C’è questa magnifica scena, del film ‘Nostalghia’ che Andrej Tarkovskij girò mentre era in esilio in Italia, vessato dal regime sovietico.
E’ la scena nella quale il ‘pazzo’ (Erland Josephson) arrampicatosi sulla statua del Marc’Aurelio, sul Campidoglio, proclama la sua verità al mondo.
Sono parole di fuoco. Che inducono a riflettere. Non è esattamente così? La rassegnazione non è forse una delle controfigurazioni (per usare il linguaggio di Marco Guzzi) più diffuse oggi ?
Nascondersi dietro la rassegnazione non vuol dire forse rinunciare a qualsiasi possibilità di cambiamento, dietro il rassicurante conforto che tanto “tutto è inutile” ?
Aver coperto i cuori di ombra non è il nostro male prevalente ? Non riuscire più a intravvedere sogni o ideali, o speranze, non è il tradimento della più radicale attitudine umana ?
“Qualcuno deve gridare che costruiremo le Piramidi ! Non importa se poi non le costruiremo !”
Quando saremo stanchi di rinchiuderci dentro il nostro piccolo e stantio malcontento, e tornare a dilatare le nostre anime all’infinito ?
Fabrizio Falconi
Caro Fabrizio,
“a caldo” leggere il tuo ultimo commento in cui accenni a colui che “sotterra” il talento e poi questo tuo post, mi vien da dire: sì, ci stai proprio viaggiando dentro al quesito.
Buona notte (a tutta la famiglia) anch’io ci dormo sopra.
ciao
Rosella
Beh, veramente straordinario! Grazie F. Corrro a recuperare questa opera d’arte di cui più volte hai parlato, e che non ho ancora visto, ahimè! Chissà se puoi dirci qualcosa di più?
Sono parole davvero così attuali, da mettere i brividi! Risuonano con tutto quello che stiamo sperimentando, nei nostri percorsi e nella nostra quotidianità. Dei piani sequenza magistrali, oltre ad un E. J. per me inedito (ed un doppiatore altrettanto bravo), arricchiscono questa scena portandola al livello di un magnifico quadro, un dipinto d’arte da esposizione.
C’è molto da riflettere su quello che dice “il pazzo”, ma in particolare mi soffermerei su questo : “qualcuno deve gridare che costruiremo le Piramidi ! Non importa se poi non le costruiremo!” che trovo un sublime conforto, oltrechè una speranza… e su : “la strada dei nostri cuori è coperta d’ombra” … “bisogna alimentare il desiderio” … “tirare l’anima da tutte le parti come un lenzuolo…” … ” se volete che il mondo vada avanti, dobbiamo tenerci per mano…” questa è la poesia che nutre i nostri cuori nei percorsi dei nostri gruppi.
Grazie F. Di cuore, grazie.
Marco F.
Carissimo Fabrizio, sì, è proprio vero, siamo immersi in una cultura rassegnata e triste, in una specie di mortorio.
La cultura dominante si limita ad amplificare quella mancanza di senso che ammorba i nostri giorni.
L’arte visiva espone cumuli di mondezza o cadaveri.
Gli “scrittori” sono ridotti a numeri di intrattenimento nel circo mediatico.
Dall’altra parte una cultura arcigna e fondamentalistica recupera il solito museo delle cere della storia, fatto, come sempre, di voglia di sgozzare qualche nuovo capro espiatorio.
Ma per fortuna qui o lì qualcosa sta già nascendo, una nuova capacità di pensare in grande, e quindi di sperare in grande.
Non è possibile infatti sognare o progettare “Piramidi” senza un grande pensiero alle spalle, una nuova interpretazione della storia, una profonda visione spirituale dell’uomo.
A questo stiamo lavorando, e la diffusione sommessa ma costante del lavoro dei nostri Gruppi è un piccolo segno di una grande fame, che cresce nei cuori voraginosi dei nostri fratelli e sorelle contemporanei.
Un abbraccio. Marco
Nascondersi dietro la rassegnazione.. .dietro il rassicurante conforto che tanto “tutto è inutile” ?
Caro Fabrizio,
ho vissuto per anni schiacciata sotto il peso di TANTO TUTTO E’INUTILE, vi ho trascorso quasi tutta la vita per quanto ricordi.
