C’è nel Vangelo una parola molto profonda, quando Gesù dice: “Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà donato in sovrappiù.”
E’ quel che realizzano migliaia di religiosi e religiose in giro per il mondo appresso agli umili, agli ultimi, dei quali mai nessuno parla.
Ma è una cosa che riguarda anche noi, specie in questo tempo propizio di Quaresima. Un distacco dai bisogni e dall’egocentrismo, dalla pervicace, maniacale ossessione che rivolgiamo a noi stessi, che difficilmente può portarci lontano, difficilmente può portarci a percepire un Senso dentro il mistero nel quale siamo calati.
Ma come realizzare questo distacco, come arrivarci concretamente ?
Questa era la formula – ammesso che ne esista una, perché si tratta di un lavoro iniziatico, continuo, che dura tutta la vita – suggerita da Jean Guitton, il grande filosofo e scrittore francese, morto nel 1999 a quasi cento anni d’età:
Il primo gesto è purificare il proprio essere – scriveva Guitton – renderlo più distaccato, più leggero, e rompere gli ormeggi. Essere già in abbandono e in desiderio, quello che si sarà domani, quello che si è sempre stati !
“In modo tale che in noi stessi finalmente l’eternità ci cambi”, dice Mallarmé. Una cosa è sicura: si possiede solo ciò a cui si è rinunciato.
Siccome mi lamentavo di non poter dormire, un asceta mi diede questo consiglio: “Rinuncia a dormire !” E in realtà, avendo rinunciato a dormire, subito mi addormentai. A chi vuole andare più lontano, io direi: per essere veramente libero, dobbiamo sempre, nel corso delle nostre vite quotidiane, interessarci alle cose e distaccarcene. Fare del proprio meglio ma non essere ansiosi dei risultati.
Dobbiamo distaccarci da tutto e contemporaneamente unirci a tutto. Non è un paradosso. Il mistero indicibile dell’esistenza sta nell’intreccio di questi due movimenti dello spirito, di questi due fili che compongono il nostro tessuto quotidiano: familiare e sublime. Prima di tutto il distacco è semplicità.
E’ quella semplicità della quale la storia della spiritualità cristiana offre molti esempi, da san Francesco d’Assisi a San Bernardo a Charles de Foucald.
Senza arrivare a questi vertici di perfezione, ciascuno di noi, può provare a spogliare, giorno dopo giorno la propria vita e ad unirla ogni giorno a qualcosa di nuovo, che ci parla, e che è più grande di noi, e ognuno di noi contiene.
Scrisse Jiddu Krishamurti nel suo Taccuino, contemplando e descrivendo un fiore: una cosa chiara, luminosa, aperta al cielo: il sole, la pioggia, il buio della notte, i venti, il tuono, la terra hanno preso parte alla creazione di quel fiore. Ma il fiore non è nessuna di queste cose. E’ l’essenza di tutti i fiori.
Bellissimo, ……….per ora mi fermo qui.
Devo riflettere a lungo su questo tuo intervento caro Fabrizio: risuona e consona così tanto col nostro incessante lavoro interiore nel cammino dei Gruppi che mi sbalordisce.
… dobbiamo “soltanto” provare a spogliare giorno dopo giorno la nostra vita e ad unirla ogni giorno con qualcosa di nuovo,che ci parla e che è più grande di noi, e ognuno di noi contiene ……… credo in fondo sia tutto qui(!).
Grazie davvero.
Un caro saluto.
Marco F.
Ho assaporato in questi ultimi tempi la bellezza della rinuncia, della mancanza di grandi aspettative, avevo bisogno di vero abbandono di alleggerimento; il lavoro con Marco G. nei gruppi mi ha aiutato tanto. Poi……tutto è arrivato a valanga!
E allora ne ho gioito tanto, perchè ho accolto i doni con serenità, senza esserne schiava, senza soprattutto quella stanchezza e quello stress che avrei avuto se li avessi voluti a tutti i costi!
