Sono i peccatori mortali senza speranza e senza appello. Quelli a cui sarà negata per sempre la comunione. Quelli che non potranno mai essere assolti da nessuno. Quelli a cui qualche prete ha negato persino i funerali religiosi. O il battesimo per i loro figli. Chi sono queste figure spregevoli che la Chiesa inchioda a una condanna più severa di quella riservata agli assassini, ai mafiosi o ai pedofili? Sono i cattolici divorziati che hanno deciso di ricostruire la loro vita con un nuovo amore.
È una massa silenziosa, nascosta, difficile da quantificare. Di sicuro in continua crescita: negli ultimi quindici anni, secondo l’Istat, le separazioni sono raddoppiate. E ogni tre matrimoni si registra un divorzio. In molti, malgrado la precedente cerimonia in Chiesa, passano alla nuova unione senza grossi problemi: non andavano a messa prima, non vanno dopo. Il problema è per gli altri: quelli che in Dio ci credono sul serio. Se uno crede che Cristo è la salvezza, se uno crede che prendere la comunione sia parte essenziale del proprio cammino di salvezza, c’è poco da fare: deve starsene in disparte.
Già, dopo anni di emarginazione dichiarata, il massimo che questo esercito di reietti ha ottenuto è un posto in fondo alla chiesa, un invito a tavola senza il diritto di mangiare, condito con una paternalistica preghiera a unirsi nello spirito con il resto dell’assemblea. È questo lo spirito di misericordia che il Signore chiede a un cristiano?
Basta fare un giro tra i blog dei divorziati risposati che vogliono sentirsi ancora parte della Chiesa: è un misto di rabbia, di sconforto, di sofferenza. Donne e uomini di fede solida, con percorsi spirituali seri, che hanno lottato per salvare il proprio matrimonio e non ce l’hanno fatta. O che, peggio, hanno subito il tradimento, l’abbandono del coniuge. Hanno sofferto per anni e adesso, finalmente, con un’altra persona riescono a vedere la luce. Per loro è la speranza di rinascere. Per la Chiesa, invece, la condanna al fuoco eterno. Fossero stati degli assassini, il loro pentimento li avrebbe salvati. Ma il non aver nulla da pentirsi verso un nuovo amore li condanna per sempre.
Eppure continuano a credere. Non vogliono smettere. E vivono la fede così, smarriti, senza identità. Sono degli apolidi. A disagio con chi dice loro di fregarsene dei preti, e non ce la fanno perché vogliono restare nella Chiesa, non si discute. A disagio con chi consiglia di passare per la Sacra Rota e, forzando con menzogne ai limiti del grottesco, strappare una sentenza di nullità del vecchio matrimonio, cosa che escludono per un senso di decenza.
Ma a disagio anche di fronte allo sguardo imbarazzato della propria comunità parrocchiale, che comunque li giudica, e li giudica male se provano ad avvicinarsi all’ostia. Si sentono lacerati tra la disciplina del clero, che non li perdona e li invita a tornare a un matrimonio che non esiste più, e la libertà della propria coscienza, che urla che è giusto il nuovo progetto di vita, magari benedetto dall’arrivo di figli.
Su loro la chiusura della Chiesa è totale. Tanti divorziati chiedono spiegazioni, nel confessionale, nei colloqui che strappano con il sacerdote che gli sembra un po’ illuminato. Ma la reazione al perché di tanta severità è spesso arcigna. O infastidita. O carica di ipocrisia. Ogni tanto si sente di un sacerdote che, di nascosto, dà l’assoluzione, a patto che non si sappia troppo in giro. Qualcun altro che consiglia di andarla a prendere altrove, la comunione, t’assolvo basta che non ti vedano quelli della tua parrocchia.
Piccole ipocrisie, e insieme piccole boccate di ossigeno. Il più delle volte, però, è l’emarginazione, il sospetto, il fastidio per aver creato un problema.
Eppure non è detto che debba per forza andare così. Non ovunque va così. La lettura del testo del Vangelo altrove viene interpretata. Con l’amorevolezza e la comprensione fraterna. Gli ortodossi, per esempio, accettano la possibilità di un secondo matrimonio, sia pure benedetto secondo una formula meno ufficiale del primo. Margot Kaessman, la prima donna a capo della chiesa protestante tedesca, era una divorziata con quattro figli. Non solo.
Questa settimana, un piccolo scoop del profilo su Facebook di Darsi Pace è stata l’anticipazione (poi ripresa dai quotidiani italiani) di un documento di 144 teologi tedeschi che chiedono al papa un rinnovamento radicale della Chiesa. E oltre all’abolizione del celibato, all’introduzione del sacerdozio femminile e a un maggior rispetto per gli omosessuali, propongono proprio che i divorziati risposati vengano ammessi alla comunione.
Solo da noi non è così. Ma la domanda resta come un grido: perché chi sta faticosamente ricostruendo il proprio cammino di coppia deve essere trattato peggio di un assassino?
M.C.
Sul nostro profilo fb abbiamo pubblicato questa cauta apertura del cardinal Martini sul tema.
Grazie al CTI che segnala queste cose… interessanti ! “Amatissimo Cardinale, parliamo di «viva Tradizione». Nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini del 30 settembre 2010 l’espressione «viva Tradizione» ricorre molto frequentemente. Finora, a quanto so, nessuna delle Associazioni teologiche ha mai messo l’argomento seriamente a tema in un convegno. Le pongo qui due domande limitatamente ad altrettanti esempi, che a mio avviso evidenziano le conseguenze di cattiva esegesi e di cattiva ermeneutica. 1) È «viva Tradizione» l’insegnamento del disprezzo per gli Ebrei, espresso anche nella nostra Liturgia, ripudiato finalmente dal Concilio Vaticano II? 2) È «viva Tradizione»—per giunta irriformabile come affermano alcuni teologi—ciò che di fatto è delirio di superiorità nei confronti della donna, per giustificare la sua esclusione dal ministero ordinato? Mi torna sempre in mente il Logion di Gesù, il quale in polemica intragiudaica risponde ai suoi interlocutori: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini… annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi» (Mc 7,8.13). ” Maria Luisa Rigato, biblista teologa, Roma Risposta del cardinal Martini: Auspico con lei che si faccia chiarezza con serietà e metodo sul significato di «viva Tradizione». Certamente nessuna forma di disprezzo può essere considerata come «tradizione» né, ancor meno, come «evangelica». Il versetto di Marco da lei citato ne è il fondamento. Nei Vangeli l’immagine della donna emerge quanto mai prediletta rispetto a molte delle figure maschili. Il dato più schiacciante in questo senso è il presentarsi del Risorto ad una donna come prima ed assoluta testimone. È una donna che evangelizza gli evangelizzatori. La Chiesa in questo senso ha ancora molto da scoprire. http://www.corriere.it/cultura/speciali/2009/martini01/notizie/martini300111_ed5dc0a2-2c61-11e0-b8e2-00144f02aabc.shtml
Ammy
Ma perché è così importante sentirsi accettati e benvoluti da questa istituzione atea? Tra l’altro chiederemmo misericordia se avessimo commesso qualche grave reato … ma in questo caso dov’è il reato? Contravveniamo ad una regola che hanno inventato di sana pianta. Abituiamoci all’idea. Il parroco non fa fare la comunione? Meglio così. Disertiamo la parrocchia e cominciamo a celebrare nelle case come facevano i primi cristiani. Si può. E loro lo sanno.