In me però questa frase suonava DISPERANTE e non già rassicurante. Era come se non ce la facessi mai a vivere veramente, ma DOVEVO FARCELA, non per me ma … .
Tovavo o costruivo io stessa BUONE RAGIONI esterne alla mia persona, per cui… .
Il fare mi urgeva. Le ragioni PER CUI: “passatempo socialmente escogitato per non LASCIARE SPAZIO al pensiero che ci pensa. Al suo ascolto”.
Io non sapevo neppure che esistesse in me questo pensiero, questo dialogo.
La mia personale risposta alla tua domanda finale è categorica: FERMARSI!
Presumo di condividere con te la soluzione (almeno così leggo il tuo:”dilatare le nostre anime all’infinito) MEDITANDO giorno per giorno, senza dover interrompere la vita che stiamo conducendo e senza neppure dover dimostrare che si può arrivare ad 82 anni senza mangiare ne bere. Riemergendo dall’infinito ri-conoscenti e grati che NON DI SOLO PANE VIVE L’UOMO.
Buona giornata a tutti
Rosella
Grazie, caro Marco (F.), davvero.
Sì, sono sicuro che ‘Nostalghia’, come un po’ tutti i film di Tarkovskij, vere opere di creazione poetica, abbiano da dire molto ai nostri cuori di oggi. T. è uno dei pochi maestri contemporanei che è stato capace di parlare un linguaggio universale, perché profondamente poetico – suo padre era il grande poeta russo Arsenij A. Tarkovskij – che rende la sua opera così viva, e continuamente riscoperta dalle giovani generazioni, quindi destinata a durare a lungo.
Consiglio, oltretutto, la lettura del ‘Martirologio’, il diario personale di T., scritto nei lunghi anni (quasi venti) di esilio dalla sua terra e dalla sua famiglia, uno dei libri più intensi ed essenziali che abbia letto, un vero e proprio moderno diario spirituale, che parla ad ogni cuore.
Marco G.: grazie, e hai veramente ragione. Senza quel “grande pensiero” alle spalle, nessuna costruzione è possibile. E’ il dramma che stiamo vivendo in questa epoca.
@ Rosella: la tua riflessione mi tocca da vicino. Liberarsi dal pensiero “è tutto inutile”, è il primo comandamento umano, la prima sfida per mettere in opera qualsiasi crescita, dalla più grande alla più piccola.
F.
… IO NON MI SONO LIBERATA dal pensiero “è tutto inutile”,lo ritengo umanamente rispondente alla nostra condizione d’impotenza. Riposandomi nell’ascolto, son semplicemente stata travolta da un pensiero che mi pensa. Ho creduto d’impazzire… sai quella faccenda che “i pazzi parlano da soli”? ma quando non hai proprio nulla da perdere (tanto “è tutto inutile”)riscopri la gioia di un’avventura “nuova” la vita, la tua.
ciao
Rosella, certo che non te ne sei liberata, non ho mica scritto questo. Ho affermato: “Liberarsi dal pensiero “è tutto inutile” è il primo comandamento…” ecc.
E’ una affermazione neutra, di principio, che io credo vera.
Nessuno riesce mai a liberarsene del tutto, nella vita, neanche quelli tra di noi che sono più incrollabilmente ottimisti.
Perché anche la disperazione e l’impotenza è una connotazione umana, che fa parte dell’umano.
Ma se c’è una cosa che caratterizza l’essere umano, rispetto al resto del creato (quello almeno che noi conosciamo finora) è quella di rovesciare questo senso di impotenza e di di-sperazione, e di sollevarsi fino al cielo, con i suoi pensieri e le sue opere “folli”.
E’ quel che fa dire “costruiremo le Piramidi !” anche quando la voce dentro di te continua a mormorare instancabilmente: “è tutto inutile”.
f.
… non lo so Fabrizio, mi pare di stare da un’altra parte.
Per ora non so trovare altre parole “per dirlo”.
Ci dormo sopra
ciao
Rosella
Per chi non l’avesse letto, consiglio assolutamente il libro di Tarkovskij, Scolpire il tempo. Spiritualità potente, sublime. Grazie Fabrizio.
Ma che brano stupendo Fabrizio! Commovente e coinvolgente fino al midollo. Come spesso mi accade mi trovo in consonanza piena con il commento di Marco F, ma tutti i vostri commenti mi lasciano senza parole perchè li sento vivi, palpitanti.
