La sentinella è una “lavoro” particolare, fuori dal comune: permettere agli altri di “salvarsi”.
Una bella responsabilità.
La sentinella incarna il senso di “precarietà” della vita.
Come non dedicare film, libri, poesie o post nei blog?
E infatti molti post di questo blog (a partire dagli ultimi) propongono alcune sentinelle del nostro tempo.
Mi sono domandato quali caratteristiche ha la sentinella. Ne cito alcune.
Pensa e agisce, si esprime in modo chiaro, è furba e consapevole del tempo, ha una visione chiara delle cose, ha dedizione, compassione e non ha paura.
Ma quelle che ritengo più dirompenti sono il linguaggio e la ricerca della solitudine.
Il linguaggio convince, affascina, trasmette speranza, fa sentire che quello che viene condiviso è vero, crea relazioni.
La solitudine ricercata è quell’esercizio costante che gli permette di allontanarsi quando necessario per mantenere una visione chiara delle cose e delle persone, un momento prezioso per ritrovarsi.
Chi è la sentinella?
Non è un eroe, non è un super uomo/donna è un “genitore” nel senso più profondo del termine: una persona che non pensa più per sé ma per gli altri senza pretesa alcuna.
Perché diventare un “genitore”?
Per oltrepassare il muro che separa il “potere” dall’ ”amore” (naturalmente non significa avere necessariamente figli propri).
Come cristiano-cattolico per il piacere di diventare “Dio”ed essere “Figlio” . Ho esagerato 🙂 ?
Come si fa a diventare un “genitore”?
Il percorso è faticoso e dura tutta la vita (e comincia con essa). Serve studiare, meditare, fare esperienza, interrogarsi sull’essere figlio. Non ci si improvvisa. Almeno non più. Almeno non oggi.
Ti aiutano molto le “sollecitazioni” dei figli (tuoi e non), degli altri genitori e dei padri putativi che si incontrano (o si cercano?) durante il cammino e se siamo capaci di ascoltarli.
Perché farlo?
Purtroppo si tende a ri-proporre la nostra esperienza distorta che riteniamo non solo il nostro punto di partenza ma anche quello di arrivo (fino a quando non ci capita l’evento tragico). E la esportiamo sui nostri figli, su nostra moglie/marito e sugli altri. Forse è anche per questo che c’è una lacerazione profonda nella vita personale, di coppia e quindi della società tutta.
Solo se si diventa “genitore” si può pensare di trasformare adesso il mondo in un “paradiso”. Ne sono convinto.
In giro ci sono troppi adulti-bambini, pochi adulti e ancora meno “genitori”.
Cercasi Sentinelle …
Photo credits: Alessandro Pinna
Ciao Domenico, condivido e apprezzo la descrizione che fai del compito del genitore. Forse per il momento personale che sto vivendo, mi fa male non vedere il genitore come un uno e non come coppia.
Ciao Loris, non ho capito “… mi fa male non vedere il genitore come un uno e non come coppia.”
Potresti chiarire anche con un esempio.
Hai ragione. Intendevo dire che nella tua descrizione vedo il genitore come un entità singola, mentre non vedo riferimenti ai genitori come coppia, formata da un padre e da una madre.
Ciao Domenico, salutami i tuoi cari. Crescon bene Irene ed Andrea? E TU? come te stai…?
a quando la famosa pizza? prendi in considerazione Marinella… per una cena.
Un’occhiatina anche a Loris: sai non so decidere se sei padre o madre.
Il tuo nome mi fa lo stesso effetto di Andrea, per altro io recepisco maschili entrambi.
Però mi resta IL RISCHIO dell’errore, e nel dubbio, chiedo.
Concordo anch’io sulla necessità di coniugare la coppia, per essere genitori adeguati; e, penso che sia opportuno, aver integrato almeno interiormente le proprie parti maschili e femminili, per essere SENTINELLE minimamente adatte ad assolvere al proprio compito. E beato CHI CE LA FA.
