Mi sta capitando, in questo periodo (ma è già successo in passato), di dover far fronte ad una vera e propria battaglia con le due parti del mio “essere”: quella paurosa di tutto anzi terrorizzata, pessimista, piena di ansie e di sensi di colpa, piena di rabbia, che vede ogni cosa come una grande fatica ricca di ostacoli da superare… ed in antitesi quella equilibrata, gioiosa, ottimista, piena di amore e di serena fiducia nella vita.
E ogni mattina svegliandomi mi chiedo: quale Gabriella sarò oggi?
Spesso anche i fumetti, i film di fantascienza o la letteratura ci hanno mostrato personaggi che rivelano quanto sia labile il confine tra bene e male e come sia semplice lasciarsi sopraffare dalla parte della nostra personalità che vorremmo tenere sempre sotto controllo (pensiamo a Batman, Superman, il dott. Jekill, Dorian Gray, in ultimo Avatar).
In fondo anche la serie Lost, appena terminata, ci presenta, in particolare analizzando le due vite parallele, le personalità ben distinte che abitano ognuno dei protagonisti; anche i primi abitanti dell’isola, Jacob (biondo e sempre vestito di bianco) ed il suo fratello gemello (bruno e sempre vestito di scuro) sono, almeno per me, l’espressione di due anime opposte nella stessa entità (l’alter ego).
Nel lavoro dei gruppi “Darsi pace” abbiamo imparato che è inutile far finta che la parte sbagliata non esista oppure cercare di cacciarla in malo modo, bisogna accoglierla, parlarle ed amarla. Bisogna insomma conviverci senza dimenticare mai quale è il nostro vero io, quello integro, la nostra parte divina. Ma ciò non è affatto facile!
Vi lascio con un frammento letto nel libro di Paulo Coelho “ Veronica decide di morire”, che mi ha molto colpito.
…L’infermiera chiede a Veronica dopo il tentato suicidio:” Perché alcune persone tentano di opporsi al corso naturale della vita, che è quello di lottare per sopravvivere a qualsiasi costo?”.
Veronica risponde piangendo: “Quando ho preso le pastiglie, volevo uccidere qualcuno che detestavo. Non sapevo che dentro di me esistevano altre Veroniche che avrei potuto amare!”
” Perché alcune persone tentano di opporsi al corso naturale della vita, che è quello di lottare per sopravvivere a qualsiasi costo?”
In me la lotta “a qualsiasi costo” portata sino allo stremo SI ARRENDE, non desidera più suicidarsi. Affidarsi allo Spirito nella meditazione può guarire gradatamente.
… e ogni mattina svegliandomi mi chiedo/ascolto/ri conosco: come va Ro? e se va male, cerco di scendere un po’ più giu, sino agli inferi, ma: TRA LE BRACCIA di mio marito e dello Spirito di Vita; se invece va bene: meglio! condivido la gioia sempre con Gianni lodando lo Spirito di Dio.
Un tempo quando mi alzavo cominciavo immediatamente a “fare” (per carburare, per svegliarmi, per soffocare il dolore impotente, trangugiandolo insieme alle lagrime) oggi stupisco le persone se dico che prima di uscire di casa o di mettermi a fare, al mattino mi necessitano ALMENO due ore.
Due ore che passo, chiacchierando/tormentando Gianni, scrivendo e meditando, pregando, almeno un po’, sino al sorriso.
“non parlo se prima non tocco la gioia. Non voglio mentire”
Ne ho fatto un motto, che sta diventando uno stile di vita.
Oggi ho imparato a gestire l’angoscia e la depressione con parole buone, riconoscendo dolcemente la mia bambina impaurita, ma anche DECIDENDO di agire, DI RISCHIARE gesti e azioni fiduciose nell’ “io MI FIDO DI TE”.
un abbraccio
Rosella
ore 4 ( la condivido ora)
cara Gabriella
questa notte mi sono svegliata con una crisi d’angoscia. Ciò che mi necessita è parlare con qualcuno, così scrivo a te. Una lettera è preziosa, possiede potenzialmente e dona molte opportunità…
ANCHE NEL MIO CUORE LA PAURA E’ DEVASTANTE.