Un abbraccio Gabriella
Davvero consonante con il lavoro di Darsi Pace (concordo con MarcoF), con il nostro esercizio meditativo e di preghiera: sorridere alla vita accogliendola, abbandonare senza aggrapparci e senza trattenere.
In particolare infatti mi ha colpito questo passo:
” Dobbiamo distaccarci da tutto e contemporaneamente unirci a tutto. Non è un paradosso. Il mistero indicibile dell’esistenza sta nell’intreccio di questi due movimenti dello spirito, di questi due fili che compongono il nostro tessuto quotidiano: familiare e sublime.”
che a sua volta mi ha fatto venire in mente il dinamismo spirituale di cui parla anche Edith Stein :
“la vita spirituale è movimento”.
” E’ movimento proprio perché è vita, e come vita sussiste fin quando attesta un dinamismo interno e la predisposizione a una potenziale crescita.”
(Lodovica Maria Zanet)
E, per finire, non ho potuto non pensare, caro Fabrizio, ad una poesia che hai scritto e mi pare esprima lo stesso concetto, perchè lo Spirito soffia dove vuole e parla con ognuno con le parole più adatte alla sua anima, in modo che, come affermi nel post “ciascuno di noi, può provare a spogliare, giorno dopo giorno la propria vita e ad unirla ogni giorno a qualcosa di nuovo”
Se non è per queste sconfitte
a cosa serve vivere?
Vivere è perdere
ogni giorno un poco di sé
e ricrearlo nuovo
in un altrove sconosciuto.
(Fabrizio Falconi)
Un abbraccio, nella speranza di diventare ciascuno l’essenza del fiore che è
Filomena
Sono una principiante nella pratica meditativa,per ciò che comprendo sono d’accordo con quanto Marco ha detto nell’ultima lezione del corso telematico:
IN QUESTO TENTARE IO, OGGI, LA PRATICA MEDITATIVA SI GIOCA IL SENSO DELL’UOMO SULLA TERRA.
Lo stato di presenza ci innesta in uno stato unitario ed è la stessa dimensione di cui facciamo parte tutti.
Tutti uno e ognuno sè.
Vivere questo stato unitario in Cristo significa ritrovare una identità non più fondata sul principio di separazione,viverlo prima di Cristo, prima della rivelazione dei nomi, significa spegnere l’ego in un assoluto indifferenziato.
E questo, per me, fa la differenza.
Un saluto affettuoso.
Giuliana
Caro Fabrizio
grazie per queste bellissime righe che pubblichi. A volte una frase così ficcante, come “possiedi solo ciò a cui rinunci”, può diventare il manifesto di una vita bellissima. Lascio a completamento queste parole straordinarie di Etty Hillesum che, sorprendentemente, ricalcano gli stessi passaggi della preghiera dei figli di Dio che si medita nei gruppi di Darsi pace (a proposito qualcuno può fare un taglia e incolla e postarla qui sotto?):
“Mio Dio, prendimi per mano, ti seguirò da brava, non farò troppa resistenza. Non mi sottrarrò a nessuna delle cose che mi verranno addosso in questa vita, cercherò di accettare tutto nel modo migliore. Ma concedimi di tanto in tanto un breve momento di pace. Non penserò più, nella mia ingenuità, che un simile momento debba durare in eterno.
Purché tu mi tenga per mano. E cercherò di non avere paura. E dovunque mi troverò, io cercherò di irraggiare un po’ di quell’amore, di quel vero amore per gli uomini che mi porto dentro. Ma non devo neppure vantarmi di questo “amore”. Non so se lo possiedo. Mio Dio, non voglio essere niente di così speciale, voglio solo cercare di essere quella che in me chiede di svilupparsi pienamente”.
Etty Hillesum
La preghiera dei figli di Dio
Signore Gesù,
Vero Dio, vero uomo,
Vero Dio – Padre,
Vero uomo – Figlio,
Nell’unità di un solo Spirito,
Tu sei la mia Nuova Umanità,
Ti prego, salvami!
