Carissime amiche e carissimi amici,
in queste settimane particolarmente affumicate da discussioni politiche davvero deprimenti, che otturano come tappi di fogna i canali della comunicazione di massa, pensavo al nostro bisogno straziante di tornare a qualcosa che abbia consistenza, che tocchi la nostra vita reale, i nostri corpi di carne. E ho pensato che dovremmo ripartire da domande estremamente semplici e dirette, domande “infantili”, del tipo: ma che cosa mi rende felice? Di che cosa ho veramente bisogno per essere più felice? Perché a volte sono tanto infelice e stanco e demotivato?
Nella sua poesia El remordimiento J. L. Borges scrive: “Ho commesso il peggiore dei peccati/ Che possa commettere un uomo. Non sono stato/ Felice”.
Ed è infatti proprio un peccato, anzi forse è il primo effetto di ogni peccare, e cioè di ogni nostro separarci dalla vita e dalla sua sorgente, questo nostro sentirci infelici.
Direi che da almeno dieci anni io mi sento veramente in colpa soltanto quando non sono felice, l’infelicità mi sembra uno stato patologico di cui mi debbo liberare, uno stato da curare insomma, una distorsione della mia più vera natura, e quindi una gravissima mancanza, appunto un peccato.
A leggere le più avanzate ricerche psicologiche e sociologiche contemporanee pare che le nostre società, ricche e ipertecnologiche, siano molto più infelici di altre ritenute mille volte più povere e primitive. Forse questo apparente paradosso potrebbe condurci ad una fase di profondo ripensamento, a riporci cioè quelle domande semplicissime e perciò difficilissime che la nostra cultura della distrazione tende a soffocare.
Appunto: ma io sono felice? O almeno mi sto muovendo nella direzione di una crescita della mia felicità? Oppure di anno in anno sto sprofondando nella tristezza, nell’amarezza, e nell’alienazione? E cioè sto sbagliando totalmente mira?
E che cosa sono disposto a fare per essere più felice? Sono disposto a rinunciare a tanti progetti e immagini di me che si rivelino illusori e compensatori? a certi guadagni, ad una certa fama d’artista o di letterato, alla stima di qualche ambientucolo accademico o culturale o familiare? Sono disposto ad anteporre la mia felicità ad ogni surrogato di pseudo successo, potere, denaro, visibilità etc.? Oppure preferisco la corruzione mondana e i suoi cioccolatini avvelenati alla libertà del cuore?
Il tempo delle mezze misure mi sembra del tutto esaurito.
Questo mondo ci offre ormai soltanto portate dietro portate di sofferenza pura.
Dobbiamo deciderci per la direzione opposta, puntare tutta la nostra vita sullo 0, come a roulette, o tutto o niente: o Dio o il Niente.
Seneca nel suo dialogo sulla Vita felice, scrive che “Tutti vogliono vivere felici, ma brancolano nel buio quando si tratta di scoprire che cosa sia ciò che rende felice la vita”. E’ proprio questo brancolare nell’ignoranza d’altronde che acuisce la nostra infelicità. Tutte le sapienze della terra concordano nel ritenere che la causa fondamentale dell’infelicità umana consista proprio nell’ignoranza, che ci rende stolti e quindi ci induce a precipitare sempre più nei gorghi della sofferenza che produciamo noi stessi. Tanto che Agostino, nel De beata vita, arriva a decretare: “come ogni stolto è infelice, così è pur vero che ogni infelice è stolto”.
Forse è per questo che quando mi sento infelice mi sento anche un po’ in colpa…
Ma se con la nostra ignoranza continuiamo a produrre infelicità nei circoli viziosi della nostra mente accecata, in che misura una mente modificata dalla luce della conoscenza sarà in grado di produrre felicità?
Quali sono cioè i limiti del potere creativo umano, nel bene come nel male?
Che rapporto intrinseco sussiste tra liberazione della mente dall’ignoranza, creazione di una vita felice, e realizzazione del nostro destino personale?
In che senso Gesù dice che per chi ha fede “niente sarà impossibile” (Matteo 17,20)?
La fede, come stato divinizzato della coscienza, ci dona forse un potere creativo illimitato?
Non sono questi i quesiti idonei ad aprire una nuova stagione della civiltà umana?
