E’ difficile per chi, come me, non abbia una specifica vocazione filosofica (al liceo spesso me la cavavo con il Bignami di filosofia…), seguire i ragionamenti del pensiero astratto, comprendere e gustare pienamente la bellezza dei traguardi della ragione umana.
Mi affascina l’idea che i filosofi, come i poeti, siano i “legislatori occulti dell’universo”, capaci di intuire la direzione del tempo, di coltivare nuove visioni che aprono mondi, ma poi fatico a ‘reggerne’ tutte le implicazioni …
Per questo, mi piace la ‘semplicità di 2° grado’, proposta da Marco: un pensiero che, di fronte alla complessità della storia delle idee, sia in grado di offrire una sintesi creativa sufficiente per vivere in sintonia con i tempi e, soprattutto, per compiere il passo successivo.
Naturalmente il rischio da evitare è che questa semplicità si traduca in semplicismo, e che la sintesi creativa, l’ ‘estratto’ di cui c’è bisogno, venga banalizzato (metto le mani avanti, scusandomi in anticipo!!!).
Nel video il filosofo Martin Heidegger fa un esempio calzante in relazione all’utilizzo dei mezzi tecnici di comunicazione: tutti noi usiamo la radio, la televisione, e, oggi potremmo aggiungere, i computer e internet, ma solo pochissimi fisici saprebbero capirne e spiegarne il funzionamento.
Molto lentamente, attraverso il processo dell’educazione, forse arriveremo tutti a comprendere anche questi aspetti.
Però il fatto importante e decisivo è che possiamo utilizzare concretamente questi strumenti, pur non conoscendo i meccanismi complessi che li determinano.
Cosa significa questo in relazione al pensiero?
Cosa c’è di essenziale da capire per noi oggi? Perché emerge come novità la domanda sull’Essere?
Se l’Essere, la vita, si dona all’uomo in un modo diverso di tempo in tempo, come si dà a noi oggi?
Abbiamo compreso che uno dei caratteri della “svolta antropologica” che l’umanità attuale si trova a vivere è il progressivo disfacimento del mondo dominato dall’io bellico, e la fine della pretesa di questo io razionale di conoscere la realtà oggettivandola, osservandola distanziandosene.
L’ “uomo vecchio” in noi fatica a realizzare una fondamentale verità: la conoscenza delle cose che contano implica la trasformazione del soggetto conoscente.
Per questo si può affermare che “all’Essere si appartiene”: l’Essere va ascoltato, spegnendo ogni altra forma di domandare, perché solo il contatto con la sua pace e con la sua verità potrà generare il nuovo io relazionale capace di portare avanti la vita sul pianeta.
Questo nuovo metodo del pensiero, dialogico, ispirato, trasformerà anche il rapporto dell’uomo con il linguaggio: non più come strumento di informazione e di ‘chiacchiera’, capace cioè di esprimere solo relazioni superficiali, ma mistero di una Parola Creatrice che si fa carne e sangue nelle nostre storie, rendendoci strumenti dell’opera di rigenerazione dell’universo.
Che tipo di linguaggio ‘poetico’ potrà esprimere questo nuovo pensiero?
Cosa ci suggerisce Heidegger quando afferma che tale nuovo metodo del pensiero potrà essere acquisito solo attraverso un lungo esercizio, un esercizio del “vedere pensando”?
Confido nelle vostre risonanze, possibilmente comprensibili, di una semplicità di 2° grado………
cara Paola,
ritengo che tu comprenda ed epprezzi, la semplicità di secondo grado di Marco, perchè ne condividi il lessico familiare.
Io arranco e fatico ad intendere il suo dire “teorico filosofico” (quello poetico è tutta un’altra musica).
Ricordo la prima volta che abbiamo letto “darsi” con Gianni giunti al pensiero di Heidegger, dopo averlo letto e riletto più volte, siamo scoppiati a ridere di gusto come due bambini che si trovassero a tentare di rapportarsi dialogicamente con un Cinese in cinese, appunto. Eppure, abbiamo compreso tutto ciò che ci era necessario: lo spirito di Vita Vera che si disvelava pagina dopo pagina.
Per me Heidegger resterà un mistero. Ad esempio nel video, quando dice: il pensiero che ci precede, a che si riferisce? al pensiero del passato (precedente) o a quel pensiero che ci pensa e si proietta nel futuro (precedente). Ciò che precede viene prima o dopo? o è Presente nel contemporaneamente?
ciao cara, ci tornerò sopra, anche se non ho neppure letto un bigino di filosofia, questo post mi piace un sacco. Così, data la mia ignoranza, posso divertirmi veramente, lanciando a “briglia sciolte” liberamente la fantasia.
buona giornata
Rosella
Io sperimento sul campo che il linguaggio è un mistero, e che se mi sintonizzo bene sulla poesia o sulla prosa non sono più io a parlare (un io ego-centrato), ma almeno in parte è il linguaggio a farlo.
Questo potrebbe significare che in effetti noi tutti siamo abitati (non sono mica speciale), e che però sfrattiamo quest’ospite misterioso ogni volta che oggettiviamo troppo la conoscenza – la quale poi avviene sempre e comunque tramite e dentro il linguaggio.