Maio
Dio è con loro….
in chiesa c’è l’abbandono
Stefano
Io l’ho sempre detto… conviene ammazzare il coniuge piuttosto che divorziare: costa meno e ci sono meno problemi religiosi…
Emanuele
un solo appunto: “chiesa”, in questo caso, lo scriverei con la minuscola
Caro Massimo,
tu metti sempre il dito nella piaga, ma IL MODO, mi lascia sempre un po’ “così così” piuttosto dissenziente e non è la prima volta.(… a partire dal fatto che spesso vieni postato da altri. Come mai? vieni forse anticipato? preso in contropiede o ti fanno un favore?)
Comunque sia , io ricordo con estremo piacere la gioia nel trasporto di conoscerti ed abbracciarti nella tua fugace apparizione all’intensivo dell’Immacolata.
Ora che vi ho ammansito il mio panegirico, affronto il problema che trovo a dir poco “molto pertinente”.
Io osservo dall’esterno, non sono coinvolta direttamente se non in quanto comunità, la mia scelta personale è stata differente.
Chiedo al Magistero: come mai la maturità sessuale, fatica tanto ad essere messa a tema, in modo “completo e realistico” da chi non conosce personalmente l’esperienza nè della femminilità ne della complessità della coniugazione?
Come mai per secoli il peccato di Adamo ed Eva era spacciato per essere di natura sessuale/concupiscente (?) ?
Comre mai tanta immaturità e devianza sessuale, vissuta e riconosciuta tra le fila dei nostri pastori non rende loro consapevoli che è un lungo cammino la crescita del popolo? e che se non ci fosse Cristo che ci salva CONIUGANDOSI CON NOI : noi tutti, rendendoci un INSIEME e liberandoci dalla nostra solitudine (che è come una pietra appesa al collo o racchiusa nel cuore) noi non saremmo salvati?
Un po’ di sano lavoro autoconoscitivo e trasformativo, effettuato nell’osservanza di tutte le dinamiche della realtà, agendone i moti nella MISERICORDIA, che si pratica apppunto nel GUARDARE SENZA GIUDICARE rimettendo il giudizio ad un Altro che pur essendo IL FIGLIO di Dio, ha donato la sua vita … per me e per te.
Il chè non implica certo di abdicare al compito di additare ed accompagnare tutti verso L’IDEALE, la realizzazione di sè nella Santità..
Detto questo, ad un certo modo di chiedere “che si fa pretesa” adducendo a pretesto, questo e quello io chiedo:
Che problema c’è nell’offrire voi stessi una misericordia all’altro per farlo crescere?
Che problema c’è, nell’assumere su di sè umilmente la propria storia con maturità? agendo una richiesta e poi decidendo di “obbedire o disobbedire” secondo coscienza?
Che problema c’è ad incarnare una dialettica umanamente più matura e consapevole? meno contrapposta, propositiva di un SI’ che si faccia GRANDE E UMILE come quello di Maria?
Perchè questi toni, comprensibilissim intendiamoci, ma che rimandano alle fasi adolescenziali della crescita?
ciao
Rosella
I divorziati possono prendere la comunione,se non sono in peccato mortale,come tutti,solo chi è divorziato ed è in adulterio non può,cioè chi si è risposato o vive con un altra persona che non è sua moglie.Il fatto è che chi divorzia,scioglie un vincolo sacro,disattende a una sua promessa con Dio,chi uccide o stupra non ha fatto nessuna promessa di questo tipo,e può sempre recuperare la retta via Jacques Fesh un assassino sta per essere canonizzato dalla Chiesa, d altronde la Chiesa non è un self service in cui si prende quello che si vuole.
Mariangela
Io invece il problema ce l’ho eccome…sono cattolica e mi dispiace moltissimo sentire queste cose sulle quali davvero non riesco ad essere d’accordo…se dovessi amare un uomo divorziato e volessi sposarmi in Chiesa non potrei farlo per loro…mi sembra davvero assurdo….e che un divorziato credente non possa prendere la comunione ancora più assurdo…
Lorena
Per me è assurdo!!!! in fondo molti divorziati sono più credenti e leali di chi tiene unito il matrimonio per apparenza e per paura di essere criticat dalla chiesa.
Salvatore
Ho qualche difficoltà a schierarmi per questo orientamento “progressista”, chiamiamolo così, tanto per esemplificare…Che dire intorno alla durezza del cuore dell’essere umano? E dell’immaturità psico-affettiva di chi si accosta al sacramento del matrimonio? Penso che nessuno obblighi nessuno a sposarsi in Chiesa, vi è sempre il matrimonio civile, quindi…
massimo
Salvatore, hai perfettamente ragione. C’è un problema grave di maturità nella scelta del matrimonio. E andrebbe verificata con maggiore consapevolezza la scelta di sposarsi. Il punto però è un altro. Parlare di progressista quando ci sono di mezzo certi sentimenti rischia di risultare fuorviante (sono progressisti Berlusconi, CAsini e Fini, che pure si trovano in questa situazione?). Nel post si parla di credenti veri, di persone che sono arrivate al matrimonio cristiano in piena coscienza, che lo hanno vissuto cercando ogni giorno l’ispirazione del vangelo. Ma che non ce l’hanno fatta. Nella tua risposta mi sembra che tu ti riferisca ad altri. La domanda dunque rimane: è giusto negare comunione, funerali, battesimo di figli a una persona che, dopo aver subito l’abbandono di un coniuge, cerca con fatica di ricostituirsi una vita affettiva?
Maria Angela
No, per Cristo non sarebbe giusto negare la comunione, il funerale ed il battesimo di figli di chi vuole accostarsi a Lui. Le Nozze di Cana ci parlano di unione d’anime, non del contratto matrimoniale che si stipula spesso sfortunatamente e superficialmente tra due individui. Sarebbe bello sposare l’anima gemella o, quanto meno, una persona affine…Qui la Chiesa dovrebbe proprio aprirsi allo Spirito Santo. Ci guadagnerebbe !
Maria
a me la fede in Cristo è arrivata dopo il secondo matrimonio (ovviamente civile), so di essere amata da Dio e francamente non m’importa nulla di ciò che possono dire alcuni preti, nessuno può giudicare la vita di qualcun altro e se a Dio è piaciuto arrivare nella mia vita quando, secondo il parere della chiesa, ero una peccatrice chissene importa. Se Dio non mette “paletti” perchè dovrei permettere agli uomini di metterli? Pace nei vostri cuori fratelli!
Frantz Kourdebakir
Perché chi sta faticosamente ricostruendo il proprio cammino di coppia deve essere trattato peggio di un assassino?
Grazie Marco!
Credo che sia una bella domanda, ma darne una risposta non è facile, ma vale la pena di riflettere!
Credo che sia un bell’argomento per togliere il “fariseo” che c’è dentro di noi!
Però mi è venuto subito un pensiero!
“Libertà e Responsabilità!”
Trattare questi fratelli come “assassino” sarebbe allontanarsi della nostra vocazione di essere cristiano.
Lì, dovrebbe nascere dentro di noi la “Compassione!”
Ciò che manca spesso in queste situazioni è l’accompagnamento, l’affetto, la comprensione dalla parte dalla parrocchia, i fedeli, anche di certi sacerdoti,…) manca soprattutto una formazione!
E’ URGENTE fare capire che Dio rimane sempre con questi fratelli e sorelle che si trovano in queste situazioni!
Per me i “separati fedeli” sono un meraviglioso esempio!Sono i veri martiri del nostro secolo!
I divorziati sono anche loro martiri quando accettano di non potere prendere il Corpo e il Sangue di Cristo e che si nutrono della sua Parola!
(SONO SEMPRE IN COMUNIONE CON CRISTO!) Ma questa sarà la loro Croce!
Ma che grande dignità e coerenza! Sono TESTIMONI!
E vero che bisogno valorizzare di più ed accompagnare con serietà questi fratelli sofferenti ed emarginati, anche io mi trovo impreparato, ma cercherò di trovare una riposta!
