Carissime amiche e carissimi amici,
in queste ultime settimane in cui pare che l’83% dell’attenzione degli italiani sia stata assorbita dai “fatti di Avetrana”, tra zio Michele e mamma Concetta, papà Giacomo, Sabrina, e altri personaggi di questo film dell’orrore d’ambientazione rurale, ciò che invece mi ha colpito di più è la somma di 250.000 euro che la RAI aveva proposto a Benigni per la sua performance nel programma di Saviano, e che il manager di Benigni ha sottolineato essere molto al di sotto dei suoi compensi abituali (!)
Ora sappiamo che alla fine Benigni ci andrà gratis in trasmissione, ma ciò non toglie che questa cifra lasci interdetti e ponga alcune domande: è giusto che un comico guadagni 250.000 euro per una mezz’ora di battute in TV? è giusto che Fazio abbia un contratto di 2 milioni di euro annuali? è giusto che 4 puntate di un programma televisivo, come quello di Saviano, costino 2,2 milioni di euro, e cioè qualcosa come 4 miliardi e mezzo delle vecchie lire, quando lo stipendio medio di un italiano è di 14.700 euro l’anno? E’ giusto insomma che un presentatore o un qualunque altro personaggio televisivo guadagni in un’ora quanto un italiano medio riesce a mettere insieme in più di 15 anni di lavoro?
Ma ancora: è giusto che un top manager come Giovanni Castellucci, delle Autostrade per l’Italia, guadagni 5.850.000 euro l’anno, e cioè quasi 250 volte di più di un operaio metalmeccanico con 35 anni di anzianità (1 anno= 250 anni )? E’ giusto che Marchionne abbia uno stipendio di 3.418.000 euro? E’ giusto che un calciatore come Ibrahimovic guadagni 9 milioni di euro netti per stagione?
So bene che l’attuale risposta a queste domande è la seguente: questi guadagni sono giustificati dai ricavi che Benigni, Marchionne, o chi per loro fanno fare alle varie aziende. E’ la legge del mercato, ribadiva con acrimonia newyorchese qualche sera fa Concita De Gregorio, direttrice dell’Unità, quotidiano fondato da Gramsci (!)
Ebbene io credo invece che in questa nostra indifferenza progressiva verso la giusta misura del rapporto tra lavoro e remunerazione, si segnali un altro aspetto di quella perdita del senso del limite che caratterizza questi tempi estremi e finali, e cioè una sorta di catastrofe ecologica, simile allo scioglimento delle calotte polari, ai mutamenti climatici, o alla scomparsa di migliaia di specie animali.
La subordinazione di ogni aspetto della vita alle logiche del mercato e della pubblicità sta accecando le nostre menti già parecchio miopi, ci sta abituando alla follia e all’ingiustizia, corrompendo il nervo morale della nostra umanità, e distruggendo i significati portanti della vita civile. Con esiti evidentemente disastrosi sia sul piano planetario che su quello psicologico, sui quali poi ogni coccodrillo è pronto a versare lacrime amare e a levare retorici lamenti
Questi assurdi squilibri nella valutazione del lavoro finiscono infatti per squalificare il lavoro serio e onesto: che senso può avere faticare per 35/40 ore alla settimana, come impiegato o insegnante o operaio, per guadagnare 1500/2000 euro al mese, quando una velina, una comparsa televisiva, o un conduttore ne incassano 10, 20, 100 volte di più in poche ore, e vengono in più ammirati e invidiati da tutti?
Molto meglio andare in TV ad ogni costo e in qualsiasi modo, meglio asservirsi ai vari giri di prostituzione fisica o mentale, così fai un sacco di soldi, e diventi pure famoso .. come Corona, come Lele Mora, e come tanti altri maestri indiscussi di questa scena mediatica sempre più sconcertante e ripugnante.
Anche nell’ambito della giustizia economica mi pare che dovremo prima o poi ritrovare una inedita e rigorosa ricerca di equità, radicalmente post-ideologica, che cioè non nasca più dallo spirito punitivo e terroristico del vecchio massimalismo, ma da una ridefinizione della natura dell’essere umano, di ciò che lo rende per davvero felice, e quindi delle politiche, anche economiche, che possono favorire la sua realizzazione personale e comunitaria.
