi
Caro Fabrizio
grazie per la bella riflessione che fai. Condivido in pieno la tua analisi. E ti ringrazio per trovare le parole giuste che mi aiutano a superare quel blocco che ho nel pronunciarle. Mi spiego: registi come Garrone o SOrrentino sono chiaramente artisti di talento. Riescono a trasformare in bellezza panorami geografici e umani squallidissimi. Hanno quella grazia che permette una piccola catarsi interiore grazie alla potenza delle loro immagini, alla forza dei temi che scelgono, all’onestà che si percepisce nel loro lavoro.
Per questo si fatica a sottrarsi al coro di elogi che per tanti meriti spetta loro. Poi però. Poi però uno pensa ai telefilm americani e riflette. Anche lì, a parte la follia visionaria di Lost, c’è la realtà in tutto il suo triste, contraddittorio e confuso movimento (le cattiverie della buona borghesia della provincia americana in Desperate Housewives, il carrierismo e l’egoismo dei medici di Grey’s Anatomy, la menzogna di tutti i pazienti di House, il realismo sporco dei poliziotti corrotti di The Shield).
Magari le sceneggiature sono un po’ costruite, magari la realtà penetra in modo più diretto nei film di Garrone e Sorrentino, ma alla fine il punto di vista degli autori non è mai un compiaciuto ripetere che nulla ha speranza. No. Il mondo fa schifo, è vero, la gente mira sempre a fregarti, verissimo, e loro te lo raccontano senza pietà, senza buonismi. Senza risparmiare nulla, così come fanno Sorrentino e Garrone. Ma poi c’è sempre un momento in cui – tra tanto grigiore – qualcuno si prende l’onere della responsabilità. Qualcuno che dice no, in tutto questo schifo forse qualcosa posso farla anch’io. Qualcosa che si chiama amore per il mondo. Speranza. Responsabilità anche quando tutto e tutti recitano il mantra che così vanno le cose. Etty Hillesum riusciva a farlo di fronte a esiti ben più tragici della realtà, di fronte all’aguzzino nazista riusciva a vedere il cuore ferito di un uomo carico di spavento per la vita. Nel cinema italiano di oggi, questo sguardo sembra escluso a priori, considerato poco alla moda.
L’artista che distrugge le forme esistenti, che svela il male del mondo è stata la tematica chiave e necessaria di tutto il Novecento. Oggi è richiesto un salto, credo. Giusto intensificare nell’arte la critica del presente, l’inebetimento sociale. Ma occorre andare avanti. Aprire nuovi passaggi.
Spero solo che il senso del libro di Sorrentino, "TUtti hanno ragione", sia quello di scoprire come in ognuno di noi c’è una ragione al male che fa, una ferita da ricucire, e soltanto osservandola la si può curare. Ma anche io il libro non l’ho letto e non so che dire di più.
Un saluto caro
letta
Carissimo Fabrizio , trovo questo post straordinario , giunge infatti in un momento particolare della mia vita.
Non è vero che Tutti hanno ragione ,in questi giorni le letture dalla storia di Salomone alla lettera di Giacomo ci invitano a richiedere a Dio il dono della Sapienza che è il discierimento del Cuore..
La Sapienza è qualcosa di prezioso o no???Io la perdo molto facilmente , la maschera egoica della stupidità a volte mi sovrasta.
Fra le tante maschere che abbiamo imparato a conoscere quella della stupidità è spesso la piu’ sottile.
Sento aria e vita nelle tue parole e nel commento di Massimo .
Colgo l’occasione per comunicare una bellissima notizia a tutti gli amici del sito Darsi Pace ,perchè mi sembra opportuna dati i temi del post.
I miei nonni Fausto e Bice durante la guerra nascosero per tre anni i figli di una amica ebrea di mia nonna in casa e li crebbero insieme ai loro sei figli .I miei nonni erano persone normalissime,non eroi , non particolarmente religiosi ,nè ideologici .L’altro giorno è arrivata la lettera a mia madre che su richiesta dei due ex bambini(una è ora una vecchia signora amica di mia madre) Fausto e Bice sono stati messi nell’elenco dei Giusti di Israele . Questa notizia mi commuove e ne sono molto molto felice .La vita è Altro ha ragione Ettty.
Signore fammi vivere di un unico grande sentimento e dammi la Sapienza per sentirlo sempre in ogni momento della mia vita.
letta
Carissimo, grande tema, e ottima riflessione.
Tu in realtà parli della situazione di tutta la cultura italiana, e in gran parte europea.
Una cultura terminale che si guarda allo specchio con noia e presunzione.
Si ripetono quattro formulette insensate, tipo: non c’è la verità, o: tutti hanno ragione, solo per evitare di pensare, e quindi di fare i conti con la propria ignoranza.