Frantz
Maria
Dio perdona………..gli uomini, quelli di chiesa ancora non ci riescono, peccato un giorno dovranno spiegarlo a Lui il perchè!
salvatore
Qui si va alle radici del Cristianesimo, non come gli uomini ce l’hanno trasmesso, ma secondo la parola del Cristo…Chi ha detto non uccidere, ha anche detto non commettere adulterio, non rubare, etc…Tutto può rimettersi in discussione, certo, ma secondo quali criteri? Quelli propri? Quante volte allora è possibile divorziare e risposarsi, se non andasse bene neppure il secondo? Tre, quattro, sei volte, come una mia amica americana? E tutte le volte basterebbe confessarsi e contrarne un altro? Che cosa si nasconde dietro questa visione? L’assoluzione passa attraverso il sacramento della confessione, non v’è altro modo di togliere il peccato, se non confessarsi, convertirsi e non peccare più…Insomma, la nostra fede è anche una questione un tanto seria, implica qualche sacrificio, anche se la parola può dare fastidio…
Anna
@salvatore proprio l’immaturità psico-affettiva di chi si accosta al sacramento del matrimonio, cui tu fai riferimento, può essere causa di nullità del matrimonio, per cui tanti matrimoni in realtà nn sono affatto tali, perchè il consenso era viziato…quindi la situazione di queste persone si risolve con la dichiarazione di nullità…
Maria
@salvatore, certo se sposarsi, divorziare e risposarsi e divorziare diventa uno sport è ovvio che non va ma, a mio parere questi sono casi estremi e fanno testo.
Antonella Ricci difatti questa è la chiesa, non certo Cristo!!! credo che neanche lui sarebbe d’accordo, lui, se davvero è esistito ed è vero ciò che sappiamo di lui, era veramente speciale, umile, dalla parte dei più deboli, dei più soli, dei più dimenticati, non sfoggiava oro come il Papa..
Mah … a me sembra che il problema sia proprio la prassi sacramentale della Chiesa, non il giudizio di merito sul Divorzio, che in sè, in astratto io riconosco come un male, come un disordine oggettivo e pubblico. Ma appunto in astratto; il giudizio morale, da sempre, si svolge tenendo conto invece di quanto non è pubblico e oggettivo, ma di quanto è intimo alla coscienza, il cosiddetto “foro interno”.
Ora, per come la vedo, la questione dell’eucarestia riflette un’antica questione nel magistero costante della Chiesa: il sacramento non è un fatto privato, ma un evento comunitario che simbolizza non solo l’unità (Comunione) di Dio con l’uomo, ma l’unità di tutta l’umanità in Dio, la comunione del popolo di Dio. Ora da un lato, siccome il divorzio è un fatto pubblico, contraddice in modo visibile questa comunione ecclesiale, dall’altro non possiamo dimenticare che l’Eucarestia – anche qui secondo una dottrina costante – è il “farmaco divino”, il veicolo di una grazia sanante di cui abbiamo bisogno proprio in quanto peccatori. Cosa diciamo prima della distribuzione dell’ostia consacrata? O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato!
Io propendo per questa seconda interpretazione, per una carità pastorale che non disconosce che il divorzio, come molti altri mali anche maggiori (come si dice, pubbliche virtù e vizi privati?), è un disordine. Che poi abbia mille ragioni, che possa essere un male minore, che in alcuni casi sia subito più che scelto resta ovviamente vero.
L’INVITO
Non mi interessa saper qual’è il tuo mestiere.
Voglio sapere per cosa si strugge il tuo cuore,
e se hai il coraggio di sognare l’incontro con ciò che esso desidera.
Non mi interessa sapere quanti anni tu abbia.
Mi interessa sapere se correrai il rischio di fare la figura del pazzo per amore,
per il tuo sogno, per l’avventura di essere vivo.
Non mi interessa sapere quali pianeti quadrano con la tua luna,
Voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se le difficoltà della vita ti hanno portato ad aprirti oppure…..
a chiuderti in te stesso nel timore di soffrire ancora!
Voglio sapere se sei capace di stare nel dolore, tuo o mio,
senza nulla fare per nasconderlo, o allontanarlo, o cristallizzarlo.
Voglio sapere se sei capace di stare nella gioia, tua o mia,
se puoi scatenarti nella danza e lasciare che l’estasi ti invada
fino alle punta delle dita dei piedi e delle mani, senza esortarci ad essere
prudenti, realisti o consapevoli dei limiti umani.
Non mi interessa sapere se la storia che mi racconti è vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per restare fedele a te stesso,
e non tradire mai la tua anima, a costo che gli altri ti chiamino traditore.
Voglio sapere se puoi essere di parola e quindi degno di fiducia.
Voglio sapere se sei capace di trovare la bellezza anche nei giorni in cui il sole non splende
e se puoi trarre fonte per la tua vita dalla presenza Divina.
Voglio sapere se puoi vivere con il fallimento, il tuo e il mio,
e nonostante stare in piedi, sulle sponde di un lago, gridando “Si”
al bagliore d’argento della luna piena.
Non mi interessa sapere dove vivi, nè quanto denaro possiedi.
Voglio sapere se dopo una notte disperata di pianto, sei capace di alzarti,
così come sei, sfinito e con l’anima coperta di lividi, per metterti a fare
quello che c’è da fare per i bambini.
Non mi interessa sapere chi conosci, nè come mai ti trovi qui.
Voglio sapere se starai in piedi con me al centro del fuoco, senza tirarti indietro.
Non mi interessa sapere cosa hai studiato, nè con chi e neppure dove.
Voglio sapere cosa ti sostiene da dentro quando tutto il resto viene a mancare.
Voglio sapere se puoi stare solo con te stesso, e se la tua compagnia
ti piace veramente nei momenti di vuoto.
Carissimo Massimo, ciò che colpisce di più nell’attuale normativa cattolica sui divorziati è l’estrema durezza applicata SOLO su questo settore e in genere sui temi della morale sessuale.
Gesù ci ha indicato una via davvero ardua: ci ha detto che commette adulterio “chiunque guarda una donna per desiderarla” (Matteo 5,28); ci ha detto che “sarà sottoposto al fuoco della Geenna” chi dice pazzo al fratello; ci ha detto di dare a chiunque ci chieda qualsiasi cosa, di vendere tutti i nostri beni, per darli ai poveri; ha detto ai suoi apostoli di andare a predicare senza sandali e senza una sola moneta, etc..
Ebbene siamo tutti paurosamente lontani dalla giustizia del Regno: la ultima escort di provincia come il Papa.
Nei nostri Gruppi scopriamo ogni giorno di più quanto intricato e forte sia il nostro io ego-centrato, e ci rendiamo consapevoli che LI’, in quello stato, tutto è comunque peccato, distorsione: sia che preghiamo sia che andiamo a prostitute, sia che scriviamo un libro o andiamo a messa… stiamo comunque nutrendo il nostro egoismo, ci stiamo difendendo da Dio e dalla vita.
Perciò il moralismo è l’atteggiamento più lontano dal vero credente, che non sa per davvero chi sia più vicino al Regno, se il giusto fariseo, tronfio della sua integerrima “legalità”, o la prostituta e il più corrotto pubblicano, che sanno però chiedere perdono con la faccia per terra.
La Chiesa deve indicare la perfezione del Regno, ma deve anche dire che siamo tutti lontani dallo stato perfetto dell’Io in Cristo, e non può quindi scaricare il peso della colpa solo su una categoria di peccatori, come se gli altri fossero giusti.
No. Non sussiste solo il sesto comandamento!
