“Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere”.
(Salmo 1,3)
Desidero condividere con voi l’esperienza bellissima vissuta nell’incontro di sabato 13 febbraio del gruppo Darsi Pace, seconda annualità.
Marco ci ha spiegato l’esercizio a nove punti che si trova nel libro Per Donarsi (pag.121-132): noi lo abbiamo eseguito ed approfondito insieme.
Tralasciando le mie risposte ai primi punti dell’esercizio, arriviamo al punto 4:
scendo nel punto di dolore/scissione che si trova sotto tutte le mie rabbie e le mie paure, lo ‘sento’ e provo ad esprimerlo.
Ed io l’ho espresso con queste precise parole:
“Sono arida, asciutta. Un deserto. Non c’è acqua. Non c’è vita. Solo fine, solo morte. Non ci sono parole né salvezza. Niente da dire. MORTE.”
Passiamo al punto 8:
chiedo aiuto a Dio, un aiuto preciso, chiedo ciò di cui ho bisogno vitale.
Ed ecco la mia richiesta:
“apri il mio cuore
al vero Amore
dammi l’acqua
come balsamo di vita
dammi il bene”
Poi il punto 9:
ricevo l’aiuto. Mi sintonizzo su un clima amorevole che già si sta facendo strada nelle mie tenebre se ho lavorato nella luce. Questo clima amorevole è lo Spirito che ci parla attraverso l’amorevolezza, ci dà risposte. La risposta dello Spirito è sempre una consolazione. Qui il nuovo credente, finalmente, dà parola a Dio!
E questo ho sentito:
“Sono Io l’acqua che cerchi”
Naturalmente quando l’ego ha riconquistato terreno, ha portato con lui i suoi soliti dubbi, le sue striscianti insinuazioni, le sue infedeltà. Possibile che Dio mi abbia voluto parlare? Sarà soltanto suggestione. Ma sì, vedrai che è così.
Ma durante la Messa del giorno seguente, ecco cosa diceva la prima lettura:
Ger 17, 5-8
Così dice l’Eterno: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si allontana dall’Eterno!
Egli sarà come un tamerisco nel deserto; quando viene il bene non lo vedrà. Dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra salata senza abitanti.
Benedetto l’uomo che confida nell’Eterno e la cui fiducia è l’Eterno!
Egli sarà come un albero piantato presso l’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume. Non si accorgerà quando viene il caldo e le sue foglie rimarranno verdi, nell’anno di siccità non avrà alcuna preoccupazione e non cesserà di portare frutto.”
Arrivata a casa ho proseguito la lettura:
Ger 17, 13-14
O Eterno, speranza d’Israele, tutti quelli che ti abbandonano saranno svergognati.
“Quelli che si allontanano da me saranno scritti in terra, perché hanno abbandonato l’Eterno la sorgente d’acqua viva”
Guariscimi, o Eterno, e sarò guarito, salvami e sarò salvato, perché tu sei la mia lode.
Quale dubbio può esserci? Può forse essere un caso che io abbia trovato le STESSE parole da me scritte il giorno precedente? Non sono certo un’esperta conoscitrice della Bibbia, non sapevo quale fosse la liturgia del giorno seguente.
Ecco, quella era un’ulteriore risposta, definitiva, inequivocabile! Un riscontro veramente ‘testuale’! Certo il Signore conoscendo la mia sorda cecità ha voluto squarciarla.
Non vi dico la mia gioia stupefatta, poi sempre più convinta e colma di gratitudine.
E mi sono tornate alla mente due poesie che ho scritto forse una decina d’anni fa, ma che ora leggo sotto una nuova luce.
Nella prima il mio io-mandorlo si trova in uno stato di aridità e di ricerca dolorosa, sassosa ed impervia, in una condizione di sofferta spremitura del suo frutto, nutriente ma secco.
Il mandorlo
radicato
tra scabri sassi sbilenchi
a scovare
esigue gocce riposte,
le aeree corolle
trapuntano i legni
contorti e sfogliati
lacrime bianche
distilla il suo
dolce frutto amaro
come la nostalgia
di un canto andino
lontano
Nella seconda poesia, nonostante la sottesa atmosfera di malinconica nostalgia, il mio io-salice è vicino ad un fiume ( “Egli sarà come un albero piantato presso l’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume” ), lo sfiora chiedendo che la sua sete sia consolata e abbandona alla sua corrente le proprie speranze e i propri desideri.
