“Per costruire la pace bisogna cambiare cultura; e tutti sappiamo che i
cambi di cultura sono lenti e difficili. Perché cambiare cultura significa
cambiare mentalità.
Nella Bibbia questo cambiamento si chiama: conversione. E convertirsi e’
l’atto supremo dell’uomo.
Non e’ per questa cultura di pace che tu perdi la faccia. Tu perdi la
faccia, facendo la guerra. Se in questo momento di guerra (del Golfo
Persico, gennaio 1991) un uomo, di qualsiasi cultura o paese, dicesse:
Abbiamo sbagliato, torniamo indietro, questi sarebbe il piu’ grande di
tutti, chiunque egli sia. Ma per fare questo ci vuole il miracolo. Comunque
noi crediamo anche nei miracoli”.
David Maria Turoldo, “La guerra, sconfitta di Dio”,
Domanda: come possiamo darci pace se intorno a noi c’ è la guerra? Possiamo continuare le nostre pratiche di trasformazione interiore (lo studio, l’analisi psicologica, la meditazione, la preghiera), mentre gli aerei europei lanciano i loro missili su Tripoli? Cos’è tutto questo, non abbiamo il dovere di chiedercelo? Una contraddizione sull’ordine del giorno dei profeti? O l’urlo finale, l’ultima zampata di un’umanità vecchia che non si rassegna a morire? È la domanda che mi scuote in queste ore. Da cui non è possibile sfuggire, semplicemente chiudendoci nel nostro guscio di dilettanti della mistica.
E’ successo tutto così in fretta: da un giorno all’altro ci siamo ritrovati parte di un conflitto. Senza neppure il tempo di riflettere. E concludere, trovare posto dentro una posizione chiara non è semplice. Come molti, penso, oscillo tra sentimenti opposti. Da una parte ascolto le voci di chi è favorevole a fermare con le armi le atrocità di Gheddafi e ho un moto spontaneo di consenso: dare pace a un popolo oppresso richiede un sacrificio, mi dico. Dall’altra penso alla consueta malafede dell’occidente (perché la Libia sì e l’Arabia che appoggia la repressione contro chi protesta in Barheim no?), i sospetti che a dettare le scelte siano soltanto le mire sui pozzi petroliferi, mi riporta dalle parte di chi in nome della pace non è disponibile a scendere in guerra: e allora penso che no, questo scontro non ha alcun senso. Ma poi parte un altro giro di giostra.
Leggo le parole di padre Turoldo, che ha il coraggio e la passione di affidarsi al miracolo. Non il miracolo che scende dal cielo. Ma quello che posso fare anch’io, nella mia mezzoretta di pratica quotidiana o in quello che viene dopo durante il giorno, nelle persone che incontro, nel lavoro che faccio. E insieme a me tanti altri. Non so voi: ma ho tanto bisogno di sentire cosa risponde la vostra coscienza alle notizie di nuove bombe che di continuo ci vengono a stanare dentro le nostre comode vite.
Bisogna riconoscere che a compiere il disegno di Dio non sono gli avanzamenti mondani,ma il martirio(Col.1-24;Ap.6-9).Una parola difficile,che dopo tanti secoli i cristiani hanno avuto bisogno di riudire da Nietzsche:”il primato del patire sull agire”.Viviamo una storia post Christum che rivela sempre più la sua radicale insufficienza.
Caro Massimo,
come prima cosa grazie perché esprimi molto bene le oscillazioni e i pensieri che percorrono anche me.
Ho già da una settimana (i venti di guerra erano evidentemente già nell’aria) preparato il post per giovedì prossimo che parla di come stavo quando scoppiò la guerra in Iraq nel 2003. Molte di quelle considerazioni valgono per me anche in questa occasione.
Personalmente non sento, mentre cerco di pregare o di correggere le mie distorsioni, di operare soltanto per me stessa, in una sterile ed autoreferenziale chiusura. A me pare, forse sbaglierò, che solo così posso dopo agire nel mondo, a scuola, in famiglia, con gli amici e i conoscenti, con più serenità e consapevolezza.
Quale, altrimenti, l’alternativa?
Mi trova infatti d’accordo la conclusione del tuo post:
“Leggo le parole di padre Turoldo, che ha il coraggio e la passione di affidarsi al miracolo. Non il miracolo che scende dal cielo. Ma quello che posso fare anch’io, nella mia mezzoretta di pratica quotidiana o in quello che viene dopo durante il giorno, nelle persone che incontro, nel lavoro che faccio.”