Questo baraccone del paese della cultura, già profetizzato dallo Zarathustra di Nietzsche, popolato dagli "artisti, scrittori, filosofi, registi, etc", eletti dagli ultimi uomini, è semplicemente una cosa inutile, un prodotto commerciale dell’industria dell’intrattenimento.
Non ha cioè quasi più nulla a che vedere con la cultura, intesa come ricerca e coltivazione di nuove forme di conoscenza e di convivenza umana.
Io credo che dobbiamo solo lavorare per dare inizio ad una nuova storia, ad una cultura che sappia riprendere i fili della grande tradizione occidentale, delle grandi questioni proposte all’inizio del XX secolo, e dimenticate in questi ultimi trenta anni.
Lavoriamo, con i Gruppi, anche per questo, in quanto questa nuova storia non potrà che alimentarsi a profondità spirituali che solo un assiduo lavoro interiore può offrire.
letta
Ringrazio molto Massimo, per le sue osservazioni, e in primis per avermi segnalato l’intervista sul Corriere, che ha generato il post che ho scritto.
E, Massimo, concordo pienamente su quello che argomenti. E’ proprio questo il punto: che gli americani, dopo il necessario Altman di ‘America Oggi’, di 17 anni fa, sono andati avanti. E nei loro film, nelle loro serie tv soprattutto (che mi sembra il filone creativo culturale più fertile in questo momento), nei loro libri, nelle riviste, nelle poesie, stanno producendo un cambio di indirizzo notevole, che confusamente è stato associato all”obamismo, e cioè alla propensione per impegnarsi, per sperare, davvero in un mondo migliore, per fare qualcosa di utile per chi ha bisogno di conforto e di cure – anche se ovviamente molto spesso tutto ciò è ingenuo o puramente velleitario.
Qui da noi, invece, nella morta agone italica, siamo ancora in pieno processo putrefattivo.
E gli unici modelli ‘culturali’ che sembrano suscitare interesse e ammirazione sono quelli suddetti.
Insomma: anche Fellini nella ‘Dolce Vita’ o in ‘Otto e mezzo’ faceva una analisi spietata – e vogliamo dire con quanta carica estetica e grottesca ? – del reale quotidiano. Ma quanta luce c’era in quelle opere ! Quanta anima ci troviamo dentro, ancora oggi, se soltanto riguardiamo una qualsiasi scena.
Vorrei poi ringraziare con il cuore Chiara: per il tuo riferimento alla Sapienza (che sembra essere così scomparsa da questi lidi..) e soprattutto per la meravigliosa notizia che ci dai alla fine.
L’elenco dei Giusti ! Davvero Fausto e Bice non hanno vissuto invano. Davvero il giusto e il bene non possono essere mai dimenticati, non possono essere mai inutili, mai dei semplici accessori, come sembrerebbe leggendo i libri di ammanniti o guardando i film di Garrone.
Grazie infine a Marco. E’ proprio vero quel che dici, il processo mi sembra in atto. E la cultura come "ricerca e coltivazione di nuove forme di conoscenza e di convivenza umana" è uno sport ormai riservato a pochissime coscienze.
La "cultura terminale che si guarda allo specchio con noia e presunzione" aborrisce ormai del tutto il ‘normale’, detesta il ragionamento sui principi, è pronta a vendere uno straccio di verità (con la v minuscola) sull’altare di un qualsiasi appagamento autoconsolatorio.
Grazie.
f.
letta
Carissimi, questo interessante post mi ha dato l’idea di segnalarvi l’uscita, il 19 c.m., nelle principali città italiane, di un film credo molto diverso da quelli citati nel post che vanno per la maggiore e puntano al successo. Si intitola “ La bocca del lupo” ; è stato girato a Genova da Pietro Marcello e ha come protagonisti e attori ,le persone marginali, i barboni che vivono nei vicoli della città vecchia, e animano storie di coraggio e di tenera umanità. La realizzazione del film è stata suggerita e sostenuta dalla Fondazione San Marcellino che è da anni accanto ai senza fissa dimora e altri poveri. Penso che la programmazione nella sale del film, tra l’altro vincitore di alcuni premi, sarà breve e pertanto, chi è interessato occorre che si affretti.
Ho apprezzato molto il commento di Chiara che in contrapposizione della desolante cultura letteraria e filmica odierna, ci ha dato con gioia il bell’annuncio che i suoi nonni sono stati nominati giusti delle nazioni.
Forse sarebbe bello che a ogni brutta notizia ci abituassimo a cercarne una che può farci intravedere la grandezza e il valore umani e qui mi richiamo al post di Marco “ Lampi di Santità. Forse più che nei tradizionali libri agiografici, i profili, le vicende dei santi da proporre come modello a noi e ai ragazzi, dovremmo avere la pazienza di scovarli nel quotidiano personale e collettivo.