Il salice
quante notti
i miei fili sottili
s’intrecciarono ignari
ai capricci del vento
fiume pensoso
nel languore lunare
se flessuoso ti sfioro la pelle
cullerai questa sete?
a te lascio i sospiri sfioriti
nell’addio
dell’orizzonte estremo
Penso che già allora ( e chissà da quando) io cercassi l’acqua, anelassi al luogo dove piantare il mio albero che vuole dare frutto .
Con affetto
Filomena
Tommaso disse a Gesù Risorto: «Mio Signore e mio Dio». Gesù gli rispose: Poiché mi hai veduto, hai creduto. Beati quelli che pur non avendo visto crederanno. Gv 20,24-29
io non so
Signore
come “sì ”
faccia memoria
son dimenticanza
anche
dopo aver visto
” come ”
restare presente
la Tua venuta
si fa tormento
angoscia L’assenza
impotenza E’ così
umana
lancinante
crampo che strazia
dentro
non ha pace Come ?
come “sì ”
fa
Signore
Amante
della vita
accolta
nella morte patita
redenta Risorta
così
concepita in noi
mortali
Così com’è
in Te
“Signore mio Dio”
Filomena, grazie di cuore !!! (sto sempre immersa, discretamente a bagno, in un pozzo primaverile)
ciao
Rosella
Cara Filomena,
la tua testimonianza è bellissima e preziosa.
Nella vita capita di ricevere questi segni. E io sono convinto che sempre, a tutti, prima o poi, arrivano. Il problema è che se non si fa silenzio, se non si è attenti, se non si è completamente disponibili all’ascolto, non si percepiscono. Si perdono nel marasma quotidiano.
E’ difficile decifrare un sussurro dentro un caos di suoni.
E questi segni, per un mistero che a noi è incomprensibile, arrivano spesso sotto forma di sussurro, di suggestione, di accenno. Siamo sempre noi a dover dare forma e interpretazione a questi segni. Se lo facciamo, i segni sono chiarissimi, evidenti. E ci lasciano davvero sbalorditi. Come è avvenuto a te.
E anche a me. E’ una bella fortuna. Si capisce che la vita può cambiare, davvero e profondamente, in ogni momento, se solo lo vogliamo.
Fabrizio
Grazie di cuore per la condivisione in rete dell’esercizio svolto nei gruppi .
Anche a me è capitato, proprio in questo tempo pasquale, di collegare naturalmente le parole della bibbia ad alcuni miei sogni e di penetrare sempre più nel loro significato, rivisitando alcuni momenti della mia vita.
Sono sempre più convinta dell’efficacia del lavoro che Marco ci invita a compiere e del legame tra autoconoscimento, meditazione e preghiera per raggiungere quel silenzio capace di creare nuove forme di espressione, proprio come Etty Hillesum aveva saputo scoprire:
“In me c’è un silenzio sempre più profondo. Lo lambiscono tante parole, che stancano perché non riescono ad esprimere nulla.
Bisogna sempre più risparmiare le parole inutili per poter trovare quelle poche che ci sono necessarie. E questa nuova forma d’espressione deve maturare nel silenzio.”
Grazie, Filomena, anche per le tue poesie.
Giuliana
— il lavoro che scioglie e risolve —
Carissima Filomena, il tuo racconto non può che riempirci di gioia.
Il lavoro interiore dà i suoi frutti, specialmente se sappiamo attenderli senza fretta, senza pretenderli.
Il nostro esercizio in 9 punti serve a passare da un qualsiasi fatto della nostra vita quotidiana, un’arrabbiatura, una paura, un evento imprevisto, e così via, alle strutture psichiche che determinano in noi la nostra reazione a quel determinato evento.
E’ importante sintonizzarci con le emozioni che stanno sotto le nostre interpretazioni “egoiche” del fatto, dare voce alle emozioni primarie, che via via si sganciano da ciò che crediamo essere la causa della loro insorgenza.
Mentre quelle emozioni (paura, rabbia e disperazione) stanno sempre lì pronte a scatenarsi….
La rievocazione di situazioni infantili in cui ci siamo sentiti in questo modo può essere a volte necessaria, e a volte opportuna.