Un abbraccio di speranza di Pace
Filomena
Caro Massimo,
hai ragione: è mostruoso questo lento scivolare dell’Europa in azioni di guerra che fino a solo 20 anni fa sarebbero state impensabili o comunque avrebbero suscitato discussioni molto più accese sulla legittimità dell’intervento, insieme alle parole di una voce profetica come quella di Turoldo.
Eppure credo che nel vorticoso processo di globalizzazione, in cui diventa sempre più impossibile sottrarsi al coinvolgimento nei drammi e nei conflitti che sconvolgono l’umanità, dobbiamo confidare che in questi 5000 anni di storia qualche progresso c’è stato.
L’uomo inedito, non più bellico, è comunque inscritto nelle nostre coscienze e la sua crescita procede inesorabile sul pianeta, nonostante le apparenze.
Come si fa a mantenere la rotta del proprio cammino interiore mentre infuria la tempesta? Chi resta saldo difronte a scelte drammatiche e a situazioni che non ci piacciono ma che ci appellano ad una responsabilità?
Credo che dovremmo allenarci alla vita semplice e al pensiero elevato: non nella torre d’avorio, ma neppure nel “guscio di dilettanti della mistica”.
Per non cedere con troppa facilità alla continua tentazione della sfiducia (posto che le notti oscure esistono anche per i santi!), possiamo accrescere la nostra vigilanza, mantenendo leggeri i nostri cuori, affinché “non si appesantiscano in affanni”. Senza smettere di interpretare con realismo i segni dei tempi, dobbiamo continuare a nutrire il desiderio di cambiare la nostra vita, certi che comunque la “liberazione è vicina” (Lc 21,25-28,34-36). Forse questo potrà favorire il miracolo che auspicava Padre Turoldo.
Passare dallo sguardo triste e impaurito della nostra coscienza ordinaria, attraverso la purificazione delle nostre immagini illusorie da parte dell’io che si converte, fino a contattare in ogni situazione l’immortale realtà dello Spirito che respira in noi.
Paramahansa Yogananda, il grande maestro orientale, ci invita così: “Parlate con Dio, ogni notte comunicate con Lui, pregateLo sinceramente. Dite: Signore, io so che tu sei qui. Devi parlarmi! Esci dalla grotta del silenzio”.
Un abbraccio
Paola
Caro Massimo,
io non so se fare una meditazione che trasformi un pochino il mio ego, o che implori la pace, possa o meno sortire un qualche effetto positivo nel cosmo .
Lo spero, ma non lo so!.
Però di una cosa sono certa che la guerra produce morte, e la morte è L’ESALTAZIONE DELL’ IMPOTENZA UMANA.
Personalmente possiamo continuare a convertire noi stessi, cercando di addolcire le nostre anime per essere al meglio possibile operatori di pace nell’ambito in cui ci troviamo a vivere.
Come cittadini, facenti parti di una nazione, non so che dire.
Quale schieramento è pacifico? quale schieramento in Italia, ma nell’occidente tutto (ed anche altrove nel mondo) salirebbe al governo proponendo la pace, al posto dell’energia ricavata dal petrolio e dal metano, unitamente alla recessione?
Quanto siamo disposti a rinunciare in nome della pace?… rinunceremmo al computer?
E servirebbe poi, a produrre la pace?
Permanere in questo doloroso dilemma, lavorando umilmente alla nostra trasformazione personale io lo considero un inizio; nonostante non basti certo a fermare le guerre nè, forse, ad essere solidali in casa nostra, con gli abitanti di Lampedusa.
Ti abbraccio con affetto.
Rosella
Caro Massimo, grazie per questo post che mi riporta indietro di 20 anni.
Ricordo la mia angoscia nel veder sganciare le bombe in diretta tv durante la 1° guerra del Golfo.
Ricordo la rabbia, il senso di impotenza nell’essere,come italiana, coinvolta in una guerra che mi sembrava assolutamente pretestuosa.
Ricordo la mia incredulità nel vedere La Repubblica (il mio quotidiano preferito), e tutte le maggiori testate, concordi nel sostenere una ‘guerra santa’.
Da allora ho iniziato a nutrire una sana diffidenza verso la carta stampata asservita ad interessi di regime.
D’altronde si può essere liberi di servire la verità se non si è nella verità? si può operare il giusto discernimento se non si è nell’integrità?
