Cari amici, anime diverse ed affini in cammino,
desidero condividere con voi la mia lettura del Padre Nostro, che ho fatto seguendo lo svolgimento della Lectio Divina monastica.
Alla preghiera si intrecciano riferimenti alle Scritture, riflessioni personali, spunti di poesia come lampi di luce.
Ho scelto il ‘Padre nostro’ perché è la preghiera che Gesù ha lasciato ai suoi per parlare a Dio, per insegnarci come intessere una relazione d’amore con lui e tra noi.
Nel ripeterla a me stessa, si è configurata nella mia mente anche come un ‘programma di vita’, semplice, conciso, e impegnativo.
Suggerisce i cardini della vita secondo Cristo..
Ho pensato inoltre al rischio che corro nel conoscere a memoria una preghiera, quello di ripeterla soltanto con le labbra, senza giungere al nucleo dei significati, senza il coinvolgimento personale e totale che Gesù incarna con le sue parole e con le sue azioni.
Nella speranza di pregarla insieme, perché dice il Signore : ‘E ancora, vi assicuro che se due di voi, in terra, si troveranno d’accordo su ciò che debbono fare e chiederanno aiuto nella preghiera, il Padre mio che è in cielo glielo concederà. Perché se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, io sono in mezzo a loro.’ (Mt 18, 19-20)
‘Padre nostro che sei in cielo
sia santificato il tuo nome
che il tuo regno venga
che la tua volontà si compia
in terra come in cielo.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Perdona le nostre offese
come noi perdoniamo a chi ci ha offeso.
Fa’ che non cadiamo nella tentazione,
ma liberaci dal maligno’
(Matteo 6, 9-13)
Padre, tu vuoi che io ti chiami Padre.
Radice, seme di vita, da te provengo, in te mi perdo, in te mi ritrovo.
La tua dimora è il cielo.
Tu sei il Santo. Non mi stancherò di aderire a te, di seguirti, di adorarti nel tuo Mistero, straniante.
E questo mio pregarti non è solo mio perché tu sei Padre ‘nostro’ : mi salvi, così, dalla presunzione di un’appartenenza esclusiva . Tu appartieni non solo a me ma a tutti i tuoi figli e mentre io ti prego siamo un coro di anime che ti pregano.
‘E ancora, vi assicuro che se due di voi, in terra, si troveranno d’accordo su ciò che debbono fare e chiederanno aiuto nella preghiera, il Padre mio che è in cielo glielo concederà. Perché se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, io sono in mezzo a loro.’ (Mt 18, 19-20) .
Siamo un ‘coro’ di anime ‘soliste’ perché tu conosci il nostro singolo volto e mai lo dimentichi.
‘Può una donna dimenticare il suo bambino o non amare più il piccolo che ha concepito? Anche se ci fosse una tale donna, io non ti dimenticherò mai. Ho disegnato sulle palme delle mie mani la tua immagine’ (Isaia 49, 15-16)
Padre, tu sei in cielo, ma ti inarchi verso la terra
come un sacro pergolato
cielo che si fa prato
Ti protendi come madre su questa nostra culla di viventi.
E là tra cielo e terra, a toccare te e noi, regna Cristo, orizzonte d’oltremare.
Rendimi capace
come argilla lavorata dal vasaio
come coppa colma d’uva
di accogliere il tuo regno che è venuto in Cristo e ogni giorno può venire in noi, di comprendere la tua volontà riempiendomi di essa, di adoperarmi perché essa sia compiuta sulla mia terra e così, su questo prato su questo mare, potrò intravedere il chiarore del tuo cielo senza tempo senza luogo.
Con poche parole ti confido e ti affido le mie necessità…
è tuo Figlio
voce calda
come il vento del deserto
sguardo che risana
sguardo che innamora
che mi rivela i miei veri bisogni, essenziali, sobri, scarnificati di ogni eccesso. Pochi. Profumati di povertà.
E se anche tu già li conosci
‘ …Dio, vostro Padre, sa di che cosa avete bisogno prima ancora che glielo domandiate’ (Mt 6, 8)
io voglio chiedere … in questo nostro gioco d’amore dove tu vuoi che io ti chieda ciò che tu già sai, voglio avere la mia parte.
Sono bisognosa nel corpo
corpo – culla
di una divina scintilla
Mi serve il pane per vivere, ma non me ne occorre troppo.
Ad ogni giorno il suo pane.
E tu
impastami come pane
pane lieve
pane di neve
Ho bisogno del tuo perdono!
Ma TU non potrai perdonarmi se prima IO non avrò fatto lo stesso con GLI ALTRI. Siamo una Trinità incarnata.
‘Perché se voi perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è in cielo perdonerà anche a voi. Ma se non perdonerete agli altri il male che hanno fatto, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.’ (Mt 6, 14-15)
Finché il mio cuore sarà un duro grumo di risentimento, tu non potrai entrarvi.
