Per sei anni la serie televisiva Lost ha accompagnato milioni di telespettatori nel mondo, anche in Italia, e numerosi lettori di questo blog. Ora che è andata in onda l’ultima puntata – in contemporanea in tutto il mondo – di questa monumentale opera, è possibile trarre sommessamente qualche considerazione.
Lost è un’opera importante perché è una profonda riflessione sulla morte.
Sì, la morte. La morte, che abbiamo imparato, generazione dopo generazione, a esorcizzare o rimuovere. Ma che sempre segna il limite della nostra vita, e di conseguenza, il limite di senso della nostra vita.
Cosa è la morte ? Che senso ha morire ? Cosa significa non esserci più ? C’è qualcosa oltre, o tutto finisce ?
Lost – con il suo immane apparato di tecnologia industriale (dello spettacolo), attori, e menti creative – ha osato tentare una risposta a queste domande.
Secondo ‘Lost’ morire – e questo lo abbiamo scoperto negli ultimi dieci minuti della serie durata 6 anni – non è scomparire del tutto. La morte è un attraversamento. E’ un attraversamento – dicono gli autori, che hanno attinto a piene mani da quel meraviglioso libro che è il Libro Tibetano dei Morti, ma anche dalle tradizioni religiose, in primis quella ebraico-cristiana – anche molto doloroso.
Perché l’anima – dopo la morte – è chiamata ad un periodo, ad una specie di stanza di compensazione (nel serial tv, l’Isola) necessaria per distaccarsi dalle cose del mondo. Dalla nostra prigione terrestre.
“Si vive insieme, si muore soli”, sembrava essere lo slogan di Lost, contraddetto però dal suo luminoso – e straziante – finale. Anche la morte non ci vede completamente soli. Anche quando moriamo, siamo chiamati a condividere, e a rielaborare con gli altri – necessariamente con gli altri, per mezzo degli altri – quello che noi siamo stati su questa Terra, quello che abbiamo fatto, quello che di buono o di cattivo abbiamo prodotto.
Nella scena finale, Jack – l’uomo che si sacrifica, l’uomo che dà tutto se stesso, e non a caso colui che fatica di più a liberarsi dal suo impegno terrestre (è l’ultimo ad arrivare) – si ritrova, insieme a tutti gli altri compagni morti, in un edificio sacro, dove ci sono le rappresentazioni di tutte le grandi religioni, e una grande statua di Cristo che accoglie i visitatori a braccia aperte.
In questo senso, Lost – pur essendo un’opera di grande successo e seguito – ha deciso di schierarsi chiaramente. Lost è in controtendenza con quello che sembra essere il sentire comune oggi dominante. Con il crollo dell’appeal delle grandi tradizioni religiose, l’occidente sembra precipitato in una seria crisi di sfiducia nei confronti della vita: la morte è la fine di tutto. Oltre, non c’è nulla. Pensiamo a godercela, e quando è finita, è finita.
Lost non è di questo avviso. Lost ci ripete quello che le grandi religioni ci hanno raccontato, dall’alba dell’umanità – in forme e rivelazioni diverse. La morte non è la fine di tutto. Nell’uomo c’è di più. La morte è un attraversamento. Saremo di nuovo insieme. E saremo noi, con i nostri corpi e le nostre identità. E ci sarà una luce. Una forte luce.
Fabrizio Falconi
grazie fabrizio, per il commento e per la meravigliosa segnalazione. bellissima quella chiesa che si riempie di luce, bellissimo il cane, bellissimo il sorriso prima di morire, il crescendo della musica, un’esplosione, anzi una trasfigurazione di gioia
Grazie a te, carissimo Alessandro.
f.
Il racconto e la rielaborazione di tutte le vite dei personaggi
la loro lotta tra bene e male
mi riporta alla mente quello che penso da sempre
questa vita è un attraversamento
e la morte è la sua fine
secondo me LOST ci accompagna al momento finale comune
attraversando lo spazio che ci separa dalla morte
per le diverse vie attraverso le quali ogni singola personalità vive
o meglio si avvicina alla vita
è bello che gli autori mettano in evidenza
che si arriva solo quando si cammina insieme
che l’arrivo è la vera partenza
e che la prospettiva è più che luminosa
quando arriviamo al mondo
dovremmo avere la consapevolezza
che pieni di speranza siamo partiti
per poter tornare con matura gioia
credo
ci accingiamo a questo viaggio
Da quello che descrivete nell’articolo (ne ho visto di sfuggita una puntata qualche anno fa)rorse Lost non è così in controtendenza come sembra supporsi.
Quello che emerge, sempre dalla descrizione che ne fate nell’articolo, è che tutte le religioni dicono la stessa cosa in fondo, e questo è molto di tendenza.
Saluti,
Maurizio
ciao Maurizio,
non ho ancora preso in considerazione il post (non ci ho ancora dormito sopra. La serie poi… ho visto la prima puntata ed ho stigmatizzato “Caino ed Abele” nulla di nuovo sotto il sole.
Quattro anni dopo, all’inizio della 5^ serie, ho tentato di fondere l’attrezzo tecnico, e quindi ho desistito… però quel che superficialmente leggo io, nell’articolo, è: “tutte le religioni nascono dallo stesso identico desiderio di senso e di felicità che connota il cuore umano”.
Che ne pensi?
ciao
Rosella
Caro Maurizio,
intendevo dire non che sia in controtendenza dire che tutte le religioni, in fondo, ci raccontano una storia con elementi comuni: e cioè che la morte NON è la fine di tutto, e che quando si muore si rielabora il vissuto per ritrovarsi in una nuova dimensione/luce.
Intendevo e intendo dire che oggi – almeno in Italia – sembra essere in controtendenza affermare questo, cioè quello che affermano le religioni tradizionali.
Si va sempre più affermando cioè, mi pare, in Italia, ma più in generale in Europa, un ‘sentire’ (anche presso molti che si autodefiniscono pigramente ‘cattolici’) secondo cui:
– la morte è la fine di tutto; e di conseguenza:
– la vita non ha alcun senso. Si nasce e si muore per un accidente del caso, e noi viventi siamo prigionieri di una specie di puro determinismo biologico, dalle origini oscure, che ci sospinge come la barca dei naufragi una tempesta.
f.
Grande Fabrizio, bellissimo post,
aggiungo solo un paio di considerazioni, in attesa che il resto del gruppo di Darsipace veda il finale.
1) tutti i personaggi alla fine si ritrovano con l’altra metà. E’ un segno forte, ancora poco analizzato nei blog. Ci si salva solo nella coniunctio, sembra dirci Lost, solo scoprendo il femminile e il maschile che ignoriamo attraverso il faticoso e spesso conflittuale lavoro nella coppia. E’ solo nella fatica della coppia, che include persino il tradimento e la lontananza, che l’anima ritrova completamente se stessa. E grazie a questo trovare se stessa, altra perla del finale, non si chiude in questa scoperta, ma si apre finalmente all’armonia del resto del creato, con tutte le altre coppie che si salutano e accolgono dentro un unico destino.