La presunzione farisaica è più grave del libertinaggio. L’ipocrisia può essere più letale del ladrocinio. Calunniare, dire male di qualcuno, può essere molto più grave di “fornicare”. Invidiare il successo, magari ecclesiastico, altrui può contaminarci molto più di una scappatella sessuale.
Ma senza alcuna facile indulgenza, d’altronde.
Il Cristo è chiaro: “dal cuore degli uomini escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza” (Marco 7,21-22).
Non dovremmo cioè chiedere che l’adulterio venga condonato, o che l’omosessualità venga considerata “normale”, inseguendo anche noi una qualche illusione di giustizia fai da te; quanto piuttosto dovremmo imparare a condividere tutti insieme il travaglio della nostra guarigione, nella più radicale umiltà, e senza gravare solo su alcuni peccatori tutto il peso delle colpe umane.
In ambito economico la Chiesa ha saputo elaborare un’ampia gradualità rispetto ai comandamenti del Signore.
In pochi secoli siamo passati dal divieto assoluto dell’interesse sul prestito di denaro allo Spirito Santo che diventa una banca, come pure san Paolo.
Io non credo che questo processo indichi soltanto una compromissione col mondo, ma anche una comprensione maggiore della difficoltà e della gradualità appunto della trasformazione dell’uomo in Cristo.
Questa stessa gradualità misericordiosa e affratellante sarà presto accolta anche in ambito sessuale.
Un abbraccio. Marco
Grazie davvero caro M.C. per questo post così perfetto, ben delineato e accorato.
In effetti non mi sembra il caso di prendere lo spunto per una ennesima colpevolizzazione del clero, ma si rende necessaria qualche riflessione.
Non credo si possa restare insensibili al grido di dolore dei cattolici credenti che involontariamente restano “vittime” di queste regole. Come non credo che ci si possa barricare dietro le giustificazioni di intoccabilità dei sacramenti.
Penso cioè che anche la vita altrui è un sacramento, perchè è sacra, e dunque non comprendo come chi la recida volontariamente, nei modi più disprati e disinvolti che la cronaca ci offre, possa trovare attraverso la confessione, il perdono e chi invece subisce un divorzio, no.
Non possiamo ulteriormente illuderci che la Chiesa non debba evolversi con il passare del tempo. Non di certo per diventare un partito politico, ma per essere in fase con l’evoluzione della specie umana.
Qualche secolo fa era ancora legittimo torturare i diversi e bruciare le streghe in nome di una figurazione di Dio molto, ma molto distorta.
Oggi forse siamo un po’ migliori di prima e un po’ meno divinamente umani di come saremo.
Grazie ancora M.C., io continuo a confidare nella divina ed infinita misericordia di Dio.
Marco F.
Caro Massimo, non dimenticherò mai l’episodio che mi raccontasti un giorno, relativo a Madre Teresa di Calcutta, una persona che tu hai avuto modo di conoscere approfonditamente negli scritti e soprattutto nelle opere. Ad un giornalista che gli elencava tutti i mali della Chiesa, lei rispondeva limpida che “Si, è vero, ci sono soprattutto due problemi molto gravi, due cose che assolutamente vanno cambiate nella Chiesa: me e te!”
Cosa vuol dire che nei nostri gruppi tentiamo di riconiugare fede cristiana e modernità?
Vuol dire imparare a stare in quel bilico pericoloso tra gli opposti, senza cadere in nessuno dei due, saper sopportare il bilico tra il ‘configurato’ e lo ‘sfigurante’, tra il fondamentalista rigido e il nichilista che riduce tutto ai propri parametri. E, in primo luogo, dentro di noi.
Vuol dire imparare il monito del poeta Char: “Eppure se distruggi, fallo con attrezzi nuziali!”
Come si fa???
E’ questo che ci interessa, superata la fase in cui si ha bisogno di criticare la Chiesa, come si critica la mamma (e io purtroppo ci ricado ancora troppo spesso!!!!)
I difetti, della mia famiglia, della mia chiesa, sono i miei: probabilmente nella storia non saremmo stati capaci di costruirne una migliore. Possiamo però provare ad andare avanti, con umiltà e con la maggiore fedeltà possibile a quella porzione di verità che ci è dato ogni giorno di realizzare.
Difronte alla pappa mentale universale, alla melassa, alla chiacchiera, in cui peraltro molte cose sono vere e giuste, ma nel contesto globale diventano spaventosamente innocue, abbiamo bisogno di una sintesi e questa credo che possiamo conquistarla solo se ogni volta ripartiamo da noi stessi.
E’ questa del resto la forza e il fascino dei nostri gruppi: sperimentare che Altro è possibile.
Devo confessare che la vignetta non mi piace. Fa parte di quella unilateralità che cerchiamo di superare, non fa giustizia della profondità a partire dalla quale tu stesso vuoi affrontare la questione. Non ce ne hai un’altra migliore????? Che distrugga con attrezzi nuziali?
Vi giro la parte finale della preghiera che Padre Livio (Radio Maria) ha diffuso in occasione della festa di oggi della B.V. Maria di Lourdes:
Dedicato a Santa Bernadette
11 Febbraio – Giornata del malato
Il tuo coraggio indomito
ha confuso i potenti
nei pensieri del loro cuore.
A noi canne sbattute
dal vento del timore
dona l’audacia
del cammino controcorrente.
E’ troppo, dall’abisso delle nostre miserie, aspirare alla santità???
Un abbraccio
Paola
Carissimi,
grazie a tutti per le vostre stimolanti risposte.
@rosella: hai ragione, i modi sono forti, ma – per deformazione professionale – so che se vuoi farti sentire deve spingere un po’ sui titoli. Nel contenuto, mi limito a riportare una sofferenza diffusa tra questa categoria, che – come puoi vedere anche dal dibattito parallelo su facebook – prova una grande frustrazione per essere additata come l’unica a cui non si può perdonare la colpa, peraltro una colpa che la coscienza si rifiuta di ritenere tale o perlomento di considerarla più grave di un omicidio.
@michele: ti ringrazio perchè meglio di un saggio intero hai reso bene come un cattolico ortodosso riesce a concepire (giustamente) la santità per un assassino, ma augura le fiamme eterne per chi ha nel cuore soltanto il desiderio di costruire un amore forte e rispettoso. Mai sentito parlare di “non sacrificio io voglio, ma misericordia”?
@marco f. grazie per l’affetto delle tue parole, mi fa piacere sentirti vicino.
@marco g. come al solito, Marco, la lucidità della tua analisi vola sempre altissimo e sposta la questione su un livello appassionante e sincero. Grazie per rimetterci ogni volta sulla strada della nostra personale conversione, abbandonando le vie ipocrite del moralismo (domanda per Michele: hai mai pensato con desiderio a una donna? Beh, se sì, benvenuto nel girone dei divorziati, c’è posto anche per te, lo dice Cristo no?)