Che il mio calice di ghiaccio diventi un calice di glicine per traboccare di te.
Ho bisogno del tuo aiuto per non cadere quando il maligno mi tenta
io
anima nel vento
filo di sabbia nel vetro
scintilla tenace
Ma quando cado avvicinati a me
nelle mie notti viola
nelle mie notti nere
Toccami con le tue mani sante e santificanti e dimmi ‘Alzati!’ e quando ti cerco vienimi incontro festante come Padre a figlia, prodiga di sé.
Fa’ che
trasfigurata
io stessa diventi
vivente
trasparente
preghiera
Con affetto
Filomena
Bella, grazie.
Belle in specie alcune assonanze, tipo lieve/neve, o ghiaccio/glicine:
“Che il mio calice di ghiaccio diventi un calice di glicine per traboccare di te.”
Un abbraccio. Marco
Grazie, Filomena.
Ci ricordi l’importanza del pregare, che non è ripetere macchinalmente una filastrocca, ma sentire interiormente la profonda vibrazione di quelle parole, la loro risonanza nell’eco che noi siamo.
“Padre, tu vuoi che io ti chiami Padre.”
Sì, Egli vuole che noi lo chiamiamo Padre. E anche il Figlio lo chiamò semplicemente Padre, durante tutto il suo percorso terrestre.
E’ il Padre da cui sempre torniamo, e il Padre che (ci) salva, che (ci) tira fuori, che (ci) riemerge il nostro essere, e lo fa nuovo.
Grazie
fab.
cara Filomena,
ho grandissime resistenze, quasi una paralisi cuore/mente.
Non mi riesce ancora di connettermi nè con il Padre nè con il Figlio, ma solo di viaggiare sulle ali dello Spirito dolcino. E non so che dire, circa il Padre Nostro.
Lo recito meccanicamente, trovo fuori luogo quel “non indurci in tentazione” che giustamente hai trascritto: “fa’ che non cadiamo nella tentazione”; così come sono piuttosto perplessa, sulla nostra capacità di perdonare prima di essere da Lui per-donati.
E’ come se ancora non avessi proprio neppure cominciato a recitarlo il Padre Nostro, se non forse, inizialmente in questi due anni tra voi; interiorizzando un sia pur iniziale senso di appartenenza.
Mi pare di poter dire di stare assieme a voi seduta, in posizione “comoda” attorno ad un fuoco che arde e di sentirmi bene, pacificata. Prima o poi mi sarà dato conoscere anche “nostro” Padre.
Ciao e grazie!
Calde e consolanti le tue parole poetico/ meditative.
Buona settimana
Rosella
Carissima Filomena, Philos per pochi eletti, benvenuta tra noi. Grazie per questa bella riflessione sulla preghiera che ogni giorno recito, per questa “extended version” carica di poesia e di suggestioni emotive.
I migliori auguri per tutti gli interventi prossimi venturi. Un abbraccio.
marco f.
Grazie Filomena , penso che rileggero’ questo tuo post piu’ di mille volte , è come un balsamo “Finché il mio cuore sarà un duro grumo di risentimento, tu non potrai entrarvi. ” Straordinarmente vero .Ogni giorno devo sciogliere .
Mi hai commosso .
Con queste tue parole, cara Filomena, chiudo la mia giornata volgendomi con gratitudine a Chi mi ha chiamato a servirlo alla mensa eucaristica:
“Rendimi capace come coppa colma d’uva di accogliere il tuo regno…
E impastami come pane…”
Carissimi amici,
grazie per aver fatto risuonare in voi le mie parole.
Caro MarcoG,
la frase che hai scelto credo dica metaforicamente quello che ci insegni nei nostri corsi: andare dall’Io egocentrato,arido e freddo come ghiaccio, all’Io vero, com’è scaturito dalla mente del Creatore, cascata di profumato glicine.
Caro Fabrizio,
come ricorderai questa Lectio risale al gruppo da te ideato, che per me è stato importante e significativo perché mi ha aperto il cuore e la mente all’approfondimento di temi prima solo sfiorati e ora vissuti nei gruppi di Marco. Dunque mi è molto cara. Dunque anch’io ringrazio te, che mi sei stato ponte verso la ricerca della Pace.
Cara Rosella,
posso dirti che nell’esperienza di Darsi Pace ho sperimentato una vicinanza del Padre che nemmeno avrei mai sperato. Anzi non sapevo nemmeno potesse esserci in questo mondo. Con una ricerca impegnata sì ma non gravosa, fatta di semplice attesa del dono. ” Signore eccomi, si faccia di me secondo la tua Parola.” Proprio oggi sul profilo del gruppo, su Facebook, è stata pubblicata una riflessione di Frère Roger di cui ti propongo queste parole
” Molto spesso non sappiamo come pregare, ma non inquietiamoci. Le nostre labbra restano chiuse, ma con grande semplicità di cuore la nostra anima è aperta davanti a Dio. Allora tacciamo, ma in silenzio il nostro cuore parla a Dio ed Egli ci ascolta” e ti abbraccio
Caro MarcoF, grazie per esserti ricordato di Philos (l’altra me 🙂 e grazie per le tue parole di incoraggiamento (ne ho bisogno!) e apprezzamento.