Le cose migliori che ho scritto – sia in prosa che in poesia – mi hanno condotto da qualche parte più di quanto io abbia condotto loro. Una poesia che a sorpresa esprime una speranza inaspettata, apre un’angolazione laddove mi pareva d’essermi cacciato in un vicolo cieco, balena una luce che non sapevo d’avere dentro; un racconto i cui personaggi e le cui situazioni mi sfuggono di mano, e vanno a comporre un quadro da me imprevisto ma assolutamente sensato, più sensato di quel che fosse nei miei piani, più energetico e potente e vitale. Quando ciò accade tu “senti” d’aver fatto un buon lavoro, anche se poi il lavoro non l’hai fatto in modo ortodosso ovvero egoico! Cioè, in parte sei stato lavorato!
Naturalmente non esiste soltanto il linguaggio “letterario”; credo che il post si riferisca a un linguaggio poetico “generale” (della politica, della chiesa, della famiglia, della scuola eccetera), a una riscoperta delle potenzialità insite in esso e che, in un tempo tanto disgraziato, sono state seppellite e dimenticate. Oggi la chiacchiera è dominante, di pari passo con la cronaca. Io ho parlato della mia esperienza di scrittura, alterna, talora deludente, ma anche a tratti davvero rivelatrice.
Su Heidegger: lo conosco ahimé pochissimo, ma è emblematico che considerasse alcuni poeti quali Holderlin o Celan o Trakl come esploratori privilegiati dell’alterità; forse a certi livelli poesia e filosofia combaciano (penso anche a Platone o Nietzsche, penso all’inesausta e intrecciata attività di Marco Guzzi), unite nell’eco della stessa, enigmatica nota.
“Non ho la più pallida idea di ciò che significhi linguaggio”
La parola è mezzo per comunicare, ma il linguaggio è più complesso.
Ritengo che nel “dialogo interiore” in cui faccio esperienza poetica di un pensiero che mi pensa… la mia “appartenenza all’essere” non è “solo” ascolto, ma trasformazione.
Il mio corpo, nel quale si assommano coincidenti tutti i miei giorni, fornisce la materia necessaria al dialogo: nel pensiero l’emozione si fa parola e trasfigura.
Nel cuore della mente, io sono “tu che mi fai”.
Ora rifletterò sull’esterno.
Grazie Enrico per quello che hai scritto.
ciao
Rosella
Intanto vorrei ringraziare Paola perché questo post mi dona quel senso di pienezza che solo un certo tipo di pensiero sa offrire, quel pensiero in cui per davvero la vita sembra dirsi, svelare la sua abissale bellezza.
Un grazie di cuore poi a Enrico che fa della sua esperienza di scrittura una pratica di ascolto, e quindi di nascita, nel senso della nuova umanità trans-egoica che desideriamo far emergere in noi e su questa terra.
Solo questo ascolto “folle” e “in folle” può esorbitare dall’ordine ormai esaurito dei significati ego-centrati, e ridarci un certo respiro.
Questo ascolto ci rivela l’essenza dialogica del linguaggio: il fatto che noi parliamo già da sempre rispondendo a qualcosa che ci chiama e ci pronuncia.
Heidegger ha inserito questa esperienza, di per sé mistica e poetica, nella storia del pensiero occidentale, portando a termine l’intera storia della filosofia, e al contempo aprendo la via ad un pensiero sostanzialmente iniziatico, un pensiero che si dà solo nella misura della trasformazione della nostra stessa soggettività.
Questo processo somiglia al processo di individuazione di Jung, in cui l’Io egoico, morendo alla propria autosufficineza monologica, attinge al Senso del divino che lo abita e lo “precede”.
Un abbraccio infine a Rosella, heideggeriana inconscia….
Marco
Provo anche io a dire qualcosa a proposito del linguaggio in base al mio vissuto: mi viene piuttosto naturale osservarmi e noto che alcune volte i pensieri e le parole mi vengono a stento, direi forzate, ed è la prova che in quel momento le idee non mi sono chiare e ciò mi induce a pensare che forse, se ho parlato, sarebbe stato meglio stare zitto; e questo mi produce anche un più o meno sottile – e motivato a mio parere – senso di colpa. Altre volte invece i pensieri e le parole mi sgorgano bene, fluide, senza sforzo. Mi accorgo di avere delle idee e delle parole chiare che riesco a pensare e magari anche a dire ad altri con soddisfazione. Non la sodisfazione in fondo misera di aver semplicemente fatto bella mostra di me, ma il piacere di aver detto qualcosa di sensato che aiuta il dialogo e l’entrata in relazione con gli interlocutori del momento.
E poi, provo ad aggiungere anche questo: le parole migliori che sento, le mie, le altrui, sono quelle che avverto essere in qualche modo ispirate. Quelle cioè che mi accorgo non essere luoghi comuni e stereotipi, riconoscibili come tali anche per il tono in cui sono dette, ma parole che sgorgaano fresche e nuove anche se sono già state in precedenza pronunciate.
Ci sono persone, dotate pure di un’intelligenza razionale e di un’ottima cultura , che dicono cose di un certo interesse che non sai, e quindi le ascolti con interesse. Ma ti danno l’impressione di essere come degli ordinati magazzinieri che hanno un ripostiglio molto ben fornito e catalogato da cui, all’occorrenza, sanno trarre a piacimento quello che gli occorre. Questi il linguaggio lo padroneggiano ma anche lo restringono, riducendolo a mero mezzo strumentale per dominare (illusoriamente?) la piccola porzione di mondo che li circonda. Ben diversa è la sensazione nei confronti di ciò che pensa e dice colui che è sapiente. Che si può definire tale perchè oltre ad essere comunemente intelligente, razionale e colto, sa anche ascoltare da dentro ciò che gli scaturisce imprevedibilmente da recondite profondità come perle donate e inedite che sa offrire con naturale generosità.
