Negli ultimi mesi mi sono ritrovato a riflettere sul perdono. Ho ri-letto il libro Perdonarsi che viene utilizzato durante il percorso Darsi Pace per verificare l’azione proposta dal titolo, sì perché Perdonar-SI (e non Perdona-RE) mi provocava all’inizio fastidio e scarsa comprensione.
Dopo diversi anni del percorso, “perdonarsi” per poi riconciliarsi con se stessi è la prima consapevolezza da realizzare per rilanciarsi rinnovati di nuovo nella mischia un po’ trasformati e sempre più capaci di perdono e di dare pace. L‘ho capito con la testa e adesso anche un po’ col cuore.
Durante questi anni ho trasformato la rappresentazione del perdono in una realizzazione esercitandomi, letteralmente facendo degli esercizi di auto-conoscimento psicologico e di riflessione sul perdono predicato da Gesù. Ho incontrato e frequentato persone che potevano trasmettermi la loro esperienza di perdono e naturalmente ho utilizzato i post e i commenti di questo blog.
Percorso lento, non facile ma necessario. A metà della nostra vita dobbiamo fare i conti con l’ombra che nella precedente metà abbiamo creato e coltivato (così dice almeno Jung).
Ricordo che sperimentare di nuovo il dolore provocatoci per accettarlo per poi potercene liberare, accettare la rabbia e l’ira che proviamo verso chi ci ha ferito per prenderne le distanze alfine di giudicare con maggiore obiettività chi ci ha ferito, non è facile e ha bisogno di tempi non prevedibili. Nessuna forzatura ma solo un impegno costante con la fiducia che questo ci porterà il risultato atteso.
Ma la parte più dolorosa e difficile è il passaggio in cui devi “cacciare fuori” di te l’altro per liberarti finalmente dal suo potere. Finchè non perdoniamo gli concediamo il controllo su di noi e l’odio sarà sempre presente nei nostri pensieri e nel nostro cuore fino a divorarci.
Senza perdono non esiste riconciliazione quindi la possibilità di un riavvicinamento per rendere una riunione di nuovo possibile. Adesso mi risultano anche più chiare le parole di Gesù “Padre, perdonali, perchè non sanno …”
Forse il perdono non è una richiesta impossibile se il risultato è la propria liberazione e guarigione. Ritengo valga la pena spenderci del tempo .. neanche troppo poco.
Ho scritto questo post pensando a degli amici cari, sposati, che in questo momento si stanno interrogando sul perdono. Ho approfittato del post per condividere un po’ della mia esperienza e delle mie riflessioni sperando che i lettori di questo post possano dare il loro contributo ad un percorso che non ha né vinti né vincitori per poi condividerlo a loro… un regalo.
ESSERE INVISIBILI
spaccare vetri tirando sassi
con l’urlo in un ghigno.
La sfida negli occhi del cuore
che sanguina.
Puri di cuore
ma dove, ma quando ma a chi?
Non farmi ridere
non farmi piangere
non farmi male che lo sento il dolore
sotto la pelle nel cuore !
Sgocciolo gelatina di lamponi
Caramello colorato di bambini
strade sterrate, zoccoli pietre.
Sole sudore risa.
Risa di giuochi…
sorrisi di futuro ancora
acerbi succhi di mela
verde nel cuore di giada.
Ma dove ma quando ma a chi?
Allora nel tuo tempo a te!
A me ormai passato.
Presente! pronta lapidazione!
Mucchi di piedi raccolti,
pietre nel cuore, la serpe
morde la mano, assassina
la vita. Tempo! a…
Salve!
sto meglio. Ro
L’ABBANDONARE FIDUCIOSO
tra le Tue braccia inermi
Signore dell’esistenza:
genera “dono”.
Perdono nell’abbondanza
Signore! Risorto, risorto come?
come il sorriso di un bimbo che
si lascia sgambettando
alla vita. Primi passi nell’orto
del Padre. La terra
Luogo in cui semina
raccoglie cura e fatica
sudando il frutto maturo
del pane e del vino
Vino nel Getzemani
Nauseabondo dolore
nel sangue versato.