@antonio: analisi molto densa, come al solito, Antonio. L’unica cosa che mi sento di chiederti è questa: premesse tutte le sante ragioni per cui la Chiesa protegge la serietà del matrimonio, premessa la necessaria condanna della superficialità con cui ci si sposa, perchè non provare a dare una risposta chiara (un no che è un no, un sì che è un sì) alla domanda molto semplice di questo post: è giusto che una donna abbandonata dal marito imbecille, la quale sta provando a ricostruire la propria vita con un nuovo amore solido e maturo, possa accedere ai sacramenti al pari di un assassino o di uno che non dà la metà dei suoi beni ai poveri? Un sì o un no, senza troppe premesse sacrosante ma che sanno di cortina fumogena, se possibile…
@paola. Ho pensato a lungo se pubblicare la vignetta, mi sono anche consultato con alcuni amici di darsipace. Alla fine ho deciso di sì: come hai visto nel post non faccio riferimento al caso di Berlusconi, proprio per evitare di banalizzare con toni da talk show politico qualcosa che è estremamente intimo e personale; ma un accenno al doppio peso della Curia con i potenti mi sembrava giusto che ci fosse. Perchè secondo le spiegazioni di mons. Fisichella, se il suo ragionamento fila, si arriva a questo: abbandonare una donna che ti ha dato tre figli, svergognarla davanti a tutto il paese, diventa un atto virtuoso per la Chiesa se questa donna era sposata in seconde nozze civili (e dunque ti consente di ricevere la comunione); mentre andare con minorenni, pentirsi di una e passare a un’altra con una bella assoluzione, è un fatto tollerato dalla Chiesa, al punto che così facendo si può accedere ai sacramenti negati nel primo caso. E’ davvero così unilaterale, ricordare questo (senza indugiarci nel post scritto) in una piccola e innocente vignetta?
@a tutti gli altri, grazie per gli spunti, da qualsiasi parte provengano: sentire tutte queste voci, dall’ateo indifferente al cattolico integralista passando per le mille sfumature nel mezzo, è come sentir parlare la mia coscienza. Un caos anarchico, da cui solo l’immersione profonda con la pace divina ci rende liberi.
Un abbraccio a tutti.
M.
Caro Massimo,
SI’ !
Ho pensato anch’io alla deformazione professionale, ma per dirla tutta: sarà questa la ragione per cui i giornali hanno bisogno di essere “supportati” con finanziamenti dallo Stato (di qualunque governo si tratti) mentre la gente comune, come me, non li compera? e talvolta spegne anche la radio e la TV? (ad onor del vero: ” ti ascolto spesso con grande piacere… in radio.”)
Detto questo, reputo necessario “per me”, effettuare un lavoro autoconoscitivo preceduto e seguito da un momento meditativo/trasformativo nella profondità della preghiera.
Sono proprio curiosa di conoscere come mai “IO FUNZIONO COSI'”.
Ti abbraccio
Rosella
Quando il teologo Paolo Curtaz, collaboratore di Darsi Pace, girò il quesito al Papa…
http://www.ilnostrotempo.it/drupal/?q=node/269
grazie, darsipace su fb…
questo è condivisibile.
Proprio ieri pensavo a Paolo Curtaz, come esempio di stile. Son certa che è un ottimo Padre.
ciao
@M.C. “è giusto che una donna abbandonata dal marito imbecille, la quale sta provando a ricostruire la propria vita con un nuovo amore solido e maturo, possa accedere ai sacramenti al pari di un assassino o di uno che non dà la metà dei suoi beni ai poveri?”. No, non è giusto.
E’ giusto il divorzio? No, non è giusto.
Siamo giusti noi uomini? No, al massimo siamo “giustificati”, cioè resi giusti.
Rifiutare la comunione alla donna di cui chiedi non è giusto perché è contrario al principio della carità, che non è, come qualche teologo buontempone va sostenendo, un vestito carino da mettere addosso a una Verità arcigna e inumana (la famosa questione della carità nella verità, o della verità nella carità, che non ho mai capito che cacchio significasse).
Soddisfatto?
Scusa Antonio, ma non ho capito.
Tu sostieni che: è giusto rifiutare la comunione a questa donna che sta provando a ricostruire la propria vita etc?
Perchè nella prima parte dici : no, non è giusto che essa possa accedere ai sacramenti
e nella seconda parte dici : rifiutare la comunione alla donna di cui chiedi non è giusto.
Ma probabilmente sono io che a quest’ora sono un po’ fuso.
Un abbraccio.
Marco F.
😀 😥 😉 🙄 😈 😆 😯 😳 😛 👿 ❓ ➡
Scusate vi voglio raccontarela mia esperienza, sono separata da circa 15 anni e divorziata da 3 .Quando mio marito mi ha lasciata avevo 34 anni e un bambina di 5 anni.
La Chiesa che mi è stata vicina in questi anni ,non è la chiesa dei grandi cardinali ,ma è la mia chiesa dove c’è il mio prete che mi conosce , la mia comunità che mi accetta dove trovo Pace e faccio la comunione da sempre.
In questi anni ho avuto delle relazioni ,fragili e complesse,perchè nella storia della mia ferita c’è una difficoltà d’integrazione nel rapporto con il maschile.E anche se all’inizio speravo che fosse solo colpa dell'”imbecille” e aspettavo il Principe Azzurro ,ho capito che il campo della coppia è per me un luogo di ferita e di estrema FRAGILITA’ e ci lavoro con l’aiuto di tutti voi nei gruppi da anni .La chiesa non è una realtà monolitica ma un luogo di condivisione e di crescita.Forse dobbiamo trovare e cercare le comunità all’interno piu’ adatte e piu’ sensibili alle nostre problematiche ,in fondo divorziati o no la ferita e le difficoltà di relazione nella coppia sono un problema comune a molti e le lacrime versate tante.
Dai commenti mi sembra che questa fragilità e questo campo in cui espandere l’Integrazione sia un’emrgenza .Dal fondo della mia ferita chiedo Luce e Spirito Santo su di noi per Tutti .
Bacio Ciamby.
Potete seguire il dibattito parallelo sul nostro profilo facebook cliccando qui:
http://www.facebook.com/notes/darsi-pace/quei-divorziati-che-hanno-ritrovato-lamore-per-la-chiesa-peggio-degli-assassini/151278034930645?notif_t=like
@Marco F.: si sono fuso anch’io, vengo da una giornata di lavoro tosta. Ovviamente intendevo dire: Si! E’ giusto dare la comunione a una donna ecc ecc come a un assassino ecc ecc.
Ciao!
QUANTE PAROLE USATE PER DIRNE SOLO UNA…***DELUSIONE**..LA DELUSIONE E’ LA GIUSTA MEDICINA KE SI MERITA IL GENERE UMANO DATO KE NON PENSA MAI ALLE KONSEGUENZE E NON AGISCE MAI D’ISTINTO BENSI’ CON IL PROPIO EGOISMO EGOCENTRIKO E MALIZIOSO..SE TUTTI AGISSERO KOME FANNO GLI ANIMALI SAREMMO TUTTI PIU’ CONTENTI E GIULIVI E NON CI DOVREMMO NASKONDERE PER FARE UNA SEM[PLICE SKOPATA!!! 😳
per dimenticanza – ho omesso il nome dell’autore della poesia L’INVITO che amo così tanto da averla proposta già un’altra volta nel blog.
Precisamente il 22 aprile 2010 ne “IL SOGNO DELLA TRASCENDENZA ” scritto da MariaPia
“l’Invito” di Onah Mountain Dreamer – Sognatore delle montagne ( anziano uomo di medicina nativo americano)
Caro Massimo, avendo vissuto da vicino come amica le tue recenti vicende personali, la tua sofferenza, ma soprattutto conoscendo la tua sensibilità non posso che esserti accanto nel disagio da te raccontato!
Ciò di cui hai parlato mi ha fatto tornare indietro nel passato quando, per le stesse motivazioni, non si voleva permettere ad una persona a me cara di essere padrino di uno dei miei figli; personalmente non vedevo persona migliore a cui affidare mio figlio in quel momento!
Poi fortunatamente il parroco che conosceva questa persona da anni e ne conosceva soprattutto la bontà e l’integrità morale ha acconsentito.
