Carissime amiche e carissimi amici,
una delle cose su cui mi pare ci sia maggiore consenso oggi, almeno nel mondo occidentale, è che la pace possa essere costruita solo con mezzi di pace.
Credo che ormai una solida maggioranza dei popoli europei non ritenga più valida la massima latina: si vis pacem, para bellum.
E credo anche che ci sia una crescente consapevolezza che la pace nasca innanzitutto dal cuore dell’uomo.
Per un cristiano poi questa verità dovrebbe essere evidente.
Papa Benedetto la ha ribadita con forza nel suo primo libro su Gesù: “La discordia con Dio è il punto di partenza di tutti gli avvelenamenti dell’uomo; il suo superamento costituisce il presupposto fondamentale della pace nel mondo. Solo l’uomo riconciliato con Dio può essere riconciliato e in armonia anche con se stesso, e solo l’uomo riconciliato con Dio e con se stesso può portare la pace intorno a sé e in tutto il mondo.”
Ma anche in ambito laico, sulla scia degli insegnamenti di Gandhi o di Martin Luther King o di Nelson Mandela, sta penetrando la convinzione che la pace non sia solo la mèta di un cammino di autentica liberazione, ma anche il metodo da seguire passo dopo passo.
Tutto bene allora? Bè, direi proprio di no.
Il problema è che queste convinzioni vengono quasi immediatamente dimenticate e messe da parte subito dopo essere state proclamate con enfasi. Invece di diventare il fulcro dinamico e drammatico delle nostre giornate, l’interrogativo inquietante e costante: ma io sono per davvero riconciliato con me stesso? e quindi il fuoco vivo di una trasformazione radicale di tutti i metodi di formazione e di incontro tra le persone, questi principi vengono dati per scontati, e accantonati, continuando tranquillamente a bypassare proprio il punto cruciale della questione, e quindi proseguendo il più delle volte a rinforzare le proprie scissioni interiori, e di conseguenza a fare la guerra nei modi più sottili e variegati.
Così nelle parrocchie, ad esempio, o nelle congregazioni religiose o nelle associazioni cattoliche si dà per scontato che ciascuno sia “riconciliato con Dio e con se stesso”, come dice il Papa, senza verificare quasi mai lo stato reale del cuore delle persone, senza comprendere fino in fondo, né tantomeno favorire e accompagnare l’arduo cammino che questa riconciliazione richiede. Ci si dà subito da fare, invece, frenetica– e quindi spesso egoica-mente, ci si proietta subito fuori di sé, in progetti sociali o politici pur nobili e necessari, senza però chiedersi se questi cristiani così attivi siano per davvero incardinati in un cammino di autentica pacificazione interiore, o stiano invece agendo in modo compensatorio e forzato, sulla base di qualche antica ferita, o frustrazione, o rabbia, accumulando così dolore e sensi di colpa, e cioè aggravando proprio qualche grave conflitto con se stessi e quindi con Dio.
E questo provoca poi inevitabilmente la disaffezione di molti, la depressione di tanti ambienti cattolici, la repressione dei sentimenti, e la scarsa efficacia delle proposte.
In ambito laico poi si può arrivare a vedere direttamente pacifisti violenti, pacifisti amici di associazioni terroristiche, pacifisti che odiano con tutto il cuore i nemici di turno (d’altronde negli anni ’50 Stalin non era per molti militanti “pacifisti” il padre della pace?), e così via. L’odio poi, miscelato in salse varie, è molto presente perfino in tantissimi militanti cattolici, e tra cattolici di diverso orientamento.
E ciò avviene senza provocare alcun interrogativo o scandalo, e cioè in un’assurda e paradossale “buona coscienza”, come se si potesse estendere la pace, e cioè lo stato di unificazione spirituale del tutto, rimanendo in una condizione interiore di separazione e di guerra…
Gandhi o Cristo, insomma, assunti però a dosi omeopatiche, e solo quando ci fa comodo.
Per fare un solo esempio, non credo che alla platea quasi sicuramente in buona parte “pacifista” dell’Europride, che celebrava l’amore sotto l’egida sacerdotale di Lady Gaga, possa piacere molto l’idea gandhiana che ogni sessualità non finalizzata alla procreazione costituisca di per sé una violenza contro l’essere umano non meno grave della guerra, e quindi un attentato continuo alla costruzione di una autentica pace…..
Chi può stabilire d’altronde il contenuto e il livello di gravità di ciò che è violento, e quindi l’elenco di ciò di cui ci dobbiamo liberare, per incamminarci verso un mondo (interiore e globale) di pace? E’ più violenta, ad esempio, l’energia nucleare o l’aborto di massa? L’inquinamento atmosferico o la produzione e l’uso “scientifico” di embrioni umani? Il fondamentalismo aggressivo di Padre Livio o il nichilismo ateo di “Repubblica”? L’omofobia o la cristianofobia? L’insulto diretto o la chiacchiera buonista? Il grido o il silenzio omertoso? La corruzione dei politici o la pubblicità ossessiva dei programmi che combattono la corruzione? Il precariato giovanile o il sistema di consumi che rende possibile di dare 2 milioni di euro al conduttore che contesta il sistema, il quale richiede ovviamente proprio la precarizzazione del lavoro?