Silenzioso abbandono
alla vita della morte.
Vomito
nel corpo libera
tra le braccia l’anima
fissa nei chiodi
I chiodi ” la colpa
Noi ” in Te sulla croce
contemporaneamente
carnefici e stesse vittime
Abisso di dolore
impotenza. Accolta implorante
verità, senso, vita. Gioia
piena! Esultanza
esultanza AMORE RISORTO
Carissimo Domenico, grazie di questo post che ci fa ritornare al cuore del nostro lavoro.
Mi pare che troppo spesso pensiamo al perdono come a qualcosa che dobbiamo fare per gli altri, come uno sforzo da compiere, come un dovere per il buon cristiano, e così via lungo la via quasi sempre fallimentare del ridurre a compito morale ciò che può avvenire solo attraverso un sostanziale mutamento proprio di quel soggetto che si sforza di essere buono, e che proprio così si rinforza, e resta perciò captivus, in gabbia….
Dovremmo invece comprendere che il perdono è innanzitutto la nostra salvezza, qualcosa che cioè riceviamo e che ci trasforma sostanziale-mente, ci libera dell’intera strutturazione egoico-bellica del nostro io, ci rende nuove creature, esseri nati adesso, e che quindi in fondo non debbono perdonare niente a nessuno, perché il passato, la catena dei giudizi che costruisce il nostro ego, è letteralmente liquidata, as-solta, sciolta nel suo nulla….almeno per un istante, per l’istante del perdono appunto.
Potremmo dire con una battuta un po’ dura, con una specie di koan: può perdonare solo chi è morto, oppure: può perdonare solo chi è per davvero vivo, adesso, nuovo, immacolato, santo.
Tutto il resto è solo contorcimento dell’ego, moralismo, ipocrisia, falsa superiorità, senso di colpa, pretese di perfezione: insomma spazzatura.
Il perdono è il miracolo di essere adesso nuovi, assoluta-mente nuovi, freschi di giornata, come uova tutte da bere, o da mangiare: prendete e mangiatene quanto ne volete, tanto questa sostanza è illimitata.
Ecco perché Per-donarsi è il secondo manuale dei nostri Gruppi. Dopo il triennio di Darsi pace, segue il biennio di Per donarsi. E il nostro corso di Approfondimento, dopo tre anni dedicati alle immagini distorte di Dio/Uomo/Autorità/Senso del dolore/Croce, nell’anno 2011-2012 riprenderà questa fase del percorso in modo molto più radicale.
Un abbraccio. Marco
Buong a tutti. Voglio domandare una cosa : per perdonare chi ci ha ferito e magari continua a ferirci quali sono i gradini da salire ? Sicuramente i metodi sono infiniti ma quello che voglio dire è che non è possibile pensare di perdonare qualcuno dallo stato ordinario in cui normalmente si trova chi ha subito/subisce ingiustizie. E’vero che perdonare ci libera ma è vero che è un percorso sicuramente lunghissimo e non semplice ; per me la difficoltà maggiore è che nel cammino del perdono trovo la possibilità di salvare chi mi ferisce e proprio con la mia fatica: questo è difficile..infatti io voglio stare bene ed essere buono ma questonei fatti significa una serie infinita di rinunce a me stesso, a ciò che fino ad oggi mi ha fatto sentire sicuro..pur nell’angoscia.
Carissimo Luca, non è facile stilare una mappa della via del perdono.
Per ciò che comprendo e ho appreso nella mia esistenza e negli anni di lavoro comune, il processo si muove da due direzioni diverse che convergono però verso lo stesso centro, lo stesso scopo: la guarigione.
Da una parte credo sia essenziale fin dall’inizio del lavoro trovare, attraverso la meditazione e la preghiera profonda, quel fondo libero di noi stessi, che vive già nella libertà del perdono.