2) L’isola è una sorta di purgatorio, dunque, dove completiamo il lavoro svolto (male) nella vita di qui. Prima del passaggio finale, però, c’è un altro universo da attraversare: cos’è? forse il destino che si era scelta l’anima al momento di nascere? FAtto sta che, in mancanza di una temporalità lineare, questo mondo procede come in un universo parallelo (chi ama il genere non perda il telefilm Fringe, geniale, sempre di JJ Abrams) fino a che – compiuto il suo specifico percorso – comincia a ricordare e poco alla volta riassume e integra sia la vita svolta nel purgatorio dell’isola, sia quella precedente, dunque la vita di qui, l’unica che oggi conosciamo.
3) Perchè il progetto Dharma, perchè la bomba nucleare sull’isola? Anche qui in molti hanno gridato allo scandalo: tante false piste su cui sembra non esserci alcun collegamento con la soluzione finale, che scarta la linea scientifica per gettarsi su un crinale decisamente metafisico. Mah. A me pare invece che questi due innesti tecnologici nella storia abbiano il senso di ricordarci come la scienza avanzi a passo di carica nei territori un tempo appannaggio solo della fede. Come nel bel libro dello scienziato Tippler, forse un giorno la scienza riuscirà a spiegare e riprodurre fenomeni come i miracoli di Cristo, l’immacolata concezione e la resurrezione dei morti. Perchè, hanno pensato gli autori di Lost, non immaginare che trovi il modo di sbarcare nel purgatorio per sfruttarne i poteri a fini industriali?
So long, compagno di tante serate a stringere i denti insieme per le sorti degli Oceanics.
Guardate gli spot andati in onda durante l’ultima puntata di Lost, non sono pazzeschi?
http://www.tvblog.it/post/19991/lost-e-le-pubblicita-a-tema-di-target-dirette-da-jack-bender-video
… solo un brevissimo commento prima di poter esprimere tutte o quasi le emozioni che Lost ha suscitato in me quasi come se ne avessi fatto espressa richiesta.
Bellissimo post Fabri, hai azzeccato proprio tutto con l’arte giornalistica dello scrittore, molto bello questo tributo alla serie che così tanto abbiamo amato e non dimenticheremo mai,grazie davvero!
Grande Max, hai saputo con sapienza, passione e lucidità riassumere egregiamente alcuni dei, forse proprio i, temi più importanti, mi hai richiamato mentre correvamo insieme…
Notevole e sentito il contributo di Ivano, grazie.
Mi piace però sostenere che Lost ci ha dato molto altro ancora e per questo vorrei davvero ringraziare gli autori : JJ, Damon e Carlton, Michael e … ovviamente tutto il cast, e spero di tornare quanto prima sull’argomento per analizzare con voi altre suggestioni, altre intuizioni.
Oso sperare che presto escano delle lunghe interviste agli autori e perchè no? anche agli attori…. e … ai fans? Dove li lasciamo …..
Lost?…
Mi fermo qui con il cuore colmo, non rieco a togliermi dalla testa gli ultimi dieci minuti della serie ….. LOST
Grazie.
Vi abbraccio forte con un sorriso d’intesa.
Marco F
Marco, non vorrei deluderti, ma gli autori hanno promesso che non rilascieranno mai interviste. Lost è destinata a crescere nella nostra interpretazione. Un po’ come i testi sacri che non si esauriscono con chi li ha scritti, ma vivono e si espandono con lo sforzo di ricerca delle altre generazioni.
premetto che non ho mai visto lost, anche perchè a 30 anni il mio tempo è prezioso, ma ritengo che se mai fosse descritto in questa scena finale il momento della morte, io l’ho compresa in questo modo:
guardate lo scorrere del tempo che non è più quello che conosciamo, va veloce eppur appare eterno o anche il contrario, mentre gli sguardi hanno una grande forza di penetrazione che è di certo legata all’importanza del momento.
guardiamo poi come avviene l’ingresso nella chiesa – luogo simbolico – o in mezzo alle canne – luogo estraneo – segue sempre un contatto con altre mani o del proprio corpo solo fino a quando non arriva inaspettato il labrador:
entrambe le situazioni terminano con un sorriso che trasmette serenità rivolto verso la luce, il primo e verso il cielo, l’altro.
in breve: si cammina verso il prossimo, che diventa esso stesso luce dello sguardo ed anche se ognuno di noi ha una propria opinione sulla morte, la certezza che ci rimane è che chi abbiamo conosciuto, chi ci ha voluto bene, sarà sempre con noi….. e su questo, conoscendo gli animali sono sicuro che concorda anche il cane.
In effetti, caro Max, una delle cose che mi ha subito colpito, in ‘Lost’ è stato il fatto della sua stranissima natura di fiction, diversa da tutte le altre.
‘Lost’ non si presentava e non si presenta soltanto come una opera ‘aperta’, cioè ‘non chiusa’ (ne abbiamo diversi esempi, sia in cinema che in letteratura), quanto piuttosto – questa è stata la mia sensazione – quasi come una opera VIVENTE. Proprio nel senso di possedere una propria anima che – in questo senso – è andata oltre le intenzioni e le volontà degli autori.
Ciò è stato reso possibile grazie alla incredibile ragnatela di simboli (ciascun simbolo rimanda, junghianamente a ‘qualcosa d’altro’) disseminati nel corso di sei anni, e del tutto interfacciati e inter-dipendenti tra di loro.
Ciò ha creato secondo me, una specie di tessuto neuronale, dove le informazioni (che vengono fornite allo spettatore) sono sempre bivalenti, e tornano indietro, al punto di partenza, restituendo un possibile senso opposto a quello che si credeva.
Questo, però, sulla base di uno ‘scheletro fisso’ dove i personaggi principali e l’ambiente (e le scansioni temporali) sono state date come teatro pre-stabilito.
Quindi il paragone con un organismo vivente non mi sembra peregrino. E questo secondo me spiega perché ‘Lost’ – proprio come altre grandi opere dell’ingegno umano – continuerà ancora per molto a ‘produrre’ reazioni (sotto forma di intepretazioni, analisi, emozioni, ecc..) nelle intelligenze e nelle anime individuali delle persone che lo vedranno, ne sono convinto.
Grazie, Marco, davvero, anche a me, quei 10 minuti finali continuano a rimbalzare nella testa. E grazie a Ivano che ha riassunto ‘poeticamente’ il fascino di questa serie.
f.
Mario, ti ringrazio molto (abbiamo postato quasi in simultanea).
Il particolare del cane è secondo me davvero grande, in questa scena. E anche questo, è un simbolo pienamente efficace, e pieno di promesse.