Non siamo forse tanto infelici nelle nostre città opulente e frenetiche proprio perché non riusciamo a pro-creare le forme di vita, di lavoro, di arte, di cultura, di comunicazione di massa, di convivenza politica, che OGGI urgono in noi? Non siamo forse tanto infelici perché restiamo come paralizzati da strati di ignoranza e di presunzione che ci rendono incapaci di ricevere la luce creativa che pure OGGI invade la terra come un’enorme Onda Pentecostale? Non siamo forse tanto infelici in quanto, bloccati in questa sterilità, non riusciamo ad essere noi stessi, a scoprire la nostra vocazione, la nostra missione, ciò per cui siamo nati, e a vivere questo nostro destino in pienezza?
Vorrei perciò proporvi come Nuovo Video nel mio sito www.marcoguzzi.it, una conferenza davvero ampia e articolata, che tenta di approfondire proprio questi interrogativi vitali:
Liberare l’azione a Occidente
ISMO di Milano – 19 giugno 2010
La tonalità emotiva dell’inizio: l’entusiasmo e il coraggio | Guarda il video | – | Scarica il video | |
Un tempo di stagnazione culturale | Guarda il video | – | Scarica il video | |
Apocalypse now: la corsa verso la fine | Guarda il video | – | Scarica il video | |
L’educazione dell’umanità relazionale | Guarda il video | – | Scarica il video | |
Risposte alle domande del pubblico: la tecnica, il nulla, la contemplazione, il perdono, l’Islam, e l’educazione dei bambini |
Guarda il video | – | Scarica il video |
Anche i Gruppi Darsi Pace 2010-2011 verranno presentati con una conferenza incentrata ancora su questi temi
Realizzarsi
Possiamo creare la nostra felicità?
L’incontro è previsto per sabato 9 ottobre, alle ore 17.30, presso il Complesso Storico dei Domenicani a Roma, Piazza della Minerva n. 42.
Ed è ovviamente aperto a tutti.
Quest’anno svolgeremo 5 Corsi Regolari a Roma, presso l’Università Salesiana: la 1a annualità, la 2a, la 3a, l’Approfondimento, e il Corso Formatori.
La prima annualità sarà fisico-telematica, ci si può iscrivere cioè anche per seguire il Corso via Internet.
Le iscrizioni “telematiche” sono previste entro il 15 ottobre: marcoguzzi@surf.it
Ogni informazione la trovate nel sito www.darsipace.it
Il primo incontro del Corso di 1a annualità è previsto per martedì 26 ottobre.
L’appuntamento è nell’atrio dell’Università Salesiana, alle ore 17.45.
Vi informo inoltre che Darsi Pace è ormai anche su Facebook.
E siete tutti invitati ad iscrivervi:
http://www.facebook.com/profile.php?id=100001565315361#!/profile.php?id=100001565315361&v=wall
Il 30 settembre e il 1 ottobre terrò due incontri, dalle ore 9 alle ore 12, all’interno del Trimestre Sabbatico organizzato dall’USMI (Unione Superiore maggiori d’Italia), sul tema:
Cammini di liberazione interiore e di relazionalità
Il 2 di ottobre svolgerò invece, a Santa Marinella, un incontro con le Superiore Italiane delle Serve di Maria Riparatrici su
Come relazionarci ai laici e ai giovani
Per vivere ed estendere il carisma
Il 27 ottobre svolgerò poi una giornata di lavoro, all’interno del Seminario internazionale per le formatrici, organizzato dalle Figlie di S. Paolo presso la loro Casa Generalizia di Roma, sul tema:
L’io umano in trans-figurazione
Mutamenti del concetto di persona
dal punto di vista antropologico, psicologico, e sociologico
Il 30 ottobre prenderà il via una serie di 7 incontri, di “Itinerari di pace”, organizzati dalla Comunità Mariana Oasi della pace, a Passo Corese, col tema:
La svolta spirituale del nostro tempo
Io parteciperò al primo e ad altri tre di questi incontri: per ogni informazione si può tel. a p. Luca 0765.488993.
