Il 20 marzo 2003 scoppiava la guerra in Iraq. La cosiddetta seconda guerra del Golfo.
La televisione trasmetteva in diretta, minuto per minuto, gli eventi.
Quei primi colpi, lanciati da lontano, nel buio, potevano sembrare fuochi d’artificio.
Se non fosse che andavano a colpire case strade villaggi abitati da persone fatte di carne, sangue, cellule ed ossa.
E fatte ad immagine di Dio.
Ricordo i pensieri che si accavallavano, inquieti.
Ero sempre più esterrefatta di fronte all’insensatezza di voler combattere la violenza con la guerra. Né mi sfuggivano le motivazioni economiche che ogni guerra, fin dagli scontri tra pastori e agricoltori in età neolitica, porta con sé.
Tra le tante assurdità mi colpiva il fatto che si parlasse di ricostruzione ancora prima di aver distrutto: si trattava forse di castelli di sabbia?!
E l’ansia cresceva. Con il senso di frustrazione ed impotenza.
A cosa serviva mandare giù tutte quelle notizie, sempre più particolareggiate, divoranti, paralizzanti?
Arrivata all’impasse, ho capito che era inutile che mi lasciassi travolgere dalla disperazione; a chi serviva? a cosa giovava? Non rendevo così un ulteriore servigio al Male che già sembrava trionfare? Voleva vincere anche la mia anima?
Non che volessi chiudere gli occhi e far finta che non stesse accadendo nulla, ma accanto alla consapevolezza l’unico sollievo per me è stata la preghiera, una preghiera silenziosa che invocasse la pace.
Una preghiera che diventa poesia.
E ho scritto così
Et in terra Pax
una donna
tra dune lontane
di bianco velata
è china in assorta fatica
intenta a lavare
uno ad uno i granelli
di oro di odio
di sangue rappreso
di denso olio nero
macchiati
assiduo il travaglio dell’ anima forte
nel silenzio ci chiede preghiere d’Amore
e quando il deserto avrà rinnovato
scalza
cantando
se ne andrà per il mondo,
svelata
(2003)
Faticoso, estenuante il lavoro della e per la Pace in questo nostro mondo, ma necessario.
Lavoro che non può che cominciare da noi stessi. Come possiamo anche soltanto pensare di cambiare il mondo, di migliorarlo, se non plasmiamo prima di tutto noi stessi?
E’ proprio questo che nei nostri gruppi sperimentiamo.
Darsi la pace per portare la pace.
Continuando a riflettere, ho raggiunto la convinzione che non può esserci pace nel nostro cuore se non c’è l’umiltà.
Ho percepito l’umiltà come una qualità potente e sublime, che può frantumare gli strati di ghiaccio che tengono stretto in una morsa il nostro nucleo di umanità nuova che vuole erompere alla luce. Una qualità che richiede pazienza e compassione. Che certo non prescinde dalla maturazione della capacità di sacrificio e sopportazione della, inevitabile, sofferenza quando dovrò dire di no alle pretese di onnipotenza del mio ego.
Una qualità sublime come la Croce di Cristo.
Sotto la neve
germoglia la pace
vince la neve
potente prorompe alla luce
nel cuore
che ama i contorni
dell’umana sublime umiltà
(2003)
Un abbraccio di speranza
Filomena
Cara Filomena,
proprio ieri sera ho ascoltato in differita, la prima catechesi quresimale del nostro Arcivescovo:
“Il Buon Samaritano”.
Nel breve dialogo che ne è seguito aleggiava il disagio di non sapere proprio che pesci pigliare. Va bene il richiamo etico, ma ormai siamo ad un punto tale per cui “che la situazione mondiale sia sfuggita di mano AL PROGRESSO è sotto gli occhi di tutti.
Si può ancora parlare di progresso UMANO?.
Mentre stavamo andando a casa, una partecipante ha tentato di uscire dal proprio disagio; dal proprio sentirsi ancora una volta ricacciata nel buco dell’inadeguatezza, affermando quasi con disperazione: “Il buon Samaritano, non è andato a cercarselo l’uomo da soccorrere”, se l’è trovato lì davanti SUL CIGLIO DELLA STRADA e ha deciso sul momento checosa fare.
Quasi a voler ricondurre a qualcosa di tangibile, ad un gesto possibile e concreto, il quotidiano eroismo che ci viene ancora angosciosamente caricato sulle spalle da chiunque apra bocca.
Francamente anch’io non ho soluzioni, neppure personali se non quella di attrezzarmi a vivere come se dovessi morire da un momento all’altro… che poi è la normalità della condizione umana.
SI’ !
BENEDETTO SIA IL SIGNORE che ci dona LA SUA PACE interiormente, aiutandoci almeno ad accettare la morte nella consapevolezza di una Vita che è Eterna… se non ne fai esperienza neanche lo sai.
Questa volta non sto molto bene e si sente… gradirei meno chiacchiere giornalistiche e magari poter ascoltare una qualche UMILE VOCE, forse impotente come la mia, di chi lavora in politica.
E’ chiedere troppo lo so.