Non ci vuole molto a capire – se per esempio si possiede un cane – che anche gli animali hanno un anima.
Se fosse difficile capirlo, lo spiega la stessa etimologia (le parole parlano sempre chiaro): ‘animale’ e ‘anima’ hanno esattamente la stessa radice che deriva dal greco ‘anèmos’ vento. Cioè spirito.
Gli animali sentono come noi – e forse più di noi – la radice misteriosa dello spirito vivente della creazione.
Grazie. f.
p.s. un solo appunto: quando dici che il tuo tempo è ‘prezioso’, non pensare che noi tutti, io marco, max, ivano, lo stesso marco g. amiamo fare un uso dissipato del tempo. Ti assicuro, e sono sicuro di interpretare anche il pensiero degli altri, che guardare ‘Lost’ (anche recuperando la serie nei dvd che sono in vendita) è un ottimo modo di usare il nostro prezioso tempo.
…mhm… però io sono ancora alla 6×16… che fretta c’era?… 🙄
Ma se sei ancora alla 6×16 basta che non leggi nulla – il post – e che non mandi il video, dove c’è l’eloquente scritta ‘The Final scene’.
Non era mia intenzione fare spoiler.. Ma l’ultima puntata è andata in onda già da dieci giorni.
😳
lo so, lo so, tranquillo… ho letto il post ahimè ma ho resistito e non ho guardato the final scene… ma mi hai messo una curiosità! 😉
ciao fabrizio,
a 30 anni ma anche a 10 o a 90 se ci si sta ancora con la testa, a mio avviso non vale mai la pena stazionare ore in ciabatte prada di fronte la televisione quando c’è la possibilità di uscire, viaggiare, studiare o semplicente di stare con qualcuno.
certo, non conosco lost e magari parlo a vanvera ma quello che passa in tv lo evito volentieri e preferisco meditare sul panorama verso il mare che scorgo dal mio studio, che vale molte più riflessioni sulla vita o sulla morte….
il discorso che facevo riguarda solo me; di certo non mi permetto di criticare chi segue un qualsiasi programma, specie quando si innesca un dibattitto, anche fosse uno uno dei più inutili e da noi in italia non mancano….
tuttavia siamo fin troppo presi dai programmi e dai social network per cogliere che ciò che passa attraverso questi strumenti, non avvicina ma distacca dall’esperienza diretta, che è sempre frutto del fare, del contatto umano e di conseguenza della ricchezza intellettuale e della serietà.
molti di questi spettatori, che chiamo non a caso fantasmi, vivono certe emozioni solo per mezzo dello schermo, in un microcosmo illusorio, fatto di finte emozioni come di annacquate opportunità di evoluzione.
concludo dicendo che è necessario il silenzio della riflessione, per cogliere il valore profondo della vita costruita giorno dopo giorno, che non affievolisce via via, ma che al contrario con la consapevolezza dell’impegno quotidiano tramandatoci dai nonni, ci rende fieri di aggiungere con ogni buona azione, grandezza e importanza.
Maurizio, quello che scrivi è tutto molto vero, e personalmente, tutto ciò che viene dallo schermo televisivo o di un pc, lo sento come un peso nella mia vita. E’ una lotta qutodiana. Ma come in tutte le battaglie è sbagliato tanto accettare tutto quanto rifiutare tutto. In tv, nella rete, ci sono oggi frammenti di verità che vanno cercati e vissuti. Lost, sicuramente, è una delle più grandi riflessioni poetiche e filosofiche sui tempi che viviamo, una lucerna per andare in quei luoghi che tu dici, dove si esce, si viaggia, si studia e si sta con qualcuno. Ha senso oggi fare tutte queste cose senza capire il senso di ciò che facciamo? Lost aiuta a farti stare in tutte quelle cose che tu poni in testa a una gerarchia del senso. Una cosa non esclude l’altra.
Quanto al mezzo, lo schermo, è tecnologia al servizio dell’uomo così come un libro o l’automobile con cui dici di viaggiare. Mezzo neutro. Sta a noi dargli il colore giusto.
Con affetto.
M.
Caro Mario,
io invece di anni ne ho 50, e ho attraversato molte stagioni, compresa quella che tu stai vivendo ora di rifiuto – a priori – di quelli che tu stesso definisci ‘strumenti’.
Un bel giorno però ho capito che programmi e social network “allontanano” dalla riflessione personale e dalla crescita, soltanto se noi glielo permettiamo.
Non siamo esseri in balia. Possiamo esercitare il libero arbitrio, sempre e per fortuna. Anche – e soprattutto – quando usiamo questi meravigliosi strumenti (come la rete web)che offrono potenzialità immani di conoscenza.
Certo se uno si accascia davanti al televisore e si sciroppa ‘la pupa e il secchione’ è molto probabile che il suo rapporto con il mondo, e con se stesso, peggiori oppure rimanga in stato catatonico.
Ma seguire una grande opera della creatività umana – con qualunque mezzo(o strumento) sia dispensata, non può che essere un arricchimento.
Se no, dovremmo anche fare a meno di leggere la ‘Divina Commedia’ e preferirle una pssseggiata nel bosco.
Ma perché, tutte e due no eh ?
F.
il discorso è lunghissimo, ma il mio non è un rifiuto e tanto meno lo è priori, solo che i mezzi di informazione (che ritengo un bene enorme) agiscono su tutti, anche verso chi non ha ancora imparato a distinguere il vero dal verosimile provocando un inevitabile stranimento dalla realtà, ossia da quelle profonde esperienze che si fondano solo grazie un saldo rapporto umano.
la più grossa critica che faccio agli intellettuali contemporanei, dai filosofi agli artisti ai teologi, si colloca proprio su questo doppio incoerente versante: questo vivere in maniera totalmente opposta ai loro insegnamenti, mi sembra tipica dell’adolescente che si para dietro un monitor, o di chi, più in là con gli anni indossa una maschera solo per evadere dal ruolo che magari sente di più, ma che, per come è strutturata società odierna non può vestire senza pagarne le conseguenze…….
il discorso è lunghissimo, ma il mio non è un rifiuto e tanto meno lo è a priori, solo che i mezzi di informazione (che ritengo un bene enorme) agiscono su tutti, anche verso chi non ha ancora imparato a distinguere il vero dal verosimile provocando un inevitabile stranimento dalla realtà, ossia da quelle profonde esperienze che si fondano solo grazie un saldo rapporto umano.
la più grossa critica che faccio agli intellettuali contemporanei, dai filosofi agli artisti ai teologi, si colloca proprio su questo doppio incoerente versante: questo vivere in maniera totalmente opposta ai loro insegnamenti, mi sembra tipica dell’adolescente che si para dietro un monitor, o di chi, più in là con gli anni indossa una maschera solo per evadere dal ruolo che magari sente di più, ma che, per come è strutturata società odierna non può vestire senza pagarne le conseguenze…….