Il 2 novembre sarò a Chitignano (Arezzo) per tenere un incontro con le delegate capitolari delle CLARISSE FRANCESCANE MISSIONARIE DEL SS. SACRAMENTO, sul tema:
Educareducandoci
La sfida educativa
Vi segnalo infine che a novembre partirà il Primo Master in “Amministrazione del Bene Comune”, organizzato dalla Fondazione Grandi e dall’Università Europea di Roma, e al quale parteciperò come docente.
Potete trovare ogni informazione nel seguente indirizzo, e credo che approfondendo gli intenti del progetto vi renderete conto dell’importanza innovativa e della rilevanza culturale di questa iniziativa che tenta di ridare all’azione pubblica lo spessore e la dignità che meriterebbero:
http://www.fondazionebenecomune.it/news.interna.php?notizia=5
Grazie di cuore del vostro ascolto e tanti affettuosi auguri di vivere ogni giorno proseguendo nella direzione della felicità vera, e cioè nella giusta direzione.
Marco Guzzi
Caro Marco, tante volte mi sono chiesta se sono felice o no, e la risposta è stata sempre affermativa. Eppure ho tanti momenti di rabbia, di sconforto, l’anno scorso ho conosciuto anche per la prima volta cosa è “la depressione”; mi sono torturata con l’affannosa domanda “perché? Se non mi manca niente, se ho davvero tutto ciò che posso desiderare?”. E questo atteggiamento, come ben descrivi non fa che aumentare i nostri sensi di colpa.
Stamattina ho incontrato un’amica che ha il marito su una sedia a rotelle per una malattia degenerativa (giovane, bello, mio amico di infanzia), parlando proprio di quanto mi era capitato lei mi ha risposto “ Io davvero non posso permettermela la depressione!”.
Allora credo che, nonostante i dieci anni di lavoro nei gruppi che sicuramente mi hanno fatto acquisire una maggiore sensibilità e una conoscenza di me stessa più profonda, il mio lavoro deve continuare, questo per capire innanzitutto cosa vuol dire per me essere felice e per liberarmi di quelle catene che ancora non mi permettono la piena libertà di essere felice!
Sappi che le tue parole sono sempre per me motivo di riflessione e di grande conforto. Un abbraccio Gabriella
Grazie di cuore, carissimo Marco.
Credo davvero che il diritto/dovere alla felicità dovrebbero essere al primo posto, all’articolo 1 di ogni Costituzione Umana.
Rimasi grandemente colpito, mi ricordo, anni fa, quando assistendo ad una dotta lezione del Prof. C.Scognamiglio, che era allora presidente del Senato, egli seraficamente, adducendo i valori portanti del liberalismo politico, asserì che il dovere di ogni governo è quello di “garantire il benessere” dei cittadini, ma non “la felicità”. Insomma, un governo non può e non deve farsi carico della felicità dei propri cittadini.
Mi ha molto fatto pensare questa cosa. In parte credo sia una affermazione condivisibile. Ma da un altro lato, la cosa è piuttosto spaventosa e credo anche che giustifichi in modo eloquente lo stato delle cose in cui siamo arrivati in Occidente, dove a uno stato generale di benessere diffuso corrisponde uno stato generale di infelicità diffusa.
Una infelicità che – come nel magnifico romanzo di Peter Handke – potremmo definire ‘senza desideri’. Una ‘infelicità senza desideri’ credo cioè sia davvero la infelicità più radicale nella quale si rischia di sprofondare quando ci ‘sembra di avere tutto (come scrive Gabriella nel comm. precedente) e invece non abbiamo niente (o almeno così ci pare di percepire a volte).
E’ il motivo di tanta depressione che si vede in giro. Come tu dici, caro Marco, l’infelicità è davvero un peccato, anzi, ‘il’ peccato. Il torto più ingiusto che noi facciamo alla vita, prima che a noi stessi.
I tuoi gruppi, il tuo lavoro, i tuoi libri, il tuo lavoro poetico, sono una strada di consapevolezza per molti, nell’attraversamento dei nostri blocchi di infelicità che ci zavorrano, ci tarpano le ali, non ci permettono di apprezzare pienamente la vita come Dono.
F.
Grazie, carissimi, delle vostre parole.
Certamente lo stato non può garantire la felicità, ma può facilitarne il raggiungimento, oppure ostacolarlo.