Un abbraccio a tutti, Mariapia
letta
Grazie Maria Pia per questa segnalazione. Terrò d’occhio l’uscita del film.
letta
Grazie Maria Pia perché nella tua ultima frase hai espresso pienamente il mio pensiero quando ho letto il post di Marco "Lampi di Santità"; io la vedo la Santità in tante persone intorno a me ogni giorno, è chiaro che si tratta di esseri umani con tutti i loro limiti, ma esistono e su questo mi dichiaro ottimista. Guai a perdere questa speranza o meglio certezza!
L’esempio commovente dei nonni di Chiara ci dimostra che in ogni situazione, anche la più tragica, il "santo" agisce, esiste e lascia il segno.
I miei modelli sono i miei genitori, i miei nonni, i miei adorati suoceri e tante persone che mi hanno amato e mi hanno trasmesso i migliori sentimenti; forse sono stata fortunata!
Caro Fabrizio concordo con quanto dici; per ciò che riguarda il “relativismo” che ormai pervade la nostra società, ne sono stata affascinata anch’io all’inizio, non lo nego, lo avevo inteso come una strada spianata verso la libertà dell’individuo.
Ma crescendo e maturando mi sono accorta che la libertà è ben altra cosa, è vero che ogni idea è relativa alla propria esperienza, ma esistono valori in cui tutti dovremmo credere e non sempre è così!
Un abbraccio a tutti Gabriella
P.S. Ma tutti questi post uno dietro l’altro, mi fanno girare la testa!!! Però sento il sito anche molto vivo e quindi va bene così.
letta
Cari amici, è molto bello vedere quanto è vivo il nostro sito, denso di energia e di spirito di ricerca.
Si, anche io provo rabbia nel constatare quanta povertà circoli nei luoghi della visibilità e del potere, anche culturale.
Un esempio? L’ultima pubblicità di costosissime scarpe (www.manas.com, ma non vorrei contribuire alla pubblicità…) che vede lo psicanalista Crepet venduto al mercato con le sue storie di donne (immagino sue pazienti, quindi sofferenti).
Ma come, un medico che dovrebbe curare l’anima (magari curando anche lo spirito, che, sappiamo, non è scisso dalla psiche) si presta a questa ignobile strumentalizzazione???
Penso a Giovanni Battista, al rito delle Ceneri, alle parole del Vangelo: "Convertitevi e credete!", e poi mi viene il dubbio di essere una bigotta moralista che non capisce appunto "le sfumature"…..
Non credo di essere bigotta, e quella ricca e annoiata signora paziente di Crepet forse troverebbe il suo cammino in gruppi di ricerca e di autotrasformazione simili ai gruppi Darsi Pace. Se avesse un vero medico che potesse consigliarla.
Forse per sciogliere questa nostra rabbia è importante non smettere di comunicare, di esprimersi, di confrontarsi.
E soprattutto è fondamentale raccogliersi nel lavoro interiore, l’unico che ci nutre e ci riporta al cuore delle cose. E ci libera dal senso di impotenza e di fallimento.
Grazie a tutti voi di esistere!!!
letta
Paola anche io sono restata stravolta da quella pubblicità che mi hai fatto vedere .Erano giorni che ne volevo parlare.
E’ tutto assurdo ,un medico presta il proprio nome e la storia di una paziente ad una pubblicità ………..e gia’ questo la dice lunga sulle possibilità di guarigione che offre la cultura moderna.
Anche io non sono bigotta o moralista ,anzi!.E’ possibile che il femminile sia solo tacchi e botulino,Care amiche non vi sentite anche voi schiacciate e alienate tra il dover aderire a un modello a tutti i costi e la fatica della vita. Devo ammettere pero’ non sono immune dal fascino che poi il modello esercita su di me .Lo devo ammettere una parte di me vorrebbe essere sempre bella ,elegante etc. etc.,magari poi per intrecciare una inutile relazione con un Toni Pagoda del momento!!!!
Perchè il corpo delle donne è cosi’ tradito …rifletto e penso al diffondersi dei disturbi alimentari , all’impressionate abbassamento dell’età d’insorgenza e all’incremento di casi del carcinoma mammario nella nostra società .A tutte quelle relazioni che si esauriscono per una sfumatura.
Il lavoro interiore è l’unica via che puo’ liberarci ,è come pulire una casa ,ogni giorno ,ogni giorno e se la città è molto inquinata…………….
la casa si sporca piu’ facilmente . Grazie Paola .
letta
Carissimi e bellissimi,
dopo la presentazione che Fabrizio ci ha fatto del primo – e speriamo ultimo 😉 – libro di Sorrentino credo che … non lo leggerò.
Preferisco impiegare il tempo che mi è dato in letture che elevino lo spirito e non lo avviliscano, in meditazioni e preghiere che mi mettano sulla via del Regno, nei nostri incontri di conoscimento,crescita e condivisione, nella frequentazione di questo sito così variopinto ed interessante.
Un abbraccio globale
letta
It’s an amazing article designed for all the internet users; they will take advantage from it I am sure.