Premesso che faccio fatica a digerire la cocente delusione che mi hai dato grande Max! riguardo le interviste agli autori (spero almeno con gli attori!!!), posticipo volentieri la pausa pranzo a beneficio degli estimatori di Lost (ovviamente quelli che lo hanno visto! e non lo confondono con Dallas … !!), e tento di buttare giù alcuni elementi sui quali ho riflettuto a lungo, da un po’ di notti a questa parte, per vedere se siamo almeno d’accordo, e raccogliere le vostre suggestioni a riguardo. Poi come avete ben detto le interpretazioni che sono l’anima strutturale di questa opera, si svilupperanno nel prossimo futuro, e mi piace pensare ad una scrittura (sceneggiatura) che cresce, evolve e si dipana con l’interpretazione di chi si pone all’opera ….
Dunque i primi punti chiave che alla rinfusa mi vengono in mente sono :
• l’Isola, o le isole, sono un ambiente senza luogo e senza tempo in cui, dopo la morte fisica, si è chiamati, in forma materializzata dello spirito, ad elaborare il distacco definitivo da questa realtà in cui viviamo ora, prima di proseguire per il cammino che l’anima deve compiere;
• nel crash del volo Oceanic 815 sono purtroppo morti tutti, ma proprio tutti, i passeggeri, ma (solo!) per alcuni di essa (si) è creata la necessità di sperimentare un diverso vissuto attraverso l’esistenza sull’Isola;
• dunque quella che a lungo abbiamo chiamato realtà parallela o flash sideways che sapientemente si sviluppa nel corso della sesta stagione è solo l’elaborazione collettiva del diverso vissuto che i principali protagonisti avrebbero configurato per raggiungere un sereno distacco, un lasciar andare, dalle cose di questa vita terrena;
• chi muore definitivamente nell’Isola, prosegue il suo cammino spirituale da quel punto in poi con quello che è riuscita a fare, e la sua anima percorre la strada che da lì ha davanti;
• l’Isola è senza tempo dunque possono raggiungerla in tempi e modi diversi persone morte, (tolte alla vita di questa terra) in epoche anche molto diverse: egiziani, latini, europei, americani etc. per elaborare il percorso di straniamento e distacco richiesto;
• dall’Isola difficilmente si può andare via, ma più correttamente dovremmo dire si finisce in altre elaborazioni di vissuto (più o meno collettive) che potrebbero portare al distacco definitivo o meno da questa terra, da questa realtà;
• con ciò è evidente che la gran parte delle stagioni che abbiamo vissuto da spettatori hanno avuto per oggetto non già delle realtà ma le elaborazioni delle anime nel dopo morte;
• naturalmente le vere storie dei personaggi principali presentate nella prima e nella seconda, e se non sbaglio anche nella terza, sono funzionali per comprendere forse proprio il perché si formasse questo strano ed assortito collettivo post mortem sull?isola… : Jack, Sawyer, Kate, Hugo, Locke, Sun, Jin etc….
Restano però molti interrogativi importanti, due su tutti:
1) cos’è e cosa rappresenta la Luce da custodire sull’Isola?
2) e ancor più importante perché necessita della turnazione di un Custode?
3) perché Jacob ha seguito la sua particolarissima gestione della scelta del suo successore, possiede davvero un tale arbitrio?
Mi fermo qui, per : .., tempo scaduto! il lavoro chiama!
Attendo vostri appassionati e meditati commenti.
Segnalo infine questo link tra i tanti, che però mi pare davvero molto, ma molto fatto bene, operato dalla devota, instancabile e sapiente Angelina e dai suoi attenti ed equilibrati commentatori:
http://lostpedia.wordpress.com/2010/05/26/analisi-dellepisodio-617-et-618-the-end/#comment-920
Un caro e affettuoso abbraccio a tutti.
Lost forever Marco F.
B
Ho appena finito di vedere 6.17 e 6.18… sono così commossa ragazzi… stra-ordinario… non riesco a dire altro…
Ah, ecco !
Allora sei dei nostri !
Un abbraccio,
f.
@ Marco:
grazie del bellissimo commento. Lascio sedimentare e… domani risponderò.
F.
Caro Marco
ho molto riflettuto sui tuoi punti, e in gran parte condivido l’analisi interpretativa che hai fatto.
Qualche piccola integrazione/aggiunta:
sì, dall’Isola, cioè da questo luogo di rielaborazione e distacco doloroso dal vissuto terrestre, non si può andare via, è impossibile (infatti nella allucinazione che vivono, alcuni di loro provano, ma sono chiamati a tornare) perché bisogna compiere il percorso per intero, finché non si è morti davvero (come accade nell’ultima puntata a Jack).
Sembrerebbe – e questo è piuttosto in linea con ‘Il libro Tibetano dei Morti’ – che la morte fisica sia solo un primo gradino del percorso. Il vero distacco dell’animo dalla sua ‘terrestrità’ si compie soltanto quando questo doloroso percorso di rielaborazione e distacco (distacco dalle colpe, dalle mancanze, dagli egoismi, dalle cose incompiute, dai desideri, dai sogni; cioè da tutto il materiale umano) è compiuto.
E’ solo allora che l’anima è libera di andare verso la luce.
Questo ha una profonda corrispondenza con la teologia incarnata che è il cristianesimo (ho ascoltato, grazie a te, in mp3 una delle ultime lezioni dei gruppi, di Marco G. sul male, e sul percorso di Cristo, che mi sembra bellissima e che tocca molti punti ‘lostiani’).
In quanto alle tue ultime domande: secondo me la luce dell’Isola è ciò che tiene vivo quel luogo. E’ cioè la fonte dello spirito che riesce a tenere vivo un luogo – il luogo della purificazione e della liberazione dalle mancanze terrestri – che altrimenti sarebbe ben oscuro e assai simile all’inferno.
Per tener vivo questo luogo, gli sceneggiatori hanno inventato una ‘anima angelica’ che è quella di Jacob, chiamato a fare i conti con il suo corrispettivo negativo (un angelo decaduto, che vorrebbe abolire quel luogo di tribolazione, ma scoprirebbe che senza di esso v’è solo la perdizione, cioè l’inferno).
Jacob ha probabilmente identificato alcune anime ‘degne’ e le ha chiamate a difendere il ‘fortino’.
Ciò che sembra evidente è che se si passa all’altro mondo semplicemente con la rimozione del vissuto – di ciò che abbiamo combinato in questa vita – non si andrà da nessuna parte.
E forse, anche dall’altra parte saremo chiamati a un bel lavoro di … purificazione.
…. secondo me chi lavora nei gruppi di Marco, si è già portato avanti di parecchio con il lavoro !
🙂
f.