Con affetto buona giornata
Rosella
caro Domenico,
TU per me sei sempre un mito. Nel senso che nelle tue parole ritrovo IL MIO “minimo indispensabile”.
ORA concentrazione: “la sentinella incarna il senso di precarietà della vita”
In effetti potrebbe essere opportuno riflettere sulla PRECARIETA’ DELLA VITA.
Su come funamboli attraversiamo la linea retta, che intercorre tra la nascita e la morte.
La stabilità o equilibrio che dir si voglia, non sono rappresentati dall’assenza di pericolo, ma DAL RISCHIO CORSO INSIEME alla sentinella, nella sua accorta cura ch’è UN’ AMOREVOLE ATTENZIONE.
Come cristianono-cattolico per il piacere di diventare “Dio”ed essere “Figlio” . Ho esagerato 😀 ?”
Bravo, è proprio così che si fa!
IO SONO TU CHE MI FAI e vai!!!
Ciao Domenico, salutami i tuoi cari. Crescon bene Irene ed Andrea? E TU? come te stai…?
a quando la famosa pizza? prendi in considerazione Marinella… per una cena.
Un’occhiatina anche a Loris: sai non so decidere se sei padre o madre.
Il tuo nome mi fa lo stesso effetto di Andrea, per altro io recepisco maschili entrambi.
Però mi resta IL RISCHIO dell’errore, e nel dubbio, chiedo.
Concordo anch’io sulla necessità di coniugare la coppia, per essere genitori adeguati; e, penso che sia opportuno, aver integrato almeno interiormente le proprie parti maschili e femminili, per essere SENTINELLE minimamente adatte ad assolvere al proprio compito. E beato CHI CE LA FA.
Con affetto buona giornata
Rosella
scusate il doppione ma mancava la prima parte… 😉
Ciao Rossella, sono un papà di due bimbi: Andrea di 7 anni e Sofia di 6. Come cercavo di spiegare prima, anche se la scrittura non è il mio forte, sto vivendo un momento particolare della mia vita e questa esigenza di unità tra i genitori la sento mio malgrado molto imprtante. Spero sarà l’argomento di un prossimo post di Domenico. Grazie e un saluto a tutti.
caro Loris,
l’unità tra i genitori è molto importante, ma è anche una faccenda delicatissima e difficilissima la coniugazione… se non l’hai visitato ti rimando al sito di Guzzi in cui vi sono almeno due sue nuove visioni adatte … a chiarirsi le idee, e a sperimentare ulteriormente quanto sia doloroso “non potersi fare da soli”.
E’ un dato di fatto.
Ti sto parlando da un luogo nel quale io ho cresciuto i miei figli (tre) nel non senso, nel nichilismo; e solo ora dopo più di trent’anni di coppia mi sto coniugando alla veneranda età di sessant’anni e passa…
Che lo Spirito di vita ti avvolga e ti conduca per mano, custodendo i tuoi figli e benedicendo la tua coppia.
Ciao un abbraccio
Rosella
Io non ho figli, sono un’insegnante che ha sentito fin da bambina il desiderio di diventare una maestra e ha avuto la fortuna di realizzarlo. L’azione educativa mi appassiona e quando gli educatori, pur in ruoli diversi, agiscono in sintonia, il bambino non può trarre che benessere.
Nel mio percorso professionale è stato più facile trovare sintonia tra colleghi e con i genitori fino a circa vent’anni fa, poi per tanti motivi la comunicazione è diventata sempre più faticosa e ci si è chiusi dentro il proprio spazio educativo e dentro il proprio modulo.
Come te, constato la presenza di pochi adulti e ancor meno di “genitori”, non solo, ma gli stessi educatori, adulti e genitori, mostrano, a mio parere, un grande bisogno di genitorialità, faticano ad assumere responsabilità e continuano a privilegiare la delega.
Come cambiare rotta e soprattutto perché?
