IN “CANI NERI” DI MC EWAN LO SCONTRO TRA UNA MOGLIE IN CERCA DI SENSO E UN MARITO TROPPO RAZIONALE
Tutta colpa di due cani neri. È stato a causa di due minacciose bestiacce scure, incontrate durante una passeggiata su un sentiero del Causse in Francia, che June ha scoperto il Male: la loro taglia fuori misura, la loro aggressività gratuita, tutto per lei aveva un significato chiaro che andava persino oltre l’allegoria.
Quei due cani, ai suoi occhi, erano proprio gli emissari del maligno. Ma insieme al diavolo, in quegli istanti che potevano anticipare la sua fine, June avverte anche la carezza di “un’invisibile luce colorata”. Una luce che le cambia la vita. E così, appena riesce a mettersi in salvo, la donna non esita a stracciare la tessera del Partito comunista, a cercare la verità nel Tao e in Santa Teresa e ad allontanarsi poco alla volta dal marito Bernard, intellettuale laburista con la passione per gli insetti, soprattutto irriducibile ateo. È l’indomani della fine della Seconda guerra mondiale. Quando il narratore, il genero dei due, comincia a raccontare i fatti è appena crollato il muro di Berlino, quasi mezzo secolo dopo, e la coppia – sebbene non ufficialmente – è ormai separata da tempo.
È uno scontro che prima o poi capita nella vita di molti ricercatori dello spirito, quello descritto nel bel romanzo di Ian McEwan, Cani neri (edizioni Einaudi). È lo scontro che si consuma nelle mura familiari tra lo spirituale e il razionale, tra la meditazione solitaria e l’impegno quotidiano, tra il desiderio di salvare la propria anima e quello di preoccuparsi “delle cose serie”. A volte, fede e ragione, mistica e buon senso vanno insieme. Si integrano. A volte no. Come nel romanzo di Mc Ewan. “Senza una rivoluzione interiore, per quanto lenta, tutti i nostri grandi progetti non hanno alcun senso”, dice June, che per tanto tempo cerca un punto d’intesa col consorte. “Per quanto riguarda la vita interiore, prova a parlarne a qualcuno che abbia la pancia vuota”, ribatte Bernard, irremovibile sulle sue posizioni, sempre pronto a bollare come superstizione ogni segno del divino che la donna avverte nelle loro giornate.
Cosa fare quando nella coppia soltanto uno dei due è animato dal bisogno di una ricerca interiore? È una storia che si ripete. Chi ha visto il film “The last station” conosce il travaglio tra lo scrittore russo Lev Tolstoj, ultranovantenne deciso a radicalizzare la propria ispirazione evangelica, e la moglie Sofja, amatissima, ma per lui troppo attaccata alle cose della terra. Capita anche nell’esperienza di Darsi pace. Nei gruppi, da anni, ci sono molte coppie che percorrono insieme questo itinerario di consapevolezza, chi ha cominciato all’unisono, chi è partito prima e ha trovato poi la tenerezza e la pazienza per aspettare l’altro. In molti casi, però, no, questo non è successo. La ricerca spirituale ha finito per rovesciare il suo statuto: da energia destinata a unire e integrare ha diviso e aperto baratri di incomprensione proprio con la persona che più vorresti partecipe del tuo percorso.
In questi anni, nei gruppi, alcuni hanno separato la sfera dello spirito dalle faccende di casa, finendo per sdoppiarsi all’interno della propria relazione. Qualcuno ha trovato onorevoli compromessi all’insegna del buon senso e dell’affetto, altri hanno proprio mollato. Non sempre, è bene chiarirlo, la ragione sta dalla parte di chi crede: spesso parte del processo di crescita è proprio superare il perfezionismo e la nevrosi di chi vuole convincere l’altro di verità assolute che lui per primo non comprende. Ma il problema, con tutte le prudenze del caso, esiste. E trovare il punto di equilibrio sembra sempre più difficile: non si può imporre nulla a nessuno, bisogna rispettare i tempi e il destino della persona amata, ma nello stesso tempo come si fa a non condividere con la chi ti dorme accanto qualcosa che a un certo punto diventa centrale nella propria vita?
Non c’è una risposta semplice. Del resto, Cristo lo aveva promesso: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. E nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa”.
Caro Massimo,
grazie molte davvero per questa profonda riflessione. Ho molto amato Mc Ewan e anche se non ho letto ‘Cani neri’ non ho dubbi che sia un grande romanzo, molto ben scritto.
Il tema che tu sollevi è importante.
Credo infatti che nel sempre più difficile percorso di vita che tiene insieme due persone oggi (le recenti statistiche ci riportano il quadro di un’Italia sempre più vicina agli stati uniti, nel quale i matrimoni durano sempre meno e le relazioni affettive si avvicinano sempre più ad una fruizione ‘usa e getta’) il versante spirituale – di quello cioè che si pensa riguardo a ciò che non è puramente materiale, alle questioni ultime, al senso della vita – sia fondamentale.
Molti progetti di coppia falliscono, secondo me, proprio nella pratica di diversità profonde sul modo di sentire la vita. Diversità così radicali che magari non si sono nemmeno approfondite, all’inizio del rapporto – ritenendole secondarie rispetto ad altri elementi ritenuti primari: l’intesa sessuale, l’accordo caratteriale, i gusti, ecc.. – ma che invece con il passare del tempo (quando i fuochi iniziali si intiepidiscono) rivelano tutta la loro pesantezza.
Credo sinceramente che oggi – e tanto più oggi – sia invece quasi più importante condividere gli orizzonti ‘larghi’ della vita (quelli sul senso ultimo, sul bene e sul male, sulla speranza e sul futuro – non solo quello mondano) che quelli ‘brevi’ della stretta quotidianità, che come sappiamo sono estremamente volubili, e sui quali è possibile comunque trovare sempre, con la buona volontà e il buon senso,un terreno comune.
Grazie,
f.
Grazie Fabrizio, davvero una bella riflessione la tua. Ti segnalo sull’inserto D di Repubblica di oggi, un’interessante nota di Galimberti a proposito della ricerca creativa necessaria nella coppia. Una ricerca per combattere quello che lui definisce il “reale” nella cultura di oggi, un reale che ricalca lo stesso schema dei prodotti di consumo: per cui tutto, dalla scelta di un amico a quella di un amante, di una moglie, di un marito o di una carriera, può essere suscettibile di una cancellazione immediata, non appena all’orizzonte si profilano opportunità più vantaggiose.