Scusate la mia ignoranza, ho fatto studi tecnici, ma non sarebbe meglio scrivere più sinteticamemte? A me sembra che oggi per dire ” vaffa” come voleva fare Santoro ci si giri intorno col bicchiere, per dire prostituta si dica Bunga Bunga, per spiegarci una legge ce la chiamano Logo, per spiegarci il “casino” che abbiamo fatto al mondo e a noi, lo chiamano inqinamento e malgoverno ( che in parte è anche vero). Ma per spiegarci il casino che viviamo nella nostra vita non ci sono un pò troppe parole? Crisi, ritorno al passato, futuro incerto per noi e i ns figli, tempo di cambiamento, crisi dei valori etici e religiosi, odio, rancori….Ma non c’è una sola parola? Amore? Poi mi fa sorridere Paola ricordandomi il film ” non ci resta che piangere” quando Benigni e Troisi dicevano : ” meno male che qui non le sanno fare le cose che sappiamo fare noi, le lampadine, i cessi, ( si faceva pipi dalla finestra) e poi si domandavano ” ma tu in pratica le sai costruire?” Solo un uomo come Leonardo da Vinci,riusciva a inventare e usare le cose. Per quanto mi riguarda, io col computer ci litigo, col tempo ci faccio a cazzotti, lo spazio che vorrei dedicare a leggere è sempre poco, il tempo per rilassarmi un pò, é ancora meno. Devo attendere 11 mesi per prendermi
una vacanza.E forse non avevano ragione i protagonisti del film che dovevano bloccare Leonardo, altrimenti si scopriva l’America? Certo, molte cose sono state usate male, ma se ancora oggi “l’eremita” che non mangia e non beve ci suscita interesse, non potremmo fermare un pò questo treno che invece che farci vivere meglio ci sta schiacciando? ” Rlassati e butta via” come dice Marco, ma la tentazione è forte, io un bel “vaffa” a qualcuno lo manderei comunque, e poi “butterei via lo stesso”…Un saluto a tutti.
Carissima Luciana, comprendo il tuo malessere, la tua rabbia, la tua mancanza di tempo, la tua angustia, ed è proprio questo tipo di sofferenza che, come sai, tentiamo di accogliere nei nostri Gruppi, e di curare, al fine di poter ascoltare con la calma necessaria le parole che possono salvarci.
Non tutto è dicibile in modo sintetico, non tutto è riducibile a slogan. Questo vorrebbe farci credere la cultura dominante, che appiattisce ogni cosa.
Certo è facile dire “Amore”, ma chi poi è in grado di vivere, e di testimoniare questo amore? E’ facile dire “Cristo”, ma chi poi è in grado di farcelo sentire vivo questo Uomo-Dio, che è al contempo il Logos dell’universo, il Principio della Creazione, come dice la lettura di oggi?
Noi, nei nostri Gruppi, ricerchiamo una conoscenza iniziatica, e cioè una conoscenza che sorge soltanto dalla nostra trasformazione, e che quindi modifica anche il nostro linguaggio, proprio nel senso che Walter ha spiegato splendidamente.
Grazie, Walter, leggendoti a volte ho la sensazione che ciò che tento di comunicare da decenni si radica in alcuni cuori in modo indelebile, come il seme del Regno.
Tu descrivi molto bene le diverse modalità del nostro pensare e parlare. Modalità che corrispondono ai diversi stati del nostro io.
Anche per me risulta sempre più noioso ascoltare le parole ben ordinate di chi non fa esperienza attuale, e cioè in atto, del dirsi, del rivelarsi delle parole che pronuncia.
Ogni dire che non sia attuale-mente poetico è oggi morto e in fondo falso e fallace.
Ma quanti di noi sono disposti a morire per parlare in verità?
E il Figlio dell’Uomo, quando tornerà, oltre a qualche miliardo di cristiani, troverà anche la fede sulla terra?
Un abbraccio. Marco
Cara Luciana: m’è piaciuto!!!
Grazie Marco.
Per la verità non sapevo come procedere per postare la mia riflessione sull’esterno, poi Luciana per pura coincidenza, me n’ ha fornita l’opportunità.
Io sono una heideggeriana inconscia, nel senso che non so apporre etichette a quello che vivo, ma il mio è un inconscio che va chiarendosi, poichè ho acquisita una certa capacità di rendere ragione di ciò che vivo e di testimoniarlo. Di riconoscerlo ampliandolo/costruendolo/testimoniando, dentro e fuori di me.
Come si puè rilevare, vi è un parallelismo della dinamica interna ed il comunicare esterno.
Quel che mi pare differente nella mia esperienza, dal pensiero citato di Heidegger è che: il processo comunicativo si avvale di “casualità strumentali” perfettamente coincidenti; e non solo di comunicazioni personali faccia a faccia, se ho compreso correttamente il suo pensiero.
