Vi è mai capitato di uscire dal sogno sereni come dopo una meditazione, una preghiera? O illuminati da una scoperta fondamentale sulla vostra vita interiore? O spinti verso una scelta esistenziale importante ?
Il sogno che propongo e la sua interpretazione è quello di uno psicanalista ormai novantenne, Gaetano Benedetti, ed è tratto dal suo libro: Riflessioni ed esperienze religiose in psicoterapia, pubblicato nel 2005, a Torino.
Nella prefazione al volume l’autore dice che il libro potrebbe anche intitolarsi: Pensieri cristiani di uno psichiatra agnostico. E spiega: “Agnostico perché, nonostante il fondamento cristiano della mia Weltanschaung, io non riposo in alcune delle verità asserite dal Cristianesimo: le metto sempre in dubbio, le rinnovo, per rispondervi poi dai più diversi punti di vista, e non lascio mai arrivare interrogativo alcuno alla soluzione.”
Ma che tipo di agnostico? “Sono un agnostico attivo, che non si dà pace, pensa oltre e, pur non trovando soluzioni ‘certe’, non dispera mai, perché sente di realizzare ed esaudire la sua vita nell’eterna ricerca.(…)
Quando nel mio lavoro giornaliero di psicoterapeuta ascolto i pazienti, sofferenti di tante sindromi psichiatriche, ma in tutti i casi di pene da loro non sopportabili, di conflitti per loro insolubili, di ogni genere di difficoltà esistenziali da loro non affrontabili, non penso ad altro che al loro dolore e al modo di comprenderlo. La mia attenzione al singolo è tale da non permettere né di prendere appunti, né tanto meno di pensare a me stesso distraendomi dal paziente. (…).
Ma, nelle ore libere, i conflitti e i dolori dei singoli pazienti si uniscono in vaste sintesi, e queste vanno al di là dei problemi psichiatrici e psicoterapeutici, riguardanti l’origine, il decorso, l’essenza di una malattia psichica, la tecnica migliore per affrontarla e i miei errori nel farlo.
Problemi ancora più vasti si affacciano alla mia mente: qual è il destino dell’uomo? Il senso dell’umana esistenza? L’origine e il significato del dolore? L’origine del male? (…)
Può sembrare strano che, in quanto psicoterapeuta, io parli tanto di me, delle mie riflessioni su problemi che vanno al di là dei miei pazienti, e anche dei miei sogni. Ma ciò non ha la minima ombra di egocentrismo. Piuttosto significa che io sono diventato uomo nell’ascolto incondizionato dei miei pazienti, obbligato alla riflessione filosofica di problemi che riguardano me non meno di loro.(…)
Finisco questa mia prefazione con il dire..che interpretare i grandi disegni della Trascendenza, per quanto si possano vedere e comprendere, significa credere ad essa e dare un senso, una struttura d’amore all’esistenza umana.”
Trascrivo ora Il sogno della trascendenza: (22 gennaio 1979)
“Alle sei del mattino ero ormai sveglio, come al solito. Sento di non aver dormito abbastanza. Dolore per una mia paziente, per la sue due bambine e il marito. Mi sentivo colpevole di un insuccesso, dubitavo di aver commesso qualche errore(…)
Non volevo disturbare mia moglie che dormiva accanto a me.
Lentamente sono caduto in un dormiveglia, in cui si è svolto un lungo e lento sogno, di cui rammento almeno quattro nitide visioni.
- Una scala ripida che scendo con circospezione. Riconosco subito in essa, dormendo, la difficoltà della mia vita: mi meraviglio che si tratta solo di una scala ripida e non di un dirupo impossibile. Mentre la scendo e poi risalgo, provo un senso indicibile di gioia, non solo perché la scala è ripida e non quindi impossibile, ma perché mi è concesso di avere una difficoltà nella vita.(…)
- Vengono a visitarmi spiriti buoni. Avverto la presenza di spiriti invisibili. Quale gioia trascendentale! Eccola quella gioia che aspettavo da anni, ancora una volta inattesa. Credevo ormai che non venisse più, sostituita da una fede che allora non avevo. Sono quei minuti in cui non si dubita di una presenza altissima. Qualcuno è venuto a prendermi per mano.
- Tutto il sogno sembra svolgersi in un immenso edificio che credevo di conoscere e ora mi è sconosciuto. Da una piccola finestra guardo su verso una vallata scura e questa sembra aprirsi ai miei sguardi, divenire immensa. Poi voglio recarmi nella mia stanza; e mi perdo così in un’ala dell’edificio ancora in costruzione. Stupito mi aggiro per quegli spazi, passo un ponticello ed esco dall’edificio per rimirarlo dal di fuori.
