Radioscena di Marco Guzzi
Un immaginario maestro Sawaki dà una lezione di silenzio ad un’altrettanto immaginaria, ma molto realistica, professoressa e ad un pubblico di occidentali.
Silenziare la mente inquieta è il primo passo di ogni serio cammino spirituale.
Anche nella pratica meditativa dei gruppi Darsi Pace si impara a spegnere il rumore prodotto dai pensieri, attraverso una serie di passaggi: dall’attenzione alla postura alla concentrazione sul respiro, dalla consapevolezza dei pensieri automatici all’osservazione sempre più equanime e distaccata dei moti interiori.
Lo stato di presenza progressivamente si dilata e una densa e assorta condizione di pace si espande a partire dal cuore.
Ogni piccola esperienza di realizzazione del vero silenzio è una sintesi corporea: il dualismo della condizione ordinaria fa spazio a livelli sempre più profondi di integrità; i problemi, che prima sembravano insolubili, trovano una risposta inedita; le contrapposizioni, che apparivano insanabili, si sciolgono come neve al sole.
Come insegna il maestro Sawaki alla povera, insopportabile professoressa occidentale, il silenzio non è il nulla di una chiusura egoistica, ma è la fonte della rivelazione: dona cioè il grande potere di pensare nella giustezza della via.
Solo nel vero silenzio possiamo discernere le parole che vengono dalle dimensioni dello Spirito da quelle che vengono dall’ego. Nello stato ordinario non ci è dato di comprendere questa differenza sottile e scivoliamo facilmente nella chiacchiera, che è disordine e vanità.
Come mai fatichiamo così tanto a deciderci per la gioia e per la pace vera? Cosa ci trattiene nello stagno inquinato del vecchio mondo? Tarpandoci le ali e privandoci di entusiasmanti avventure dello Spirito?
Possiamo sempre riprovare, magari iniziando a praticare con più fiducia il piccolo esercizio proposto dall’umile maestro venuto dall’Oriente….
Il silenzio è forse l’esercizio di digiuno più purificante in questo periodo liturgico..
Soltanto nel silenzio possiamo impegnarci a rispondere alle domande che il sacerdote ha proposto all’assemblea, durante la messa della domenica appena trascorsa, terza di Quaresima. Desidero condividerle con voi, anche perché sono consonanti col lavoro dei gruppo di “ Darsi pace”:
“ Il cammino di Quaresima è un pellegrinaggio alle sorgenti del nostro essere più profondo. Il tema di questa domenica è l’acqua, elemento essenziale alla vita. Gli Ebrei nel deserto furono accompagnati dalla Roccia che diventò un serbatoio per la sopravvivenza. Quale è la roccia su cui noi possiamo contare per sopravvivere? Abbiamo un pozzo dove attingere l’acqua necessaria al senso della vita? Più esattamente: ci procuriamo gli strumenti adeguati per attingere acqua per noi e acqua da condividere con gli altri? Quando partiamo per una avventura di vita, portiamo sempre con noi la “ roccia di riserva”? Oppure andiamo allo sbando?. Esaminiamoci, scendendo nel pozzo profondo della nostra coscienza, là dove Dio è presente e verifichiamo la qualità dell’acqua che contiene.” ( da Paolo Farinella, parroco a San Torpete, Genova)
Buon cammino a tutti verso la Pasqua, Mariapia
Scrive Susan Sontag:
“Non si tratta solo del fatto che le parole non siano all’altezza dei traguardi più elevati della coscienza; nè del fatto che in ultima analisi esse si frappongono come ostacolo al conseguimento di essi. L’arte esprime un doppio malcontento. Da una parte ci mancano le parole, e dall’altra ne abbiamo troppe. Ciò implica anche un duplice biasimo relativo al linguaggio. Le parole sono troppo rozze. le parole sono d’altra parte troppo attive – invitano a un’iperattività della coscienza che non solo è dannosa, in termini di umane capacità di sentimento e di azione, ma anche nels enso che realmente indebolisce la mente e intorpidisce i sensi. […] Mallarmè pensava che era compito del poeta, nell’usare le parole, quello di ripulire la nostra intasata realtà – attraverso la creazione del silenzio intorno alle cose. L’arte deve organizzare un attacco su larga scala al linguaggio stesso, per mezzo del linguaggio e dei suoi surrogati, all’insegna del silenzio.”