Marco, noi ci siamo incontrati tre volte nella vita, e non abbiamo mai avuto neppure cinque minuti di dialogo personale, riservato. Questo non ha costituito ostacolo ad una comunicazione di qualità, partendortire da quella famosa poesia letta “per caso”.
La globalità della rete è strumento adatto a favorire l’esperienza del nuovo e ad esemplificare la perfetta pura coincidenza del “caso”. Di un disegno Altro, possibile ed evolutivo, altro da sè.
Forse una mente filosofica nasce da un atteggiamento interiore esistenziale, da un interesse prioritario per il senso delle cose, poi conoscere il passato aiuta ad ampliare gli orizzonti, ma la possibilità di una pienezza di vita è data a tutti.
Luciana, stacci a questa fatica a modo tuo, senza chiedere ad altri di ridursi nel loro linguaggio, ma restando dentro la fatica di un tuo “interesse” personale: La questione non è statica per alcuno.
Non è necessario “capire” le parole usate: necessario è cogliere il senso che costituisce per te il legame di appartenenza all’esperienza in atto.
Auguri e ciao.
Per Walter, sono veramente contenta di leggerti nel blog e mi scuso con te per tutte le mail promesse e mai inviate… .
Buona giornata a tutti
Rosella
“E il Figlio dell’Uomo, quando tornerà, oltre a qualche miliardo di cristiani, troverà anche la fede sulla terra? ”
A me pare che per poter “credere” ragionevolmente sia importante apprendere, a porre attenzione alla RI – CONOSCENZA . Imparare cioè a riconoscere le relazioni che intercorrono intersecandosi nel creato.
Senza la fatica di applicare la nostra attenzione, ciè lo sguardo nuovo che va formandosi interiormente, alla realtà esterna che viviamo, noi non siamo testimoni consapevoli. Nel senso che non ci attrezziamo ad acquisire, aumentandoli, gli strumenti necessari per “rendere ragione” di quanto ci accade ed accade attorno a noi.
Porto due esempi
il primo
Lc 17,11-19
” Al samaritano che tornava da lui per ringraziarlo d’essere stato guarito, Gesù disse:” lzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”. ”
Solo la riconoscenza, che fa ritorno sui suoi passi: riconoscente e grata; accresce e trasfigura la fiducia incarnata umanamente… cambia lo sguardo.
il secondo mi è molto più contingente
Nel gruppo a Mozzo, sono stata spiazzata veramente da quanto detto da una delle componenti:
“Io non ho mai frequentato un intensivo ne mai ho incontrato Guzzi, eppure utilizzando lo strumento semplice del libro “darsi pace” penso di essere in sintonia con ciò che si aspetta l’autore: incarnarlo nella vita appunto”.
Ora questo è ciò che ho recepito io, molto meno di quanto lei ha veramente detto; poichè ero veramente stupita ed un poco paralizzata. Dopo più di un anno che frequentavo il gruppo, quella era la persona che io avrei desiderato alla sua conduzione e mai, ma proprio neppure per un momento mi era passato per l’anticamera del cervello che lei non avesse fatto esperienza neppure di un intensivo… .
Questo per dire che noi lasciamo cadere un sacco di valori nella distrazione quotidiana che sono rilevanti.
Rivelativi del Nascente logos che s’incarna, non solo come parola ma sintesi relazionale nel tutto.
In fondo Cristo ci ha detto “vi lascio il mio Spirito”, la relazione che intercorre tra Lui ed il Padre, o no?
Ora mi taccio
Ciao
Rosella
Ecco, lo sapevo, che rischiavo di inguaiarmi con questo post!!!
Già fatico a seguire tutte le implicazioni dei vostri bellissimi e importanti ragionamenti e, come vedete, in questi casi la mia strategia difensiva è di buttarla sullo scherzo….
Mi piace il consiglio che Rosella dà a Luciana: resterò dentro la fatica di un mio “interesse” personale, a modo mio, né pretenderò di controllare il gioco, non ci riuscirei….
Posso solo offrirvi una frase di Paul Celan che spesso mi fa da guida: “là dove io mi dimenticai in Te, Tu divenisti pensiero”.
Possiamo aggiungere: “Tu divenisti parola”.
Una parola d’amore, che risana il nostro cuore, e, tramite noi, il cuore di chi ci sta accanto.
Grazie a tutti.
Paola
Io ho studiato e insegnato filosofia, ma ora apprezzo molto le attente semplificazioni di secondo e anche di terzo grado come questo post con i suoi commenti ci propone.
Heidegger, come i filosofi classici, ha sostenuto la mia incontenibile passione, dapprima solo intellettuale, ora più completa, di andare oltre , di non fermarmi alle apparenze, di spingermi anche se cautamente, verso le profondità situate al di là del si dice, del si fa, si tramanda, la scienza ha scoperto questo e quello, solo la tecnica è concreta; così oso rapportarmi con più audacia al Mistero che è tale, non perché è oscuro, ma perché i nostri occhi non sono attrezzati per la troppa luce.