Familiarizzarci con quella pace di Cristo, per esprimerci in termini cristologici, che supera ogni nostra conoscenza, e che effettivamente ci guarisce, giorno dopo giorno, facendoci gustare quell’integrità che forse mai prima avevamo conosciuto.
Solo questa integrità, estendendosi in noi, risana le nostre sacche di odio.
D’altra parte siamo chiamati a conoscere sempre meglio quando, come, e perché siamo stati feriti, che cosa ci ferisce ancora, e ci scatena l’odio e la rabbia, dove siamo più fragili e perché. Dove siamo più suscettibili e perché. Chi e perché ci ferisce di più, e così via.
Questo inesausto e quotidiano lavoro autoconoscitivo, questa elaborazione permanente della nostra storia, ammorbidisce le sostanze del nostro odio, le sgretola, le liquida un po’, e così possono essere più facilmente lavate via dagli stati contemplativi.
Autoconoscimento e contemplazione mi sembrano le vie fondamentali per riuscire a liberarci dalle ferite del passato, per perdonare, e accrescere così la nostra libertà e la nostra gioia.
San Giovanni della Croce ritiene che mai con le sole nostre forze potremo liberarci dai ganci mortali del peccato, e quindi dall’odio che ci ottenebra; ma pensa che l’autoconoscimento, il riconoscimento della nostra profondissima miseria e impotenza, divengano un’offerta, nella contemplazione, all’azione potente dello Spirito, che compie in noi l’opera trasformativa.
Un abbraccio. Marco
Se è vero che nessuno conosce nessuno (riprendo le parole di Rosella leggendole in positivo) è altrettanto vero che le parole di qualcuno possono risuonare profondamente in un altro.
E’ quello che mi è capitato leggendo il post di Domenico.
Perché perdonar-SI e non perdona-RE..
Padre perdonali, perché non sanno….
Queste parole sono risuonate in me e mi hanno riportato momenti dolorosi della mia vita che ora guardo con maggior lucidità: la malattia dei miei genitori e la depressione di mio fratello dopo la morte di mio padre e tutta la rabbia con le quali li ho attraversati.
Imparare a perdonar-MI ha significato per me diventare più consapevole e presente a me stessa, riconoscere le parti buone e cattive che inter-sono dentro di me, accogliere e lavorare sulle parti negative nutrendo le parti positive, guardare in faccia la mia sofferenza e prendermene cura.
Riconoscere la mia sofferenza, imparare ad abbracciarla e curarla, mi aiuta ad entrare in contatto anche con la sofferenza dell’altro.
Penso che ri-conoscere, comprendere, perdonar-si siano fasi di un lungo cammino nel quale è inevitabile attraversare il dolore.
Attraversando il dolore e toccando la mia impotenza, ora posso dire di aver scoperto cielo e terra nuovi e posso pregare con le parole del salmo 30:
“Hai mutato il mio lamento in danza
la mia veste di sacco in abito di gioia
perché io possa cantare senza posa.
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.”
Giuliana
caro Luca,
il mio percorso perdonarSI (per donare sè) l’ho postato poeticamente.
La prima poesia è UN ANDARE a ruota libera, sull’onda emotiva del dolore, della rabbia, dell’impotenza ad esistere da soli. Di poter realizzare da soli i nostri propri desideri, che si riducono a tragiche illusioni disilluse.
LASCIANDO andare il tutto, nel suo naturale movimento di andirivieni.
Il mio presente,il mio passato, facendo quindi ritorno ad un presente globale ed onnicomprensivo, quasi permeato d’inconscio collettivo: al centro del bersaglio a cui tirano le pietre.
Tutto ciò senza giudicare ma riconoscendo semplicemente il dolore che io sento e sopporto: sentendo IL MIO MALE. Si può affermare questo? Vivere il proprio male e lasciarlo andare?
Io ritengo di sì!.
Ecco, quando scrivo versi, lascio fluire “un pensiero che mi pensa” ed è come un flotto che esce dal cuore. Nel primo caso, uno spurgo di materiale infetto misto a sangue buono che lavi la ferita.