Un’educazione pubblica come quella attuale, ad esempio, difficilmente aiuta i ragazzi a comprendere come ci si possa dirigere verso la propria realizzazione umana, e quindi verso la propria felicità.
E così, l’organizzazione del lavoro, gli orari dei nostri uffici, la situazione del traffico urbano o della raccolta rifiuti, la diffusione degli asili nidi, e così via, sono tutte cose di pertinenza dell’amministrazione pubblica che possono creare le condizioni affinché gli esseri umani abbiano la concreta possibilità di aprire spazi di felicità nella propria giornata terrena.
Carissima Gabriella, è già tanto sapere che la felicità è uno stato che ci abita, che a volte si offusca e sembra svanire, ma che resta la nostra vocazione fondamentale, un nostro diritto, ciò per cui viviamo.
La felicità è quel sogno di pienezza di vita, di pienezza di conoscenza, di pienezza di amore, di libertà, di assenza di ogni paura, e colpa, e vergogna, che possiamo anche chiamare DIO.
Noi umani, che lo riconosciamo o meno poco importa, che siamo atei o credenti conta relativamente, comunque vogliamo la felicità piena, e cioè vogliamo DIO: vita, amore, sapienza senza fine.
Perciò qui sulla terra oscilliamo tra Notte e Giorno: siamo in una zona dualistica della creazione, tra il Niente e Dio; ma la nostra meta è lo stato unitario, che chiamiamo anche il REGNO.
Si tratta di farci assorbire ogni giorno di più da questo stato, che è già presente in noi e tra di noi, e così la nostra gioia cresce e assorbe aree sempre più vaste della nostra esistenza, trasformandole, depurandole, ordinandole.
Anche attraverso processi a volte dolorosi di smantellamento, frantumazione, liquidazione, che possiamo chiamare anche fasi depressive, oppure purificazioni passive.
In tal senso Gesù ci dice di cercare innanzitutto il Regno, così che tutto il resto ci venga ordinata-mente come un sovrappiù, un effetto del nostro anelito continuo verso la Gioia.
Un abbraccio. Marco
Gabriella
“…parlando proprio di quanto mi era capitato lei mi ha risposto “ Io davvero non posso permettermela la depressione!”.
Marco Guzzi
“(.) … siano molto più infelici di altre ritenute mille volte più povere e primitive. Forse … (.), a riporci cioè quelle domande semplicissime e perciò difficilissime che la nostra cultura della distrazione tende a soffocare.”
Le donne, quando coloro che amano hanno bisogno di loro, lasciano ogni titubanza, ogni timidezza e sanno operare con tutta la forza sapiente del loro amore.
La vita le pone in una condizione nella quale “non possono distrarsi” neppure un minuto. Pur nel dolore, sanno amare con tutte le loro forze e questo impedisce loro DALL’ INTERNO di lasciarsi andare all’amarezza. Non sempre agiamo così verso noi stesse, prendendoci cura del nostro disagio.
Credo che tutti noi sottovalutiamo quale sia il danno di questa continua “distrazione” che ci trasporta inconsapevolmente. La nostra comodità di vita e “le cure ricevute nell’infanzia”, ci hanno convinti che tutto ci sia dovuto “dagli altri”. Piovuto dal cielo e non sappiamo più reggere l’abisso che è in noi: LO SGOMENTO sotto il quale è sepolto il grido che libera il desiderio di felicità.
Che il Signore C’ INNAMORI della vita che ci dona.
Buona domenica
Rosella
Ciao a tutti,
nelle settimane scorse ho attraversato “un blocco d’infelicità'” significativo. Mi sono fermata a riflettere sui motivi che mi creavano quello stato ed ho scoperto che le cause stesse della mia infelicità le avevo provocate io. Con questo voglio dire che come possiamo essere gli artefici della nostra infelicità, nel contempo possiamo essere anche i promotori della nostra felicità. Che ne dite? Stefania.
Carissima Stefania, è proprio questa la nostra speranza: divenire pro-creatori, con l’aiuto dello Spirito divino che è in noi, della nostra liberazione-realizzazione.
Abbi piena fiducia in questa Forza interiore, affìdati alla sua sapienza, abbandonati alla sua dolce pedagogia.