Ora sto scoprendo che anche i perché assillanti dei bambini, come le inquietudini dei giovani, le richieste dei malati e dei poveri, gli eventi sempre diversi della vita che si svolge e si avvia al compimento , ci conducono là dove una Voce continua a chiamarci per nome. Mariapia
Carissima Mariapia, lo studio di Heidegger può essere davvero una cura radicale per uscire dai limiti del pensiero razionalistico moderno, per tornare a respirare nella sfera immaginativa del linguaggio, per dilatare lo sguardo egoico lasciandolo dissolvere nei sottosuoli da cui proviene…
Per chi volesse approfondire mi permetto di rinviare al Video della conferenza che tenni a Misano nel 2006 proprio sulla sapienza che rinasce nel pensiero di Heidegger:
http://www.marcoguzzi.it/index.php3?cat=video/index.php
Un abbraccio. Marco
Cara Mariapia, ti ringrazio perché con parole semplici e autorevoli hai espresso molto del mio pensiero.
Andare oltre le opinioni alla ricerca della Sapienza è un percorso ‘per tutti e per nessuno’, nel senso che è molto difficile: la conoscenza intellettuale non garantisce nulla e al contempo è richesta l’umiltà e lo sforzo per mettersi alla scuola di qualcuno la cui visione delle cose può aiutarci nella trasformazione.
Una prima grande scoperta è capire quanto oscilliamo tra stati diversi dell’essere: quando, passando per lo stato dell’io-in-conversione, raggiungiamo lo stato dell’io-in-relazione i nostri gusti, desideri, facoltà, e anche le nostre modalità di conoscenza cambiano completamente. E un po’ di quel Mistero luminoso raggiunge i nostri sguardi illimpiditi.
Buona serata.
Paola
Grazie a tutti per avermi risposto e mi scuso se il mio sfogo può aver infastidito qualcuno.
Mi associo alle parole di Rosella che dice di RINGRAZIARE!. Ecco io ringrazio voi e in modo particolare Marco che mi fa andare ” oltre” lo sfogo sterile. Grazie a tutti quelli che lavorano col gruppo “Darsi Pace”. Vi abbraccio.
Oltre i ringraziamenti doverosi al gruppo Darsi Pace e ai vari consigli che mi vengono suggeriti ” di starci dentro”, mi sento di aggiungere un piccolo aneddoto sentito al ritiro spirituale della mia Parrocchia: ” una suora che stava pregando viene chiamata per una urgenza e lei si alza e la sentono dire: Ah, io gliel’ho detto! se si fa capire la sua volontà la facciamo se non si fa capire è un problema suo”. Buonanotte.
… cara Luciana, il mio “starci dentro” è proprio quella cosa lì. Mi pare che tu capisca tutto ciò che v’è da capire 😉 😀 😉
Un abbraccio e buon fine settimana
Rosella
Cara Luciana,
non credo che il tuo ‘sfogo’ abbia infastidito nessuno.
A me piace molto la freschezza e la sincerità dei tuoi interventi.
Ammetto che, in generale e non in riferimento al tuo intervento, talvolta mi spaventa la difficoltà di comprenderci tra noi, la sensazione che ciascuno ha codici e linguaggi differenti e che regni ‘la Babele delle lingue’.
Comunque, nei nostri gruppi, cerchiamo proprio di superare questa difficoltà, restando in ascolto delle parti più profonde di noi, lì dove siamo tutti Uno, lavorando sulla sincerità del cuore, e facendoci guidare dalla conoscenza spirituale e psicologica che le grandi tradizioni della terra ci offrono.
Grazie e una pacifica domenica!
Paola
Scusate l’intromissione senza ne aver prima lurkato(sbirciato)gli altri post e senza essere
una persona addentrata in filosofia,pero’
guardando quel video di heidegger in cui i segni del tempo creano quell’effetto pioggia(nebbia,fruscio????)e in cui finisce con la frase di goethe e per una strana sincronicita’ junghiana
(coincidenza) lo stesso effetto e’ creato dalla pioggia che vedo cadere ora dalla mia finestra
mi hanno indotto a irrompere per comunicarvi
un momento di poesia.Ciao
Benvenuto Aldo! e grazie della tua suggestione che rinvia a quel ‘vedere pensando’ di cui parla Heidegger.
Guardare le cose, oltre il dato materiale, per scorgervi misteriosi legami e connessioni è dare senso al creato: il nostro compito più bello come esseri umani.
Buona serata.
Paola
Grazie di aver risposto e del benvenuto.Un semplice parafrasare nietche riguardo alle cose dette da heideggher sul non saper come funzionano le cose tecniche ma il saperle usarle ugualmente e’ “la tecnologia ha superato l’uomo”,e per quanto riguarda nietche ancora nonho capito se lui l’oltreuomo lo ha rivelato o intuito.
Un altro piccolo pensiero me lo ha dato la tua frase “guardare oltre il materiale” ma mi chiedo
se esista persona che riesca a guardare solo materialmente,per me siamo tutti osservatori
che soffrono delle deformazioni e filtraggi offerte dalla natura spirituale dell’uomo.
p.s.forse tento di arrovellarmi attorno al pensiero solo per impresionare il prossimo
pur non avendo un substrato culturale valido
e spesso,ma perdonatemelo e fate finta che io sia normale.
Caro Aldo,
nei gruppi “Darsi Pace”, di cui questo sito è espressione, ci piace considerarci tutti, ma proprio tutti, degli ‘eterni principianti’, persone in ricerca, che provano a lavorare per migliorarsi, per accogliere la potenza trasformatrice dello Spirito. Quindi sei al posto giusto e non dobbiamo perdonarti nulla. A proposito delle deformazioni e dei filtraggi che ci impediscono di vedere più chiaramente le cose, penso che non derivino dalla natura spirituale dell’uomo, anzi casomai dalla sua natura ‘animale’, o, sempre per restare con Nietzsche, “umana, troppo umana”. Ma è un discorso lungo, che potremo approfondire….