Cara Chiara,
mi fa felice leggere quello che scrivi! Solo se risuonano anche nelle anime degli altri, di alcuni altri, le nostre parole acquistano senso e forza.
Caro Corrado,
mentre leggo sento proprio il tono della tua voce, quello con cui tante volte hai celebrato per noi l’Eucarestia e … mi commuovo
Grazie, Philos.
Quei testi, un giorno li pubblichiamo sicuramente.
Un abbraccio.
f.
Sarebbe bello!
Ciao 🙂
Filomena/Philos
Sai Filomena, leggere il tuo post ed il Pater Noster dal Vangelo di Matteo è stato, ieri sera, un toccasana dopo una giornata piuttosto pesante. Grazie, sicuramente ora reciterò questa bellissima preghiera con altro spirito. Un abbraccio Gabry
Cara Gabry
grazie per ciò che mi dici, è importante
un abbraccio
Filomena
Cara Filomena, hai espresso con calore, passione e dolcezza, il desiderio di Infinito che palpita in ogni anima e la riconoscente consapevolezza, di una corrispondenza, che non è solo un sogno, ma diventa realtà e miracolo quotidiano, per tutti coloro disposti a mettersi in ascolto, con fiducioso abbandono. Ti ringrazio dal profondo del cuore e ti abbraccio.
Brunella.
Il quotidiano incessante miracolo dell’Amore che muove e regge il mondo
grazie, cara Brunella
un abbraccio
Filomena
Soltanto ora, per caso, ho trovato questa splendida pagina, della quale ho fatto partecipi i miei familiari ed i più intimi amici. Grazie, grazie, grazie. Commosso, vorrei poter abbracciare Filomena e tutti voi nel segno del Padre comune
Questo mese, come meditazione nel sito di Taizè è proposto quanto segue
“Matteo 6,12: Il perdono dei poveri
Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. (Matteo 6,12)
Questa domanda del Padre Nostro si distingue dalle altre. Non è solo una preghiera a Dio, ma si riferisce anche a ciò che noi facciamo: “come noi stessi li abbiamo rimessi” o “come anche noi li rimettiamo”. La prima variante è preferita dai biblisti, l’uso ha privilegiato la seconda.
“Chi pronuncia questa richiesta si presenta a Dio come esempio di virtù, se possiamo dire così, chiamando Dio, che è al di là di ogni imitazione, a venire ad imitarlo”, come faceva notare, non senza sorpresa, un commentatore del VII secolo, san Massimo il Confessore.
Ma chi può pretendere di essere andato fino all’estremo del perdono tanto da chiedere a Dio di fare lo stesso? Del resto, la Bibbia afferma la priorità del perdono ricevuto rispetto al perdono dato: “Il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi” (Col 3, 13). Il grande amore di cui Dio ci ricolma può debordare nella vita degli altri attraverso il perdono che a nostra volta offriamo.
Perché dunque è il contrario nel Padre Nostro: prima noi, poi Dio? Dobbiamo prendere le parole alla lettera: “rimettere i debiti” è impoverirsi. Se è cancellazione del debito, il perdono è innanzitutto una perdita.
Nella Lettera ai Colossesi, il perdono è evocato con una parola che designa una sovrabbondanza di dono gratuito, “Il Signore ti ha fatto grazia”. La parola che Gesù usa di preferenza per il perdono è povera e banale. Vuol dire “lasciare”, come quando diciamo “lasciare questo” o “lascia perdere”.
Rimetti a noi i nostri debiti”, chiediamo a Dio di “lasciar perdere” i debiti che ci assillano, e così di “lasciar andare” noi stessi liberi. È come poveri che chiediamo a Dio di reclamare nulla da noi poiché non abbiamo effettivamente nulla da rendergli.
Non è in nostro potere liberare il nostro passato dal male che abbiamo fatto. Anche in questo siamo dei poveri: noi non smettiamo in fretta di provare ancora e ancora dolore, talvolta violento, del male subito.
Dire a Dio: “come noi li rimettiamo ai nostri debitori” non è dirgli con fierezza: “Vedi come ho generosamente perdonato”. È solamente venire a Dio come poveri che hanno rinunciato a reclamare del dovuto.
Perché a volte, noi teniamo come una contabilità segreta dei torti subiti per far valere, quando sarà il momento, un diritto al risarcimento dei danni con gli interessi. Anche quando sembra rassicurare, questa contabilità ci paralizza. Per entrare nella libertà del perdono, bisogna lasciare ciò che non fa altro che rattristarci.”
Ve lo segnalo perchè mi sembra particolarmente interessante.
Un abbraccio e ciao
Rosella