” secondo me chi lavora nei gruppi di Marco, si è già portato avanti di parecchio con il lavoro ! ”
Ma sai, caro Fabrizio, che è proprio quello che ho pensato ieri mentre leggevo i vostri commenti? Non ho seguito Lost, ma ho visto questo splendido finale che hai postato !
E credo che il lavoro fatto con Marco possa abbreviare veramente i tempi della purificazione dell’anima, della sua sublimazione, facendo capire ‘in pratica’ come è possibile giungere ad un assaggio di felicità svolgendo una parte di percorso che va comunque fatto … insomma si gioca d’anticipo 😉
come in una sorta di Lost in life
un abbraccio
Filomena
Caro Fabrizio e cari amici di Lost, io sono ancora molto, molto confusa…ed in preda a mille dubbi sull’interpretazione da dare al finale di Lost. Ancora non sono convinta che siano morti nello schianto (e quelli che non erano sull’aereo?), bensì che ognuno è morto al momento che doveva (nel passato, presente, futuro) e Jack è stato l’ultimo. Pur concordando che chi è approdato sull’isola non gli è capitato per caso ma per un preciso scopo.
E comunque la vita trascorsa sull’isola è stata talmente “diversa”, talmente ricca di sentimenti ed emozioni, puntata all’obiettivo della personale redenzione, che al momento del trapasso ci si ritrova proprio con quelle persone con cui tale parte dell’esistenza è stata vissuta.
Vi prego non ditemi niente…già devo sopportare derisioni da parte di marito e figli!
Volevo invece dire una cosa e cioè che mi mancheranno da morire quelle serate in allegria con gli amici di Lost, a vedere le puntate in tv (e che mangiate!), con la partecipazione anche dei figli (età dai 16 ai 24); questa è stata la grandezza di Lost, che ha superato le barriere generazionali. Ed è stato meravigliosamente spirituale conversare ogni volta, dopo le puntate, fra noi e con i ragazzi riflettendo sulla vita, sulla morte, sui vari caratteri dei personaggi pensando a quale ci era più congeniale.
Cosa c’è di meglio, dico io? Un abbraccio Gabriella
@ Filomena: Grazie. Eh, ma infatti non l’avevo detto per scherzo. Sono davvero convinto che questo cammino che ho fatto e che voi fate con Marco sia propedeutico a… ll’eternità.
@ Gabriella: Apprezzo molto il tuo intervento, perché credo che la grandezza di questa opera sia stata proprio quella di fondere il lato intellettuale/speculativo/analitico che arrovella l’uomo contemporaneo con la componente emotiva/sensazionale/istintiva. Non è un caso che ‘Lost’ abbia fatto nascere e consolidare così tante amicizie !
Un abbraccio a tutte e due.
f.
Molto velocemente caro Fabry, in parte hai ragione, ma quello che mi preme dire è che ho finalmente capito che Lost crescerà nel tempo e nella sua interpretazione con il crescere di chi lo commenterà, una sapienza che si svilupperà con l’evoluzione dei suoi estimatori. Magari dipanando a poco a poco alcuni dei misteri che ad oggi sembrano insoluti:….. ad esempio perchè Kate è nella chiesa pur nn essendo “morta” sull’Isola, ma sul volo “della Fenice” della Anita che Jack morente osserva sorridendo Felice mentre si allontana?? Grazie a tutti del cast sempre e cmq, e come nn citare anche il grandissimo Michael Giacchino che ha saputo tessere trame musicali così sublimi ed indimenticabili???? Un abbraccio ed un sorriso d’intesa. Marco F. P.S. Molto toccanti le tue analisi e la citazione del libro di S. Rinpoche caro Fab.!!!
Ovviamente il volo di Kate è sulla ajira airlines!!! Piccolo refuso! Vorrei discutere ancora sulla Luce/cuore dell’Isola…..
……. P.P.S. del resto neanche Hugo al “tempo” di lasciare andare nella “chiesa” appare “morto” sull’Isola !!!!!!!! Buonanotte ….. e buone meditate riflessioni. ……..LOST………
Grande Max ma che fine hai fatto? We miss you!
Non ho mai visto Lost, ma invidio un pò la soddisfazione che provate nel condividere le vostre considerazioni sull’opera, immagino anche la gioia e le emozioni del seguire insieme le puntate: adulti e ragazzi. Preferisco invece non immaginare come sarà il momento della mia morte, perchè sarà qualcosa completamente al di là della mia esperienza, nessuna ipotesi può soddisfarmi e rifiuto quelle soltanto rassicuranti. Credo nella vita oltre la morte, ma aspiro a una fede nuda, abitata anche da dubbi e da una grande speranza di riuscire continuamente ad andare oltre. Mariapia
Caro Marco: in effetti, tutti i personaggi che prendono quell’aereo non si vedono ‘morire sull’isola’. Come non è mostrata nessuna morte neanche per gli altri che restano sull’isola – ovvero Hugo, il nuovo ‘custode’, e Ben.
In effetti, pensare ad una sequenza temporale razionale, dopo gli ultimi 10 minuti della serie, è impossibile.
Quei dieci minuti, rovesciando completamente il contenuto della serie, autorizzano a rendere ‘credibile’ ogni ‘licenza poetica’.
Essendo la morte sull’isola solo la parte finale del distacco terrestre, noi non sappiamo quando questa sia avvenuta per Hugo, Sawyer, Kate, ecc.. Sappiamo soltanto che per loro sembra essere stato più facile che per Jack – il quale forse proprio per la sua vocazione ‘samaritana’, per il suo sacrificarsi per gli altri, sempre – è colui che più di tutti è legato alla ‘terrestrità’ e quindi l’ultimo ad andarsene e l’ultimo ad arrivare nella chiesa.
Eh, sì, il grande Max ci ha dapprima istigato, e poi abbandonato…
😕
@ Mariapia: è molto rispettabile quello che scrivi. Ma il finale di ‘Lost’ non è affatto “soltanto rassicurante”: se avessi visto tutta la serie capiresti che – la versione secondo Lost – è che dall’altra parte ci aspetta un lavoro immane, di fronte al quale queste vicissitudini terrestri che attraversiamo sono acqua fresca.
‘Lost’ è comunque ‘SOLO’ un’opera di fiction (anche se è allo stesso tempo molto altro), come lo sono state – fatte le debite proporzioni – la ‘Comoedia’ Dantesca, o l’Orfeo ed Euridice.
E ciascuno è libero (ci mancherebbe altro) anche dopo Dante e dopo l’Orfeo (e dopo Lost), di immaginarsi o non immaginarsi la morte come meglio crede.
f.
Carissimi Marco e Fabrizio,
eccomi qui, seguo ogni giorno l’evolversi di questa comune interpretazione, che è come un lungo e inesauribile parto. Rifletto sulla scarpa da tennis che si vede nel finale in primo piano. Ovviamente sta a dirci qualcosa: nel primo episodiio era nuova e ora è ingiallita. Cosa significa? Che nell’isola c’è un tempo lineare? Che le cose decadono? Del resto, in molti muoiono definitivamente nell’isola. Dunque, qualcuno – sui blog – ipotizza che il purgatorio sia soltanto il mondo finale dove tutti si ritrovano.