Ricordo che all’epoca l’unico giornale schierato contro la guerra era l’Osservatore Romano, ed io lontana dalla Chiesa, con mia grande sorpresa, mi trovavo ad acquistare l’Osservatore per trovare risonanza a quello che il mio cuore sentiva.
Massimo, tu hai la possibilità di dare voce ai tanti che guardano con sgomento, impotenti, quanto sta accadendo; hai la possibilità di porre domande, di suscitare interrogativi, di aiutare a riflettere.
Credo tuttavia che ciascuno di noi possa fare qualcosa: possiamo ritirare le nostre bombe, i nostri missili.
Ricordo che, sempre all’epoca della 1° guerra del Golfo, ho avuto la netta consapevolezza che quelle bombe mi facevano tanto male perchè erano anche le mie.
Ricordo di essere andata dal mio paroco(don Giovanni che adesso sta in paradiso)e gli ho detto che volevo dare il mio piccolo contributo alla pace ritirando le mie bombe: i miei giudizi su di lui, le cose negative che avevo pensato di lui senza dirgliele; e l’incontro si è concluso con un grande abbraccio che ha liquefatto tutte le bombe.
Ho capito che io non sono estranea a quello che accade, che il mio peccato è causa di disordine nel mondo, che quando giudico o nutro rancore preparo una bomba che un altro sgancerà.
Non mi resta che supplicare: Togli, Signore, il mio peccato dal mondo!
Ti abbraccio. giovanna
Carissimi
grazie per le osservazioni davvero molto stimolanti e di grande conforto in queste ore di smarrimento. Spero di potervi rispondere con calma nei prossimi giorni. Intanto vi allego la riflessione che Michele Serra fa oggi su Repubblica. Mi sembra molto consonante col tema di oggi:
—
Ad ogni nuova guerra aumenta il tasso di difficoltà nel giudi- carla, e addirittura nel capirla. Leggo le analisi di interventi- sti e neutralisti e mi sembrano tutte condivisibili. Ancora più condivisibiliquelledeidubbiosi.Hoquasiinvidiapergliavianimosi che sbraitavano “dagli al nemico!”, come pure per i pacifisti con bongos e spinelli che facevano l’amore e non la guerra anche per- ché quella guerra – il Vietnam – fu tra le più presuntuose e inutili.
E dunque? E dunque siamo qui aspettiamo – credo in parecchi – che qualche Buona Causa, voglio dire abbastanza limpida da non farsi intorbidire dalle solite speculazioni sul mercato degli idrocar- buri, ci aiuti a giudicare le guerre e le paci alla luce di convinzioni un po’ meno relative. Le cosiddette potenze occidentali, come som- ministratrici di Valori, non sono abbastanza convincenti. Pesano sulle loro spalle almeno un paio di avventure maldestre (l’Iraq, l’Af- ghanistan) che hanno potenziato l’odio islamista piuttosto che di- sinnescarlo. Quanto a Gheddafi, non è che puoi riceverlo a Roma come se fosse la reincarnazione di Cleopatra e poi, qualche mese dopo, cercare di centrare con un missile il suo abbaino. Mi sento in- deciso a tutto, ma con un alibi di ferro: sono in folta e illustre com- pagnia.
Anch’io sono scomvolta per la nuovo conflitto e mi sento impotente, tranne che nello spegnimento dei ” venti di guerra” dentro di me e nel mio ambiente. Trovo illuminante la lettera di Mons. G. Giudici, vescovo di Pavia e presidente di Pax Cristi,. Vi mando il collegamento:
http://www.ilmondodiannibale.it/odissea-della-politica/
Mariapia
Caro Massimo,
ti ringrazio moltissimo di questo post, che ci scuote in queste ore davvero tristi per le sorti complessive del pianeta, dal giappone alla libia.
In particolare, mi ha molto incuriosito la presa di posizione del Card. Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, della CEI, che due giorni fa ha dato la sua approvazione – e immagino quello della chiesa italiana, che rappresenta – alla operazione militare occidentale, con queste parole: “Se qualcuno aggredisce mia mamma che è in carrozzella io ho il dovere di intervenire.”
Abbiamo dunque, verrebbe da dire finalmente, un criterio enunciato che ci indica quando è che un cattolico si sente autorizzato all’azione, cioè ad intervenire.