Per la potenza della tua Incarnazione,
Estendi adesso in me la pace del tuo Regno,
Scendi negli abissi della mia carne,
Togli il mio peccato dal mondo.
In comunione con il tuo corpo, Gesù,
Morto adesso alla morte e al peccato,
Con te risorto adesso
Nella pienezza di vita dello Spirito,
Io ricevo il perfetto perdono di tutte le mie colpe,
La perfetta guarigione di tutte le mie malattie,
La mia perfetta integrità, e sono uno.
Io in te, Signore, e tu in me, per sempre.
Io in te, Signore, sono me stesso:
Figlio nel Figlio, figlio del Padre.
Padre Eterno Amore,
Manda il tuo Spirito di guarigione profonda, e di santità,
Manda il tuo Spirito di luce e di sapienza,
Manda il tuo Spirito d’amore.
Fa’ di me uno strumento gioioso e fiducioso della tua grazia.
Fa’ che io possa portare guarigione
E illuminazione a tutti.
Così la nostra gioia sarà piena.
Amen.
Questa è una riduzione, fatta da Marco G, della preghiera dei figli di Dio riportata nel suo libro “Yoga e preghiera cristiana”.
Massimo, non so a quale delle due ti riferivi…
Filomena, grazie. E’ proprio lei. Baci
🙂
😛 🙁
Bella e vera la connessione tra distacco e unione, carissimo, tra spegnimento di ogni pre-giudizio (attaccamento o repulsione) e assorbimento nel mistero dell’Uno.
Forse la domanda che oggi preme in molti è: bello sì, ma come si fa?
Dopo duemila anni di cristianesimo, come possiamo fare un’esperienza più concreta di questo processo?
Non basta infatti la buona volontà, in quanto le nostre implicazioni egoiche sono spesso molto sottili e in buona parte inconsce.
E questo spiega la crisi di un cristianesimo che per secoli ha predicato rinuncia e sacrifici…producendo spesso violenze egoiche di ogni specie…
La novità oggi perciò mi pare che consista solo nell’elaborare itinerari concreti e condivisi in cui queste parole diventino una prassi, e una pratica di autentica liberazione….e a questo lavoriamo…
Un abbraccio. Marco
Grazie a Massimo, le parole di Etty Hillesum mi inebriano, vorrei fare mia quella preghiera tutti i giorni della mia vita!
Gabriella
Grazie a tutti voi, amici.
Sono giornate un po’ caotiche, con calma vorrei rispondere a ciascuno di voi.
Un abbraccio
F.
@ Marco: grazie . In effetti anche a me le parole di Guitton hanno subito prodotto l’eco del senso del lavoro dei gruppi.
@ Gabriella: la bellezza della rinuncia.. davvero.
@ Filomena: grazie di cuore per la citazione di Edith Stein che non conoscevo, e grazie per l’immeritata citazione poetica…
@ Giuliana: in effetti quel che mi sembra di aver capito, arrivato a questo punto della mia vita, è che nessun lavoro, nessuna trasformazione, nessun cambiamento è possibile se non si mantengono i piedi ben piantati per terra (e anche nel fango, se necessario) della propria storia e tradizione, del proprio sè, della propria storia personale e famigliare, e collettiva. Solo da qui, da questo collegamento con il tutto parziale da cui proveniamo, è possibile decidere la progressiva rinuncia, il progressivo distacco di quel che è ‘nostro’, in quel momento, e la sua trasformazione in qualcosa di veramente nuovo e altro (o Altro).
@Massimo: grazie per la citazione Hillesumiana, che conosco molto bene è che uno dei punti più folgoranti di quell’opera autenticamente umana e mistica che sono i suoi diari e le sue lettere.
Grazie anche per la riproposizione della bellissima ‘preghiera dei figli di Dio’ di Marco.