Nel suo ultimo volume su “La civiltà dell’empatia” J. Rifkin ribadisce: “Quello che quasi tutti gli studi dimostrano è che, una volta raggiunto un livello minimo di reddito necessario a sentirsi economicamente sicuri, la felicità non fa che diminuire all’aumentare della ricchezza accumulata”.
Troppa ricchezza insomma fa male, ci fa stare peggio, segnala serissimi problemi interiori e produce esseri umani squilibrati, deformi, malati.
A un certo punto un grande medico, sano di mente, dovrebbe incominciare ad abbassare le proprie tariffe, e a visitare almeno in parte gratuitamente, un grande avvocato dovrebbe difendere i più poveri, un grande imprenditore dovrebbe inventarsi forme di condivisione dei propri utili, e così via.
Perché, come ci insegna Richard Layard (Happiness: Lessons from a New Science, New York 2005), donare accresce la nostra felicità e quella di chi riceve, mentre l’accumulo, ad un certo punto, sembra solo toglierla a noi e a chi ci sta vicino
L’idea materialistico-liberista dell’uomo sempre a caccia di accumulazione è insomma semplicemente falsa, o meglio si riferisce ad una umanità distorta, già profondamente infelice. E una società che sollecita questa spinta all’arricchimento senza misura, premendo senza alcuna prudenza il pedale di accelerazione della pubblicità, del consumo, e dello spreco, è una società profondamente psicolabile e antiumana, che merita di sprofondare nella marea dei suoi rifiuti.
Chi perciò guadagna in TV 250.000 euro per un’ora di programma, in quanto attira montagne di milioni di pubblicità, non è affatto innocente né innocuo, come vorrebbe farci credere questa ideologia liberistica imperante, ma, sia pure inconsapevolmente, fomenta un giro mortale, un circuito con esiti alla fine di morte e di distruzione ambientale e morale, ed è simile a chi pretenda di sentirsi estraneo alle conseguenze sanguinose dei propri investimenti illeciti.
Questa consapevolezza però viene per ora completamente rimossa.
Nessun “Annozero”, mi pare, nessun rigorosissimo difensore della legalità e della giustizia, nessuna raccolta di firme di “Repubblica” osa denunciare l’intrinseco gioco al massacro su cui si fonda la civiltà dello spettacolo e del “vuoi essere milionario” come tale.
Eppure tutto è ormai abbastanza chiaro.
Un celebre pubblicitario svizzero, Frédéric Beigbeder, ad esempio, scrive: “Sono un pubblicitario. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma.”
La gente felice non consuma.
La gente felice non consuma.
La gente felice non consuma,
o perlomeno consuma poco.
L’economista Stefano Bartolini, nel suo interessantissimo saggio “Manifesto per la felicità” (Donzelli 2010), elenca a sua volta i danni prodotti dalla pubblicità sui bambini e sugli adolescenti, accertati ormai da svariate ricerche scientifiche in tutto il mondo: maggiore ansia, minori livelli di autostima, sintomi psicosomatici, infelicità crescente, sviluppo di rapporti sempre più difficili con i genitori, e così via.
Le ricerche di J. Schor (Nati per comprare, 2005) su questi temi sono illuminanti.
Bartolini propone perciò alcune misure molto semplici per ridurre questi danni. Basterebbe, ad esempio, proibire la pubblicità televisiva diretta ai minori di 12 anni, come ha già fatto la Svezia; proibire la pubblicità di prodotti dannosi, come il cibo spazzatura, come ha già fatto la Nuova Zelanda, o per il fumo, la stessa Italia; ridurre drasticamente gli spazi pubblicitari o eliminarli del tutto, come ha fatto la Francia nei canali di stato, e così via.
Tutto questo ovviamente andrebbe e andrà realizzato entro una più ampia riformulazione degli obiettivi e delle finalità di tutta la nostra società, e cioè all’interno di un processo di revisione culturale di portata antropologica.
Il tema centrale e implicito, infatti, è alla fine il corretto uso dei beni della terra: quale sia cioè oggi il modo giusto, sostenibile e da tutti condivisibile, di godere del nostro corpo e di tutte le altre ricchezze che rendono bello il corpo del mondo.
L’erotica e l’economia perciò torneranno presto al centro degli interessi di una umanità che voglia uscire dalle angustie mortali del Truman Show, e cioè di un mondo ridotto a universale set pubblicitario.