Non so. In ogni caso, sia luogo reale che pre-purgatorio, l’isola ha poteri metafisici innegabili. Dunque, è un luogo altro dal nostro, che funge in ogni caso da purificazione. E quindi, morti o no con l’incidente aereo, i personaggi passano tutti per una morte spirituale da cui inizia la rinascita.
Aspettiamo con ansia la voce di Marco G. Che magari merita un post a parte, no, capo?
Caro Fab, molto bene. Concordo su tutto.
In reaòtà lo scorrere del tempo sull’Isola non ha niente a che vedere, ci inducono a ritenere gli autori, con il nostro metro comune, e dunque le “morti definitive/abbandono definitivo dell’Isola” saranno ovviamente avvenute in epoche delle quali l’ensamble nella “chiesa” è solo la summa finale o meglio, proprio l’ultimo capitolo… e a noi è dato solo di comprendere….
Certo che Lost ha dato molto di più di quello che possiamo snocciolare sinteticamente 🙄 è qualcosa credo che alla fine ti resta dentro e in qualche modo comunque ti cambia… Naturalmente tutti liberi di aderire o meno ma alla fine è così. Passando ad una lettura critica della serie ti devo dire che più volte mi è capitato di pensare che forse però il grande JJ non avesse esattamente in testa questo sviluppo e questo finale dopo aver girato il pilot! Ma … va bene così! Mi piacerebbe sapere qualcosa di più su D. Lindeloff e C. Cuse che sento in forte odore di grandi responsabili della via che poi la serie ha preso, sia pure sempre con la supervisione di JJ! E poi, vogliamo dire qualcosa degli altri, ad esempio l’ultimo ep. è ancora girato da Jack Bender e non mi sembra affatto un caso, è stato secondo me il miglio regista. E le musiche? Non merita anche M. Giacchino una bella fetta di responsabilità per l’indelebilità del successo di questo lavoro? Ogni volta che ascolto le note ormai faniliari, come non pravare un brivido di emozione, ogni volta?
Ma, giustamente, torniamo ai contenuti. Per me la grande forza del messaggio, quella che mi ha veramente colpito è questa visione del post mortem come officina di elaborazione di … tutto… un vissuto intero, le colpe nostre e quelle dei nostri padri (il nostro karma) … come ci insegna M. Guzzi e, perchè no?, tutto l’amore che non abbiamo dato o quello che per le nostre distorsioni (sempre Guzzi) abbiamo rovinato… E ancora mi piace credere in questa costruzione collettiva di una alter life in cui “magicamente” tutte le cose che sappiamo essere andate storte, vanno invece a buon fine … e… è … come sarebbe stato se…
ad esempio quella decisione che prendemmo quella volta e ci è rimasta proprio qui!.. l’avessimo presa in un altro modo, come sarebbe andata? E c’è forse proprio la possibilità di riparare quella distorsione originaria che ha generato le nostre maschere e i nostri automatismi egoici…(sempre M. Guzzi) … Mah! Io continuo a non riuscire a non pensarci, e questo mi basta e avanza … Grazie sempre… 😉
Preziosi comunque tutti i contributi generosamente fatti pervenire, arricchiscono la nostra appassionata interpretazione………..
Marco F.
………… L O S T …..
P.S. Max .. how we wish you were here … 😎
Marco, ho scritto un post fa…
…. allora ci sei!!! Ok, ma noi ci aspettavamo altri tuoi contributi …. pazienza! Un abbraccio lostiano … 😉
Marco F.
Grazie Max hai sintetizzato il mio pensiero su come debba essere l’interpretazione di Lost, in fondo il finale non esclude nessuna di quelle espresse. Gabry
Scusa grande Max, ma mi era sfuggito il tuo post 😳 E me lo ha fatto notare Gabry! No però, malgrado quanto riporti dagli altri blog, per me l’alter life è non già il purgatorio, ma il frutto di questa straordinaria elaborazione collettiva che gli autori hanno ritenuto di poter far fare ai “prescelti”; giova tener presente che a mio parere nel crash dell’815 la gran parte dei passeggeri muore subito, e solo un parte è “chiamata” sull’Isola al percorso…. Ho riflettuto molto sulla prima scena in assoluto: l’occhio di Jack è … mortalmente! chiuso… e all’improvviso si apre ! Aspettiamo con ansia il contributo di MG! Intanto … Meditiamo…
@ Marco: sono d’accordo con te, questa è – credo – l’interpretazione che hanno dato gli autori: tanto più nella vita reale ci è intestarditi in una vita in-sensata, fatta soltanto di auto-centratura (una vita ‘egoica’, come direbbe MG), tanto più DOPO bisognerà elaborare, faticare, avere rapporti e ‘litigare’ con gli altri (quasi una legge del contrappasso); tanto più sarà difficile separarsi dalla terrestrità, lasciare definitivamente le cose di questo mondo.
In questo senso tutti gli Oceanic Six hanno avuto vite molto ‘egoiche’, molto autocentrate. Ed è per questo che il loro percorso è così difficile e lungo.
@ Max: sì, credo anch’io che i personaggi debbano passare attraverso una ‘morte spirituale’, cioè un distacco concreto da tutto ciò che c’era prima. Per questo, attraversano una NEMESI che li porta ad affrontare tutte le modalità della loro vita terrestre: ciò che è stato, ciò che sono diventati, ciò che sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente. Anch’io ho pensato molto a quella scarpa da tennis. E’ una specie di monito ?
Aspettiamo tutti che si pronunci il Grande Capo, dopo che avrà a sua volta calato l’asso dell’ultima puntata. Se vuole, in questo stesso post.
ciao a tutti,
F.
Breve notazione in attesa del contributo del ns sommo che stasera ho rifornito: la scarpa da ginnastica è ovviamente quella che la salma di Christian perde nel crash iniziale ed è coerentemente invecchiata perchè vero è che l’Isola si trova in un non luogo ed in un non tempo, ma con l’Isola il “suo” tempo scorre linearmente e i tre anni che i nostri hanno trascorso in travaglio sono passati (sigh) anche per la scarpa … Waiting for the leader!!! ….
…”quando eri giovane indossavi i calzari e ti gingevi la veste per andare dove volevi tu; ma, quando sarai vecchio altri ti cingeranno e ti condurranno dove non vorresti andare…”
In fondo quella scarpa “appesa” è IL TESTIMONE della giovinezza dell’io (egoico?) DI DOVE SI VA DA SOLI …
liberamente tratto dal mio pozzo di “fantàsia”.
siete ineguagliabili! er mejo!!!
complimenti e
buona notte
Rosella
dormendo sopra a “la scarpa”
“Testimone appeso/sospeso ad un albero” (di canna…)
Testimone simbolico de “il caso” (alla Guzzi) nel transito terrestre.
ciao ciao
buona giornata
rosella
Carissimi, eccomi a voi subito dopo aver visto, con tutta la famiglia convocata ed emozionata, le ultime due puntate di Lost.