Marco G.: sì, caro Marco, è proprio questo il punto. Oggi siamo tutti affamati di ‘prassi’, ché la teoria ci aiuta poco. E l’itinerario che tu proponi da tanti anni è uno dei modi migliori che conosca per trasformare la consapevolezza (teorica) in urgenza pratica e in frutti concreti.
Grazie F.
chiedo scusa: ma come si fa a lasciare andare per aspettare qualcosa… pensare così non è un piccolo imbroglio? 👿
Carissima Laura, prova solo a pensare a questa immagine: un pugno stretto pieno di sabbia impara ad aprirsi, a lasciare andare, e il palmo della mano, aperta e liberata, attende la pioggia d’oro…
Ciao. Marco
Ho provato ad immaginare, più volte e in diversi momenti queste gocce d’oro cadere sulla sabbia tra le mie mani, la sensazione è piacevole e rassicurante ma non riesco ad andare oltre.
Non capisco perchè la rinuncia o il distacco dalle cose possa farmi avvicinare ad esse.
Se non ho la passione, se non vengo coinvolto per/da un evento come posso agire? L’entusiasmodove lo prendo per portare avanti quello che devo/vorrei fare?
Probabilmente non ho mai conosciuto, riconosciuto, creduto nessuno che abbia fatto il percorso indicato.
Forse sono come S.Tommaso e non ci credo finchè non ci metto il naso…
Ciao, con mani protese…
Carissima Laura, ciò che lasciamo andare è solo ciò che ci trattiene, non ciò che ci appartiene nel profondo.
Il problema è tutto qui: svuotarci da ciò che crediamo che ci serva, ingannandoci, per disporci a ricevere ciò che vera-mente, dal profondo del nostro cuore, desideriamo.
Questa è la lunga e gioiosa via del ritorno a noi stessi.
Ciao. Marco
Ciao a tutti.
Prima di commentare lo scritto di Fabrizio posso chiedere perchè diverse indicazioni sono date in inglese, in questo “blog”?
Mi piacerebbe che la partecipazione fosse incentivata e facilitata e vedere molte parole in lingua inglese mi sembra un modo per creare una elite (i partecipanti) che si vuole in qualche modo distinguere dagli altri.
Io ultimamente sto mettendo in pratica il distacco, ma ciò non toglie che continui a guardare con interesse chi invece si “sbatte” per ottenere quello che vuole dalla vita e inevitabilmente mi chiedo: “ma non è che costui/costei, alla fine è più soddisfatto di me?”.
Perchè vedete,il problema è distaccarsi perchè si è compreso il valore del distacco o perchè in fondo in fondo non si ha più la voglia o la forza di lottare per ciò che si desidera?
Il confine talvolta è sottile come sottile è la capacità di discriminare tra gli stati d’animo che stanno dietro alla rinuncia…
Per me talvolta la rinuncia è semplicemente più “riposante” e già questo mi fa pensare che sia una cosa buona,visto che il mondo intorno a me sembra solo chiedermi di correre,impegnarmi,ottenere risultati ed altre amenità di questo tenore…
Vorrei lasciarvi con una riflessione che può sembrare bizzarra (e forse lo è). Quando ho visto in tv la centrale nucleare giapponese di Fukushima (si scrive così?) mi sono detta che io non l’avrei mai costruita in primo luogo per il semplice motivo che è brutta e solo poi, forse, perchè è anche potenzialmente molto ma molto pericolosa…insomma perchè non fidarci anche dei nostri sensi oltre che dei nostri calcoli?
Carissima Nina, hai ragione: il confine tra un distacco autentico ed una fuga autodifensiva è spesso molto sottile.
Solo un lavoro assiduo, che ci aiuti a conoscere sempre più accurata-mente le nostre modalità autodifensive, e cioè le forme del nostro sottile sottrarci alla vita, può orientarci nelle scelte.
A volte un giusto distacco, infatti, può condurci ad un’azione forte e decisa; a volte invece può indurci a sottrarci ad un inutile confronto.
Nei nostri Gruppi lavoriamo proprio su queste sottigliezze, tanto decisive….
Ciao. Marco