Una buona giornata a tutti.
Paola
salve ancora e scusate.Riguardo alla conferenza del 2006 del prof. M.G. nella prima parte in cui egli parla del senso mi e’ parso di intuire che implicitamente accetta il cosiddetto “principio del piacere “a cui si riferiva Freud.E’ possibile?Graditissimo un chiarimento,anche se molto sintetico,grazie,buongiorno a tutti.
Carissimo Aldo, potresti esplicitare meglio la tua domanda?
Non comprendo appieno la questione del rapporto tra il Senso e il principio del piacere.
Se non ti dispiace, prova a tradurre la questione in termini personali, in ciò che ti preme capire, in ciò che ti inquieta.
Nei nostri Gruppi infatti la dimensione teorica è sempre connessa ai processi concreti della nostra liberazione/trasformazione.
Grazie. Marco Guzzi
in particolare nel tratto del video in cui esprime il fatto che le persone che si recano per esempio in un luogo ci vanno per uno scopo,e nelle parole espresse in quella circostsanza mi e sembrato di intravedere le stesse problematiche di freud in cui egli cercava di definire il difficilissimo concettodel piacere tramite la sua teoria sul principio del piacere,ossia che se la psiche fa qualcosa lo fa per raggiungere uno scopo che in linea di massima e uno scopo che anche se inconsciamente porta al raggiungimento di esso(in tutte le sue manifewstazioni possibili,sia quelle sensuali che sublimate)
p.s.(con “esso” intendo “il piacere”,scusi.
Ok, carissimo, ora capisco.
Certo, noi ci muoviamo ed agiamo sempre in vista di uno scopo più o meno conscio, e questo è sempre un accrescimento del piacere, inteso come incremento di vita, e tenendo conto che a volte questo accrescimento richiede una rinuncia al piacere più immediato: ad esempio, se voglio gustare il piacere di suonare, dovrò magari rinunciare al piacere immediato del riposo o di qualche svago….
Spesso nella tradizione spirituale si è invece posto l’accento più sulla rinuncia che sullo scopo di piacerfe/beatitudine, che può a volte richiedere anche il sacrificio dell’immediato.
Ora le cose stanno cambiando…si spera almeno…
Ciao. Marco
nel video in cui parlando di nietchsze lei avverte che N davanti al bivio ,ossia se far cantare l’anima o se proseguire con la critica ,ha
preferito la via che poi e’ stata forse quella che lo fece impazziere ,cosa pensa inseguisse N in
quel frangente,che tipo di esigenze?di dovere?
Altro?Grazie e scusate
Visto che mi pare che oltre che rinunciare ad un piacere immediato e piu disponibile per un altro
piacere piu sofisticato mi pare che la scelta sia stata assolutamente autodistruttiva,ma in nome di che !?
Carissimo, il dramma dell’uomo è che noi il più delle volte non conosciamo la direzione del nostro più autentico incremento di vita e quindi di piacere. Per cui ci dirigiamo nella direzione opposta, e a volte ci sfracelliamo sul muro delle nostre illusioni.
Così Nietzsche ha vissuto una lacerazione terribile tra spinte opposte, e si è diretto verso la propria distruzione, invece di ascoltare il gemito della propria anima più profonda, che lo invitava al canto e non all’imprecazione.
Marco
Perche ha vissuto col corpo il rigore come vuole la tradizione spiriruale rinunciando fino all’osso
alla propria natura di cantore (cioe imponendosi
fino all’anima e alle cose dell’anima un autonegazione)per proseguire una critica che francamente non mi sembra ne costruttiva ne oggettiva,l’anticristo per me e’ un testo privo di senso,non lo capisco affatto,non mi pare un contributo al pensiero,valse la pena autonegarsi
per esso?Insomma,non vi trovo dentro nessuna filosofia o germe per sviluppare un pensiero ulteriore.
Pero neanche vi intravedo la scelta nichilista
e forse menefreghista di un sansone che arrivato sul finire scaglia l’ultimo colpo micidiale per se e per il prossimo ,c’e solo sgomento da parte mia,incomprensione totale.
Gia ma le illusioni son brilluccichini per persone mediocri,nietche mostrava una serieta infinita,cosa poteva illuderlo?
Carissimo, le illusioni sono a misura delle persone che ne vanno soggette.
Anche il Cristo ha dovuto affrontare le proposte illusorie del Satana.
In ogni fase della nostra crescita dobbiamo fronteggiare vie illusorie e devianti, e quindi accrescere la nostra capacità di ascolto e di discernimento.
