Vendola: io, gay e cattolico, più facile dirlo ai preti che al PCI

Commenti

  1. — rimettiamo in discussione ogni identità. —

    Indubbiamente le parole di Vendola appaiono pregne di vita vissuta e sofferta, e quindi lontane dal chiacchiericcio politico quotidiano, e credo che la sua affermazione di dare credito più alla conversione personale permanente che alla rivoluzione possa trovarci pienamente d’accordo.

    Ma forse questa convinzione dovrebbe avviare o approfondire una ricerca che rimetta radicalmente in gioco ogni nostra identificazione.
    Questa è un po’ la convinzione da cui partono i nostri Gruppi: ci troviamo nel vortice di un rivolgimento antropologico che rimette in discussione i contenuti di tutte le nostre identificazioni storiche.

    Che cosa significa insomma oggi essere cattolico? non è mica così chiaro, è cattolico Vendola e Formigoni, Rauti e Drewerman, Kung e Benedetto XVI….. e che cosa significa oggi definirsi “comunista”? e che cosa significa oggi definirsi gay?
    Ed è sensato poi definirsi oggi cattolico e comunista al contempo, come se questi termini avessero un significato univoco e acquisito?
    Ed è possibile definirsi oggi cattolico e gay, e in che senso?
    E gay e comunista? che vuol dire?
    Non c’è il rischio di crearsi identità che noi definiremmo difensive, e cioè in qualche modo maschere che finiscono per ostacolare quel processo di conversione permanente che pure si invoca?

    Si può oggi continuare a dirsi comunista senza fare i conti con una storia secolare di eccidi, che ammontano a circa 100 milioni di morti, assassinati in nome di questa funesta ideologia? Si può continuare a chiedere pentimenti solo alla Chiesa, e mai a quelle centrali ideologiche e politiche che hanno reso il 900 il secolo più infernale della storia?
    E che vuole dire essere gay e cattolico? essere omosessuale, oppure ritenere che le relazioni omosessuali siano relazioni coniugali come quelle tra un uomo e una donna? o ancora ritenere che la sessualità sia del tutto sganciata da qualsiasi valutazione di tipo morale che non graviti intorno al gusto personale?

    Nel nostro lavoro sappiamo bene che siamo tutti feriti e tutti in parte alienati, e che quindi la nostra sessualità è a sua volta in parte ferita e distorta SEMPRE.
    Per cui forse per una vera conversione permanente, che possa diventare anche una rivoluzione culturale, dovremmo incominciare a ritenerci tutti bisognosi di cura e in cammino verso una integrità reale, che richiede la tra-figurazione di tutte quelle identificazioni che continuiamo a brandire come inutili difese.

    Auguri di buona conversione-rivoluzione permanente.
    Marco Guzzi

  2. penso che il difficile “da sempre” sia considerare la persona nella sua totalità “bisognosa di cura” ma in cammino verso la propria realizzazione.
    In fondo dividere e separare, non sono sinonimi.
    Si dividono i corpi degli animali offerti in olocausto e si separano i montoni dai capri….
    Spesso, per così dire, ci è stata additata la meta, la (presunta?) perfezione, dimenticando di accompagnarci con una misericordia libera da pretese. Additandoci certo IL METODO nel riconoscere, la nostra miseria per poterla offrire, lasciandola ad un Altro per la redenzione, nel PER DONO
    Ritengo che un atto /atteggiamento che consenta l’evoluzione e quindi un cambiamento reale della società sia il “dare fiducia all’altro”.
    Fidarsi di un altro essere umano è l’atto più drammatico che una persona possa porre in atto, ma anche il più radicale ed esaustivo per favorirne il cambiamento; SI SPERA in meglio.
    Una fiducia critica, ad occhi aperti ma incondizionata, che salvaguardi la libertà personale NELLA RECIPROCITA’.
    In fondo la vera cura di cui abbiamo bisogno, è quella di essere accolti, così come siamo, essere amati così come siamo… che qualcuno ci dica: IO MI FIDO DI TE per poter divenire/essere ciò che siamo. Crescendo.
    Socialmente un cambiamento reale non vi sarà sino a che ci strapperemo le vesti di dosso dicendo “ha bestemmiato” come fecero i sommi sacerdoti con Cristo… .
    Una storia che si ripete da più di duemila anni ormai… .
    Un po’ di sobrietà, gioverebbe a tutti… soprattutto all’ Arcigay
    Buona Domenica ed Auguri, in questo giorno particolare.
    ciao
    Rosella

  3. sono totalmente d’accordo con la riflessione e soprattutto con la conclusione di Marco Guzzi, che riprende e sottolinea gli elementi essenziali del discorso, sfrondandoli da ogni tentativo di appoggiare le nostre convinzioni e, quindi, i nostri atteggiamenti interiori, su un falso concetto di ‘libertà’ vista come assoluto, che alla fine porta fuori strada e non consente la visione della ‘totalità’ della persona in cammino che ognuno di noi rappresenta, come sottolinea Rossella…
    tornerò con più calma per approfondire.
    Intanto buon cammino e GRAZIE a tutti voi!
    Miriam

  4. sono molto contenta,mi sento sciocca, di questa pubblicazione, dei commenti e della vostra asccoglienza. solo dopo l’accoglienza infatti , riusciremo a vedere le nostre maschere e distorsioni.solo dopo l’accoglienza possiamo aprirci e dire bene e affidarci abbracci antonella.

  5. Antonella,
    … un caro abbraccio anche a te
    Rosella

  6. Marco Guzzi dice

    Carissima Antonella, hai proprio ragione: solo dopo che ci sentiamo veramente accolti possiamo incominciare ad aprirci, e quindi a guarire…
    E’ stata questa considerazione che ci spinse 11 anni fa ad avviare l’avventura dei nostri Gruppi: abbiamo bisogno di luoghi in cui sia accolta la nostra sofferenza, il travaglio di questo tempo di trasformazione, la solitudine in cui spesso sopportiamo gli scossoni del processo, senza quasi nessuna indicazione di orientamento.

    E anche questo sito ha solo questo scopo: accogliere e accompagnarci…

    Grazie di nuovo, anche a Miriam e a Rosella. Marco Guzzi

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