Nell’esperienza meditativa ho riconosciuto/vivendolo che la paura è il contrario della “fiducia”.
Quando abito la mia terra desolata, e piango, ed accolgo il mio dolore e lo offro, quel che chiedo è il dono della fiducia nella vita, di credere; magari le parole che formula la mia mente sono differenti: “Abbi pietà di me Signore” ma Lui capisce ugualmente.
Difficile sfuggire alla propria realtà d’impotenza in queste circostanze: “e questo è IL VANTAGGIO”.
Giunta a questo punto la pace spesso m’ inonda.
Quando finalmente rivivo e riconosco sino in fondo, emozionalmente la mia impotenza e la offro allo Spirito di Vita ( mi metto tra le Sue braccia, come fossi una bimba), proprio come faccio in questo momento “condividendolo” con amorevolezza: vengo liberata.
Io non so quali possibilità di guarigione abbiano le molte persone che leggono il blog: senza dirsi; certamente percorreranno altre vie. Io sperimento che questa della parola scritta e condivisa sia efficace e semplice per esercitare il nostro cuore nell’ IO MI FIDO DI TE.
Ciò che primariamente manca a me, ciò di cui sono stata sistematicamente deprivata, DEPREDATA direi, è LA FIDUCIA.
“io sono tu che mi fai”… allora DECIDO “io mi fido di te”.
Chiunque tu sia, marito figlio, caso… e perchè no: “mi fido anche di me stessa” della mia pochezza.
In questa decisione “caparbia” e dura (ri)posta “a freddo”, umilmente e OGNI GIORNO con fatica , in assenza di alcun piacere: UNA FOLLIA; porgo aprendo il palmo della mia mano la poca terra in cui consisto alla POSSIBILE pioggia che viene dal cielo; ed attendo la fioritura .
Ritengo che sia necessario rivisitare la poca fiducia che ci abita, amarla ed esercitarla ancora: “àncora la fiducia nel mare della vita”. Chiediamo allo Spirito di Vita che ce ne doni dell’altra e in abbondanza.
Lo Spirito desidera donarci l’ Amore, l’integrità , tutto l’amore che siamo; a noi tocca solo porre un piccolo gesto: aprire la porta della fiducia INCARNANDOLA nella nostra quotidianità.
Ciao, buona giornata,
Sto gia meglio e torno a dormire.
un abbraccio
Rosella
Cara Gabriella, un commento leggermente O.T., ma visto che hai citato Avatar…sai cosa mi ha colpito del film (e cosa poi i ha deluso, in quanto ho trovato lo spunto poco sviluppato)? Proprio il nesso tra io e corporeità. Per il protagonista assumere un corpo, “incarnarsi”, diviene un fatto rivoluzionario, ben al di là dei confini e della missione per cui era stato mandato su quella terra. Mi ha dato da pensare. Avere un corpo è stare sulla scena, essere aperto originariamente a un mondo e a delle relazioni storiche, mediante le quali soltanto accediamo a noi stessi…altro che separazione platonica di mente e corpo, di emozioni e razionalità! Dovremmo imparare a pensare, soprattutto noi cristiani, discepoli del Dio fatto carne, a un livello di profondità completamente nuovo questo nesso!
…Per inciso, Avatar è parola sanscrita, legata alla teologia induista. L’avatar è il disceso, rappresenta la deliberata incarnazione di un Deva in un corpo fisico al fine di svolgere determinati compiti…
Cara Rosella hai fatto benissimo a scrivere dopo la crisi di angoscia, aiuta molto; anche questo sito, i gruppi, questo condividere, sono per me parte della cura…..della mente e del corpo.
E hai perfettamente colto nel segno quando parli della “fiducia”, il segreto è anche nell’avere fiducia in se stessi e nelle persone care. Ma dato che queste ultime io non voglio caricarle del mio peso…. allora confido sulle mie forze e spesso mi ritrovo come te a rischiare con testardaggine, decidendo di agire. Ieri è stata una giornata pesante, ho superato dei momenti in cui avrei voluto mollare e scappare, invece è andata bene e mi sono detta da sola “brava” con un amore infinito.