Aggiungerei soltanto che non mi sembra del tutto vero quello che il pazzo dice all’inizio del brano “Il vero male del nostro tempo è che non ci sono più i veri maestri” perché secondo me, a cercarli bene, con attenzione e seguendo il percorso che ci traccia la vita, i veri maestri ci sono ancora 😉
un abbraccio
Filomena
Ma in fondo chi decide che qualcuno è pazzo…l’uomo sano? E chi stabilisce che un uomo è sano? Ritengo più savio chi blatera frasi incomprensibili per strada di chi passa un sabato pomeriggio in un centro commerciale (l’ho fatto anch’io).
Caro Fabrizio il discorso del “pazzo” mi ha fatto rabbrividire; ricordo quando Marco G. di recente ha dichiarato che il disagio di molte persone è dovuto alla “paura d’impazzire”. Vivo anch’io questa paura ed mi assale particolarmente in alcune situazioni della vita quotidiana che ormai ritengo insostenibili. Ma allora mi chiedo questa che viviamo è una vita per sani o per pazzi?!
Caro Fabrizio,
quel che mi crea problema è “l’affermazione neutra di principio” da cui diparte quasi “un progetto” per raggiungere il cielo. Non so, mi fa pensare ad una torre….
Non è che non capisco, è che io non sono neutra, ma, praticamente sempre “coinvolta”, incarnata appunto.
Un tempo avrei condiviso quello che tu dici, ma ora non più.
Di fatto il mio pensiero, nasce da un sentimento (emozione) e la ragione ne ri-CONOSCE appunto la parola.
Con una certa naturalezza, in me, L’EMOZIONE SI FA PAROLA.
Scindere IL SENSO (l’emozione sensibile) dalla SUA RAGIONE (dell’emozione ri-conosciuta) è una fatica che non reputo necessaria.
Per liberarmi dal pensiero “è tutto inutile” necessiterei di essere liberata dall’emozione della mia impotenza (che mi fa sentire che è “tutto inutile”).
E’ vero che il nostro cervello ha leggi sue proprie e che un pensiero positivo, distraendoci dal pessimismo, può condurci verso nuovi orizzonti; ma, la mia esperienza è differente.
Mi sono cullata il desiderio di morte, nel cuore per anni, senza agirlo, proprio grazie al senso profondo di inutilità di qualunque possibile alternativa (suicidio compreso! secondo me, dimettersi dalla vita è impossibile.). Così come mi sono cullata nel cuore le crisi di rabbia ( impotente), sino al punto in cui mi sono proprio ARRESA AL RIPOSO.
Piano piano ho sentito e riconosciuto le emozioni che si agitavano nel mio, ed ho offerto la mia miseria allo Spirito di Vita. In questa dinamica sono stata dolcemente trasformata.
In un certo qual modo ho imparato ad amare la mia impotenza, il mio “tanto non cambia nulla” come se fosse “la condizione necessaria” affinche si manifestasse il senso della mia vita.
La ragionevolezza del mio esistere, come una gratuità.
Una gratitudine che nasce nel cuore della gioia: è questo che io conosco come GUARIGIONE.
Quando vivevo tutto ciò , non avevo ancora incontrato ne Marco Guzzi ne tutti voi in “darsi”.In seguito ho riconosciuto delle “affinità attraenti”, tra la mia esperienza empirica e la proposta che qui si proponeva di sperimentare con un METODO.
Un secondo aspetto che reputo centrale è questo: la poesia di Marco “darsi pace”, è piuttosto tosta.
Rischia persino di “suonare moralistica”, se letta senza aver attraversato quello SCROSCIA DONATI IRRADIA.
Ma qual’è la circostanza in cui noi siamo UN TALE MIRACOLO? se non quando siamo innamorati?
L’esperienza dell’innamoramento dovrebbe essere diversamente ri-conosciuta.
Può essere (io ritengo “è”) il luogo fondamentale per la comunione ed il dialogo con Dio.
Il luogo in cui noi siamo esattamente collocati NELL’ESSERE innamorati DELL’AMORE, di tutto l’amore che siamo e che desideriamo… anche donare.