(E si fa da sè). La genialità dello Spirito è racchiusa in pochissime parole:
– Tempo! – un tempo, fermo immobile, in attesa … un tempo sospeso nella morte.
Un tempo sospeso anche ad una croce sulla quale un uomo grida: Abbà, perdona loro perchè non sanno quello che fanno esalando l’ultimo respiro. Perfino un uomo Dio ha chiesto AD UN ALTRO di elargire misericordia. (Io penso perchè non tutto era compiuto).
Poi è Risorto, e ci ha donato il Suo Spirito d’Amore. In questo transito terrestre ci ha lasciato solo questo. Solo si fa per dire poichè non vi è persona che sappia di essere amata e che si senta sola.
E lo Spirito è lo spirito del Suo Amore, quello che scaturisce nella SOSPENSIONE DEL TEMPO.
– a – questo è ciò che ri-congiunge il cielo con la terra che incarna la consapevolezza ri-conoscente
– salve – Mi vien da ridere! Ho sparato a salve. Nulla di grave, non ho fatto del male a nessuno.
Ed ancora: io ho un amico del cuore(sulla terra) che per un po’ di tempo mi diceva “salve Ro” poichè mi trattava proprio come una regina. Sino a quando gli ho fornito il riscontro che ero una regina!
Allora è passato oltre il salve. Sì perchè siamo tutte SALVE siamo delle impunite nella nostra regalità poichè solo le REGINE DI CUORI sono libere di dettare legge.
Salve è quindi una bellissima parola – (Io che sono attempatella sentivo disagio quando i ragazzi mi salutavano con “salve”. Ora sorrido, pensando “si sanno trarre d’impiccio” tra il lei ed il tu.
L’evoluzione della specie coincide con l’evoluzione del linguaggio.)
– sto meglio. Ro – Si traduce alla Guzzi con Alleluia, alleluiaaaa!!!
Condivido tutto quello che ti ha scritto Guzzi – la poesia successiva è l’altra faccia della medaglia.
Allora, Luca: come si accoglie un dono?
il dono della vita ad esempio?
di una vita che nel transito terrestre non conosce GIUSTIZIA poichè ci raccontano delle balle, che mistificando l’evidenza.
Cercando d’ indorarci la pillola del limite, ci fanno prendere lucciole per lanterne.
Come si accoglie il dono della vita quando ci rendiamo conto che si nasce per morire?
E come fa una madre ad accogliere la vita che ha generato in questa consapevolezza, se non rimettendo la propria impotenza nell’onnipotenza? Se non lasciandosi salvare dal solo taumaturgo che rinnovi la faccia della terra lo Spirito Signore che fa nuove tutte le cose.
Persino il mio cuore! e mi fa riconoscere che il limite è proprio un gran dono.
Ma pensa un po’: SALVE LUCA.
Con affetto Ro
Personalmente sento di avere tanto di cui perdonarmi ma quando penso al perdono penso a ciò che gli altri devono perdonare a me. E così entro nel turbine dei sensi di colpa, quei fardelli pesanti difficili da riscattare, che alimentano viziosamente la mia difficoltà a perdonarmi.
Nel metodo proposto da Marco G. sono molto sbilanciata verso l’autoconoscimento con un monitoraggio continuo dei miei stati d’animo e dei miei pensieri, mentre sono tanto fragile sul versante della meditazione. Spero che l’accompagnamento di gruppo nella versione telematica mi possa aiutare a trovare un appiglio per un percorso di meditazione più assiduo e quindi più proficuo.
Un abbraccio a tutti
iside
Grazie a Marco per la risposta e alrettanto a Rosella per le poesie e l’intervento. Per rispondere da parte mia a Domenico direi che può consigliare tranquillamente ai suoi amici : “dimenticate chi siete fino ad oggi”
Questo perchè per perdonare qualcuno bisogna essere in collera con qualcuno e quindi perdonarlo significa non eeserlo più
la sintesi è il tuo forte!!!
un abbraccio
Rosella
Cara Iside, essere perdonati e perdonare mi pare che siano due atti sostanzialmente connessi.