Che la ricerca di un senso allargato nutra sempre i nostri amori.
Caro Massimo, leggendo il tuo post, mi é venuto in mente il mio rapporto di coppia. Quante volte ho litigato con mio marito Alessandro! Quante volte abbiamo fatto lo sforzo di comprenderci, di perdonarci, e quante volte non condividendo le scelte dell’uno o dell’altro siamo andati avanti da soli! Spesso ci siamo accorti che nonostante avessimo preso strade diverse, alla fine queste portavano dalla stessa parte! Che posso aggiungere? Quando è che un matrimonio è buono? Forse quando anche la mia vita è buona. Un saluto da Luciana.
Caro Massimo,
il tema che poni è cruciale.
E’ anche sintomatico che il problema non lasci immuni gruppi di ricerca e di esperienza spirituale come il nostro.
Il luogo dell’intimità per eccellenza viene ad essere terreno di scontro di “diversi modi di sentire la vita”, come giustamente fa notare Fabrizio (in effetti non sono solo diverse “visioni” del mondo ad essere messe a confronto).
Penso che una delle forme di malattia dell’uomo contemporaneo sia il sentimento di lacerazione che egli avverte tra le diverse immagini di sé, l’oppressione e il dubbio che questo confronto porta sempre con se.
Quando questa forma di nevrosi è vissuta nella coppia, tendono a scoppiare i conflitti, le incomprensioni, le recriminazioni.
Purtroppo a questa tormento non c’è soluzione in termini psicologici, perché la nostra psiche è, da questo punto di vista, inaffidabile e, a mio avviso, la continua e necessaria analisi psicologica della nostra interiorità, dovrebbe portare proprio a questa consapevolezza, per poi intraprendere la via dello scioglimento, della “assoluzione”, come la chiama Marco.
Anche il percorso con mia moglie ha conosciuto, e metto in conto che potrà sempre nuovamente conoscere, la crisi nello scontro fra queste forme di nevrosi. Ma ciò che mi ha aiutato, in questo cammino, fra continue cadute e riprese, sono stati: la fiducia (in qualcosa di più grande di me), la fermezza (nei principi di una verità condivisa), la flessibilità (nel discernimento fra ciò che è più o meno importante), la volontà di affrontare ciò che non va, appena si manifesta, inoltre, la capacità di attendere, e infine la volontà di trasformazione, continua.
Inoltre, sempre per la mia esperienza, occorre tenere presente che, il cammino spirituale si può esplicare in forme molto diverse da come, a prima vista, immaginiamo debba compiersi.
Così, non è detto che i due coniugi o compagni, debbano intraprendere un uguale cammino. L’importante è che la volontà, la decisione di comunicare non tramonti mai.
Un abbraccio
Alessandro
@Luciana: grazie per l’incoraggiamento, credo che – al di là delle rispettive strade – quello che fa la differenza è percepire una comune tensione verso qualcosa che trascende la quotidianità, sentire come dice Alessandro “la volontà continua di trasformazione”.
@Alessandro: grazie per la riflessione, e per averci ricordato che persino frequentare un cammino spirituale comune non è garanzia di successo, che il lavoro sulle parti ferite è condizione preliminare per capirsi. Aprirsi all’imprevisto, come giustamente sottolinei, è la condizione più libera per confrontarsi. Non mi incuriosiscono le coppie che sembrano fatte l’una per l’altra, mi appassionano più quelle che trovano ogni giorno le forme creative per incontrarsi, malgrado tutta la distanza che sta in mezzo. Un abbraccio.
Carissimi, vi scrivo da un internet point a Spotorno, solo per ringraziare Massimo dello spunto cruciale….
E’bene ricordarci che la coniunctio è “oppositorum”, e cioè di cose opposte: questa è l’opera, questa è la croce, questa è la salvezza.
L’importante è il cuore della croce, il punto di intersezione, che resti saldo, contro ogni evidenza passeggera….ma quando resta saldo questo centro? perché alcune coppie reggono e altre si rompono?
Non ho mai trovato spiegazioni solo psicologiche, c’è un mistero più profondo nella riuscita di un matrimonio, qualcosa che ha a che fare con ciò che ricordava Alessandro, ma anche con una “grazia”, cui costantemente fare appello e affidarsi.
Il resto è lavoro.
Ad un ceeto livello della coniunctio l’integrazione procede più libera, e coinvolge ogni aspetto della nostra esistenza; ma ciò accade come effetto involontario del lavoro su tutti i livelli della nostra persona…
Un abbraccio ligure. Marco
ho trascorso la maggior parte della mia vita alla ricerca della “soluzione” al problema.
Sul come coniugarsi in coppia, nel matrimonio
Tutto vano, qualunque tentativo. questo ed il contrario di questo:
“Sul muro di gomma
come palla rimbalza
attonito il cuore”.
L’unica cosa che in trenta anni non avevo fatto era stato “arrendermi all’evidenza” di una incomunicabilità.
Ricordo emblematica una notte in cui mi sono destata di soprassalto e scuotendo Gianni violentemente gli ho chiesto : “Ma chi cavolo sei tu con il quale ho fatto tre figli?”
Son dura a capire le cose ovvie: “Nessuno capisce nessuno”
Amare è proprio un’altra cosa e noi non ne siamo capaci di nostro.
Io non so amare mio marito e mio marito non sa amare me.
Per cominciare a coniugarsi, per entrare nel guado, nello jato del mistero, nell’incomprensione dell’amore è necessario lasciare proprio tutto. Dare tutto senza condizioni e per farlo è necessario prendere una DECISIONE quella di salire in barca con Caronte e: “lasciate ogni speranza o voi che entrate”. Almeno: per me è stato questo.
Solo il grido muto dell’impotenza umana ha rotto il muro del suono, ed il fluire della voce interiore che cantava sensibilmente l’amore in ogni mia fibra mi ha risanato.
Tutta la scienza umana non basta se non si “s’offre” la propria impotenza al Signore della Vita. E questa offerta “s’offerta”, non è un atto meritorio di buona volontà, ma solo una resa impotente e contorta. Un blocco allo stomaco, un buco nero in cui precipiti stante te e gridi, gridi d’impotenza e di dolore e poi te ne vai e aspetti, aspetti ed aspetti ancora sino a quando lasci ogni attesa, ogni aspettativa, la più legittima, la più ragionevole.