Quale stupefazione! : quella parte che dal di dentro appariva in costruzione è già finita dal di fuori ed è di una bellezza inenarrabile.(…) Mi rendo conto, in quel momento di essere in un altro mondo, già morto su questa terra, e di poter perciò guardare in modo tale che i sogni inconsci di bellezza, addormentati nel fondo della nostra anima, diventino il nostro mondo anche esterno, e nulla è perduto di ciò che si è dimenticato e che, anche solo per un attimo, era stato oggetto della nostra contemplazione. - Fatti pochi passi a destra, mi ritrovo su un’altura che dà su un burrone scosceso. Ho ancora la stessa emozione provata all’inizio del sogno: quel burrone è la sofferenza della mia vita ed è di una bellezza indicibile, è il senso della mia vita. Questa volta piango; piango dal dolore perché so che non sarò in grado di mantenere questa percezione, che tornerò a temere la sofferenza, misconoscendone il volto divino, che non saprò amarti, mio Dio.
Conclusione.
Quel pianto finale era una sintesi di gioia e di dolore sovraumani. Era una goccia di trascendenza. Se avessimo ogni giorno una tale goccia, vivremmo tutto il giorno aspettando quell’istante.(…)
Il sogno, in questi istanti, si trasfigura; sentiamo che la psicologia del sogno non basta; che il sogno diventa uno dei tanti canali attraverso cui Dio improvvisamente ci parla.
Per uno è la preghiera, la contemplazione;
per l’altro è la visione beatifica;
per un terzo è l’esperienza della meditazione.
Infinite sono le vie di Dio.
Già sveglio, vedevo una luce nello spazio scuro della camera; da dove veniva? Chi era? Chi era venuto a visitarmi?”
Dunque anche il sogno può essere un’esperienza religiosa. Ci farà bene curare, proteggere il nostro sonno, fare attenzione anche ai nostri sogni, e trascrivere quelli che per noi sono più significativi, rileggerli ogni tanto con attenzione, forse vi potremo trovare delle piste per continuare il nostro cammino di formazione integrale.
Cara Mariapia,
grazie per averci fatto conoscere questo psicoanalista così profondamente spirituale e ‘cristico’ (da intendersi, come facciamo nei nostri gruppi, come qualcuno o qualcosa che ha in sé la forza incarnata di Cristo, in antitesi a ‘cristiano’, inteso come qualcuno che aderisce razionalmente a dogmi). Uomo dei dolori, come dice Isaia, che ben conosce la sofferenza del mondo, senza farsene travolgere.
Quel suo ‘patire’ ha radici comuni anche con la pazienza (della consumazione dei tempi – personali e collettivi) e con la pazzia (di chi, sovranamente, osa un’interpretazione folle della propria e dell’altrui esistenza). E non ha paura di ascoltare i messaggi dei sogni e di fidarsi delle indicazioni che ne emergono.
Che questa benefica immersione in dimensioni oniriche di trascendenza possa ispirare anche a noi sogni luminosi e profetici! E quel pianto finale sarà una sintesi di gioia e di dolore sovraumani!
Considero il sogno un compagno di viaggio che nei momenti di cambiamento mi ha rivelato ciò che la mente non lasciava affiorare.
Più volte mi è venuta l’idea di scrivere i miei sogni e non l’ho ancora fatto,ma ritorno ad essi quando vivo intensamente situazioni che mi riportano le immagini oniriche. Mi capita così di entrare in uno spazio visivo in cui respiro silenzio e benessere ed ora guardo con sollievo sogni che un tempo mi angosciavano.
A vent’anni sognai di essere chiusa in una bara, ero al centro di una piazza e la gente attorno a me guardava ciò che accadeva senza muovere dito. Ero terrorizzata alla vista del coperchio che si abbassava su di me. Poi un amico che era tra la folla mi lanciò una chiave dicendomi di non avere paura perché sarei riuscita ad aprire la bara.
Gli eventi che stavo vivendo e che seguirono quel sogno furono difficili da affrontare e richiesero scelte dolorose; solo dopo molti anni sono riuscita a comprendere che quelle difficoltà e quel dolore mi avevano condotto in un luogo profondo, dentro me stessa, nel quale mi sento bene e in pace.
Ed è stato ancora il sogno a rivelarmelo, a 49 anni.
Dopo una lunga salita che si faceva sempre più ripida, ero arrivata sulla sommità della montagna; lì mi attendeva un uomo sconosciuto che mi invitava a oltrepassare una piccola porta dicendomi che ero arrivata.