Il lavoro che stiamo imparando a compiere nei gruppi è un sussidio che aiuta a scoprire la nuova rotta, quella di una maggiore integrità e della vera identità perché nonostante le nostre distorsioni c’è in noi un germe divino che coltivato ci fa sentire Figli nel Figlio, Figli del Padre ed è questa fede che ci supporta e ci motiva lungo il cammino trasformativo.
Cammino nel quale la solitudine diventa compagna di viaggio ed il silenzio luogo indispensabile per spegnere le nostre illusioni, soprattutto quella di sostituirci a Dio e di poterci salvare da soli.
Ti abbraccio.
Giuliana
Carissimo Domenico, dico delle banalità dicendo che il mestiere del genitore è uno dei lavori più difficili. Penso anch’io come te che serve “essere genitori” ma questo lo si completa in due. I miei figli sono sereni “spero” perché i genitori sono anche una coppia e una coppia anche da criticare. Io come tu sai ho due figli più grandi dei tuoi e se fossi stata un genitore “perfetto” probabilmente non avrei donato la ” sicurezza” che sento nascere in loro. A volte non sapevo cosa fare in alcune situazioni come genitore, ma come è successo anche a me da figlia, me la sono “cavata da sola” è proprio in quel momento che si cresce! Non preoccuparti più di tanto di essere “bravo”, anzi accetta le tue debolezze e i tuoi figli te ne saranno riconoscenti! Che bello poter prendere in giro i genitori per quello che non sanno fare! Noi siamo chiamati a seguirli per come siamo e non per quello che “dovremmo” essere, dobbiamo anche noi amarli per quello che sono, stimolarli, certo,essere “sentinelle” ma amarli anche se loro, come noi non sono “perfetti”. Un saluto a te, a Cristina a Irene e Andrea.
sono stimolata dall’andamento delle cose, ad approfondire il concetto di precarietà:
Noi siamo proprio precari in tutto, e per andar oltre Luciana direi che se fossimo “perfetti” non saremmo adeguati: i nostri figli sarebbero dei disadattati.
L’unica vera qualità indispensabile ad un genitore è quella di trasmettere al figlio di SENTIRSI AMATO e lo dico così proprio perchè è icona di una reciprocità : “io sono tu che mi fai”
Allora si può anche pensare in grande ed essere: fiduciosi, fieri, felici pur nei nostri limiti personali ed anche di coppia.
Come, in Darsi Pace ci proviamo ad aprire il nostro cuore ad una integrità che dilati la nostra capacità di accoglienza, lo ha scritto bene Giuliana, io desidero testimoniarlo ancora una volta attraverso la lettura e la meditazione di OGGI a Taizè:
lettura – Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio.
Rm 15,7-13
meditazione – Un teologo ortodosso di Bucarest, imprigionato per ragioni politiche, padre Staniloae, ha scritto delle parole così vitali, che bisognerebbe ricordarle sempre a memoria:
“Ho cercato Dio negli esseri umani del mio villaggio, poi nei libri e nelle idee. Ma questo non mi dava ne pace, ne amore. Un giorno, leggendo i Padri della Chiesa, ho scoperto che era realmente possibile incontrare Dio attraverso la preghiera. Piano piano ho capito che Dio era vicino, che egli mi amava, e che lasciandomi riempire dal suo amore, il mio cuore si apriva agli altri. Ho capito che l’amore era comunione, con Dio e con l’altro. E senza questa comunione, non c’è che tristezza, desolazione”.
Carissimi tutti,
il post parte da una riflessione sul presente domandandomi come siamo arrivati ad avere tutti la “sindrome del marchese” esaltando così tanto il disprezzo verso gli altri e prima ancora verso se stessi.
Per approfondire la sindrome un video riassuntivo
http://www.youtube.com/watch?v=koTtWldgJd4
Ma soprattutto mi sono domandato come se ne esce fuori. Che tipo di persona dovremmo pensare di tornare ad essere.
La figura genitoriale è la mia proposta.