Come avviene il cambiamento lo so: E’ UN DONO CORRISPOSTO “io sono TU che mi fai”.
Oggi “non vi sono più problemi” tutti i problemi sono SOSTANZIALMENTE risolti: “la mia vita è la stessa eppure diversa”. Gianni ed io ci stiamo reciprocamente coniugando nel mistero dell’amore che è un mistero di comunione nella nostra reciproca incomunicabilità, così PER DONO.
Come sia possibile io non lo sò, ma noi oggi stiamo bene insieme e spesso siamo felici e “lo sforzo” la fatica che compiamo è assolutamente inconsistente, rispetto a quella compiuta per il passato, senza alcun risultato se non quello di morire, morire e morire ancora… sino a risorgere?
Forse la coniugazione avviene nel tempo, in un tempo lineare e ciclico, che si compie in un punto preciso: Quello in cui la canna battuta dal vento, non è spezzata, ma, sta lì, “faccia a terra”, immersa nel fango della Vita (in una data precisa: 1 Novembre 2007) dalla quale dipartono linee rette e curve che disvelano l’immagine complessiva e futura. Quella di generazioni in cui l’acqua della vita sia già FLUIDO DESIDERIO e non ghiaccio nel cuore…
Ciao
Rosella.
p.s. “…il resto è lavoro…”
Un saluto a tutti ; cara Rosella è un piacere vero sentirti parlare della tua esperienza di ricerca d’amore e vita; non so se esiste solo questa via della resa ,la via dell ‘ impotenza, si ma dell ‘ ego, per raggiungere gli altri ma di fatto è quella che sia tu che io abbiamo trovato lungo la strada. Io sono ancora al nastro di partenza tanto che non è nemmeno sicuro che la percorrerò ma la vedo perchè ci sono arrivato. UN grande bacio Ros a te a tutti
Caro Luca,
grazie per il tuo riscontro che sostiene la decisione di continuare a dirmi.
Sapessi quante volte son tentata di non farlo più (ma è solo una tentazione).
Prima o poi accadrà; ma, sarà la cosa opportuna al momento adeguato.
Sulla questione dell’impotenza e dell’Amore mi sento di aggiungere questo: la mia impotenza, la mia capitolazione circa “fede speranza e carità” erano tali per cui io neppure mi sono resa conto per mesi di dialogare interiormente con un principio di vita.
Pensavo di essere sul baratro della follia, di parlare “maniacalmente” da sola.
Il caso ha voluto che io trovassi in internet la Certosa di Serra San Bruno – un certosino – “Il mio cuore cerca il tuo volto” – e questo testo meditativo è stato per me la via dell’evidenza dello Spirito (dolcino) la strada della spiritualità.
Una spiritualità “così adatta” al percorso proposto da Marco (che sempre “per caso ed in internet” dopo e solo dopo, un anno dopo…) da farmi percepire quasi fisicamente che è proprio “lo Spirito che ci raduna in unità”
Se lo desideri puoi leggere nella seconda parte del testo che ti ho proposto, ciò che attiene alla dinamica della Fede (che nasce dall’impotenza umana) e che pur in modo differente ma analogo è UN DONO “fatto” sia alla Maddalena che ai discepoli di Emmaus.
Nell’ io mi fido di TE che s’incarna nel contingente della vita (Gianni io mi fido di te così come sei; mi fido dei tuoi limiti e non dei tuoi pregi… che pur essendoci IO/egoico/ neppure vedo…) CONTEMPORANEAMENTE (incarnando direbbe Guzzi) si disvela il disegno del Regno dello Spirito di Dio LA SUA UNITA’.
Un già dato, un già fatto che senza di me non può concretizzarsi, permanendo sulla linea del tempo, in questo dolore di crocifissione di: AMORE NON CORRISPOSTO.
La libertà che ci è donata, connota in noi la DIVINITA’ REGALE, questa “la pasta”, quel fango da/di cui siamo fatti/tratti. SIAMO LIBERI… e se ci pensi bene abbiamo un’unica vera libertà: “Liberi di amare”. Lì dove siamo e così come siamo? Sì!
Eppure siamo veramente liberi di amare solo nel momento in cui riconosciamo(ri-conoscenza=gratitudine): “quello che non è possibile all’uomo è possibile a Dio”.
Il metodo di lavoro proposto da Guzzi è veramente espressione dell’esperienza di un IN-CONTRO che s’incarna nella contemporaneità storica ed io lo sento quasi un piccolo miracolo, poichè mi è dato per altre strade di vederlo e riconoscerlo.
Ciao Luca, ce la farai a permanere sulla via dell’incarnazione dell’amore, siine certo!!!
Mi pare che in te, l’incontro fatto stia producendo il frutto della fede/fiducia che non dà più scampo. Quando quella famosa porta si apre come nella meditazione dilata UN LUOGO di non ritorno, nulla più di finito può bastare, solo IL TUTTO ed è ” l’inizio della fine” e possiamo chiamarla: CONIUGAZIONE.
Ti abbraccio
Buona giornata a tutti
Rosella
caro Guzzi,
tu sai che la cosa che m’intriga maggiormente è il matrimonio e
facciamo un passo avanti.
“E’bene ricordarci che la coniunctio è “oppositorum”, e cioè di cose opposte: questa è l’opera, questa è la croce, questa è la salvezza”
il punto è come si coniugano gli opposti umani?
separandoci l’uno fall’altro (la spada di Cristo? le persone nella loro unica divinità? trinitaria) essendo unificati ma non divisi in sè stessi.
L’unificazione è all’interno la separazione all’esterno. L’unificazione è il concepimento, la separazione è il figlio che guarda caso nasce dalla divisione dei cromosomi….).
e come si può addivenire all’unificazione interiore?
non pretendendo di separe il bene dal male con un nostro sforzo personale ma assaporando il gusto agro dell’impotenza e lasciandolo “s’offerto” come unico nostro possibile dono alla misericordia dello Spirito.
“separati ma non divisi”
ciao.
Su su con la vita
Rosella
errata corrige:
che “guarda caso” nasce dalla divisione
che “per PURA coincidenza” nasce.
cara Gabriella,
ieri ricordavo queste parole ma non riuscivo più a ritrovarle.
questo è esattamente ciò che ritengo essere:
separati ma non divisi (adulti emancipati dai loro genitori) che ri-conoscono nella gioia che li genera /rigenerandoli il loro amore (non parlo se prima non tocco la gioia, non voglio mentire)la radice della loro identità.