Mi trovai in un luogo che percepivo sacro, una mescolanza di occidente e oriente perché sembrava una chiesa romanica completamente vuota nella quale filtrava una luce che riscaldava le pareti e illuminava il pavimento e in alto sventolavano bandierine di preghiere tibetane.
Ero sola, sentivo un leggero tintinnio di campanelli e percepivo la presenza di altri che non vedevo.
Quando mi sento giù di tono, ritorno in quel luogo, mi lascio scaldare dalla luce che vi penetra, ascolto il tintinnio dei campanelli e respiro presenze che sento amiche. Poi ritorno nel mondo con la consapevolezza di essere in transito e il desiderio di aprirmi sempre di più, attraverso la meditazione, alla sola realtà che è veramente reale e che il sogno mi aiuta a percepire.
Grazie Maria Pia , leggerò il libro di G. Benedetti.
Giuliana
Cara Mariapia,
hai proposto un argomento a me molto caro anche se complesso.
Non so se posso parlare di trascendenza, ma certamente di unità e consapevolezza.
Di luce e chiarezza.
Quando affermo CONTEMPORANEAMENTE, è proprio dall’esperienza del sogno che attingo questo senso di unità, tra tempo spazio sonno e veglia… se di trascendenza trattasi è l’evoluzione, il BING BANG.
Normalmente sogno quando ho pulsioni scoordinate di desideri, non percepisco spesso le immagini, le rare volte in cui ciò mi accade sono sì pervasa come da un senso di “preziosità/sacra” che mi sommuove una cura particolare.
Un ricordo da custodire con cura.
Più comunemente “vivo in storie di parole” che informano dialoghi all’interno dei quali mi si chiariscono sensi e significati che forniscono consapevolezza e risposte alle domande riposte nel “mio fondo”, o poste dal luogo del “desiderio”.
Se non ho domande, non ho sogni. Come se tutto fosse coordinato: “chiedete e vi sarà dato”.
Bello no?
Ora che sto iniziando a meditare, collegando esercizi di autoconoscimento e meditazione spesso mi accade di vivere qualcosa di analogo a quando sogno: una consapevolezza gioiosa che produce L’INTUIZIONE GIUSTA, quella necessaria.
Grazie per avermi stimolato a riflettere sul sogno, diversamente non avrei rilevato l’analogia tra l’esperienza del sogno e la meditazione.
Trascorri una Felice Pasqua
con affetto
Rosella
di Onah Mountain Dreamer – Sognatore delle montagne ( anziano uomo di medicina nativo americano)
L’INVITO
Non mi interessa saper qual’è il tuo mestiere.
Voglio sapere per cosa si strugge il tuo cuore,
e se hai il coraggio di sognare l’incontro con ciò che esso desidera.
Non mi interessa sapere quanti anni tu abbia.
Mi interessa sapere se correrai il rischio di fare la figura del pazzo per amore,
per il tuo sogno, per l’avventura di essere vivo.
Non mi interessa sapere quali pianeti quadrano con la tua luna,
Voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se le difficoltà della vita ti hanno portato ad aprirti oppure…..
a chiuderti in te stesso nel timore di soffrire ancora!
Voglio sapere se sei capace di stare nel dolore, tuo o mio,
senza nulla fare per nasconderlo, o allontanarlo, o cristallizzarlo.
Voglio sapere se sei capace di stare nella gioia, tua o mia,
se puoi scatenarti nella danza e lasciare che l’estasi ti invada
fino alle punta delle dita dei piedi e delle mani, senza esortarci ad essere
prudenti, realisti o consapevoli dei limiti umani.
Non mi interessa sapere se la storia che mi racconti è vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per restare fedele a te stesso,
e non tradire mai la tua anima, a costo che gli altri ti chiamino traditore.
Voglio sapere se puoi essere di parola e quindi degno di fiducia.
Voglio sapere se sei capace di trovare la bellezza anche nei giorni in cui il sole non splende
e se puoi trarre fonte per la tua vita dalla presenza Divina.
Voglio sapere se puoi vivere con il fallimento, il tuo e il mio,
e nonostante stare in piedi, sulle sponde di un lago, gridando “Si”
al bagliore d’argento della luna piena.
Non mi interessa sapere dove vivi, nè quanto denaro possiedi.
Voglio sapere se dopo una notte disperata di pianto, sei capace di alzarti,
così come sei, sfinito e con l’anima coperta di lividi, per metterti a fare
quello che c’è da fare per i bambini.
Non mi interessa sapere chi conosci, nè come mai ti trovi qui.