In giro altre soluzioni non ne vedo (di credibili) allora ho provato a verificare se è così difficile trovarne una o più di una.
Questo è il motivo per cui ho parlato al singolare e di figli non propri.
Una comunità come fa a prosperare ad essere felice, a capire cosa è giusto, bello, cosa è scandalo se non un adulto che diventa genitore?
Come si fa a fare politica se non hai una tensione del genere? E un manager? E un/a papà/mamma? Un educatore?
L’essere genitore prescinde dalla coppia. Per questa ragione forse c’è un bel casino sui figli….
Il passaggio bambino, adulto, genitore potrebbe non completarsi mai. La nostra società “mammona” lo ritarda il più possibile.
Un bambino ha più richieste, “consuma” di più…
Penso che anche una crescita spirituale non possa prescindere da questo. Tornare al Padre significa anche diventarlo.
Se siamo chiamati a diventare come Cristo allora siamo chiamati anche a diventare Dio e quindi Padre.
La nuova umanità, l’uomo nuovo è quindi un “genitore” non perfetto (orrore essere visti irraggiungibili ..).
Comunque il tema dei genitori come coppia mi appartiene e un post ci starebbe bene … magari lo facciamo insieme a Loris.
Non sarebbe la prima volta. Ho già cominciato con Renato che saluto 🙂
Se dovessi essere oggetto dell’esercizio a 9 punti (vi ringrazio per l’onore) ditemi perchè scateno in voi pensieri ostili 😉
A più tardi
Caro Domenico,
benvenuto nel club!
Ieri dopo aver letto il tuo intervento e visionato il video mi son chiesta: “ma che vai cercando?”.
Dormendoci su ho compreso questo: stai NELL’IMPOTENZA !!!
Bene, ti do una buona notizia, questo è proprio il PUNTO GIUSTO, quello adatto allo scopo.
La questione si fa seria: io non conosco l’esercizio a nove punti, sono alla quinta lezione del primo anno, ma comunque sia, non ho incontrato Guzzi ed il suo metodo direttamente da sotto il cavolo.Avevo 63 anni ed una vita, ora ti dico ciò che mi pare attenere alle domande che poni:
Non si fa nulla per gli altri che non sia contemporaneamente REALIZZAZIONE DI SE’
Sacrificarsi per gli altri non coincide con il – buttarsi via per niente – ma con il dare tutto senza condizioni dell’AMANTE.
Ed allora come si può amare l’altro senza svuotare se stessi?
Agendo e sperimentando il per-dono o meglio ancora il PER DONAR SI’ (ti risuona?)
Io son certa che la terra promessa sarà una vita vivibile e nuova sulla terra, ma questa certezza è sostenuta in me ORA dalla gioia di vivere.
La questione si situa al tuo interno, non all’esterno.
Ti tocca (…ti tocca il cuore) accettare di provarci veramente a morire. A S’OFFRIRE il dramma della morte del tuo io egoico, alla potenza dello Spirito; e come il paralitico, calato da altri dal tetto, ti alzi prendi il tuo lettuccio sotto braccio e te ne esci dalla porta d’ingresso FELICE E GRATO per essere stato risanato. E’ solo allora che lo sai come si fa a vivere. Poichè sei abitato da una forza e da una gioia CONSAPEVOLE la stessa gioia che Irene, sperimenta in modo ancora inconsapevole, forse, nel sacramento della riconciliazione.
Tu fatti Padre e sperimentala consapevolmente. Dalle un nome, e sappi trasmetterlo NELLA GIOIA ad Irene e ad Andrea., NELLA RICONOSCENZA della gratitudine DELLA GRATUITA’.
Caro Mio, il genitore perfetto è quello che ama i figli nati dalla carne (sua e non) ma che sa che per quanto amore nel perdonare le loro marachelle, lui possa trasmettere, con il suo esempio ed il suo amore, nulla può di FONDAMENTALE.