Condizione necessaria alla coniugazione degli opposti: UNA – pura – coincidenza.
Dal mio punto di vista ritengo che quel luogo in cui lasciamo l’impotenza nostra personale (paura, rabbia, si possono ricondurre sempre a questa emozione “incarnata” dell’impotenza, sotto la quale, gratta gratta, vi è l’invidia di non essere onnipotenti) che riconosciamo nel lavoro psicologico è quel “cuore della croce” che Guzzi definisce “croce via”
Luogo nel quale noi lasciamo la nostre croce tra le braccia aperte di un Cristo sospeso/appeso tra cielo e terra e… risorgiamo con lui.
In fondo riattraversare rivivendo i nostri stati emotivi mentali “maledetti” è l’incarnazione necessaria perchè gli stessi possano essere trasfigurati e risorgere come fonte di gioia nella ri-conoscenza, nella gratitudine che la PURA COINCIDENZA. Questo è un movimento attraverso il quale noi SOSPENDIAMO IL GIUDIZIO su noi stessi e non separiamo il bene dal male, riconosciamo l’esistenza del bene come del male in noi e l’impotenza a separarli, a liberarci del nostro male da noi stessi e quindi imploriamo “un cuore nuovo” un cuore di carne.
Non giudicate e non sarete giudicati, ha una valenza interiore in un modo ed esteriore (verso il mondo in altro modo) si separano i capri dagli agnelli, solo dopo, a partire dalla nostra integrità… dall’incarnazione dello Spirito del Risorto.
Son tutte cose che la Chiesa annunzia da due millenni ma che è ora che noi ci decidiamo ad incarnare nel cuore Il cuore non è un luogo simbolico, è un organo vitale per l’uomo che accelera il suo battito sia per la gioia che per la paura, sarà solo un caso, o una semplice coincidenza.
La faccio facile vero?
Ma in fondo seguo un testimone che parla “una semplicità” di secondo grado. (Che vorrà mai dire?)
ciao Buona giornata
Rosella
scusate- ho omesso l’essenziale:
… “A tale proposito ho apprezzato l’intervista, riportata da un giornale, a Julian Shnabel, regista ebreo di New York, sposato felicemente con una ragazza palestinese.
Alle domande un po’ dubbiose dell’intervistatrice risponde: “Perché non provate a comportarvi come a New York? Tutti parliamo con tutti e conviviamo conservando le proprie identità”! “
… si separano i capri dagli agnelli, solo dopo, a partire dalla nostra integrità.
Dall’incarnazione dello Spirito d’Amore.
reputo d’attualità le parole scritte nella polvere
da Gesù davanti all’adultera:
chi è senza peccato scagli la prima pietra
Nessuno ti ha lapidato, non lo faccio neppure io. Vai e non peccare più.
Fr. Roger direbbe: Dio ci vuole(integri e) felici!
per oggi può bastare.
Forse il matrimonio del tempo che viene dovrà essere proprio questo vaso alchemico in cui tutto è riversato:
i due versano tutto nella relazione, tutte le loro sostanze non scisse, non rimosse cioè, e le contengono insieme, resistono al loro terribile attrito, lasciano che le energie, anche quelle più distruttive, si mischino, e si trasformino.
Questo però richiede un grande impegno dentro la coppia:
bisogna imparare a dirsi tutto, realmente tutto ciò che ci passa per la testa e per il cuore,
anche le cose più dure, che feriscono e fanno male,
e a farne dialogo, comunicazione,
e questo a sua volta richiede molto tempo,
e questo a sua volta richiede che facciamo scelte di vita non sempre facili: guadagnare di meno, non fare carriera, fare brutta figura con i colleghi, amici, parenti, etc…..
Non posso pretendere cioè che la coniunctio, e quindi la mia salvezza, proceda, senza impegnarmi per avere diverse ore settimanali per lavorare con mia moglie, e cioè per stare con lei, passeggiare con lei, litigare con lei, unire corpo, mente, emozioni, spirito con lei, vedere in lei i miei problemi e lasciare che lei veda in me i suoi, e così via…
E non è questo il problema?
Il tempo?
E quindi la mia vita, cosa devo/posso fare della mia vita?
E non ricade proprio qui il punto più decisivo della nostra epoca, di questo momento esilarante della storia?
Cosa voglio veramente fare della mia vita?
In che cosa voglio per davvero investire le mie energie?
Un abbraccio. Marco
Cosa voglio veramente fare della mia vita?
In che cosa voglio per davvero investire le mie energie?
Posso permanere immobile, sulla linea di congiunzione che inercorre tra l’emozione di “buttarsi via per niente” e quella di “dare tutto senza condizioni”
“LA VITA E’ RISPOSTA ad una domanda che non abbiamo formulato.”
ciao
Cosa voglio veramente fare della mia vita?
In che cosa voglio per davvero investire le mie energie?
la domanda esistenziale è: come si accoglie un dono? anche il dono dell’altro nella coppia?
noi non crediamo che l’impotenza sia il luogo dell’onnipotenza.
Non facciamo esperienza sufficiente di quel “Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno” nel luogo meditativo, del dialogo interiore.
la risposta è nell’unificazione riconoscente dell’impotenza che si “s’offre” nell’immobilità interiore nel cuore della mente (immobilità che rafforza una volontà che non ci appartiene ma che si lascia benedire) permanendo nel dubbio che ci è rivelato dal sentimento del cuore. Altro è sentirsi “mi butto via per niente” altro è “sto donando tutto senza condizioni”, ma nella contingenza le due questioni coesistono sempre, eppure…
quel piede che posandosi per terra costruisce la strada della città umana, pur nella sua coscienza di non sapere quello che sta facendo, è riconoscente alla vita stessa, quindi, “gusta e gioisce nel Vivere” di ogni minimo granello di polvere che ri-creando/calpesta.
“Forse il matrimonio del tempo che viene dovrà essere proprio questo vaso alchemico in cui tutto è riversato”… Il post – e il dibattito successivo – aprono tante, “troppe” porte di accesso. Io parto da questa frase di Marco, se ne colgo il senso.
Sperimento che nella coppia (anche laddove ci sia un’apparente e profonda consonanza nella “ricerca spirituale” a differenza di quanto suscitato nel post), la fusione è una terribile e comune illusione.
Mentre la libertà di ciascuno, dentro e non incidentalmente a margine del territorio sacro del matrimonio cristiano, è la Terra promessa. Che chiede tanta pazienza e poca fretta.