Possiamo perdonare nella misura in cui ci sentiamo già in qualche misura sciolti, alleggeriti, santi, e cioè sani e integri.
E’ l’abbandono il luogo del nostro riposo, dove il turbine dei sensi di colpa si smorza, e a tratti gustiamo quella pace, che è il perdono stesso, l’essere senza colpa, senza ego cioè.
Un abbraccio. Marco
Ciao a tutti e grazie per le vostre riflessioni.
Vorrei anche io condividere con voi qualche mio semplice pensiero.
I miei genitori oggi festeggiano 38 anni di matrimonio…e credo che per essere arrivati a questo punto abbiano dovuto perdonarsi tante volte…anche io li ho perdonati tante volte…e moltissime volte sono stata perdonata da loro.
Senza perdono forse non si può proprio vivere…
Un abbraccio e tanti auguri di bene a voi tutti. Stefania.
A proposito di perdono sul profilo facebook di darsi pace trovate nuove discussioni e idee. E di perdono ha scritto molto il cardinale Newman, che il papa è andato a onorare nel suo viaggio in Regno Unito. Chi era Newman, ecco un articolo su darsipace su fb:
http://www.scribd.com/doc/37549201/Newman-il-cardinale-che-visse-fra-due-Chiese
Ciao Stefania 😉
Grazie a tutti. E’ chiaro che perdonarSI non è un atto della volontà almeno non solo. Altrettanto vero è che per perdonarSI (e poi perdonare) bisogna in qualche modo sentire di esserlo stati. E questo non è scontato nè banale anzi. SentirSI perdonato significa fare anche una nuova esperienza di riavvicinamento. Significa riconciliarSI con l’altro. E questo che è l’epilogo è forse la cartina al tornasole per “testare” il nostro sentirci perdonati. LA confessione cristiana dovrebbe/potrebbe permetterci di fare questa esperienza di riconciliazione con Dio prima e con gli uomini dopo, fare l’esperienza del perdono e uscirne nuovi perchè una parte di noi è effettivamente morta … solo allora come dici tu Luca è possibile ““dimenticate chi siete fino ad oggi””.
Quali sono le epserienze di riconciliazione dopo il perdono oggi che avete sperimentato o che si possono sperimentare?
caro Domenico,
cinque o sei mesi fa, dopo aver percorso per due anni un tratto di strada di riavvicinamento con Gianni; è successo qualcosa tra di noi per cui: “mi è piombato ancora una volta il mondo addosso, precipitandomi in una voragine di disperazione”.
Sai quando le cose vanno bene per un po’, se inciampi sul “solito ostacolo” ti sembra più dura:
“Ma allora non finirà proprio mai? Non cambierà proprio mai? non capirà proprio mai? non crescerà proprio mai? e si può continuare all’infinito”.
Io ho la fortuna di avere qualche persona di cui mi fido come di me stessa, sulla quale posso contare; ora anche qualcuna di più conosciuta in “Darsi” e con la quale CONDIVIDO: meditazione, lavoro psicologico, meditazione, fatto anche per più giorni, sino al completo SCIOGLIMENTO del GROPPO.
Un paio di mesi dopo “il fattaccio”, finalmente ho potuto riguardare ancora in faccia mio marito serenamente, e piano piano riprendere il dialogo, lavorando insieme: meditazione, autoconoscimento, condivisione e meditazione.
Non è semplice, io capisco che per me è necessario PRIMA SBOLLIRE l’ingorgo di rabbia, ira, impotenza, con una o più meditazioni e lavori conoscitivi. Qundi cominciare a condividere a persona di mia fiducia, non ce la farei direttamente con Gianni.