A volte può saltarsi, se non emergono materiali mnemonici troppo forti, che esigono elaborazione.
Nel punto di scissione, o di puro dolore, entriamo in relazione, chiediamo aiuto.
Questo è il secondo punto di svolta, il primo è già l’ascolto delle emozioni, e il lasciare andare il rumore delle razionalizzazioni dell’ego: chi ha ragione, torto, cosa devo fare etc…
Qui il lavoro psicologico-analitico diventa spontaneamente preghiera, in quanto l’anima raggiunge la propria insufficienza e non può, senza gravissimi danni, non aprirsi ad Altro.
Questa nuova apertura, che il nostro bambino non poté fare, ci apre a nuove canalizzazioni di parola-energia-vita, che possiamo a volte tradurre in veri e propri pensieri, che ci vengono da un intimissimo fuori.
Vorrei ricordare a tutti noi che questo lavoro è di per sé una terapia, una pratica. Non basta farlo una volta per risolvere un certo problema, lo possiamo ripetere magari cento o mille volte, finché quel problema non sarà stato dissolto dal Solvente dell’amore.
Ciao e auguri. Marco
Carissimi amici
vi ringrazio per le vostre parole di vicinanza!
Il cammino è lungo, non sempre facile, ma insieme si viaggia meglio 🙂
Vi propongo, per salutarvi, questi versi di Alda Merini che mi toccano soprattutto per la mancanza di confini tra corporeità e spiritualità che si presentano qui come un continuum meraviglioso tra l’anima e il suo Signore
Corpo d’amore, un incontro con Gesù
Io lo conosco:
ha riempito le mie notti con frastuoni orrendi
ha accarezzato le mie viscere,
imbiancato i miei capelli per lo stupore.
Mi ha resa giovane e vecchia
a seconda delle stagioni,
mi ha fatto fiorire morire
un’infinità di volte.
Ma io so che mi ama
e ti dirò, anche se tu non credi,
che si preannuncia sempre
con una grande frescura in tutte le membra
come se tu ricominciassi a vivere
e vedessi il mondo per la prima volta.
E questa è la fede, e questo è lui,
che ti cerca per ogni dove
anche quando tu ti nascondi
per non farti vedere.
Alda Merini
— darò gratuitamente da bere —
Leggendo lo scritto di Filomena – e sostando sui sui evocativi versi – il pensiero è corso a passi biblici che illustrano il tema pasquale dell’acqua che rigenera.
La fatica della ricerca non si confonde con la pretesa di soddisfazione, ma si declina con la gratitudine davanti alla gratuità della Vita. Lo ricorda così Apocalisse 21,6:
“A chi ha sete
io darò gratuitamente da bere
alla fonte dell’acqua della vita”.
Cara Filomena e cari tutti,
le vostre riflessioni sono così profonde e delicate che temo quasi possano essere incomprensibili per me. Confrontandomi con i vostri scritti, mi sento molto superficiale e povera spiritualmente.
Grazie a tutti di cuore per le vostre parole. Stefania
— un profeta dei giorni nostri. Attali: IL MEDIO EVO CHE CI ATTENDE —
Etty sapeva essere profeta in tempi molto peggiori dei nostri. Ma anche ai giorni nostri, qua e là, si alzano voci che anticipano futuri possibili e che chiamano a una reazione etica. Uno di questi, per certi aspetti, è l’economista francese J. Attali, che ha appena pubblicato un libro, Sopravvivere alle crisi, Fazi editore.