Ovvio, questo è appena percepibile da chi ha risposto con consapevolezza a questa specifica vocazione (che come tutte le vocazioni non è solo per se stessi ma anche per il mondo, ma questa è un’altra storia…). Ma è anche una consapevolezza che, volendo, si può ricostruire.
Per me, chi si sposa accetta che anche la sua personale pienezza, “realizzazione” (?) umana e spirituale passa nel matrimonio. Direi “è nel” matrimonio (luogo della pienezza), anche se “non è solo il” matrimonio. Per me questo è una luce, anche nel discernimento delle scelte quotidiane. Ma so personalmente che è faticoso da cogliere anche per i più benintenzionati, e i più “credenti”…
Sottolineo infine solo un’altra indicazione di Marco – non molto gettonata sia da tanti sacerdoti/padri spirituali che psicologici “del mondo” – ossia quella di dirsi e comunicarsi davvero tutto. E bene.
Io e mia moglie lo abbiamo sperimentato sin dal fidanzamento, ed è stata dura, a volte durissima… ma forse è per questo che pare siamo riusciti a sopravvivere a due o tre belle bufere, di cui una in corso.
Per usare termini meno “cattolici”, credo che nella coppia che desidera vivere insieme bisogna accettare seriamente la “cooperazione”, contro un’innata “competizione” che anche inconsciamente esplode: persone assolutamente diverse, anche con ambizioni e sogni diversi, possono essere una leva per far “esplodere” la felicità e la pienezza dell’altro. Forse, e dico forse, ciascuno dovrà rinunciare a qualche sogno altissimo e individuale, ma potrebbe realizzare una pienezza personale e comune altrettanto bella e inattesa.
Carissimo Simone, hai ragione: la fusione è un’illusione catastrofica, che sorge da antiche tendenze a non essere come persone libere, a non scoprirsi, a non ex-sistere, a non uscire fuori dal magma delle simbiosi psichiche infantili.
La coniunctio invece unisce liberando, direi quasi ricreando la persona nella sua unicità, nel suo carisma, nella sua missione, che cresce sempre più come missione coniugale, propria di quella nuova unità che è la coppia: immagine stessa di Dio Creatore.
Tutto ciò è ancora molto ignorato, perciò soffriamo da morire.
Tutto ciò, lo ripeto, richiede che mettiamo al primo posto nelle priorità esistenziali il processo, la nostra salvezza nell’attrito della relazione.
Una nuova antropologia, dunque, e una nuova politica del lavoro, una nuova pedagogia e una nuova organizzazione sociale, che si finalizzi a quella felicità/realizzazione umana, che cresce solo nella ricchezza delle nostre relazioni, a partire da quella coniugale.
Ciao. Marco Guzzi
Se il processo iniziatico, il cammino della nostra reale trasformazione è sempre una discesa negli inferi, negli abissi dell’anima, in cui non vorremmo guardare, in due la sfida diventa ancora più ardua e al contempo, se la cosa riesce, ha del miracoloso…
La ‘nevrosi compatibile’ che all’inizio crea la scintilla dovrebbe pian piano essere curata, magari con tempi non troppo diversi da parte di entrambi.
I blocchi nella unione mi sembra che siano sempre determinati da strati e strati di paura (di non essere all’altezza, di non saper amare, di impazzire, di morire, di vivere…, etc etc): imparare a sciogliere questo terrore paralizzante è un grande lavoro.
Cara Ro, per me le tue parole contengono quel caos necessario “per partorire una stella danzante…”(Nietzsche)
Io fatico molto a contenere e a mettere ordine nel mio caos, e a farne fiori da offrire agli altri: allora spesso lo sopprimo, lo rimuovo, lo nascondo e metto la solita maschera che non ha niente di interessante da dire…
Questo è, forse, quello che ha fatto sì che fossi attratta da mio marito…
Credo comunque che siamo ad una nuova soglia alchemica!!!
Dopo tanto ‘solve’, un po’ di ‘coagula’. Per poi di nuovo ‘solvere’.
Che Dio ci aiuti!!!
cara Paola,
un Monaco di Taizè ha scritto che: il pane del silenzio è LA PAROLA.
Ora mi pare di essere pronta per la sfida di “dieci righe dieci”. spero con questo che dal mio sobrio silenzio scaturisca il pane nutriente della vostra parola.
voglio vederti danzare…
come una stella del mattino.
ciao, notte.
Rosella
Che le dieci righe siano dieci, e non 5, però!!!
Altrimenti mi prende il panico……
Nessuno ci darà mai l’autorizzazione ad esistere, se non noi stessi, ma l’invito alla danza mi piace e proverò, di fronte alla tua sobrietà, ad essere più fluida nel parlare e anche nell’intervenire sul sito. Non so se ci riuscirò…
Presidiare il nostro sito è un compito a cui Marco ci invita con vigore, ma credo che ancora molti di noi ‘darsipacisti’ (uso il termine con cui il nostro esperto del sito superFabrizio ci chiama scherzosamente) non abbiamo compreso le potenzialità di questo strumento per capire meglio noi stessi, le nostre maschere, i blocchi e le resistenze a vivere. Un po’ la pigrizia, un po’ la mancanza di tempo, la paura e la fatica di esporsi, la preoccupazione di trovare una misura (ma non si trova, se non la si cerca, anche a rischio di sbagliare) etc etc.
La sperimentazione va avanti, comunque, e vedremo di non perdere l’occasione per una crescita comune.
una buona giornata
paola
“Nessuno ci darà mai l’autorizzazione ad esistere, se non noi stessi”.
questo NOI STESSI è una regalità che corrisponde esattamente alla natura nella quale siamo concepiti. E’ una PURA COINCIDENZA.
Perchè noi, ciascuno a nostro talento, non apprendiamo a rinascere dall’alto?
Partendo dalla contingenza nostra? dalla terra.
Si può continuare a ricreare questa nostra terra, calpestandola; oppure posandovi sopra un piede che la fecondi, danzando.
Una danza che pur celata dalla nube nella trasfigurazione, riveli ciò che siamo: i Signori della terra !
“io sono tu che mi fai”
un abbraccio
Rosella
“Io fatico molto a contenere e a mettere ordine nel mio caos, e a farne fiori da offrire agli altri…”
Come si riordina “il caos”? CHI NON FA NIENTE NON SBAGLIA MAI
La domanda da porsi è: come si forma l’argine?