Grazie Fabrizio e grazie Enrico,
quest’ultima citazione mi accompagna nella riflessione circa la sperimentazione sul: “come DIALOGARE CON LO SCONOSCIUTO dell’altro?”, che io ho messo un poco da parte.
Nata da un’ intuizione che sento vera, ha le sue radici proprio nel silenzio da cui si accede ad un luogo che è altro dall’empatia un luogo in cui, quasi, la conoscenza è data.
Ciao
Rosella
Grazissime sempre.
Come è difficile liberarsi della non tanto immaginaria professoressa occidentale che ancora dopo tanti anni dal pensionamento alberga in me.Sto sinceramente male quando qualcuno ,anche a me sconosciuto, nel bel mezzo di un lungo eloquio ancora mi domanda: “lei è una professoressa?”
Mi risuonano allora le parole di un caro amico,il piccolo fratello del Vangelo ARTURO PAOLI che non si stanca di ricordarci che DIO parla a tutti ma che il guaio serio è l’ASCOLTO perchè il tempo di fare silenzio SISTEMATICA-MENTE,OGNI MATTINA(per lui è sempre prima dell’alba,come per i contadini)è cosi’ difficile trovarlo in questo nostro mondo pieno di rumori,di distrazioni e di offerte.
Uomo di cultura che ha vissuto per piu’di 40 anni in America latina,a 98 anni compiuti,nelle sue omelie e nei colloqui quotidiani con quanti lo vanno a cercare esercita il suo ASCOLTO PROFONDO che gli viene dal lungo dialogo quotidiano con l’AMICO.
Quando gli si chiede del suo segreto, risponde cosi’:”Quale dovere abbiamo quando un amico ci vuol parlare?Ascoltarlo,fare SILENZIO.
Che cosa ho fatto? Ho solo aperto il canale,mi sono sintonizzato e ho ascoltato.Nulla di piu’.Ascolto…Tutti potrebbero farlo…Certo bisogna saper fare delle rinunzie e farsi largo in mezzo alle offerte e al chiasso per essere in grado di cogliere quello che Lui ci dice…
Cosi’, all’alba di ogni giorno quando vedo il cielo che da nero ,impenetrabile, si trasforma in azzurro , mi pare che una grande coperta di tenerezza avvolga l’umanita’.”
Per quanto mi riguarda,anche se da un po’ di tempo coltivo uno spazio di silenzio quotidiano e a volte intravedo qualche incerto ,timido germoglio,sono consapevole di essere ancora lontana dall’essere libera della mia veste di professoressa occidentale e ancora piu’ sono consapevole che l’UNUM NECESSARIUM per non restare aborti e ri-nascere dall’alto,sapendo AMARE DAVVERO, è la FEDELTA’ AL SILENZIO.
Mi commuove un po’ riascoltare questa Radioscena che scrissi circa venti anni fa. Ricordo già allora il mio desiderio di una pratica costante, di un’esperienza fisica della trasformazione, che poco dopo portò ai nostri Gruppi.
Non c’è in realtà conflitto tra silenzio e parola, ma casomai tra silenzio e chiacchiera, o tra mutismo e parola.
Dobbiamo reimparare a parlare, questo mi pare il compito epocale, che poi è lo stesso riassunto nelle parole “Darsi pace”.
Parlare dalla pace, dallo stato di relazione e di ascolto.
Riorientare la nostra vita in modo che sempre più parole e quindi azioni, progetti, e relazioni, sgorghino da parole ascoltate nel silenzio, da parole ispirate dallo Spirito della nostra nuova umanità.