Di seguito l’interessantissima intervista a J. Attali pubblicata oggi su Repubblica:
http://www.dirittiglobali.it/articolo-vs.php?id_news=20708
Il medioevo che ci attende
La profezia di Jacques Attali
Sono le classi dirigenti ad alimentare l´incertezza, ingrediente fondamentale per mantenere il potere Nel suo ultimo libro l´economista francese fornisce alcune ricette contro la crisi L´impossibilità dell´Occidente di mantenere questo tenore di vita senza indebitarsi Dovremo adattarci alla mancanza di solidarietà e alla necessità di cavarcela da soli
PARIGI Dopo la crisi, le crisi. «Nel prossimo decennio il mondo attraverserà cambiamenti radicali, solo in parte collegati all´attuale situazione finanziaria. Ciascuno di noi sarà minacciato e dovrà trovare gli strumenti per salvarsi». Nel suo ultimo libro (Sopravvivere alle crisi, Fazi Editore), Jacques Attali profetizza un mondo sempre più precario e ostile, nel quale le classi dirigenti sono incapaci di pensare nel lungo periodo e anzi alimentano l´incertezza, ingrediente fondamentale per mantenere il potere. «Dovremo abituarci a cavarcela da soli, come le avanguardie del passato» spiega l´economista, ex consigliere di François Mitterrand e primo presidente della Banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Attali è uno degli intellettuali francesi più eclettici, capace di pubblicare opere su Karl Marx o sull´amore, ed è uno scrittore seriale. Si vanta di avere decine di libri già pronti nel cassetto, firma rubriche su molti giornali, colleziona consulenze e si occupa di Planet Finance, una Ong specializzata in progetti di microcredito. Instancabile, sempre di corsa. Come il mondo che prefigura.
Quali altre crisi ci aspettano?
«La crisi finanziaria del 2008 non è affatto terminata, nonostante i proclami trionfanti di qualche politico e banchiere. Quelli che gli anglosassoni definiscono “germogli” di ripresa sono, a mio avviso, soltanto segnali passeggeri. Molte banche continuano a essere insolventi, i prodotti speculativi più rischiosi si accumulano come e più di prima, i disavanzi pubblici sono ormai fuori controllo, il livello della produzione e il valore dei patrimoni restano in grandissima parte inferiori a quelli precedenti la crisi. La causa più profonda di questa crisi è l´impossibilità per l´Occidente di mantenere il suo tenore di vita senza indebitarsi: su questo non è stata avviata un´adeguata riflessione».
Il peggio deve ancora venire?
«Nel 2020 la popolazione mondiale passerà da 7 a 8 miliardi e la classe media mondiale rappresenterà circa la metà degli individui che vorranno allinearsi al modello occidentale. Questo comporterà nuovi punti di criticità a livello ecologico. Nello stesso periodo assisteremo a progressi scientifici considerevoli, come le nanotecnologie, le neuroscienze, le biotecnologie. Ogni nuova scoperta scatenerà problemi etici e di possibili utilizzi secondari per scopi criminali o militari».
Tornando all´economia, dove finisce il tunnel?
«La congiuntura economica ci riserverà altre brutte sorprese. Personalmente, temo il ritorno dell´iperinflazione scatenata all´enorme liquidità creata dalle Banche centrali, la possibile esplosione della “bolla cinese” per colpa degli eccessivi crediti concessi e della sovraccapacità produttiva della Repubblica Popolare. Il sistema pubblico della sanità e dell´istruzione, per come l´abbiamo conosciuto finora, diventerà insostenibile per gli Stati. Il nostro stile di vita, sempre più precario e meno solidale. Chi vorrà sopravvivere dovrà accettare il fatto di non doversi più attendere nulla da nessuno. Andiamo verso un mondo che assomiglia al Medioevo».
Non le sembra esagerato parlare di un ritorno al passato remoto?
«Come nel Quattrocento, il potere sarà concentrato in alcune città e alcune corporazioni. Già oggi 40 città-regioni producono due terzi della ricchezza del mondo e sono il luogo dove si realizza il 90 per cento delle innovazioni. In mancanza di una vera organizzazione globale, si diffonderanno epidemie e catastrofi naturali climatiche ed ecologiche. Ci saranno sempre più zone “fuori controllo”, dove imperverseranno organizzazioni criminali e bande armate. I ricchi dovranno rifugiarsi in moderne fortezze».
E tutto questo sarebbe dovuto anche all´incapacità delle classi dirigenti e al fallimento del sistema di governance mondiale?
«Di fronte a una crisi, qualunque essa sia, la maggioranza degli individui comincia con il negare la realtà. Purtroppo questo meccanismo si applica perfettamente anche alle imprese e alle nazioni. Finora i governi hanno adottato una strategia che fa finanziare dai futuri contribuenti gli errori dei banchieri di ieri e i bonus di quelli di oggi».
Lei ha presieduto la Commissione per la liberazione della crescita voluta dal governo Sarkozy, ma le riforme che aveva proposto sono state disattese. Anche nel caso della Francia manca il coraggio di preparare il futuro?