Perciò l’umiltà è sostanzialmente la regola aurea lungo tutta la via/vita, umiltà che Nietzsche non seppe riconoscere in sé (eppure ne aveva solide e profondissime radici) e coltivare…
Marco
Credo che Nietzsche oltre che un grande filosofo,sia stato un grande profeta,il profeta della crisi del mondo occidentale,un veggente quello che meglio di tutti ha saputo interpretare la decadenza della piccola morale cristiano-borghese,aveva uno spirito profondamente religioso,basta leggere le sue bellissime pagine sul Buddismo che si trovano proprio sull anticristo,una massima che ha sempre ha guidato la mia vita è che” bisogna avere dentro di sè un grande caos per poter partorire una stella danzante”,ed questo è confermato dalla scienza dal Bing bang alle stelle,dall oscurità alla luce,un grande interprete dei nostri mali dell anima.
credo che un ampliamento del pensiero “riduzionistico” stia a significare che si e’ aggiunto un piccolo scalino alla potenzialita’ umana di poter elevarsi al di sopra del deserto sabbioso su cui si poggia tutto il creato (in fondo siamo vivi,cioe quel che siamo,solo perche siamo fatti di materia,ossia di atomi,stupidi atomi,granelli di robba che in se non ha altro che leggi) e che cio(ossia l’ampliare tali conoscenze) possa contribuire nel tempo e in sinergia con altre attivita che forse ancora non abbiamo a nostra disposizione(attivita che potrebbero un giorno fuoriudcire ,perche no, anche dal mondo della magia o chissa?)a dar vita a quell’immenso sogno che lega coscenza e inconscio(il desiderio di eternita amico)portando questa barchetta insicura su lidi insospettabili al giorno di oggi,ma sempre contempalti dal pensiero umano.io personalmente sarei piu propenso a venerare uno spirito superiore che si abbassasse a divenire animale anziche uomo,quello sarebbe un segno di grandezza ed umilta legate assieme nel segno dell’inocenza, che solo le bestie hanno,ma se fossi io uno spirito superiore come vogliono le scritture per dare al misero uomo il suo angolo di eternita non avrei esistato a diventare MACCHINA,per accogliere in tale prodigio artificiale le povere ed affamate coscenze degli uomini tutti,ma da come vanno le cose,credo che un tale prodigio spettera agli uomini crearselo……scusa il divagamento,spero di essere stato chiaro e di non deviare nessuno dal proprio pensiero,approfitto che c’e ancora un po di democrazia per far divenir brina tangibile le folli corse elettromagnetiche che si aggirano fra la mayteria cerebrale che la natura,il caso oquello che sia mi ha assegnato in questo mio breve partecipare allo show.
scusa,aggiungo un piccolo PS ,ritengo che l’eterno non sia da considerare assolutamente come un carattere che distingue una creatura superiore(?) da una inferiore,ma che l’eternita e’ semplicemente il sentire la vita cosi come
la sentono gli animali,ogni bestia sente in fondo che cio che e lo sara sempre,e’ il vestire la maschera d’uomo che fa soffrire perche in se continua a vivere tale archetipo di sentimento o senso di eternita ma l’autoconsapevolezza e l’accumulaesi delle esperienze lo negano continuamente,e tale convivenza dei due aspetti (due dei tanti?) e’ per me una delle cause dello sviluppo nell’uomo di tutte quelle discipline
e attitudini che lo portano o ad inventare o a impazzire.
,inoltre(scusa michele se mi allungo troppo con le chiacchiere)volevo comunicarti che non intendo con cio’ andare contro l’assunto di N secondo cui l’uomo non potra superare sestesso con i mezzi della ragione (scenze)e con la religione,ma approfitto del fatto che non avendo precisato su cosa altro dovremmo basare la trasformazione da uomo a oltreuomo ci ha almeno lasciato il dubbio che possa esistere altro oltre ai mezzi apoollinei
e dionisici di cui ne possediamo solo una percezione
vaga,ma che proprio come il rumore prodotto dai
componenti discreti (che disturba i segnali utili)
se forse ci mettiamo ad ASCOLTARLO tale noise
vi verranno fuori delle stupende architetture come quelle derivate dallo studio probabilistico della materia che ci ha donato dei modelli teorici
sulla struttura intima del cosmo che anche se fossero pure invenzioni matematiche senza riscontro nel reale varrebbe la pena di continuare ad approfondire per la bellezza estetica che racchiudono in se.
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G
P.S.(la percezione vaga di cui parlo e riferita
quel qualcosa di misconosciuto che non e’ ne scenza ne religione,ma che appunto se ci mettiamo in ascolto forse….
scusa la sgrammaticatezza,dovevo dire “….bellezza estetica che racchiudono in
lorostesse”
inoltre intendo dirti che anche io ammiro moltissimo tali giganti del pensiero e che di fronte a loro se non ci disponiamo con umilta
finiamo per invidiarli,e che forse e’ proprio l’umilta la chiave per comprenderli pienamente,
un sentimento alla base del pensare razionale non deve mai mancare,pero deve essere il GIUSTO sentimento,il SOLO filosoficamente accettabile.