Imbibiti di “non giudizio”, accoglienti e, senza alcun pregiudizio disposti ad abbandonarci, ad appartenere all’altro (mondo). Spesso invece, ci vengono tarpate le ali, per i più svariati “buoni motivi”, proprio nell’unica esperienza in cui sentiamo che TUTTO E’ POSSIBILE.
“Innamorarsi è follia pura” appunto “L’esperienza più SENSATA che capiti nella vita”.
Non mi ci addentro, ma questo secondo aspetto ritengo possa essere il fondamento umano della RINASCITA DALL’ALTO di quel “se non diventerete come bambini…”.
Sarei grata a Guzzi se ci aiutasse ad attraversare con un lavoro di autoconoscimento meditativo questo stato che (penso io) possa avere il suo imprinting nel concepimento.
Dal mio punto di vista il tecnico mistico di cui lui talora parla ha le sue radici in questa esperienza di contatto, tra cielo e terra, che fluisce attraverso quella famosa porta NELL’ INFINITO.
Ciao Buon fine settimana
Rosella
Cara Rosella,
ho gustato il tuo lungo intervento, cercando di meditarlo.
Per mia vecchia esperienza, so che la comunicazione scritta, specie quella telematica – che pure sembra così immediata e diretta – è foriera di continui fraintendimenti, e passi falsi che anziché avvicinare le persone, spesso le allontanano.
Sono sicuro che se ci trovassimo di fronte ad un bicchiere di vino rosso (a me piace molto) non ci troveremmo così distanti, ci capiremmo anzi, credo, facilmente.
Il mio invito a ‘liberarsi dal pensiero che è tutto inutile’ non è una affermazione neutra di principio come tu lo intendi.
E’ ovvio che qualsiasi aspirazione umana passa attraverso una emozione e un pensiero incarnato e vissuto, e doloroso. E sono convinto come te che, se krishnamurtianamente non si è disposti a fare silenzio dentro se stesso e se non si impara a riconoscere – e a non aver paura – di quelle ombre che coprono il nostro cuore (quelle zone di cui parla il ‘pazzo’ di Tarkovskij), nessun reale cambiamento personale è possibile.
Anche io ho attraversato questa laguna che tu descrivi. L’acqua ristagnante, melmosa ha rischiato di sommergermi. E “tutto è inutile” è la frase che ho usato per molto tempo, per giustificare l’onda che era pronta a sommergermi.
Poi un giorno mi sono reso conto che “è tutto inutile” era una maschera sotto la quale era facile nascondere tutte le mie paure, il mio vittimismo, il mio egoismo personale e il mio rancore.
C’erano tante cose dietro quel “è tutto inutile”: quando l’ho sollevato, ho assistito – proprio come quando si solleva una pietra in un campo – tutti gli strani esserini neri, ciechi e striscianti che ne uscivano, impauriti.
“Liberarsi del pensiero che tutto è inutile” non è uno slogan. E’ una istruzione per l’uso, un tentativo, una semplice illuminazione – che nella sua modestia, può essere preziosa, e senza la quale è forse più difficile scegliere di attivare quel processo di silenzio, di tabula rasa, di ascolto, senza il quale nessun cambiamento mai si produce.
f.
grazie f.
In UN SORRISO condivido il fatto che tanto “è tutto inutile” per quanto ci proviamo e riproviamo vi è SEMPRE uno jato che ci separa.
Il mio motto nella comunicazione, anche faccia a faccia, è colmo DI SPERANZA: “tanto nessuno capisce nessuno”…. ed allora?
IO MI FIDO DI TE, gradisco molto il calice che porgi colmo DI VINO ROSSO e (dissetandomi è troppo! non reggo) sorseggiando, sorrido e lascio andare ogni pretesa, memore che: nel nome di Isacco ANCHE DIO RIDE
ciao
rosella
… ancora una volta Dio parla ad Abram.
E’ la terza volta, ed ancora gli rinnova l’identica promessa, potremmo dire “la solita promessa”: ti renderò molto numeroso ed il tuo popolo possiederà la terra in cui abita/abiterà.
In questa parte della storia di Abram, siamo ormai nell’impossibilità che la parola di Dio si realizzi “naturalmente”; e lui e Sarai hanno già fatto il loro tentativo umano, generando Ismaele, figlio di Agar.