Comunque è inutile dire che la forza la trovo anche moltissimo con la preghiera, ogni mattina al Gesù della Misericordia dico “Confido in te” e andiamo avanti. Grazie Gabriella
grazie Gabriella
è una ricchezza poter frequentare i corsi dai Salesiani a Roma.
IO VI INVIDIO e continuo a farlo perchè: “son troppo pigra!” per arrivare sino a voi.
Forse il mio inondare il blog nasce proprio dal fatto che per compartecipare l’esperienza di vita non ho che questo a disposizione; e ritengo che la condivisione sia un passo imprescindibile del cammino di guarigione, anche se la sua essenza è sicuramente il dono fatto a noi dallo Spirito.
La condivisione mi pare il gesto che incarna proprio quell’esercizio della fiducia/fede che io pongo “caparbiamente” nella vita. Desidero precisarlo poichè, non confido nelle mie forze, se non nella misura in cui riconosco che, è un altro che mi fa. Sono impotente a farmi da me stessa, è il marito che mi fa moglie, è il figlio che ci fa madre e padre, che ci dona la maternità e la paternità… tanto per: è il nipote,che pare io non abbia ancora avuto il coraggio di conoscere veramente…(temo di poter prevaricare con le mie esondazioni sua madre, quella che io ho fatto figlia) che mi fa nonna. Nella misura in cui io lascio andare tutte le paure dei miei limiti (proprio come per l’angoscia) e mi abbandono al dono.
Come si accoglie un dono?
Gli altri ci amano, i nostri figli desiderano amarci ed accudirci, anche i nostri mariti, solo che è come un circolo vizioso.
Questo è un aspetto della vita che viene trascurato.
Eppure, la mia ferita più fondamentale è stata quella di essere rifiutata nel mio amore, nell’amore che sono (più o meno…molto, molto, ma molto meno, che più!!!).
Ogni storia è differente ed io non conosco la tua, però ti ringrazio e ti abbraccio, in fondo mi pare che le nostre radici germinino in una terra comune (restando al luogo in cui sei cresciuta senza allargarci troppo), se ben ricordo l’emozione narrata nel vedere la casa in cui avevi abitato da bambina.
ciao Buona giornata a tutti
rosella
… Gabriella, grazie a te sono tornata al punto di partenza:
un dono si accoglie “liberamente”
nella libertà dei figli di Dio, il cui limite è stato redento: liberi di sbagliare.
Maria Pia avevi ragione tu: godendoselo.
ciao a tutti
ora volo da Gabriele Giuseppe
Carissima Gabriella, leggendo il tuo post pensavo ad alcune famose riflessioni di Bonhoeffer, che si vedeva anche lui doppio, nei mesi di carcere: un uomo angosciato e sfinito da una parte, e dall’altra un uomo sovrano della situazione, capace di andare al patibolo con una quiete che sbalordì tutti i testimoni.
Ma allora chi siamo?
Questo o quello?
Oppure: questo e quello: siamo forse uno sguardo strabico e doppio che si sta integrando però in una sola inquadratura, perfetta-mente messa a fuoco.
In tal senso, noi non eliminiamo, ma lasciamo amalgamare tra di loro queste sostanze.
Non separiamo in modo violento grano e zizzania, ma lasciamo che sia la mietitura finale a compiere l’ultima selezione.
Noi tentiamo soltanto di collaborare all’opera divina della trasmutazione: a quella che Rimbaud chiamava l’Alchimie du Verbe.
Con infinita pazienza, in quanto le sostanze da amalgamare sono dure, ostiche, ribelli a farsi riplasmare…
Con infinita fiducia nel Grande Spirito che conduce il gioco, che conosce come sciogliere le sostanze, come as-solverci, e renderci tutti ballerini…
Un abbraccio. Marco
ps carissima Rosella, grazie della tua condivisione, è così importante dedicare tutto il tempo necessario prima di iniziare la nostra giornata, avendo PRIMA ritrovato il soffio della gioia, e cioè dell’adesso fiorente…
E’ molto incisivo, cara Gabriella, quanto hai descritto nel post.