«Quello che più mi colpisce è che molti potenti vorrebbero tornare rapidamente al vecchio ordine, anche se è quello che ha scatenato la crisi finanziaria. Nell´attuale modello economico l´impresa è passata al servizio del capitale, a sua volta manipolato dalle leggi della Borsa. Le cose stanno così dal 1975, data dell´invenzione delle stock-options negli Stati Uniti».
Non è una visione troppo apocalittica?
«Non bisogna farsi prendere né dall´ottimismo né dal pessimismo. Negli ultimi 650 milioni di anni, la vita è praticamente scomparsa sette volte dalla superficie della Terra. Oggi rischiamo che succeda un´altra volta. Ma qualsiasi minaccia è anche un´opportunità. Quando si arriva a un punto di rottura siamo costretti a riconsiderare il nostro posto nel mondo e a cercare un´etica dei comportamenti completamente nuova. Sopravviverà di noi solo chi avrà fiducia in se stesso, chi non si rassegnerà. Ho affrontato parecchie crisi. E per questo ho pensato anche di raccogliere le mie lezioni di sopravvivenza».
Lei suggerisce il dono dell´ubiquità: cosa significa?
«I miei principi sono sette, da attuare nell´ordine. Innanzitutto bisogna partire dal rispetto di sé, e quindi prendere consapevolezza della propria persona, e dall´intensità, ovvero vivere pienamente sapendo proiettarsi nel lungo periodo. Ci sono poi l´empatia, indispensabile per capire gli altri, avversari o potenziali alleati, la resilienza che ci permette di costruire le nostre difese e la creatività per trasformare le minacce e gli attacchi in opportunità. Se questi cinque principi non funzionano bisogna cambiare radicalmente, coltivando l´ambiguità o persino l´ubiquità, imparando a essere mobili nella propria identità».
Ci lascia insomma un po´ di speranza…
«L´ultima lezione riguarda il pensiero rivoluzionario. In condizioni estreme, bisogna osare fino anche a violare le regole del gioco. Nessun organismo può sopravvivere senza operare una rivoluzione al suo interno. Ma tutto dovrà sempre partire dall´individuo. Come diceva Mahatma Gandhi: “Siate voi stessi il cambiamento che volete realizzare nel mondo”».
Ha appena pubblicato il primo “iperlibro”, un volume cartaceo integrato da contributi audio e video. È questo il futuro della lettura?
«Non credo alla morte dei libri tradizionali. Ma è evidente che i giovani crescono imparando a leggere su uno schermo. Per loro sarà normale sfogliare una tavoletta elettronica come noi sfogliamo un libro. Anche quella dell´editoria è una crisi che si supera solo con il cambiamento».
— Ancora lei —
Già ancora lei, sempre lei, Etty! Il perchè lo sappiamo, lo conosciamo sempre di più…Non potendo cambiare la situazione intorno a sè ha scelto di cambiare se stessa, e dopo il suo sacrificio sta cambiando il mondo. In questi giorni abbiamo avuto in carcere un avveniento molto importante: la Prima Comunione e la Cresima di una persona dal passato molto penoso e drammatico Anch’io avevo, a modo mio, un certo contributo a quella che potremmo definire una conversione. In seguito ho chiesto all’interessata da dove aveva avuto inizio il cambiamento che l’aveva portata a una decisione così importante.” Mi hai regalatoil Diariodi Etty Hillesum e tutto è incominciato da li’ “
Caro Massimo grazie comunque e sempre, perchè di Etty si parli.
Come hai ben delineato la portata rivoluzionaria del suo modo di vivere l’atroce orrore di quei tempi ci indica ancora oggi una strada per la nostra personale conversione : roconscere prima le proprie distorsioni, disinnescarne l’automatismo e raggiungere la sorgente pura dell’amore incondizionato che sta in fondo alla nostra anima, per imparare a benedire Dio esempre, malgrado tutto quello che può succedere.
Un abbraccio, e ancora grazie.
Marco F.
Ringrazio soltanto ora (non ho fatto in tempo prima del patatrac) Corrado per le sue parole bellissime che illuminano e approfondiscono ogni argomento e Stefania per la sua sensibilità.
Credo che siano finiti qui alcuni commenti che si riferiscono a Etty, il che non può che farmi piacere 🙂
un abbraccio
Filomena