99 Anni Abram e 90 anni Sarai
Dio, in questo passaggio, rinnova la sua promessa, presentandosi come L’ONNIPOTENTE
è un po’ come se preannunciasse un miracolo, un intervento straordinario.
Pare che Dio, ci faccia crescere a tappe, per gradi, sino a portarci all’evidenza dell’impotenza di “farci da soli” nel darci un figlio, come una salvezza, “da soli”.
Tutto ciò prima di agire, prima d’incarnare “prima di mantenere quanto la sua parola PROMETTE.
La promessa ora poggia solo SULLA FIDUCIA nell’onnipotenza e su NIENTE ALTRO
Poggia su qualcosa di decisamente impossibile secondo natura.
Dio indica ad Abram quale sarà il segno che sancirà la loro alleanza, e con tutte le genti che da Abramo in Sara saranno generate come BENEDETTE DALL’ONNIPOTENTE .
Il segno è circonciso nella carne del prepuzio di ogni maschio.
Dio chiama dunque personalmente rinnovandone il nome e l’identità, sia Abramo (Abram) che Sara (Sarai) ed arriviamo finalmente al tempo in cui si compirà la promessa: tra un anno, Sara tua moglie ti partorirà un figlio e lo chiamerai Isacco.
Qui vorrei soffermarmi su un approfondimento fatto da Sant Agostino
“”Nel brano sono più evidenti le promesse sulla vocazione dei pagani in Isacco, cioè nel figlio della promessa (…) Si promette la nascita di un figlio da un uomo vecchio e da una vecchia donna sterile. In un caso in cui è evidente l’intervento di Dio A CAUSA DI UN DIFETTO O INEFFICIENZA DELLA NATURA con maggior EVIDENZA si intravede la grazia.
E poichè doveva venire non attraverso la generazione ma la RI-GENERAZIONE, la circoncisione è stata prescritta quando è stata promessa la nascita di un figlio da Sara.
E la prescrizione che siano circoncisi tutti, non solo i figli, ma, anche gli schiavi nati nella casa o comprati dimostra che la grazia appartiene a tutti.
Di fatto la circoncisione simboleggia la natura che si rinnova spogliandosi del vecchio. E il giorno ottavo simboleggia CRISTO CHE E’ RISORTO al termine della settimana cioè al sabato. Sono cambiati perfino i nomi dei genitori, ogni cosa rieccheggia il rinnovamento e nell’antica alleanza si cela la nuova.
Difatti il vero significato di antica alleanza è tenere segreta la nuova; e il significato di nuova alleanza è manifestare l’antica.
IL RISO DI ABRAMO E’ LA GIOIA di chi si rallegra con sè stesso, non lo scherno di chi diffida.
Le parole che rivolge a sè stesso: “se a me che ho cento anni nascerà un figlio e se Sara a novant’anni partorirà” non sono riflessioni di chi dubita ma DI CHI RIMANE SORPRESO. ..””
Il nome di Isacco significa Egli ride o con un gioco di parole DIO RIDE
… uno scroscio… … …
.
Caro Fabrizio,
finalmente mi sono svegliata “in pace” mi pare di aver concluso il mio “viaggio” all’interno delle tue parole.
Il punto fondamentale “dell’intigro”, è la premessa del mio primo intervento.
“Nascondersi dietro la rassegnazione.. .dietro il rassicurante conforto che tanto “tutto è inutile” ?
in cui implicitamente affermo di non essermi mai rassegnata; poichè sulla rassegnazione concordo completamente con te.
ciao ed alla prossima.
Che il Signore benedica il cuore di tutti noi.
Buona settimana
Rosella
.
la gramigna
spesso mi viene in mente la raccomandazione che Gesù fa ai suoi discepoli
di non strappare dal campo l’erba “cattiva” per non rischiare di portar via anche quella “buona”
i “sani” e i “malati “di Tarkovskij e della nostra famiglia umana non solo sono vicini
spesso sono fusi nelle stesse persone e allora
“la nuova capacità di pensare in grande e quindi sperare in grande
il grande pensiero alle spalle, la nuova interpretazione della storia, la profonda visione spirituale dell’uomo”
possono mirare in alto solo se si ha l’umiltà di di accogliere, perdonare, amare
credo
Grazie, caro Ivano.
f.
😀