OSSERVIAMO, sospendiamo il giudizio e “lasciamo che accada”.
L’acqua scorre dalla sorgente al mare, ricreando “terra nuova” nel suo stesso alveo. L’acqua scorre mentre l’alveo non conosce nè da dove venga ne dove vada. L’alveo si lascia all’acqua che lo trasforma in humus e trasfigura.
Sono la rondine e il passero di passaggio, che affaticati si ristorano all’ombra frondosa dell’albero che affonda radici profonde nella sponda a godere e gioire riconoscenti l’ INSIEME.
L’albero consolida la sponda nutrendo sè stesso, traendone la forza necessaria al rigoglio della fronda sulla quale, passero e rondine “si rilassano”, lanciando al vento il loro garrulo cinguettio.
L’Eremita triste del paese abbandonato
E tornerò al paese
Come eremita triste e abbandonata
Tornerò sui passi della giovinezza
A cercare lo sposo smarrito.
Nella calura dei meriggi
Ascolterò il canto degli uccelli
E saranno le cicale
Che mi spaventeranno
Della fine di questo uomo.
Sinceri pensieri
Apriranno le zolle
Dove un tempo
Mio padre ha seminato il grano;
Guarderò impotente
Crescere la zizzania
Ma mi consola
La parola del poeta
Che sgorgherà ancora
Dal pozzo delle origini .
Oggi è Primavera e non la posso vedere
Dentro la grotta di Cuma
Oggi è Primavera
“E non posso vederla la moglie mia”:-
Disse Giovanni!
Giovanni dorme da secoli
Nella grotta degli Inferi
E blasfemo incolpa la madre
La moglie e le donne.
Pergamene di pensieri
Pergamene di pensieri
Irrompono sui muri
Dove le crepe
Annidano bocche di leoni
E la paritaria
Consuma solitaria
L’abbandono di una casa..
Pergamene di dolori
Rendono umide le mura
E vetustà di grigio fumo
Pavimentano le forme:-
È un lacero rimpianto
Di fratelli di sangue
Che annidano rancori
Di stupida avidità.
Lucida presenza di coralli
Non saranno le gemme
O i lapislazzuli
Quella lucida presenza di coralli
Sul viso consumato
A regalarti un pezzo di cielo tra le mani
O quel turchese tra le dita
A regalarti tanti denari amore
Per la vita quotidiana,
Né il rosso dei coralli
Sulla pelle della giovinezza ambrata
Ma la scoperta del tuo Essere rinato
Ricoperta di vernice
Tra la pietra ossidiana nera
Degli Apache.
IL SOLCO DEL PIANTO TREMA TRA LE ZOLLE AMARE
Il solco del pianto trema tra le zolle amare
Tra filari di querce secolari
E da lontano
Bianche nuvole annientano
L’orizzonte
In specchi di pensieri neri.
Le trepide gallinelle fiorite
Le trepide gallinelle fiorite
Pigolano nei campi
E il sole si staglia
Lungo i confini della masseria.
Il cane abbaia e scodinzola
Felice negli occhi accesi del padrone
E la “Primavera” ritorna
Nella madia di campagna
Traboccante
Di pane fresco e profumato.
Gli alberi fioriti
Diventano bomboniere
D’amore e tutto scorre
Senza tempo
Colora i viali di essenze
E planetario e felice
È quel attimo di silenzio
Stratosferico.
Ti parlerò d’amore e di poesia
Ti parlerò d’amore e di poesia Omero
“Padre universale del verso”
Ti citerò nel tempo
Con simili ricordi
Di donna..
E del naufrago
Che soggiace alle grazie di “Nausicaa”
Ne parlerò con voce di mistero.
Ora che il tempo ..
Ha deturpato le mie grazie di donna
Mi sovviene
Che non sono mai stata
Per l’uomo immaturo
Una dolce ancella..
E nel mio cuore imperativo
Alberga da sempre
Una “Circe” di Amore Grande.
La nebbia di Avalon
La nebbia di Avalon si dissolve
E il vecchio medioevo tace.
Lungo le sponde del fiume
Ora mormora
Antichi detti dell’oscurantismo.
Tornano storie sui giornali
E l’uomo diventa l’orco della famiglia.
Nel terzo millennio
La chiesa è il regno di Dio..
Chiede aiuto
Nel nome di Maria.
Mose ha smarrito le tavole divine
E l’umanità precipita ancora nel Medio Evo.
La tazza di latte di Proust
Seduta in un angolo sperduta
La tazza di latte di Proust
Mi consola
Senza maschere ritorna
E vuota o piena mi gioca
Nei momenti del destino.
Quanta pace avrebbe dato
Se le maschere
Fossero cadute
E ciò che mi rimane
E l’origine del tempo.
Parlerò di Paradiso
Parlerò di Paradiso
Al mio animo affranto
Parlerò di un fiume
Della Bibbia
Che molti già conoscono
Quando le giare saranno antiche
E l’umano trasparente.
Saranno rose e spine
Le visioni dello spirito
Lungo il fiume.
E mi corrode
Il tarlo del mio sangue
Senza amore.
Davanzale senza Luce
È il bisogno dei miei giorni..
E per vivere parlerò di poesia
Dei Santi e dei Profeti
Senza mai stancarmi
Fino alle porte della morte
In Paradiso.
Sui piani del mentale la poesia
E il mare regna sovrano
Sui piani del mentale
Come vulcano
Ti rapisce la poesia.
Cadono sui monti
Parole di fuoco
E il Se brucia
Nel sacrificio del sapere.
Cade anche l’amore
Che si apre
Al volere Spirituale:-
E Dio che fa luce!
E sotto i piedi vacilla
Per incanto
La struttura del reale.
E’ magico e fanatico
Il potere della Luce
E’ visione illuminata
dell’Amare Universale.
E’ già mattina
Forse Dio
Mi riconosce
Quando è già mattina
Quando si accendono
Sul mio viso i sorrisi
Della luce del sole
E la visione struggente
Delle rosse camelie,
Non parlo di visioni
Ma d’amore emozionale
E il rosso che mi inganna
Uccide il fisico anormale.
Parlerò di Paradiso
Quando il sole
È già tramonto
E l’alba mare oceano
Che gia regna
Nei fondali
Della mia sconosciuta ombra
Ed il cuore è già “l’anima”.
L’epilogo del verso sonante
Penetra l’ombra dell’uomo,
L’epilogo del verso sonante
Che fugace
Trasfigura l’umano.