Anche l’immagine scelta per illustrarlo “parla”!
Mi sono venuti in mente alcuni versetti chiaroscuri che narrano l’animo di un orante nel Sal 30(29:
“Alla sera sopraggiunge il pianto,
al mattino ecco la gioia.
… Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia”.
Grazie Marco G. per la capacità di sintetizzare in poche efficaci pennellate dei lunghi discorsi.
Grazie Gabriella, per la forza dei tuoi post, con il loro stile semplice e immediato. In questi giorni mi sostiene quanto scrive Nouwen: “prego, perché amo ascoltare cose belle su di me” (la citazione non è perfetta, ma la ricordo così).
Amo sentirmi benedire, mi piace che qualcuno, nonostante tutto, ma assolva, mi perdoni e mi ami.
Certo, come dice Jung, anche Satana può dire bene di noi, farci pat-pat sulla spalla quando compiamo una buona azione, per inorgoglirci e renderci superbi. Allora c’è bisogno di pregare anche per avere il discernimento degli spiriti che ci parlano. Poi resta la nostra povertà, l’offerta quotidiana della nostra vita al lavoro dello Spirito. E la fiducia che “se sono sulla buona strada, il Signore mi ci lascierà, se sono sulla cattiva, il Signore, mi farà cambiare strada” (Santa Teresa d’Avila).
Un sereno weekend a tutti. paola
Ah quanto vorrei mettere a fuoco me stessa, Marco, hai centrato il punto.
In realtà sono forse io che ancora non so come sono o meglio come vorrei essere. L’amore per se stessi richiede forse l’umiltà di accettare le nostre qualità riconoscendo quelle belle, che potrebbero fare bene per se e per gli altri. E invece mi ritrovo spesso ad osservare gli altri e ad invidiare le loro potenzialità.
Volevo ringraziare Antonio per avermi chiarito meglio alcuni risvolti del film Avatar che ho molto apprezzato per la tecnica, ma di cui non avevo ben chiaro il significato; e con questo spunto mi trovo d’accordo sul fatto che assumere un corpo ci mette in relazione ancora di più con noi stessi, da qui l’importanza di questo corpo e l’amore che gli dobbiamo.
Grazie a Corrado per aver citato quel bellissimo salmo.
Grazie tanto a Paola per avermi ricordato che nella libreria avevo riposto il bellissimo libro di Nouwen (Sentirsi amati); me lo regalò qualcuno dei gruppi, (forse Livia?) qualche anno fa dicendomi che poteva farmi bene!!
L’ho aperto a caso e subito ecco cosa ho letto:
“Sono così sgomento di essere maledetto, di sentire che non sono buono, o non sono abbastanza buono, che sono quasi subito tentato di iniziare a parlare per controllare le mie paure. Mettere garbatamente da parte e zittire le molte voci che dubitano della mia bontà e confidare che sentirò la voce della benedizione….questo richiede un vero sforzo.”
Gabry
Ho trovato la dedica sulla prima pagina del lbro, me l’ho aveva regalato Rosa…ma la sentite ancora?
Grazie Gabriella per questa ottima riflessione su un aspetto delle nostre vite che viviamo tutti i giorni in tutti i momenti della nostra ordinaria esistenza. Come anche nel lavoro dei gruppi abbiamo avuto modo di sperimentare convivono in noi due nature opposte : positivo/negativo, bene/male, maschio/femmina tra le quali noi oscilliamo di continuo. E’ solo che, come così bene spieghi tu, a volte si fa una gran fatica ad amare la nostra parte sbagliata e ad accoglierla come ci viene insegnato, senza ogni tanto covare il sospetto …. di allevarla e non correggerla 🙄 ! Dobbiamo farla parlare ed ascoltare cosa ha da dire la nostra maschera, la nostra distorsione e continua nell’incessante lavoro del ritorno al nostro io incorrotto, dove sgorga la sorgente pura e luminosa dei nostri veri desideri e non di quelliche spesso ci costruiamo, magri solo perchè lo vogliono gli altri,o meglio, così ci vogliono gli altri.