Si ha infatti spesso l’impressione, osservando e leggendo le prese di posizione dei vertici ecclesiastici e di diversi ‘pensatori’ intorno alla chiesa, che per un cattolico questo diritto ad intervenire – anche pesantemente – in realtà non esista mai, e che un cattolico, per definizione, debba essere ‘uno che assiste’ alle ingiustizie del mondo, limitandosi a fare il suo nel privato, nella parrocchia, e a pregare ovviamente.
Qui invece scopriamo che, di fronte a ‘certe’ ingiustizie – ‘qualcuno aggredisce mia madre in carrozzella’ – io ho non solo il diritto, dice Bagnasco, ma anche il dovere di intervenire.
Ecco, ma a questo punto uno si chiede: quali sono i termini che – nel privato e nel pubblico – configurano l’aggressione di mia madre in carrozzella, cioè presumibilmente una grave ingiustizia ??
E che tipo di risposta dovrò dare io, cattolico ? Basterà la non violenza, il porgere l’altra guancia, oppure – come in questo caso – non saranno invece ‘necessarie’, ‘doverose’ e in un certo senso perfino ‘benedette’ le bombe degli incursori aerei ??
(lo stesso discorso, ovviamente, vale per le diverse guerre ‘giuste’ del passato. Era giusto bombardare a tappeto la germania per fermare Hitler ? Era cattolicamante giusto ‘intervenire’?)
Belle domande e difficilissime risposte.
Ma, io penso che ogni guerra è sbagliata.
Però se l’aggressore aggredisce mio figlio,
io non porgerò l’altra guancia.
Lo so, sono bellico dentro.
E’ vero, Etty Hillesum ci ha insegnato a pregare
per i nostri torturatori, a compatirli.
Ma io so che reagirei duramente.
Mi conosco.
Dunque, io, no.
Grazie per l’ottimo motivo di riflessione.
Marco F.
“La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”(Carl Von Clausewitz).Bisogna essere realisti Cristo ci dà la sua pace,ma non come il mondo la dà.
La guerra ,è un’ occasione per far smettere sempre di piu’ al nostro Ego di raccontarci frottole.
Ci appare chiaro che è un delirio ,si decide di fare una guerra il sabato pomeriggio alle sei ,si parla di guerre umanitarie ,etc, etc,ppoi uttti litigano fra di loro .Mi sembrano tutti completamente matti !! Non mi interessa l’analisi politica ,non ho i mezzi e le conoscenze per farlo .La guerra esterna ci pone di fronte all’urgenza della ricerca del Regno e della pace .Sono tempi veramente estremi .Grazie Massimo per aver pubblicato lo splendido scritto di Padre Turoldo,la Conversione è l’Atto supremo dell’Uomo .Sono un idiota o una pazza se penso che l’unica risposta che posso dare è impegnarmi sempre di piu’ nell’Ascolto, nella ricerca del Regno e della sua Presenza dentro di me .Credo che la pace sia un energia e che ogni volta che la sperimentiamo nel Cuore in qualche maniera,che oggi non so ancora misurare ,si espande nel mondo che mi circonda Sono questi i miracoli?
Si Massimo, tutto quello che dici nelle tue riflessioni, lo penso anch’io, e infatti, invece di esporre la bandiera dell’Italia, come ha fatto tutto il mio condominio, per festeggiare i 150 anni dell’unità e, oltre che cercare di cambiare anch’io diventando “una portatrice di pace”, ho messo un piccolo segno al mio balcone ” La bandiera della PACE!
Carissimo, alla tua domanda mi viene da rispondere che noi tentiamo di darci pace SEMPRE in una situazione di guerra: la guerra è la condizione costante di questo mondo.
A volte questa guerra può diventare più evidente, e cioè più vicina ai nostri corpi, mentre a volte sembra più velata, mentre forse è scatenata proprio dentro di noi.
La guerra è come la morte: è sempre presente.
E la campana suona sempre anche per me.
Il cristiano perciò porta la pace dentro un mondo perennemente in guerra, testimonia il Regno della pace dentro una realtà, il cui Principe è il signore dell’odio e della divisione.
Il cristiano, diceva Bonhoeffer, vive SEMPRE tra nemici, che in fondo lo vogliono fare fuori.
Questo mondo sta finendo tra guerre mondiali e catastrofi psichiche.
E procederà ancora così, fino alla fine: peggiorando e migliorando NELLO STESSO TEMPO.
L’ego terminale, proprio terminando, scatena nel XX secolo le sue guerre mondiali, e nel XXI le sue guerre molecolari, come diceva Enzensberger.