Questo atteggiamento è in fondo quanto ha riportato Chiara nella sua esperienza personale e quanto ha riportato Curtaz nell’intervista a Papa Benedetto:
“Tornando alla risposta di papa Benedetto, ti devo dire che è stata interlocutoria e profondamente rispettosa del dolore di chi vive sulla propria pelle un fallimento affettivo. Ci ha raccomandato, come già chi si occupa di pastorale dovrebbe fare, di distinguere le diverse situazioni. Altro è chi “subisce” un tradimento e un abbandono, altro chi lo provoca, magari più volte, e mette sul piano del “diritto a!” la sua appartenenza a una comunità cristiana che considera alla stregua di un’agenzia di servizi.”.
Meglio di così! Poche regole, ma soprattutto dettate dal cuore con la predilezione verso la persona che soffre. Un abbraccio Gabriella
caro Massimo,
se involontariamente ti ho ferito, scusami.
Ciò che non condividevo del tuo post, spero sia chiaro, erano i toni.
Mi sembravano eccessivi e inadatti a dialogare in questo blog in cui tentiamo di darci pace.
Nel massimo rispetto per la tua sofferenza come per quella di altri che si trovano in analoghe situazioni- Ho visto con i miei stessi occhi la sofferenza “di chi lascia” e non solo di chi è lasciato. l’animo umano è piuttosto complesso.
Ringrazio molto Antonio per i suoi interventi, li ho trovati illuminanti.
Un abbraccio con affetto.
Rosella
Mia sorella, nubile, ha sposato in Comune un ragazzo anche lui mai sposato, mussulmano. Ognuno è rimasto fedele alla propria religione. Sono felici insieme, si amano e si rispettano. In confessionale però, (vivono a Bruxelles e ricordatevi che scandalo ci fu per i pedofili), il sacerdote ha detto a mia sorella che la loro unione non sarà mai benedetta né approvata dalla Chiesa, perché lei dovrebbe convertire lui e farlo sposare con rito cattolico. Ma se lui prega la sua religione e non impedisce a mia sorella di professare la sua fede, perché lei lo dovrebbe cambiare? Mia sorella lavora, non porta il velo ed ha un marito che la ama, perché non può prendere la Comunione se rispetta le idee del marito? Se Dio ci lascia il libero arbitrio, mi dite cosa c’è di male in questa unione? La Chiesa dice che sta in crisi e dobbiamo rinnovarla, poi, appena qualcuno fa qualcosa di diverso dalle vecchie “regole” sta fuori. Don Andrea Santoro, andò in Turchia, paese in prevalenza mussulmano rispettando tutte le persone che vivevano lì, certo, se qualcuno si convertiva lui era contento, ma non ha mai imposto nulla a nessuno e la Chiesa lo ha fatto martire. La Chiesa ci raccomanda di aiutare i poveri di ogni nazionalità, e poi quando si va nel concreto si tira indietro.
E’ come la classica famiglia che dice che anche i “negri” o gli “zingari” vanno rispettati e poi si vedono presentare a casa dai figli uno di questi e gridano “Orrore”!. Questo falso modo di agire non mi piace né per i laici e tantomeno nella Chiesa, che dice di voler cambiare ma non si sposta mai di un mm dai vecchi pregiudizi. Saluti a tutti.
@antonio. perdonami Antonio, nessuna intenzione polemica. Ma la difficoltà di trovare un punto di equilibrio tra regole e misericordia è un problema enorme di tutti, me compreso.
@chiara, l’esempio che porti è una delle prove incarnate della misericordia divina, di una famiglia alla Cesaroni che soltanto un dio che non è un dio potrebbe definire peccatrice mortale e che magari gente come Michele dovrebbe frequentare un po’ di più prima di lanciare i suoi anatemi da divinità rabbiosa (che guarda caso non colpiscono mai i ricchi che non fanno quello che Cristo chiede nel vangelo, ma solo peccati in odore di sesso). Di fronte a quella famiglia, come ci racconti, la Chiesa è costretta a ricredersi. E a inchinarsi. Sia pure nella sua tradizionale attitudine alla poca sincerità.
@rosella. Non ho insultato nè diffamato nessuno. Ho espresso le cose nel modo in cui le sentivo. I toni, come sanno tutti quelli che fanno i gruppi di Darsi Pace (dunque anche tu credo), non possono diventare maschere. QUesto blog, come dice sempre Marco g, è estensione del lavoro dei gruppi: nei gruppi tiriamo fuori le ombre, le rabbie, poi le aggiustiamo e le lavoriamo con il concorso dei compagni di viaggio (e di questo ringrazio tutti e anche te, per le bellissime poesie), ma i toni devono essere quelli che rappresentano il nostro mondo autentico. Non nuove maschere pettinate, rispettose, politicamente corrette. Ancora un volta false. Ti voglio bene, in ogni caso.
@luciana. Esempio bellissimo che allarga la riflessione e ci fa vedere come, nella molteplicità dei tempi moderni, le regole poste dalla Chiesa si rivelano sempre di più inadeguate a esprimere l’amore del vangelo.
@tutti gli altri. Lo dico ancora una volta: se ho espresso certi miei mal di pancia con rabbia è perchè, credo, questo chieda in primo luogo Cristo da noi: verità, ricerca appassionata di senso, e non imbellimento codino (“ecco un uomo in cui non c’è falsità”, disse Cristo di Natanaele che aveva appena detto con schiettezza quello che pensava di chi veniva da Nazaret, e non erano cose belle nè dai toni contenuti). Nello stesso tempo, i dubbi su certe posizioni pastorali non mi hanno fatto nemmeno per un attimo arretrare sulle pratiche quotidiane con la Bibbia e l’adorazione, sul rispettoso ascolto della parole del Santo Padre (ogni giorno pubblichiamo sul sito facebook le migliori riflessioni che vengono dagli ambienti della curia romana), sulla difesa della Chiesa dagli attacchi di chi identifica duemila anni di grande storia con pedofilia e affarismo. Insomma, anche se mi viene negata la comunione, non uso questa che vivo come profonda ingustizia come pretesto per attaccare in modo unilaterale la Chiesa. Ma, vi prego, almeno in questa nostra riflessione che Marco g ha sempre voluto all’insegna della verità, sentiamoci liberi di esprimere tutto ciò che si agita nel nostro cuore. Non è ciò che Cristo ascolta in ogni pagina del vangelo?
caro Massimo
un abbraccio di VERO CUORE
Rosella
E’ molto bello che il vangelo di oggi parli proprio del caso oggetto di questo post. Insieme però mette una lunga serie di altri peccati per cui Cristo spende parole durissime. Incluso quello di guardare una donna con desiderio. O di non far pace con il proprio fratello. E allora, perchè soltanto con i divorziati risposati tanta durezza, perchè soltanto a loro una sanzione così dura come privarli della comunione? E a quelli che rispondono “perchè è una colpa definitiva”, chiedo: sarebbe davvero una virtù abbandonare la moglie amata, magari i figli amati, per tornare in un rapporto che non ha più nulla da dire? Davvero il cristiano per riconquistare la comunione deve distruggere la nuova famiglia e inventarsi un virtuale ritorno con il vecchio coniuge? Davvero, come nel caso di Luciana, è cristiano abbandonare un uomo che si ama perchè è un musulmano, sebbene rispettoso della fede cristiana? Vi prego, come dice il vangelo di oggi: un sì che sia un sì o un no che sia un no…
Un abbraccio a tutti.
M.
Sia pure un po’ in ritardo, vorrei lasciare un piccolo pensiero su questo tema.
Il dolore dell’emarginazione, da qualunque parte arrivi, ma soprattutto se arriva da una comunità da cui ci si aspetta accoglienza, certo è sempre molto intenso.