Non a caso proprio di recente ci è capitato di ri-vedere il film In&Out, che raccomando vivamente a tutti, con un quanto mai splendido ed ispirato Kevin Kline che tra il serio ed il faceto e nel perfetto stile della commedia leggera all’americana ci fa sapientemente riflettere sulle opposte mature che ci abitano, sulla difficoltà di far emergere quella vera e sulle avversità che poi ci tocca scontare per essere accettati così come vera-mente siamo.
Grazie ancora in particolare modo per la notevole citazione di Lost che secondo me oltre all’alter life proprio nel riesame del vissuto dei protagonisti precedente al crash del volo 815 che si sviluppa nelle prime 2-3 stagioni, così bene ci mostra la dicotomia della nostra doppia e spesso poi distorta personalità, e poi con il millenario conflitto tra Jacob e Mib (man in black) tratta eloquentemente il conflitto tra gli apposti che alberghiamo….
Un caro saluto.
Marco F.
—oops errata corrige:
Dobbiamo farla parlare ed ascoltare cosa ha da dire la nostra maschera, la nostra distorsione e continuare nell’incessante lavoro del ritorno al nostro io incorrotto, dove sgorga la sorgente pura e luminosa dei nostri veri desideri e non di quelli che spesso ci costruiamo, magari solo perchè lo vogliono gli altri,o meglio, così ci vogliono gli altri.
… chiedo scusa ma avevo scritto un po’ troppo di fretta!
Always Marco F.
Caro Marco F., volevo ringraziarti per la tua condivisione al gruppo di oggi.
Anche io spesso ho avuto la percezione di un ‘calo dei vecchi desideri’ e vissuto lo smarrimento perché ancora non sentivo fiorirne di nuovi. In realtà però, a guardare bene, la fioritura è già iniziata. Un piccolo segno è per esempio la vostra (tua e di Gabriella) partecipazione alla redazione del sito, che in questi ultimi mesi, ha segnato, come anche è stato per me, uno scatto forte e decisivo, nel senso di una maggiore responsabilità, e un nuovo impegno creativo per diffondere il lavoro dei gruppi. Cose, almeno per me, impensabili fino a pochi anni fa. L’entusiasmo, l’assiduità, la condivisione di un’avventura sono espressioni dei nostri nuovi desideri, e l’augurio è di poterci continuare a stupire dei miracoli che accadono.
un abbraccio. Paola
Paola, hai sempre delle parole così belle e toccanti, e sopratutto vere…
Dici bene carissima sono probabilmente delle mutazioni nei nostri desideri quelle che accadono e a volte facciamo fatica a riconoscere.
In effetti a ben pensare non c’è stato il tempo per replicare, ma la cosa l’ha descritta ancora meglio proprio Alessandro. Ho sentito infatti che quello che avverto come una rarefazione, una nebulizzazione, smaterializzazione dei desideri precdenti è maggiormente accentuato proprio dal fatto che non danno più il piacere che una volta davano quando appagati… è un po difficile da spiegare ma è così : il fatto saliente è che l’appagamento di quei vecchi e fasulli? desideri non genera più la soddisfazione di prima!!!
E’ come dici tu : sono arrivati nuovi e più luccicanti desideri, appagare i quali ci dona una gioia inaspettata, insospettata, .. intensa e cosi viva che manco ce ne rendiamo conto… Grazie per aver attirato la mia attenzione, grazie davvero di cuore. “L’entusiasmo, l’assiduità, la condivisione di un’avventura sono espressioni dei nostri nuovi desideri”..Si Paola!
😀
E condivido e rilancio il tuo augurio di poterci continuare a stupire dei miracoli che accadno intorno a noi…
Un caro abbraccio.
Marco F.