A fatica si condividono gli esercizi di autoconoscimento… figurati sbilanciarsi su argomenti come gli attuali in un Blog pubblico.
Ciò nonostante questo è ciò di cui sento la necessità, per il resto penso che chiuderò ancora una volta l’audio.
Sono veramente stanca di chiacchiere: “anche delle mie!”
Ciao
Rosella
Domani è il 25 marzo!
Giorno commemorativo dell’Evangelo della Pace recato dall’angelo a Maria. E in lei recato a tutti i figli di Adamo per ri-crearli.
Nell’Annunziata intravedo qualcosa della donna – di cui parli nei tuoi bellissimi versi –
“intenta a lavare
uno ad uno i granelli
di oro di odio
di sangue rappreso
di denso olio nero
macchiati”
… tanto non c’è ressa, ed io sono molto, molto arrabbiata!
“…e non mi sfuggivano le motivazioni economiche che ogni guerra, fin dagli scontri tra pastori e agricoltori in età neolitica, porta con sé”.
Spesso mi son chiesta come mai Dio avesse gradito L’ OFFERTA CRUENTA di Abele il pastore e non quella PACIFICA di Caino l’agricoltore…
Oggi finalmente mi è chiaro.
Abele offre a Dio la consapevolezza della morte “di essere nato per morire”.
Rimette a Dio l’Onnipotenza, il gradire la ferita che agonizza la vita e risorgerla.
Abele riconosce la natura che lo abita REALMENTE.
Inconsapevoli
d’avere ancora
pugni chiusi
a novantanni
come fossimo
neonati…
e li pestiamo lì
pretendiamo pane
nello sciopero della fame.
E’ nell’indice puntato,
LA COLPA
La Tua Signore!
“Padre perdona loro perchè
non sanno quello che fanno”
L’AMORE è libero e SI DONA SPONTANEAMENTE.
La solidarietà tra i popoli non può essere pretesa nè imposta, germina dall’amore che ogni uomo sperimenta in se stesso e che può o meno condurlo ad offrire la propria vita, condividendo i propri beni.
Nessuno è obbligato a morire al posto di un altro: però PUO’ FARLO: “se lo ritiene opportuno”.
Rosella
Non vorrei diventare una che si commenta da sola 😆 ma vorrei riportare qui un pensiero di Edith Stein, che ho appena trovato in Facebook,lo trovo splendido e adatto all’argomento del post
” Lo Spirito Santo opera un mutamento nelle reazioni naturali nell’anima della quale prende possesso. Attraverso di Lui vengono eliminate reazioni che hanno origine dalla ragione naturale: odio, desiderio di vendetta e altri simili.” ( Natura Persona mistica)
La storia
è una meretrice.
Gravida àncora. Ancora
forse
partorirà come Maria
la madre. Colei che trafigge
il cuore
della tenebra. E riluce
il Figlio della croce
nella greppia.
Cara Filomena,
grazie per questo post. Il tempo è certamente apocalittico. E cresce il rimpianto per quello che la vita umana potrebbe essere – una festa – e non è, a causa nostra.
F.
Grazie Filomena per essere tornata sul tema. Per quanto necessaria è la nostra dedizione a traslocare la mente nelle terre della pace interiore, aspirare a una pace del mondo, sentirne l’urgenza ora, è un’istanza che resta profondamente umana, veramente cristiana. Come il secondo polmone del nostro respiro spirituale.
Invidio Filomena questa capacità che hai (e come te Marco G. e Fabrizio e tanti di voi) ad esprimere i vostri pensieri, le vostre emozioni in versi.
Di fronte alla poesia io divento piccola e non mi rimane che ascoltare. Anche se non sempre ne afferro il significato sento che in quelle parole c’è tanto cuore.
A distanza di pochi anni come vedi le cose non sono cambiate, la poesia che hai scritto nel 2003 è quanto mai attuale e allora non ci rimane che…..”assiduo il travaglio dell’ anima forte nel silenzio ci chiede preghiere d’Amore”…..PREGARE. Un abbraccio Gabriella.
Carissimi, vi ringrazio per i vostri interventi, per i versi di Rossella, e per la vicinanza.
Concludo con un pensiero di Marco Guzzi che illumina la strada della pace
“Dobbiamo infine tenere ben presente che il Regno escatologico di Pace si dilata nel tempo finale consumando fino in fondo ogni separazione, ogni nostra bellicosità interna ed esterna, ma la sua piena manifestazione non avverrà su questo piano storico, per cui la pace resta comunque almeno in parte una profezia, e mai un raggiungimento definitivo su questa terra. E questa consapevolezza dovrebbe attenuare ogni fretta o illusione palingenetica sul piano intramondano. Ridare il giusto spessore escatologico cristiano, e quindi illuminare la corretta natura spirituale dell’emergente bisogno di pace, ci evita dunque sia il pericolo ideologico di un pacifismo senza conversione (l’abuso egoico delle promesse di Cristo), sia il pericolo di messianismi o attese di imminenti apocatastasi storiche, che hanno già rivelato il loro volto catastrofico di anticipazioni anti-cristiche del compimento delle promesse.”
Vi abbraccio
Filomena