Lasciare cadere giorno dopo giorno e anno dopo anno tutto ciò che si è costruito su parole dette male, pronunciate negli stati della nostra alienzaione, del nostro monologo disperato.
Che compito straordinario!
Che straordinaria Rivoluzione, finalmente e per davvero permanente!
Marco
Grazie per le risonanze a questa lezione particolare.
A Mariapia: per aver sottolineato l’importanza di ricercare l’acqua vera, imparando a resistere alla sete di ciò che non disseta e alla fame di ciò che non nutre.
Ad Enrico, per le importanti parole della Sontag: siamo proprio tutti chiamati ormai a curare le nostre emozioni, e quindi i pensieri e le parole per poter sopravvivere all’intasata realtà che ci abita dentro e fuori.
Cara Rosella, hai ragione: solo nel silenzio posso trovare la “mia” SCONOSCIUTA, il “mio” SCONOSCIUTO, in grado di DIALOGARE CON LO SCONOSCIUTO dell’altro.
A Giuseppina: grazie per le citazioni del caro padre Arturo Paoli, maestro di vita e di spiritualità. Mi piace rinviare ad una sua testimonianza diretta in cui Arturo parla dell’ascolto dell’amico: http://www.youtube.com/watch?v=FF6frzG9ar8&feature=related
A Marco: per aver ricordato che silenzio e parola vera non sono in conflitto, ma possono, anzi devono necessariamente convivere nella nostra umanità nascente.
Un saluto a tutti i darsipacisti!
Paola Balestreri
Bellissima lezione! Commovente!
l’unico sentimento negativo che mi ha provocato è stato un moto di antipatia per la professoressa che avrei voluto volentieri SPEGNERE! 😆
grazie Paola, chiarificanti le tue parole
ti abbraccio
Filomena
La verità è che “l’insopportabile professoressa occidentale” vive dentro di me e non tanto fuori di me.
Mi faccio coraggio, comunque. Sento che non è sola a comandare: c’è anche il professor Suwaki dentro di me che vorrebbe dire la sua.
Il primo passo è avvertire la differenza di voci.
Poi decidere chi spegnere e chi ascoltare.
Caro Marco, fa bene ascoltare queste parole proprio in un tempo nel quale è del tutto evidente che l’azione non sa risolversi, non sa trovare un giusto orientamento, un senso di marcia che non sia ispirato soltanto da dottrinarismi e ideologie (pacifiste, guerrafondaie, di destra, di sinistra, poco importa). Penso alla situazione libica: le nostre povere idee, i nostri scampoli di terremotata ideologia dimostrano d’essere, di fronte alla complessità e al fluire della vita, quel che sono: espedienti, magari raffinati, ma pur sempre espedienti, schematismi astratti, spoglie morte se separate dalla “fucina delle idee” che è la grande purificazione del silenzio.
Mi convinco sempre di più che la nostra missione non è opporre l’intimismo all’attivismo, né l’interiorità all’esteriorità, né lo spirito alla materia. Tutt’altro. Ci sforziamo di sperimentare la verità: che l’uno è l’altro, l’Io è l’Altro, originariamente accordati nell’unità dello Spirito. E non è vero che l’occidente ignori questa Ragione: l’idealismo ottocentesco è stato un potente saggio anticipatore di questa verità esistenziale. L’oriente ha in più di averne fatto una pratica, e solo chi “pratichi” può capire fino in fondo cosa si intenda.
Il mutismo come la chiacchera sono il non-essere, così come il silenzio e la parola sono l’essere. Noi crediamo di essere, ma in realtà per il 99% siamo non essere. Vi ricordate il film Matrix? Mi ha sempre fatto impazzire il percorso di consapevolezza sia del protagonista che dello spettatore che gradualmente, ma alla fine repentinamente, scoprono il non essere del genere umano e la loro totale schiavitù nei confronti delle macchine, ovvero i nostri codici automatici di morte.
Grazie mille supergirl-Balestreri.