Voglio sapere se starai in piedi con me al centro del fuoco, senza tirarti indietro.
Non mi interessa sapere cosa hai studiato, nè con chi e neppure dove.
Voglio sapere cosa ti sostiene da dentro quando tutto il resto viene a mancare.
Voglio sapere se puoi stare solo con te stesso, e se la tua compagnia
ti piace veramente nei momenti di vuoto.
Una mia amica, riflessologa plantare e naturopata, mi ha invitato più volte a scrivere appena sveglia ciò che ricordavo dei sogni. Lei afferma che è importante, che i sogni indicano molto del nostro stato d’animo in particolari periodi; il difficile per me è ricordare i particolari proprio non ne sono capace. Riproverò con più impegno.
Comunque ritengo molto interessante, bella Maria Pia, la testimonianza che ci hai proposto. Sapessi come mi hanno colpito le parole dell’ultimo passo del sogno: ” ….quel burrone è la sofferenza della mia vita ed è di una bellezza indicibile, è il senso della mia vita. Questa volta piango; piango dal dolore perché so che non sarò in grado di mantenere questa percezione, che tornerò a temere la sofferenza, misconoscendone il volto divino, che non saprò amarti, mio Dio”.
Questo pensiero lo sento molto parte di me in questo periodo……….non temere la sofferenza (il senso della vita), vedendo in essa un segno divino, aiuta ad accettarla e ad amare la vita nonostante tutto.
Vorrei approfittare per dedicare a Marco G. alcune parole del bellissimo brano di Isaia, parte della prima lettura di domenica scorsa, perchè nel sentirle ho pensato a lui:
“………Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato….”
Grazie Marco. Grazie Maria Pia e Buona Pasqua a tutti voi Gabriella.
— nel fondo dei burroni immensa luce —
Carissima Maria Pia, grazie di questo bel post.
Gaetano Benedetti possiede una scrittura densa, propria di chi porta con sé una straordinaria esperienza del dolore umano.
Il suo libro sulle riflessioni e le esperienze religiose in psicoterapia mi ha molto coinvolto, anche se alcune sue concezioni teologiche (come quella di una radice in Dio del principio del male) mi sembrano limitanti rispetto ad un più libero e felice e totale abbandono a Dio.
Ma non è questo il luogo per ragionarvi.
Un forte abbraccio poi a Gabriella, che forse avverte lo sfaldamento di alcuni argini del cuore e il tremore e il terrore che a volte questi sfaldamenti portano con sé.
Mi hai ricordato, con le parole di Benedetti, questi versi credo assonanti, intitolati “Il rombo dell’annuncio”:
Cresceva l’angoscia come un’erba
A ridosso di strani burroni.
Oh quanta luce
C’era laggiù. E la paura
Sembrava uno stupore
Senza precedenti.
“Sono io
Che premo sui tuoi bordi. E tremano
Le donne del bordello
Che diviene casa di preghiera.
Sono io
Il rullo dei tamburi
Che ti annuncia:
Dio
Ti è entrato nel cuore.
Fagli spazio.”
Stiamo saldi nella costante preghiera, la corrente sa dove portarci: sempre verso la gioia.
Marco
Carissimi!
Apprezzo nel commento di Paola, tra le altre belle considerazioni, la sottolineatura tra il “ patire” e la pazienza di aspettare tempi di guarigione e rinascita, ascoltando anche i messaggi dei sogni ,talora luminosi e profetici.
Grazie , Giuliana per la condivisione di alcuni suoi sogni significativi e il suggerimento di andare con la memoria, nei momenti di crisi, ad esperienze positive, vissute in sogno. Anche Rosella parla di immagini oniriche “da custodire con cura” .
Grazie a lei anche per la poesia, ricca di profondità. La settimana prossima farò un soggiorno al monastero di Bose, porterò con me soprattutto questi versi: “voglio sapere se puoi stare solo con te stesso, e se la tua compagnia ti piace veramente nei momenti di vuoto.”
Come porterò nel cuore e nella mente le espressioni poetiche di Marco: “ Cresceva l’angoscia come un’erba/ A ridosso di strani burroni”
“ Fare spazio a Dio”, questo comporta momenti di forti paure e di distacchi! Ma poi ci si ritrova nella luce!
Anche continuare ad amare la vita, attraversando la sofferenza, ci fa crescere. Grazie, Gabriella per questo tuo impegno che ci hai comunicato!
Auguro a tutti e a ciascuno una Pasqua, illuminata dal fuoco della fede e dell’amore. Una Pasqua di pace, che parte dal cuore! E buoni sogni! Mariapia