Penetra nel verso di fede
L’orbita del vedere
Sotto le ciglia socchiuse
Distese di nebbia.
Penetra nel fuoco sacro
La silloge
Che accarezza l’essere
E simultaneo diventa
Presente nel metafisico
Come suono
D’epilogo pregnante della vita.
La sigla dell’eterno
Quante volte siamo rimasti
Con le spalle al muro
Dove l’eterno
Ha inebriato di spirito
La natura;
Quante volte
Ci siamo rivolti al Signore
Per siglare la nostra vita
Quante volte
Abbiano visto nascere il sole
E declinare il tramonto
Credo che a Itaca
Ci andremo tutti :-
Ecco che l’eterno ha bussato
Nelle nostre case
Ha siglato le nostre radici.
Poesia dell’algida luna
Poesia dell’algida luna
Dormi come una barca
Nel porto oscuro del divenire,
Quante risposte diventano
Figlie del tempo
Quanti sonetti sopiti
Riposano nell’abisso dell’anima;
Crudele fu quel tono pacato dell’amore
Che diventò centurione mortale
Dell’Universo
E “donna” fu il” sole”
Che dischiuse inconsapevole il dolore
E la conchiglia con l’uomo blasfemo..
A una certezza
E un patto con Dio.
Quel soffio d’Autunno
Quel soffio d’autunno
Spira leggero
Dentro l’arca incantata.
Quel soffio di vento
Armonico e secolare
Non smuove la “vecchia quercia”
Nutre il suo arrivo in Paradiso.
Marmorea e plateale
L’oceano si tinge di blu
Combatte
Nello Spirito
Il verbo del male .
Ora quando l’oceano tace
La vecchia (quercia risorge).
Gardenia fiore d’Autunno
Anche d’Autunno
Quel uomo blasfemo
Guardava la Sposa
E tirato ubriaco d’illusioni
Pensava alla sua gardenia perduta
Avrebbe voluto essere galante
Ma il sogno amava il potere
E un giorno decise di andare.
La casa vissuta spuntava di erbacce..
E spuntavano ancora
Gardenie nella neve d’Inverno.
Nel tempo la sposa
Viveva nel suo giardino
Di gardenie in fiore.
Era l’Inverno un giorno..
Vicino al sapore dell’uomo vecchio
E spuntò una gardenia graziosa
Nel giardino dei mancati sposi.
L’Autunno antico
D’Autunno l’antico..
Ha ancora il sapore
Dell’Estate negli occhi
E la gardenia sogna
I colori della verde età.
Conta molto ..il tepore
Dell’anima che canta
Come usignolo
Davanti alla finestra del tempo,
Davanti ad uno sguardo pacato
Rivolto al cielo blasfemo.
Conta molto sapere
Che d’Autunno
Cadono i giorni
Nella terra Eterna del ritorno.
Dei ricordi
Mi consola
L’isola felice
Del presente vissuto.
L’autunno di parole
Non conta l’ultimo tramonto
D’autunno.
Di parole l’eterno
Ti chiama.
È un sogno
Destare la mente
Che non tradisce
La comparsa di una rosa
Nella tua anima.
Non conta che il mare
Riposa.
Ai sensi l’autunno
Descrive la vita d’uomo
Di parole coniate nel tempo..
Con versi di pianto
Che diventano musica
L’inno di Dio.
Lacrime e poesia
E’ un mazzo di mughetto
Intriso di lacrime e poesia
La mia vita consumata.
E’ un mughetto Stanco
Il mio germoglio di madre
Feconda.
Ha il tarlo
Di una rete di pescatore,
Si agita nell’oceano
E sulla battigia stanca
Si adagia il mio corpo lunare.
Di incanto
Che meraviglia
Questo mazzo di mughetto..
Aspetta ancora che lei sia
“La Sposa più bella”
Aspetta ancora
Il Messia Sposo come
La Donna di fiori.
Lungimiranti floreali di turchino
Penso a te
Vita lungimirante e floreale
Nell’azzurro turchino
Penso ai fiori
Dell’Essere
Nei coralli dell’abisso
Cerco l’edera del mondo
Sotto gli alberi dei pini
Ma una quercia spunta bella
E mi sorride..
“Secolare e appagante”
E’ la sua chioma
Mi richiama
Ai giorni del destino
E ancora ..e ancora
Cosi radiosa
Spunta la mia alba.
Cerco l’ alba del ritorno
Cerco l’alba del ritorno
Nel volto della gente emarginata
Quando l’anima soffre
Per donare agli altri la mia vita..
Cerco il fiume della fonte
E mi disseta il limo
La tua Presenza;
Cerco il fiume che purifica
Quando il vento
Spira piano e l’azzurro
Irrompe l’alba
Con raggi immacolati
E un verde incantato.
Cerco l’alba di Maria
Quando sono in pace
Con me stessa
E dono agli altri
Il mio respiro
Di pensieri
E mi accordo di sognare
Quando cerco la mia vita
come esempio dell’Esistere.
Pergole amare di profumi
Pergole amare di profumi
Si sono guadagnate le essenze;
Non sono i tannini
Il profumo di mio padre
E le vecchie foglie di pergole
Del vigneto
Era la sua presenza l’essenza
Dei tannini
E il ritorno del ricordo
Nei miei giorni di vita.
Si consuma la nostalgia..
Pare sia poesia dell’esistere
O il ritorno al ricordo del passato
O la fanciullezza andata..
Volano le farfalle
Volano le lucciole
E avvolte anche le libellule
Nei pensieri tristi
Del presente.
Tornerò a casa
Alla destra di Dio Padre
Insieme
A mia madre e mio padre
Sotto pergole di glicine in fiore.
Vibra il grano nel grembo della Madre
Vibra il grano
Nel ventre della Madre
E nessuno può pensare
Che sia il miracolo della vita.
Vibra il seme dell’Altissimo
Conta i chicchi
Davanti all’altare del suo tempio
E Gesù ancora non è nato.
Conta il grano
Nello Spirito
La Colomba nella chiesa
E il Messia si incanta
Quando aspetta
Tutti alla sua mensa..
Soprattutto i peccatori
E gli affamati.
Prende tempo Maria
A insegnare che il Signore ci l’istruisce
E cerca sempre la visione dell’umanità
Sotto il seme del buon Dio.
Il giunco fiorito
Il giunco fiorito
E’ comparso
Sull’arida collina
Vicino al camposanto
Dove i giorni..