I conti nella vita si fanno PERSONALMENTE, quando tu decidi di perdonare qualcosa che NON TI E’ PROPRIO possibile PERDONARE da te stesso: nè a te stesso nè all’altro.
E’ allora, e solo allora che concepisci, che conosci il : ” COME E’ POSSIBILE se io non conosco uomo?”. E che “se un Altro non ti salva tu non sei salvato”.
Dopo TUTTO E’ COME PRIMA e TUTTO E’NUOVO: tu vedi i Marchesi del Grillo e pur rilevandone la distruttività saprai che l’unica cosa che puoi fare è sopportare il dolore (umano. Il dolore è umano, l’angoscia invece no!) dell’umanità, radicato nella pace e nella gioia di “altroda te”, che ti costituisce essere proprio ciò che sei PER-DONO.
Ed è così che cominci a combinare nella vita qualcosa di veramente nuovo abitando nella pace e costruendola nei tuoi giorni sulla terra… ogni tanto non proprio sempre, però LO SAI!
ciao
Rosella
p.s. “l’essere genitore prescinde dalla coppia”
forse! ma non senza aver effettuato, “anche” e “non solo”, un percorso d’ individuazione alla Jung…
pero!? mica male…
Caro Domenico, a me personalmente non hai suscitato nessun pensiero ostile, mi dispiace per te ma non sei tu il soggetto del mio esercizio a 9 punti. Penso però che tu e Loris vi dovreste incontrare, perché probabilmente vivete le stesse crisi. Io ho due figli maschi e purtroppo per voi, vedo che dovete fare sempre la figura dei ” forti”! Ma chi ve lo fa fare? Sfogatevi, fate come noi donne, piangete anche, ma non “coprite” le vostre crisi! Chiedete aiuto e vi sarà dato! Non potrei essere tua madre ma tu dirai che parlo smielato come la tua. E allora? E’ un peccato volerti bene anche se vuoi farci credere di essere forte e di riuscire a cavartela benissimo da solo come genitore? Un abbraccio.
Carissimi e caro Domenico,
le riflessioni proposte mi interessano davvero tanto e mi interrogano profondamente.
Da un punto di vista magari un po’ freddo, la “sentinella” ha a che fare con la dimensione profonda dell’ASCOLTO (anche in senso etimologico). L’ascolto richiede attenzione e massima apertura e capacità di vedere e sentire da lontano e il lontano per riportarlo nel qui-ora. Lavoro di “incarnazione” continuo. La sentinella ha una specie di “strabismo” positivo (ma forse questa metafora non è corretta, o non del tutto).
Mi piace molto l’invito di Domenico a pensare l’essenza dell’uomo come “genitore”, e genitore “sentinella”, nel senso chiarito. Assomigliarsi a Dio significa anche accoglierne lo spirito generativo, creativo, la responsabilità genitoriale. E tuttavia oggi, non so perchè, risuona forte in me l’immagine del Figlio come davvero “rivoluzionaria”. Dunque un genitore che va verso i figli partendo sempre da un dialogo intenso e interiore con le sue dimensioni di padre-figlio…
Lo so, la chiarezza oggi non mi sorride, ma questo avevo in mente e nel cuore.
Un abbraccio e un caro saluto a tutti voi. Grazie.
renato
Vi ringrazio per le vostre cosndivisioni.
Sintetizzo utilizzando alcune espressioni che sento profondamente mie.
@Renato “pensare l’essenza dell’uomo come “genitore”. Era questo il tema che ho cercato di condividere.
@ Giuliana ” ..gli stessi educatori, adulti e genitori, mostrano, a mio parere, un grande bisogno di genitorialità, faticano ad assumere responsabilità e continuano a privilegiare la delega.”
@ Rosella “..penso che sia opportuno, aver integrato almeno interiormente le proprie parti maschili e femminili..”
La riflessione di essere genitore e di esserlo come padre e madre che avete introdotto cari Loris e Luciana le rimando ad un post successivo.
Un abbraccio a tutti