E’ all’interno di questi scenari secolari che dobbiamo inserire anche i fenomeni contingenti, altrimenti rischiamo di non capire proprio niente.
Come la maggioranza dei commentatori “accreditati”.
La guerra di tutti contro tutti, e contro il tutto, la natura e Dio, è lo scenario apocalittico, entro il quale ci diamo pace, e viene il Regno.
Questa tensione richiede un impegno spirituale a tempo pieno, non certo una mezzoretta da “dilettanti”.
Dobbiamo costruire sulla roccia, se non vogliamo che la prima alluvione psichica o storica ci porti via come uno tsunami travolgente.
E costruire sulla roccia, come ci dice il Cristo, significa incarnare ciò che si ascolta, farne carne, contenuto mentale quotidiano, cancellando da noi ogni altra lingua mondana, ogni chiacchiera, ogni divagazione.
Nei nostri Gruppi insomma possediamo qualche chiave interpretativa di questi tempi un po’ più profonda dei pensierini di Serra…
Confortiamoci allora, carissimo Massimo, e intensifichiamo il nostro lavoro.
Un abbraccio. Marco
Carissimi, per chi volesse approfondire questi tempi, vi segnalo questo mio saggio sul mistero escatologico della pace, che OGGI diventa urgenza storico-planetaria:
http://www.marcoguzzi.it/index.php3?cat=nuove_visioni/visualizza.php&giorno=2005-05-04
Ciao. Marco
Quando penso alla guerra, se pur quest’ultima dettata (dicono) dall’esigenza di soccorrere un popolo oppresso in rivolta, non posso fare a meno di pensare ad un episodio d’infanzia raccontato da mia madre:
“durante un bombardamento mia madre, bambina, si accorge, mentre scendeva in cantina con la sorella più piccola (che teneva le orecchie tappate per non sentire il rumore delle bombe)che la madre non le stava seguendo e torna indietro; essendo afflitta da grave sordità, mia nonna stava continuando a cuocere le polpette, ignara dell’improvviso attacco!”.
Ecco io penso a quanti episodi del genere, a quanti piccoli che si tappano le orecchie con terrore, a quante famiglie spezzate….penso sempre e solo a questo, quando si parla di guerra!
Non so accade tutto troppo facilmente.
Un abbraccio di pace Gabriella
Sono arrivata qui dopo aver letto la pagina di Filomena ed aver ‘gustato’ sia i suoi pensieri che i suoi versi che aprono nel mio intimo tanti usci di condivisione e di grande sintonia.
Mi pare che tutti guardiamo disincantati gli eventi, consapevoli che il Male di sempre non può esser vinto che a partire da noi stessi.
Mi colpisce il motto “darsi pace”. In un primo momento, mi faceva riflettere che non posso darmi la pace da sola ma devo accoglierla dal Principe della Pace, l’Unico che può darla perché la crea e la porta continuamente… e tuttavia quell’essere interpellati in prima persona fa cogliere tutta la realtà della nostra responsabilità nel voler accogliere la Pace, che non trova posto né nel disordine né nella confusione di un cuore non semplificato, non scarnificato da un lungo paziente, a volte doloroso, lavoro di scavo e di trasformazione, che passa attraverso attenzione, preghiera, consapevolezza, decisione, azione (che può anche equivalere ad una rinuncia)…
E, così, spero di continuare a contribuire a “lavare
uno ad uno i granelli
di oro di odio”
Intanto, continuo a cercare nel mio intimo spazi di gioia di serenità di Bellezza di Speranza di attesa, squarci di luce nei nembi di dolore passato e presente che non è solo il mio e mi dico coraggio avanti, tutto è Vita. Dopo la sosta che mi fa uscire dal mio cantuccio, allarga l’orizzonte e pesca in profondità le ragioni e le energie per questo ‘esserci’ ancora, riprendo sulla spalla il mio fardello e continuo il cammino. Ognuno di voi, compagno di viaggio, mi ha dato qualcosa di sé ed io ho accolto con gratitudine e spero di non aver lasciato scorrere invano i miei pensieri…
1) Rispetto per i belligeranti ed i violenti in genere! (Siamo sicuri di capire quali insicurezze li hanno spinti a gesti distruttivi?)
2) Gratitudine, se abbiamo la “grazia” di risolvere i conflitti con un saggio compromesso
3) In forza di questa eventuale “grazia ricevuta” cercare di impegnarci come “terza parte” per favorire riconciliazioni.