Tuttavia mi pare che dall’alto delle gerarchie non possa giungere, per definizione, nessun cambiamento reale. La monarchia assoluta in cui è costituita la chiesa cattolica non permette margini di trasformazione, pena la perdita del potere. Perciò ciò in cui possiamo più realisticamente sperare e su cui possiamo lavorare è il cambiamento dal basso, da parte di chi, nelle comunità ecclesiastiche, vive concretamente accanto alle persone condividendo il loro cammino.
Del resto, poi, a me pare che i sacramenti abbiano un valore ecclesiologico più che teologico, nel senso che sono la modalità con cui diciamo ad alta voce, all’interno di una comunità, il nostro tentativo condiviso di voler vivere nella fede nel Dio di Gesù. I sacramenti però non aggiungono nulla dal punto di vista di Dio, cioè non posso pensare che se non arriva il prete con l’acqua benedetta quel figlio d’uomo sia abbandonato dallo Spirito di Dio. I sacramenti sono il modo di prendere coscienza di fronte agli altri, impegnati come me nello stesso percorso di fede, della reale presenza di Dio in me. Gesù ci ha chiesto di fare memoria del suo gesto, dandoci come unico comandamento l’agape e infatti la scena escatologica figurativamente descritta in Mt 25 si gioca lì: avevo fame e mi hai dato da mangiare, così saremo riconosciuti; non se siamo andati a messa e se abbiamo fatto la comunione. Pertanto, per quanto doloroso possa essere, mi pare che occorra anche avere la giusta misura del valore dei sacramenti, senza eccessive ipertrofie. Come dice un teologo di mia conoscenza: Gesù nella sua vita ha fatto una messa sola, noi rischiamo di smarrire questa sobrietà che mira all’essenziale, moltiplicando l’evento e svuotandolo di senso.
Un abbraccio solidale a tutti coloro che in qualche modo si sentono emarginati.
iside
Grazie Iside per questo bellissimo post, di grande conforto per chi si sente smarrito in questa terra di nessuno.
provo a lasciare il mio commento in linea con la Chiesa ma pieno di comprensione con chi non ce la fa a seguire tutte le indicazioni della Chiesa.
SECONDO ME… che non significa che è per forza così:
Quando si va in chiesa a sposarsi ben si sa che si sta prendendo un Sacramento immenso e per sempre… se non si è preparati a riceverlo perchè prima di sposarsi non si conosceva bene la reliogione cattolica e non si praticava … la resposnabilità di prenderlo ugualmente è di chi lo prende e anche di chi lo ammionistra… che invede di quei corsetti all’acqua di rose non ha saputo comunicare quanto è poi importante essere assidui nella preghiera sei Sacramenti e in una vita aderente al Vangelo per poter sostenere il matrimonio.
Il matrimonio cattolico non è un legame umano ma molto di piu’ ed è insostenibile senza gli aiuti divini a cui bisogna saper e voler attingere.
Io non conosco nessuno che abbia divorziato volontariamente di sua iniziativa che fosse dedito alla preghiera quotidiana e prendesse frequentemente i Sacramenti… tutti e con fede ardente.
Allora quando il carico del matrimonio diventa insostenebilie chi non sa attingere agli aiuti divini crolla sotto un peso umanamente intollerabile… la soluzione umana a facile portata è il divorzio.
Dopo il divorzio… non viene che l’umanissimo desiderio di ricostruire una vita umana e di essere felici.
Ma non è questo il senso della vita cattolico… chi crede davvero sa che la vita qui e ora non è che una prepatrazione al dopo… che qualsiasi sacrificio affrontato qui e ora verrà largamente ricompensato in cielo che con le croci arrivano gli aiuti a portarle… che prima di cercare di essere felici e nel benessere è piu’ importante fare la volontà di Dio.
Ecco … che il cammino così aspro e arduo di chi è stato lasciato o di chi soppor6ta un coniuge inadatto a renderlo felice… è consolato e ha senso e significato ed è nell’otticsa del Vangelo “chi salverà la propria vita la salverà e chi la perderà la salverà”-
Il mio personale matrimonio nei tempi in cui ero poco cattolica… è stato duramente provato… mi sono salvata per via di una preghiera credo che dicevo davvero di cuore “Signore insegnami ad apprezzare mio marito”.
Ora… come non comprendere le difficoltà dei divorziati? come non comprendere il loro dolore?
sai che quando divorzi per prendere un nuovo compagno perderai l’accesso alla confessione e alla comunione… ma proceedi ugualmente. Non ti ferma questa terribile prospettiva? io ne sono stata fermata… e non ero certo quella che andava a Messa tutte le domeniche purtroppo.
Ora che invece a Messa ci vado tutti igorni per gioia e non per dovere… comprendo quello che prima mi pareva assurdo… e quel.lo che nn comprendo cerco di accettarlo… provo ad ubbidire umilmente. Cosa molto fuori moda.
Si che ce l’ho la mia testa… e ho anche gli occhi per vedere… sono convertita non rimbambita.
ma ora che ho ricevuto la grazia della conversione in mezzo alla confusione il mio rifugio è Cristo nella Sua Chiesa. Niente vale poter attingere a tante grazie.
Ora pero’ che ho trovato questo tesoro lo custodisco al meglio di cui sono capace… gli altri che ancora non l’hanno trovato sono da accogliere da consolare non certo da giudicare.
Ma non serve sminuire il sacramento del matrimonio serve cpomprenderlo meglio prima di prenderlo e essere davvero cattolici prima di sposarsi con questo sacramento cattolico.
Io conosco molte persone che si sposano in chiesa non essendo dediti alla preghiera credendo solo in alcune cose che propone la Chiesa che non vanno a Messa che non ne comprendono significato e valore che non si accostano alla Confessione e non ne conoscono la potenza.
E non pregano tutti i giorni… ma praticamente mai… alle prime difficoltà… se i due sono proprio compatibili ok altrimenti… si intravede già come potrebbe andqre a finire… se al corso prematrimoniale si iniziasse con un rosario completo… tutti quelli che non resistono vu0ol dire che non sono abituati a dirlo che non hanno questa abitudine e non sanno usarlo… ecco che invece di discorsi eterei si partirebbe da… “come si prega” come si fa ad attingere alle grazie dalla Chiesa come si aiutano i propri defunti…
si sposerebbero in meno in chiesa? forse si.
La bellezza di una preghiera ben detta in comunità affascina e tocca il cuore.
Allora… anche a me fanno pena i divorziati… ma… forse sono su una strada sbagliata che hanno preferito a quella indicata da Santa Madre Chiesa… via verso la Santità.
Che siano persi? non credo penso che pero’ avranmno molto da espiare in Purgatorio… e questo è decisamente terribile… decisamente preferibile espiare q
Cara Rossana,
mi è piaciuta!
Son colpita soprattutto dalla proposta di iniziare i corsi prematrimoniali con la recita del Santo Rosario. Non male.
Veramente, anche se mi chiedo che fine avrei fatto io a suo tempo? ma chi può dirlo oggi?
La mia esperienza è analoga alla tua anche se la mia sensibilità è molto differente. Io non son capace di recitare il Rosario neppure ora, dopo 33 anni di matrimonio, senza addormentarmi (anche stando in ginocchio); però prego.
A me piacerebbe che la Chiesa, annunciasse e somministrasse il Sacramento. Punto e basta. Separandolo da quello che è il rito civile.
Per quello che è la mia consapevolezza oggi, dopo aver cresciuto tre figli, ritengo preferibile la convivenza, davanti allo Strato, che non il matrimonio.
Ho faticato ad interiorizzare il valore del sacramento ma il legame con la legge, si è rivelato essere una vera e propria “palla al piede”.
Ti abbraccio e ti auguro ogni bene che il tuo cuore desideri per la tua famiglia.
Rosella
Cara Rosella grazie per avermi risposto!