Credo che abbiate già detto tutto l’essenziale.
Ricapitolando in breve:
Fabrizio F. tocca il punto cruciale, l’ispirazione di fondo dell’opera: la morte non è l’ultima parola, e quindi LA VITA HA UN SENSO, e questo Senso è la crescita nella consapevolezza e nella capacità di amare:
And death shall have no dominion! (D. Thomas)
Massimo suggerisce un altro punto fondamentale: la realizazione umana è coniugale, coniugativa, procede attraverso la nostra capacità crescente di coniugare maschile e femminile (e cioè in definitiva gli opposti): amare un’altra/altro significa imparare ad amare tutti e tutto, il creato e la vita.
Accanto a questi dati primari, che in fondo rendono il film così attraente, restano molte domande, che sia Marco che Gabriella hanno indicato:
Dal progetto Dharma al significato dei numeri o delle ricerche di fisica quantistica, dal ruolo di Jacob (Giacobbe/Israele, secondogenito ma eletto?) a quello del Fumo/Mostro (fratello senza nome?) e di Beniamin (Beniamino, il figlio più amato da Giacobbe?), fino al fatto che effettivamente nel momento finale del trapasso nella luce alcuni personaggi si incontrano con uomini e donne con cui hanno vissuto solo nel “purgatorio” dell’isola…
Io credo che non ci si deve d’altronde troppo scervellare, Lost resta un’opera d’arte, e quindi non può certo risolvere tutti i misteri dell’uomo o dell’aldilà. Lost ci ricorda però tante cose, ci ricorda che ciò che facciamo su questa terra produce effetti con cui prima o poi dovremo fare i conti. Ci ricorda che la liberazione è un processo lungo e minuzioso, relazionale e in fondo collettivo, di Gruppo?, che non può pensarsi all’ingrosso, come finora abbiamo fatto, immaginando inferni, paradisi, o purgatori molto generici e un po’ infantili.
L’insegnamento che arriva mi pare quello di fare attenzione, di fare sempre molta attenzione, di non sottovalutare i nostri incontri, anche quelli più apparentemente casuali, di non vivere superficialmente, ma appunto come imparano a fare i protagonisti nell’Isola.
L’Isola è anche questa terra, questa giornata, questo scambio di pensieri, anche ora circola il Fumo mostruoso, anche ora possiamo sciogliere molti debiti, anche ora possiamo andare oltre, e possiamo farlo insieme…
In fondo l’avventura dei Gruppi Darsipace non consiste anche nel creare appunto Gruppi di evasione? Gruppi per andare oltre insieme? Gruppi di insorti, pronti a lasciare l’Isola, e cioè a non essere mai più Lost, ma a Ritrovarsi sani e salvi, integri e sovrani?
Che questo sia l’impulso che ci raggiunge anche da questa opera geniale…
Marco Guzzi
Caro Marco !
ti ringrazio moltissimo per quello che hai scritto. La tua citazione Thomasiana – ci speravo, in effetti – mi ha colpito dritto al cuore.
Di tutte le cose importanti che scrivi – su cui occorrerà meditare a lungo, e che secondo me centrano perfettamente la poetica ‘lostiana’ – ne scelgo una:
“Lost ci ricorda però tante cose, ci ricorda che ciò che facciamo su questa terra produce effetti con cui prima o poi dovremo fare i conti.”
Questo è davvero un punto cruciale. Un punto che rimette al centro la ‘responsabilità’ del vivere.
Così importante, in un mondo che sembra sempre più spingere verso una ‘vita deriva’, che va cioè dove la spinge il vento, senza direzione e senza-senso. Una vita in-sensata, dunque, che non genera responsabilità, perché si esaurisce con la morte fisica, che è la cancellazione di tutto, e che quindi autorizza a qualunque tipo di dispersione (o di cattivo utilizzo).
Un abbraccio
f.
“L’AVVENIRE” – 5 GIUGNO 2010
E D I TO R I A L E
L’ ERA DI «LOST» O L ’APOTEOSI DELL’INDISTINTO
ALESSANDRO ZACCURI
Ormai non è più un segreto: una delle ultime immagini di «Lost» è una porta che si apre, lasciando entrare una luce che non è naturale. Potrebbe essere un segno divino (la scena si svolge all’interno di una chiesa), ma potrebbe anche essere il risultato di un artificio (la presenza di tecnologie imperscrutabili è stata, fin dall’inizio, una delle linee portanti della serie).
L’ambiguità è la stessa che si ritrova nelle pagine conclusive di «Glister», romanzo dello scozzese John Burnside tradotto nel nostro Paese da Fazi. Anche qui, infatti, troviamo una soglia luminosa ed è difficile decidere se si tratti di un inferno ordito dalla tecnica o di un’emanazione in qualche modo riconducibile alla grazia. Non è questione di fonti o derivazioni, anche perché il libro di Burnside, datato 2008, è perfettamente coevo all’era di «Lost». Il punto, piuttosto, sta nella rappresentazione di un sentimento sempre più diffuso nelle narrazioni contemporanee, quasi una rivelazione disorientata che si manifesta di preferenza in termini di vuoto, di indistinto, di non riconoscibile. Il paesaggio, di solito, è abitato da macerie: i rottami del volo Oceanic 815 in «Lost», per esempio, oppure la fabbrica abbandonata che in «Glister» continua a contaminare la cittadina dalla quale, misteriosamente, ragazzi e ragazze scompaiono senza lasciare traccia. E senza che neppure le famiglie, a volte, si diano la pena di cercarli. È il grande tema degli affetti, elemento decisivo nella labirintica trama di «Lost», trattato da Burnside con una crudezza inquietante. Il giovanissimo protagonista del romanzo, Leonard, accetta di vivere facendo a meno di qualsiasi fede, se si eccettua la fiducia istintivamente accordata ai capolavori della letteratura. Oltre che narratore, Burnside è un poeta e questo particolare rapporto con la parola ha un ruolo evidente nel modo in cui «Glister» è pensato e strutturato. Ma pure il giapponese Hitonari Tsuji, quando non scrive romanzi, compone versi e addirittura si esibisce come rocker. Di lui Tropea ha dato poco pubblicato «Il Buddha bianco», altro libro che serve a comprendere la temperie culturale in cui ha attecchito il successo planetario di «Lost». È un’epopea familiare condensata in poco più di duecento pagine, un secolo scarso di storia giapponese ripercorso attraverso lo sguardo dall’armaiolo e inventore Minoru, un uomo della tecnica che però non riesce a sottrarsi alla potenza della visione. Il Buddha bianco che appare a più riprese gli ispira a l’idea di una statua colossale, in cui le ossa tritate dei morti servono a ricomporre l’immagine dell’Illuminato.