Ho pensato perciò di proporvi come Nuova Visione nel mio sito www.marcoguzzi.it un articolo, uscito nell’ultimo numero della Rivista della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori “Religiosi in Italia”, che sviluppa l’argomento specialmente dal punto di vista delle trasformazioni in atto nell’ambito dell’erotica:
Amare è trasformare
Lo sguardo messianico che ama
e trasfigura il mondo
Il giorno 30 ottobre, alle ore 20.45, ha preso il via una serie di 7 incontri, di “Itinerari di pace”, organizzati dalla Comunità Mariana Oasi della pace, a Passo Corese, col tema:
La svolta spirituale del nostro tempo
Io ho partecipato al primo e parteciperò ad altri tre di questi incontri: per ogni informazione si può tel. a p. Luca 0765.488993.
Venerdì 12 sono stato invitato dalla Diocesi di Siena a riflettere sulle sfide ultimative e sulle inaudite potenzialità evolutive, insite nel nostro tempo, anche in vista dei loro effetti sulla catechesi e sulla pastorale.
Giovedì 25 novembre, alle ore 21, affronterò invece insieme a Umberto Galimberti, all’interno della rassegna “L’epoca delle passioni tristi”, organizzata da Gustavo Cecchini (info 0541.618424), il tema
Il più inquietante degli ospiti: il nichilismo
Vi segnalo infine che sono già iniziate le prenotazioni del prossimo Corso Intensivo di Roma, che si svolgerà dal 5 all’8 dicembre presso la Comunità di Preghiera “Mater Ecclesiae” (06.3017936):
Pace interiore e creatività
Dalla tensione perfezionistica
all’abbandono creativo
Troverete ogni indicazione nel mio sito: www.marcoguzzi.it
Grazie del vostro ascolto, e, se volete, visitate anche il sito dei nostri Gruppi www.darsipace.it e la nuova pagina che abbiamo aperto su Facebook:
http://www.facebook.com/profile.php?id=100001565315361#!/profile.php?id=100001565315361&v=wall
Vi auguro con tutto il cuore di godere del rosso e del giallo autunnali, e delle loro mille sfumature, con la stessa gioia con cui gioiamo del rosso e del verde della primavera: crescere e decrescere infatti sono tempi di un unico respiro, di uno stesso ciclo di nascita, di rinascita, e di trans-figurazione.
Marco Guzzi
Grazie Marco, come al solito i tuoi interventi sono illuminanti e fanno disarmante chiarezza sulle cose che ci accadono intorno. Apprezzo infinitamente le tue “denunce” e le tue proposte. Vengono da un uomo “normale” che senza malanimo, invidia e risentimento ha la lucidità di smascherare le idolatrie del quotidiano che alimentano questo nostro clima di ordinaria disumanizzazione. La tua non è un’invettiva polemica, è l’intelligenza e la lungimiranza di un uomo autorevole, che sa pensare e sa dire perchè ha testimoniato con la rinuncia a fasulle posizioni di prestigio e di potere la reale possibilità di perseguire l’unico vero bene: integrità, quindi autentica libertà. Grazie ancora
Walter
Carissimo Walter, la vicinanza e l’ascolto di amici come te danno conforto al nostro lavoro.
La comunione di molti spiriti liberi, e spesso almeno in parte solitari, credo sia il frutto più fecondo di questi anni, abbastanza desolanti sul piano del visibile, della rappresentazione mass-mediologica quotidiana del mondo.
Un abbraccio. Marco
Carissimo Marco vorrei aggiungere solo una piccola considerazione alla tua impeccabile analisi, riflettendo sull’uso ormai deviato e deviante che si fa della pubblicità.
In origine nata come strumento di informazione per far conoscere e promuovere un prodotto commerciale è divenuta essa stessa il vero affare, falsa, provocante e deviante ha dei costi enormi che vengono pagati da chi preferirebbe mille volte pagare meno il prodotto.
Praticamente finanziamo direttamente ciò che ci disturba…………….
Un bacio perugina o
un abbraccio del mulino bianco Ale
Carissimo, anche questa tendenza abnorme credo che sia giunta al suo limite estremo…
Ma i tempi del compimento sembrano molto lunghi comparati ai nostri cicli biologici e biografici…
Un abbraccio. Marco