Con affetto. Marco
Cara Rosella, è bello questo accenno all’attenzione femminile, al cuore che si prende cura, alla sensibilità materna.
In fondo questa attitudine femminile è propria di ogni persona spirituale, nel suo lato femminile appunto, nel suo mariano tenere nel cuore attenta-mente le cose e le persone, gli eventi e le attese.
Ciao. Marco
” Il tempo delle mezze misure mi sembra del tutto esaurito.
Questo mondo ci offre ormai soltanto portate dietro portate di sofferenza pura.
Dobbiamo deciderci per la direzione opposta, puntare tutta la nostra vita sullo 0, come a roulette, o tutto o niente: o Dio o il Niente.”
Caro Marco, tra tutte le tue parole piene di coraggio e forza di Spirito, scelgo queste che abbracciano la dimensione intima, individuale e collettiva, personale e sociale. Le scelgo anche perchè un bel po’ di anni fa ho scritto questi pochi versi (riportati sotto) che mi pare si attaglino alle tue considerazioni, anche se allora forse non avevo ancora scelto con decisione sentendo fortemente l’oscillazione tra i due stati (Eterno e Nulla).
Il ponte
c’è un ponte
sospeso
quasi un arcobaleno
nel vuoto lanciato
tra l’Eterno ed il Nulla
non c’è senso obbligato
Ora capisco appieno tutta la libertà che ci è data nella mancanza di un senso obbligato e so, per averlo compreso nei nostri corsi e per averlo sperimentato nella pratica quotidiana, che la scelta non avviene una volta per tutte ma si attua giorno per giorno, momento per momento,fino all’ultimo terreno respiro
Grazie, sempre
Filomena
Ho sentito Marco nell’ultimo video affermare che la nostra paura della morte nasconde una più profonda e reale paura del Nulla. Anche in questa discussione vedo che il concetto del Nulla – che è quello che più mi ossessiona, personalmente – torna più volte. Domando: l’emersione di questo horror vacui si sta facendo più acuta nonostante l’alienazione in atto a ogni livello, o proprio a casua di essa? Ed è vero, come mi sembra, che il senso del Nulla si sta facendo più acuto (a livello sia conscio che inconscio), o è una mia impressione errata?
caro Enrico,
anch’io ho notato un paio di volte le osservazioni di Marco circa “il nulla”,ma, per la verità, a me hanno fatto tutto un altro effetto.
Io “non concepisco il nulla” così come: il vuoto per me è solo un luogo (una cavità?), ma non “il niente”.
M’ interesserebbe sapere se questo aspetto è legato alla maternità, prima ancora che alla femminilità…
E’ vero anche che io non temo la morte (la sofferenza fisica sì), ma la considero, comunque sia, una pace eterna in: “polvere nella polvere” oppure “nell’Eterno in cui siamo” Amore.
Ciao
Buona giornata
Rosella
Su Darsi Pace su facebook, un nostro iscritto ha lanciato un post commentatissimo sul tema della felicità. Eccolo:
http://www.facebook.com/profile.php?id=100001565315361&v=wall
Caro Marco ti ringrazio dal profondo per questo post e per tutto quello che fai e proponi. Ringrazio anche tutti gli altri per i loro interventi che, come ho già detto nel post di Maria Pia riguardo la confessione, sono per me oro. Cerco di ritagliarmi spazi di tempo (Darsi tempo!!!) nella mia vita che tra il lavoro e altri impegni familiari me ne lascia davvero pochi e quindi ti chiedo scusa se non sono intervenuto prima. Come ho avuto già occasione di scrivere su facebook – anche qui perdonami per la confusione – penso anzi credo che ognuno di noi possa, come uomo e come donna, “essere” e “fare” la felicità nello stesso tempo solo se abbandoniamo la paura e viviamo amando la nostra vita. Solo ricercando e costruendo la felicità del nostro prossimo avremo l’opportunità di incamminarci nella via che porta ad essere realmente e veramente felici. Ne va da sé che solo pensando alla felicità come ad un mistero da accogliere nella propria e altrui libertà forse si riesce ad essere veramente felici.