Insomma la prendo lentamente ed alla larga, per irrobustire un po’ la mia capacità di parlarne e lavorare con mio marito. Magari non è GIUSTO ma così mi E’ POSSIBILE.
Io ritengo che centrare l’obiettivo sia meglio che seguire teorie di perfezionismo irraggiungibili.
Quel che è certo è che ogni volta che risiediamo ancora nell’armonia, la felicità è tale che mi pare che “il colpo basso” dell’automatismo si stemperi e sia sempre meno forte.
In quanto alla confessione, io non conosco confessori che ti consentano tutto questo.
Quando mi confesso chiedo direttamente a Dio la grazia di rompere il mio cuore di pietra e renderlo “dolcino, dolcino”.
ciao
Rosella
Precisazione
Non vorrei essere fraintesa: nella confessione Sacramentale, con il Sacerdote, elenco i miei peccati (che dopo tutto il lavoro precedente mi sono ormai evidenti) e chiedo a Dio di darmi un cuore nuovo.
Il punto è: esistono sacertodi che si occupino d’iniziare le persone all’esperienza unificante del perdono?
Io in tutta la mia vita non ne ho incontrati.
In fondo MI DISPIACE MOLTO PER LORO, non sanno quello che si perdono.
ciao
per me l’esperienza di cui si parla qui è finora esclusivamente quella in atto con un mio genitore..e faccio attenzione a quel che dice Domenico e cioè che un riavvicinamento concreto,nei fatti, testimonia di un perdonarsi sempre più sincero..Ogni volta che questo avviene sono un pò più sereno , felice e fiducioso
Grazie a tutti voi.
Credo fosse Jabés a scrivere: “…domani è il nostro primo giorno”, qualcosa di simile ad un giorno vergine, assolutamente Nuovo.
Come ha detto Marco perdonare è morire e rinascere, o morire rinascendo. Io cerco da anni di attraversare (o abitare il bilico di) questo confine che però sempre mi accompagna. Perdonare anzitutto me stesso, tutti quei “me stesso” che ho sopportato per poter tirare avanti, retroflettendo le colpe degli altri su di me, alimentando così il mio risentimento verso di loro. L’odio rimbalza che è un piacere. Ho capito infine che in ogni ferita è presente sangue vivo, capace di fluidificare e riscaldare dentro e fuori, me e gli altri. Mi accade a volte di essere senza passato, senza memoria, assolutamente “bianco”, pronto ad accogliere chi mi ha ferito. Poi ti rendi conto che spesso gli altri tutto ‘sto lavoro mica lo fanno, e non sanno neppure di averti ferito. Allora tendo a ritornare a me stesso, all’ego. A sera mi dico: ecco domani è il nostro primo giorno…
Renato
“abitare il bilico ” … permanendovi immobili… NELL’ATTESA si “fa da sè” (si compie) un processo di purificazione. Il nostro ego “depone le armi”, i suoi stessi idoli, qualunque dipendenza: il possesso nel desiderio concupiscente ( anche quello che appare banalmente come ” fumo”), abbandonandosi fiducioso al Suo Signore, al SUO PROPRIO stesso INIZIO.
“che ho sopportato per poter tirare avanti”
Vomito
nel corpo libera
tra le braccia l’anima
fissa nei chiodi
I chiodi ” la colpa
Noi ” in Te sulla croce
contemporaneamente
carnefici e stesse vittime
“retroflettendo le colpe degli altri su di me”
Abisso di dolore
impotenza. Accolta implorante
verità, senso, vita. Gioia
Gioia piena! Esultanza
esultanza AMORE RISORTO
Grazie per quanto hai condiviso con noi
Un abbraccio
Rosella
… dato che sei un poeta, non ho specificato che si abita il bilico immobili nella contemplazione, in quel luogo in cui, nella meditazione, il silenzio si fa ascolto; ma forse era necessario precisarlo per altri.
Grazie Rosella, le tue parole sono davvero toccanti e illuminanti. Grazie davvero. Un abbraccio. (In quanto al “poeta”… sei troppo buona 😳