Non hanno mai smesso
Di esistere;
Il giunco della giovinezza
Lussureggiante
Pullula nell’anima
Come dolce poesia
Mentre l’Essere
Ubriaco..
È umiliato
Sotto la verga
Dell’uomo.
Il giunco ora mormora
E tace per non perdere
La Consapevolezza
Del suo Essere.
Il mughetto e il codice della lunga vita
Nel mio mazzo di Sposa
Il mughetto è scomparso
E la mimosa trionfante
Ha bruciato le essenze
E il codice della lunga vita;
Povero Sposo
Si è dimenticato
Della fede nuziale!
Ora ramingo
Cerca la Sposa.
Peccato che non si è accorto
Del tetto rovinato
Della sua casa!
Ora ..dormono accovacciati
I suoi spermatozoi in fiore.
La finestra dentro nuvole
È un cielo il mare
E la finestra dentro
Le nuvole
E’ una nube
Di desideri speciali
E di ombre che si dissipano
Al sapore di un brivido
Di Eternità.
La finestra dentro nuvole
È un cielo il mare
E la finestra dentro
Le nuvole
E’ una nube
Di desideri speciali
E di ombre che si dissipano
Al sapore di un brivido
Di Eternità.
Quel bocciolo di rosa…
Quel bocciolo di rosa
Sudava di brina
Era ombre dentro
Il porto inquinato.
Quel bocciolo avvizzito
Restava ingabbiato
Nel fumo delle ciminiere..
E lontana come una vaporiera
Tornava al passato.
Quel bocciolo stanco
Restava immobile:-
Nelle gelide acque
Bloccava il dolore
Della nostalgia:-
“Erano solamente i ricordi
Che tornavano invadenti
Nel porto di Taranto.”
Ho gettato il mio cuore in mare…
Ho gettato il mio cuore in mare
E le onde hanno lievitato
Il tramonto del sole.
Ho gettato i remi
Della mia barca
E la vita ha cercato
Un porto sicuro.
Era bello quel rosso
E quel viola
Sapeva di passione.
Ho cancellato gli anni
E gli attimi del mio presente
E la gioia dentro il mio cuore
Ha ripreso a nuotare
“Ero viva ero salva”…
I fiori di Ofelia
Sulle orme di Ofelia
Brizzolati
Tremuli fiori cascano
Nel mare di grano.
Nei campi di girasoli
Un paese lucano
Muore di nostalgie
E “Ofelia”grida
Disperata
Senza una madre e padre..
I ritmi del silenzio di filari Settembrini
I ritmi del silenzio di filari settembrini
Pullulano nei vigneti dei ricordi
E un padre già cenere negli anni
“Sbiadito nei ricordi “..
Torna a vendemmiare.
E un ciclo di ritorno
Ai luoghi dell’infanzia
Dove asini lungo le mulattiere
Segnano la via della vendemmia.
Sono acini e tannini che fermentano
Nei tini e l’acqua alla fontana
Porta un vino corposo
E di annata
Che scompare piano ,piano
con il ritorno
Alla ricchezza e del progresso.
Le stelle di San Lorenzo
Molte stelle brillano
In cielo
E il mare immenso
Respira lucciole amanti
Come bagliori
Di mistero.
Poche sono le stelle
Che cadono.. e “una”
Perde tutto..
Anche il desiderio
Della Rinascita.
Improvvisa e silenziosa
Quasi furtiva “Eva”
Innalza la sua preghiera al Signore
E San Lorenzo brilla nell’Universo.
L’Eternità
Si sciolgono i colori
Della mente
E limpidi come ruscelli
Cascano i “raggi del sole”
Dell’Archetipo-
Piano, piano
Tornano i pensieri
Del cuore
Come pezzi d’argento
A conquistare
L’armonia feconda
Dell’Essere..
E libera la “donna”
Si allontana dalla terra
Al cielo .
L ungo il sentiero
Immobile la serpe
Si accovaccia
E la notte ti rimbomba
Come tamburo battente
Di un Capolinea..
Poi si accendono
I colori consumati
Di una “lacrima”
E su di essa
Brilla solitaria l’Eternità.
L’Infinito amore del Creatore
In San Francesco da Paola
Ho amato il Creatore
Le piccole rondini
Nella Cattedrale
E i colombi arrampicati
Sul pendolo di foucault
Sento già l’inno della festa
Della madonna di Anglona
Tra l’Agri e il Sinni
E i rossi calanchi.
Sento già la Sposa
Che si innalza al Creatore
Tra i resti del tempio di Demetra
E sua figlia Persefone,
E vedo i raccolti abbondanti di spighe
Portati in dono alla vergine
Madre di DIO
Nelle mura radiose
Della vecchia Pandosia.
Grazie, Giusi, di questi versi così dolenti e pregni di vita, e di vita mediterranea.
Li rileggerò con calma.
Marco Guzzi
Questo post che prende lo spunto dal romanzo di Mc Ewan è veramente tosto!
Il gruppo di “evoluzione personale” da me frequentato in passato era molto autoreferente, come un’isoletta rocciosa che saltava a pie’ pari tutto il baratro intorno, confrontandosi solo con modelli lontani, astratti, per lo più orientali.
Quindi dopo ogni seminario c’era chi tornava a casa e buttava all’aria tutta la sua vita…e quella della famiglia.
Inoltre spesso si potenziavano esaltazioni di onnipotenza ed indipendenza, saldando il coperchio sulla pentola bollente dei problemi psicologici personali……non si piantavano nuovi semi nel proprio contesto quotidiano…..si cambiava contesto,ci si isolava dal quotidiano, si perseverava nelle scissioni…
Questo lo dico per sottolineare che non credo si possano correre rischi di onnipotenza ed autoreferenzialità in D.P., se si segue il metodo così come è ben organizzato e spiegato!
Si impara che ogni giorno porta la sua scoperta, che ognuno ha limiti, io e gli altri,ma sono estendibili con pazienza e perseveranza.
Ascoltare, rispettare, ricevere e dare, sono attitudini indispensabili per star bene insieme, per evolversi insieme…..ma la ricerca spirituale è comunque un “dialogo privato” i cui effetti si riversano nella quotidianità e quindi anche nel rapporto di coppia.
Certo oggi non potrei stare con un partner chiuso alla spiritualità, ma neppure con un invasato “orientalista nostrano”……sapere che il partner sta facendo il mio stesso percorso, il percorso in cui ho tanta fiducia, sarebbe bellissimo!