Questa ovviamente non è (purtroppo?) una certezza della mia vita ma come ha giustamente detto Fabrizio è un lento cammino di consapevolezza che non si finisce mai di imparare. Consapevolezza che non possiamo darci da soli, come forse neanche la pace possiamo darci da soli, ma il continuo confrontarci con la nostra vita, con il nostro prossimo, il vincere o tentare di vincere le nostre paure per un “salto” verso l’altro. Solo andando verso l’altro possiamo trovare noi stessi e la nostra felicità. Per me che credo in Dio, nel Dio di Abramo, di Giacobbe, di Isacco di Gesù Cristo fondamentale in questo salto verso l’altro è la presenza dell’Altro. Per questo mi permetto di suggerire, anche a chi non crede, la lettura del libro di E.Bianchi: “Le vie della felicità, Gesù e le beatitudini”.
Cercherò di seguirti, caro Marco, spero di farcela ma già da adesso ti voglio dire grazie perché senza ombra di dubbio, almeno per me, sei un “operatore” di pace.
Un abbraccio.
lello
Grazie di cuore,Filomena, Enrico, Rosella, Lello.
Due sole parole.
Sì, io credo che la percezione della nullità delle cose, la perdita di un senso del Senso, stia crescendo, e penso che questo dipenda dalla fase antropologica che stiamo attraversando:
l’Io umano è chiamato ad un salto evolutivo grandioso tra il concepirsi come prodotto mortale della materia, o come lo Spirito creatore stesso che nell’essere umano diviene cosciente di sé.
In questo transito attraversiamo uno stato che è propriamente l’annientamento dell’illusione della coscienza egoica separata.
Questo è il nichilismo come epoca:
l’Io attraversa l’annientamento delle sue identificazioni illusorie, e, morendo a questo falso sé, si assimila allo Spirito.
E’ cioè un Battesimo in corso.
Il nostro compito è credere e sperare e in parte sperimentare che questo Nulla in verità è la porta dell’Essere più pieno, della pienezza della vita.
Grazie, Lello, delle tue parole: mi pare che la via verso la felicità sia un’alternanza di stati, uno scendere dentro di sé per aprirci all’altro.
Ogni unilateralità può essere nociva: sia un intimismo narcisistico-spirituale, che un protendersi alienante verso l’altro, per fuggire da problematiche irrisolte.
Oggi incontriamo entrambi i pericoli dentro e fuori di noi, dentro e fuori dalla Chiesa.
Nei nostri Gruppi tentiamo una sintesi, una sinergia tra lavoro interiore e apertura all’altro, consapevoli che l’apertura autentica è sempre il frutto di un’ispirazione interiore, di una liberazione cioè dell’amore.
Marco Guzzi
”Oggi una sola cosa mi sembra importante: risvegliare il desiderio verso il lavoro creativo, renderlo un’abitudine e insegnare a superare le difficoltà, che sono nulla a paragone di questo obiettivo per il quale si lotta.”
Friedl Dikers-Brandeis, internata nel campo di sterminio di Therensiestadt, dove insegnava a disegnare ai bambini prigionieri. Scritto poco prima di morire.
Per iscriversi a Darsipace su fb:
http://www.facebook.com/profile.php?id=100001565315361&v=wall&story_fbid=153198821386862&ref=notif¬if_t=like
… continuo per la mia strada integrando.
“tanto per cominciare mi hai quasi convinto ad entrare in facebook”
(Insisti ancora un po’ “che mi piace tanto essere corteggiata”. Sai son proprio tanto, tanto “io” “io”).
Mi ritornano alla mente le parole di qualcuno che ha preso a metafora della creatività il concepire un figlio. A me pare che sia proprio vero il contrario.
Se tu fai l’esperienza corporea NELLA TUA CARNE di concepire un figlio, niente è uguale a prima, ne “il nulla” ne “il vuoto”.
Tutto può rivelarsi molto peggio, nel senso che ormai “lo sai” di avere agito un delirio d’onnipotenza. La vera impotenza è IL NON RITORNO.
Concepire è l’esatto contrario del niente e noi siamo concepiti e concepiamo, come esseri CONCEPIENTI la realtà nella materia: NOI STESSI
In fondo moriamo proprio perchè non incarniamo la nostra REALE NATURA.
Ciao
Rosella