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G
con questo non intendo contraddire pero la formi
dabile intuizione di Freud in cui descrive il progresso come il frutto di una pulsione sadica sublimata,del resto non sarebbero mai volati missili se non fosse stato che servirono per
offendere (von braun…),il primo a misurare la velocita della luce fu il soldatino di napoleone che uso il marchingegno per misurare la velocita delle pallottole(se la vedi sembra una vera e prorpia trappola per la luce,mostrando lo spirito del cacciatore piu che quello di un ricercatore)
e se non si fosero eseguite sezioni sui corpi (che era sentita diffusamente come una violazione del rispetto per l’uomo) oggi non esisterebbero cure,quindi se cio e’ vero (se) ne seguirebbe che
un pensiero che si rifa a sentimenti di umilta
non puo che condurre ad un punto morto,ad una inflazione,ad una ineconomicita,a che serve se non
risolve una esigenza ma proprone solo nuove questioni,in fondo anche molte delle religioni
anche se parlano di enti sospesi nel mistero
iraggiungibile se prendono piede e’ perche’ economicamente sembrano valide,ci danno(dicono)
qualcosa,vita eterna,immagina uno spirito superno che invece di proporre un baratto fosse venuto qui a proporci una tautologia ,ma chi se lo sarebbe filato,e cosi’ sembra ai molti la filosofia,un gioco di parole.Non lo credo,si diceva cosi’,che eran giochi di parole il calcolo
delle proposizioni,mera disciplina fine a sestessa,ebbene i calcolatori senza le scoperte di
quei certosini del linguaggio non esisterebbero
nemmeno,tutto e ‘ fondato sui circuiti logici.
Lo stesso dicevano di Babbage,che la sua macchina sarebbe servita solo a contare i soldi che servirono a costruirla,ed invece in linea di
massima le moderne macchine ancora si fondano sugi algoritmi proposti da B.,insomma,se non ci fossero queste teste che cadono nel pozzo
per rivolgere lo sguardo al cielo ma viemmi a dire che cosa sarebbe questo mondo,un pollaio di
baccanali felici,(ma non dionisiaci,senno’
nietche non sarebbe un filosofo,sarebbe un regista di film a luci rosse,e l’oltreuomo il frutto di duplicazioni casuali ),quindi credo
che sei veramente sulla giusta strada se di
N. ti hanno impressionato quelle parole,valide e bellissime anche se non sapessimo nulla sulle teorie del supervuoto o su quali meccanismi si
celano dietro la propulsione delle stelle,erano belle anche allora che la scenza forniva poco o niente,certo oggi hanno un maggiore impatto
per via delle nozioni che abbiamo e delle scoperte
fatte ,ma comunque per me hanno in loro tali parole una vita interiore,se entrano nella vita di una persona dal fondo dell’anima agiscono come
un propulsore a chiederci sempre di piu’ cose,e
a tessere sempre nuove relazioni.
Credo che la filosofia cammina solo piu lentamente delle altre scenze,ma se le scenze
camminano troppo solitarie senza una giusta filosofia a sostegno vanno a sbattere contro un muro e portano solo guai.
Scusa se rispondo ad un forum come su una chat
ma in maniera molto sintetica col tuo post hai
smosso gran parte di quelle cose che albergano
anche in me,che quando ne parlo faccio il vuoto
attorno.
, ,
G
“Dove se ne andato Dio?Io ve lo dico.Lo abbiamo ucciso,voi ed io.Tutti siamo suoi assassini,e adesso non andiamo errando attraverso un niente infinito?”Così parlò Zaratustra.Credo che in Nietzsche ci sia la continuazione della cosidetta mistica germanica si ricordi il Meister Eckart un Taulero e un Silesio,un tipo di ascesi virile della predica sul distacco o della teoria dell anima nobile,purtroppo tale rettifica nel cristianesimo non ci fù,e ad esso si sostituì una “ascesi del servizio sociale”.
Grazie per aver citato tali personaggi,io non li conosco affatto ma mi affrettero a recuperare tali lacune.
scusate,sempre a proposito di N. siccome mi sfugge totalmente il concetto di eterno ritorno,sapete se N in qualche scritto lasci un esempio pratico(?)di come una persona che volesse applicare tale approccio filosofico alla vita si debba comportare?grazie e scusate.
…ovvero se sia solo una disposizione d’animo con cui interpretare gli eventi ma poi debba morire(finire) nella stessa dimensione emotiva in cui si svolge tale interpretazione o se deve anche portare ad una azione nei confronti della cosa che stiamo interpretando.
ciao
EHMM,scusate,prove tecniche di trasmissione,buonasera a tutti voi,Martin Heidegger è un filosofo che personanalmente adoro anche se abbastanza difficile da comprendere a fondo almeno per le mie limitate capacità,comunque una cosa che vorrei chiedere è se L’ Essere di Heidegger sia Dio o no,o altrimenti che cosa è?In un suo libro parla di Sacro,di Divino e di Dio come se questi fossero dimensioni diverse tra di loro e un’ altra cosa come si fa ad ascoltare l’ Essere?In quaLE modo le cose parlano e noi dovremmo metterci in loro ascolto?
Carissimo Roberto, le domande che fai sono molto complesse, e richiederebbero una meditazione molto dilatata.
Ti posso solo dire che l’Essere, per Heidegger, non è Dio, se intendiamo per Dio un Ente, pur se Supremo.
D’altronde questo Essere che si dà e che parla somiglia moltissimo all’esperienza spirituale del divino della mistica cristiana di Eckhart.
Imparare ad ascoltare l’Essere è infine una pratica, che tentiamo di approfondire anche nei nostri Gruppi. Si tratta in fondo preliminarmente di mettere a tacere il nostro rumore interiore, fare vuoto, e imparare a sentire ciò che in quel vuoto ci si comunica.
Se vuoi approfondire, il mio primo libro si occupa proprio del pensiero di Heidegger: La svolta, Jaca Book 1987.
Ciao. Marco Guzzi