Non a caso, nella chiesa dove l’epopea di «Lost» pare trovare conclusione, insieme con i simboli del cristianesimo e degli altri monoteismi, trovano spazio diverse raffigurazioni del Buddha. Il vuoto, in effetti, è una dimensione importante per la percezione orientale del sacro. Adesso tocca all’Occidente decidere se andare di nuovo alla ricerca dell’Assente o se accontentarsi, come ai tempi di Paolo, di un’offerta al dio ignoto. Che si nasconde, a quanto parte, nella luce, oltre la porta.
La dimensione del Ni-Ente, del Vuoto, è la vera soglia del mistero di Dio.
Questo ci sta ricordando il buddhismo o lo Yoga.
In Occidente il cristianesimo era diventato per troppi una storiella dell’Ego, una rappresentazione mentale dell’uomo vecchio, e non l’esperienza di una nuova nascita, che richiede comunque l’attraversamento reiterato del Vuoto di una morte.
Ma la Chiesa fa molta fatica ad amare il Vuoto (la vera povertà dello spirito…), e rischia così di ritrovarsi piena di sè, e quindi di niente, piena di parole che non dicono più niente, e di immagini che non evocano quasi più niente.
L’incontro con l’Oriente è in tal senso provvidenziale, per ricordarci ciò che san Giovanni della Croce continua a ripeterci:
una sola è la via verso Dio:
Nada…Nada…Nada….
Lost, Lost, Lost….per diventare Reali.
Silenzio, silenzio, silenzio, affinché la parola ritrovi la sua Risonanza, la sua potenza, la sua luce rivelativa.
Marco Guzzi
Fabrizio, perchè non pubblichi la tua poesia che spiega meglio di tante parole l’intuizione profonda di Lost?
sì !
sì!
Il tempo perduto
Fermati un attimo
sospendi il corso inutile delle cose
sorprenditi, resta a sedere
a lungo finché la tua schiena non sarà
spezzata
sdràiati tra il bambù
e quel silenzio assordante
lascia fare
lascia a lei di fare
il compito
per cui sei nato,
fermati un attimo
fermati
ritrova il sorriso
che hai sotterrato
nel diluvio di lacrime,
rivendica la forza
smarrita delle tue mani
ritrova il tesoro
che ti fu donato,
fermati
non pensare più
alla tempesta che ha dissipato
i tuoi sogni
sulla spiaggia,
come animali morti
ti guardano,
fermati
senza più brama di conoscere,
senza vanto,
senza tutti gli inutili
muri che hai alzato,
arrenditi,
e fermati per un solo istante,
che durerà per sempre,
chiudi gli occhi.
Fabrizio Falconi – 30 maggio 2010
bellissima Fabrizio!
grazie 🙂
‘tienimi nel cuore
che si arrende’
M.Guzzi
Grazie Fabrizio,
dato che ormai potrei IN TUTTA SINCERITA’, spacciarmi per una che si è GUSTATA LOST. Non mi avete lasciato scampo, anche se ancora non ho deciso come infilare, l’una dopo l’altra, le puntare “residue”. Tutte quelle che intercorrono tra “l’inizio” e il video della “sua fine”. Faccio credito ai tuoi versi e “mi fermo” per decidere se essere o meno dei vostri (mi pare una fatica immane solo il pensarci). Temo di no, ma visto che mi son divertita e che la tua poesia mi ha ricordato qualcosa, contribuisco al record del Blog, con questi vagiti miei del 2009.
ciao un abbraccio a tutti
Rosella
(spero di non averli gia postati a suo tempo)
“l’ora” ecco
realizzerò! dolente
il cuore non accoglie
la pienezza che salva,
illuminando l’antro
asfittico. Chiamato
ad un immenso, s’erge
da solo. Sino al suolo
strisciando nell’eterno
domani. Prostrato
come polvere al vento,
serra l’occhio per:
nulla vedere, nulla
sapere, nulla sentire.
nel flusso della vita
esanime, mano protesa
mendica, la carezza
ch’ avea “pretesa”.
… forse la foglia
che d’autunno
si lascia e cade
sfiora il palmo…
solleticando apre
al sorriso il cuore
palpita il volto
risplende ora
nel deserto ecco
realizzerò! con gioia
fiorirà nel mattino
il rosso della sera
che nel ciglio schiude
l’occhio e contempla
l’immenso tremulo
in tutte le Sue Stelle
umano crogiuolo
di linfa feconda
cola Il Tuo eterno
compie e trasfigura
la terra “nell’uomo
agita la promessa”
Sono d’accordo con Marco G. e gli altri sono ancora tante le domande che restano sul tappeto… io ad esempio ho da poco rivisto la 618 … e ancora non mi capacito della Luce nell’Isola, dei suoi significati e dei suoi riti sul custode …
Voi che ne dite..??
Marco F.
Cari, anche io… un po’ in ritardo mi sono gustato Lost. E’ parecchio che non vedo la televisione, ma credo che rispetto a quello che passa il convento, questa è veramente una grande opera.
A grande richiesta, butto la un’interpretazione sulla luce che mi ha passato Franz : nel percorso di purificazione la luce è appunto la Luce interiore, da dove sgorga la sorgente del nostro essere. Essa si trova nel cuore, al centro dell’isola. Il male la vuole distruggere, mentre il bene la costudisce e protegge….
Che ne dite, ve gusta?
Beh… prima di tutto caro Andrea un grande benvenuto tra noi estimatori di questa opera d’arte.
Poi grazie al tuo amico Franz, niente male questa suggestione sulla Luce dell’Isola…. molto anche guzziana …
merita una attenta riflessione che farò quanto prima e poi ti/vi farò sapere….
Buenas dias amigos!
Marco F.
… non per fare il sessantesimo (commento) ma devo assolutamente dire che: sono certo che anche se dovessi rivedere questi ultimi 4′.32″ fra mille anni proverò ugualmente lo stesso brivido nel cuore e le stesse farfalle nello stomaco di adesso.
Grazie.
Marco F.
Carissimo Andrea,
è una interpretazione forse ‘semplicistica’, ma ci sta tutta (e fra l’altro si adatta molto al post che ha pubblicato oggi Gabriella).
@Rosella: beh, cavoli la tua poesia sembra scritta apposta per ‘Lost’. Evidentemente questo organismo vivente aveva prodotto dei frutti dentro di te, anche se tu non lo sapevi ! 😉
@ Marco: condivido la tua stessa emozione, quella scena anche se la rivedo mille volte mi fa sempre lo stesso effetto.
un grande abbraccio a tutti,
fab.