Anche a te auguro ogni bene a te e a tutta la tua famiglia!
che fine avremmo fatto potresti ben dire 🙂
Riguardo al rosario:
Il rosario è una preghiera meravigliosa e potentissima… anche a me non attirava particolarmente… ma… in tutte le apparizioni Maria Santissima si dà un gran da fare a richiedere proprio quella preghiera insistentemente… e quindi mi sono sentita in dovere di pregare proprio quella…e a considerarla come preghiera da preferire da non trascurare quotidianamente… non si contano le volte che mi sono addormentata distratta ecc ecc saltata rimandata interrotta pregata male.
Considera anche che c’è sempre bello sveglio “qualcuno” che cerca di tenerci lontano da quello che lo disturba particolarmente!
Con questo non intendo certo dire che il rosario è l’unica preghiera valida infatti tu preghi altro e il Signore evidentemente lo gradisce moltissimo! :-)))
Lo so che le prime volte sembra lungo e ripetitivo… ma se lo preghi senza “soddisfazione” senza riceverne alcuna consolazione… il Signore lo apprezza perfino di piu’ di quando ti fa sentire la Sua presenza! Vale sempre e ottiene grazie immense. Prova! Intanto preghiamolo come siamo capaci… e poi piano piano miglioreremo ma intanto preghiamolo pregando si impara a pregare!
Cara Rossana,
da un certo punto di vista tu sfondi una porta aperta, riguardo al Rosario (direi che condivido intellettualmente praticamente tutto, ciò che mi scrivi) il punto è che desidero vivere/giungere “ai misteri” in modo un po’ più integro che per il passato, quando m’imponevo uno sforzo a cui normalmente soccombevo. Così mi prendo tutto il tempo necessario al cambiamento, lavorando su di me secondo il metodo integrato dei gruppi Darsi Pace.
Nel lavoro autoconoscitivo ed in quello meditativo, ho scoperto che una parte di me non vuole proprio esistere anzi si rifiuta di vivere. E questo è uno dei motivi per cui mi è tanto difficile mantenere una concentrazione volontaria su qualcosa, anche nella preghiera; mentre, lasciare che accada, è tutto il mio pane.
Solo un anno fa non lo sapevo, anzi ritenevo di essere molto determinata (e da un altro punto di vista ti assicuro che lo sono). Ora sto imparando a prendermi cura di quella parte di me che è stata ferita mortalmente nella vita e sono sulla buona strada mi pare.
Il giorno in cui reciterò un’Ave Maria o un’ intera decina , “essendo Presente” a ciò che faccio, ne sarò molto lieta e fiera: “Ringraziando Dio”.
Ti abbraccio
Rosella
sai rosella anch’io ho fatto molte esperienze diciamo per raggrupparle tutte “new age” e ho capito quello che hai detto purtroppo l’ho capito richiamando all’esperienza non immaginando…
ora io seguo un cammino diverso… cioè a pregare si impara pregando pregare bene è meraviglioso ma in certi momenti non ci si riesce e si prega come si è capaci nessuna nostra preghiera va mai perduta e se non serve a me… serve bene per chi è rivolta… e mi avvicino di piu’ alla preghiera incessante… se aspettiamo di essere calmi tranquilli bendispostio va a finire che preghiamo decisamente troppo poco … mentre abbiamo un bisogno fondamentale di nutrimento dell’anima un nutrimento che si riceve solo in preghiera nel contatto con Dio.
Lascio che accada ogni cosa… cioè sono completamente affidata a Dio ogni cosa che voglia mandarmi è ben accetta ogni gioia ogni dolore ogni momento è per Lui e secondo quello che Lui vuole. Non faccio in tempo a formulare un desiderio che già ricevo meglio di quanto abbia potuto desiderare. le persone terribili con cui a volte entro in contatto sono la mia palestra… per imparare ad amare e a pregare per loro. Nella mia anima desidero si imprima il Volto Santo… non mi interessa piu’ la mia felicità e ed essere “io” mi interessa essere accolta al servizio.
Se ti distrai pregando sii dolce con te stessa accettati così come sei alla Madonna va bene anche quella preghiera. L’unica preghiera davvero sbagliata è quella non detta!
Ricambio il tuo abbraccio dolce rosella!
cara Rossana,
penso “che le vie del Signore siano infinite” e lo CREDO VERAMENTE.
Lo Spirito del Risorto ci raduna da ogni luogo in cui siamo dispersi, e con ogni mezzo possibile; cioè, con legami d’amore parla al cuore di ognuno di noi.
Nei gruppi di Darsi pace e nel metodo integrato del lavoro ho trovato quello che cercavo. Ciò che mi si addice. Questa non è “new age” ma un’ ESPERIENZA POSSIBILE, una strada di conversione della persona umana, nella sua integrità; ed è ben radicata nell’esperienza Cristiana della Chiesa Cattolica, anche se inizia come fosse un catecumenato.
Sei andata a curiosare nella barra in altro, sotto “lavoro dei gruppi”? lì è sinteticamente descritto il metodo proposto in darsi pace. Un lavoro autoconoscitivo psicologico, unitamente ad uno culturale ed anche a quello meditativo che conduce alla preghiera profonda. Il tutto insegnato gradualmente, onde favorirne l’esperienza personale.
Se ti va, fammi sapere e comunque ogni tanto possiamo anche pregare insieme e l’una per l’altra, sappi che spesso recito il santo rosario con radio Maria (magari pure tu) il chè non mi impedisce di distrarmi… però non mi addormento.
Un abbraccio, buona settimana e ciao.
Rosella
E’ UN CONCETTO CHE PUO’ STARMI BENE SE VALESSE LA STESSA COSA ANCHE PER UNO CHE SI RIFA’ UNA VITA DOPO AVER LASCIATO UNA COMPAGNA O UNA FIDANZATA, SE IL PRINCIPIO FOSSE QUELLO CHE SI DEVE RIMANERE FEDELI A VITA AL “PRIMO AMORE” ALLORA SI, ALTRIMENTI E’ UNA IPOCRISIA TUTTA FORMA E ZERO SOSTANZA. ALLORA, SECONDO LORO, SE UNO/A PASSA PER 10.000 LETTI MA IL MATRIMONIO LO CELEBRA UNA VOLTA SOLA, ALLORA E’ APPOSTO CON DIO E CON GLI UOMINI?
E’ una bugia..perchè la Chiesa non condanna al “fuoco eterno” i divorziati, ma solo non possono prendere la comunione
(vedi lettere di Ratzinger)
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Oggi sono molto felice per quello che il dottor Oduduwa ha fatto nella mia vita il grande incantatore di incantesimi. in passato avevo avuto incomprensioni con mio marito e quindi ci ha portato a rompere per 3 anni, ma un giorno ho visto un post di Sarah Andrew che ha pubblicato su Internet che il dottor Oduduwa, un grande incantatore di incantesimi, l’ha aiutata con un incantesimo che ha portato suo marito Ho deciso quindi di contattare il dottor Oduduwa, il grande incantatore di Incantesimi, per aiutarmi e mi ha assicurato che il mio Marito tornerà da me. per fortuna oggi sono molto contento di scrivere su questo muro che mio marito è tornato da me come ha detto il grande incantatore Dottoressa Oduduwa.
Hai un problema con tuo marito, fidanzato, fidanzata, parente, sposato o nel tuo ufficio e pensi di averli persi? non ti preoccupare più perché il dottor Oduduwa, il grande incantatore di incantesimi, ti può aiutare proprio come mi ha aiutato a riportare mio marito a posto. contatta il Dott. Oduduwa per il tuo aiuto oggi via e-mail: droduduwaspellhome@gmail.com puoi anche chiamare o whatsapp il suo numero di telefono +2347051839672