Dov’è la testa del serpe della violenza?
Dove, a quale profondità dobbiamo tagliare per estirpare l’infezione, invece di propagarla?
Ora è evidente che solo una persona profonda-mente radicata nel cammino della propria integrazione/pacificazione interiore può discernere con una certa precisione tutti i germi della violenza senza parzialità, e smascherare gli spiriti delle tenebre in tutte le loro molteplici e subdole configurazioni.
E così torniamo alla domanda di partenza: chi si occupa di curare questi processi di reale e graduale unificazione? Di metterli al centro di una nuova progettazione, anche politica ed economica, di umanità?
Dobbiamo perciò prendere molto più sul serio ciò che crediamo di credere, e che cioè soltanto un cuore in via di pacificazione possa costruire intorno a sé circoscrizioni di mondo più pacificate, chiedendoci innanzitutto se sappiamo con una qualche precisione che cosa significhi pacificare/unificare il nostro cuore, e quindi essere riconciliati con noi stessi e con Dio, e se siamo per davvero disposti a metterci su quel non facile cammino.
E questo implica di fatto un rinnovamento radicale degli itinerari iniziatici in ambito cristiano, e un rinnovamento altrettanto radicale dei cammini di formazione politica in ambito laico.
Oltre all’apertura di una nuova stagione di dibattito culturale proprio su questi temi ormai ineludibili e non più rinviabili.
Finché non si aprirà questo tempo nuovo, questa vera e propria rivoluzione culturale, continueremo a sfinirci in mille e mille rivoli mentali sempre più microscopici e inquinati, falsa-mente pacifisti e vera-mente egoici, bellici, e mortuari.
E’ in questo punto di urgente rinnovamento antropologico che nascono i Gruppi Darsi Pace, proprio per contribuire a realizzare una inedita correlazione tra liberazione interiore e liberazione/pacificazione del mondo, e cioè per tentare di rendere più reali i cammini di unificazione/pacificazione del cuore, affinché le azioni e i progetti che ne sgorghino siano realmente capaci di costruire la pace.
Grazie dell’ascolto e tanti affettuosi auguri di mettere sempre al centro della vita quotidiana la ricerca della pace, di quello stato di grazia che non lo dà il mondo, ma solo lo Spirito che il Cristo, Nuova Umanità in noi, respira nel nostro cuore, per renderci felici.
Marco Guzzi
Grazie Marco delle tue riflessioni “illuminanti ” e “lampanti”! Tutto ciò che dici mi trova daccordo, per questo frequento i gruppi, solo che forse non sono ancora riuscita a sanare la mia “ferita” che ogni tanto fa dello schifose “pustole infette” e mi fa essere quello che non vorrei, ci sto lavorando, a volte non dovrei chiamarmi neanche cristiana perché sono “bellicosa” mi arrabbio con gli altri invece di guardarmi dentro e cercare di essere io una portatrice di pace, hai perfettamente ragione quando dici che l’unico modo per sperimentare la vera felicità è sentire di essere tutti “uno solo”. Le volte in cui riesco a farlo, 😛 😛 😛
sperimento la vera gioia! Spero di riuscire a far continuare questi momenti sempre più a lungo. Un abbraccio.
Carissima Luciana, non ti meravigliare delle tue ricorrenti ricadute. La via purtroppo va avanti proprio così, per capitomboli, verrebbe quasi da dire.
Cadiamo per imparare a rialzarci, e perseverando in questa ginnastica apprendiamo la pazienza, l’umiltà, e la compassione.
Un abbraccio. Marco
Caro Marco perchè secondo te padre Livio è un fondamentalista aggressivo?Radio Maria è la seconda radio più ascoltata in Italia,trasmette 12 ore di cultura religiosa e 8 ore di preghiera,tiene compagnia ai camionisti,ai carcerati e dà conforto a chi giace in un letto di ospedale,certo padre Livio ne è il fondatore-direttore e ne dirige la conduzione,cosa che mi sembra fatta in sintonia con gli insegnamenti della Chiesa.
“… chiedendoci innanzitutto se sappiamo con una qualche precisione che cosa significhi pacificare/unificare il nostro cuore, e quindi … ”
Quel che capita a me è questo: ho trascorso un’ intera vita nell’indigenza, poi è accaduto “un incontro” all’interno del quale il mio cuore si è unificato ma non pacificato. Era come “sbranato da brame” per così dire “normali”.
Ecco sì! Proprio normali, ma da lasciare andare.
In fondo il mio lavoro è quello di LASCIARE ANDARE cercando di aderire al mio presente storico.
Per Realizzare me stessa non tocca fare altro che apprendere ad amare ogni persona o cosa, proprio così come mi si presenta.
Lo Spirito donato dal Risorto mi unifica ed io MI DO PACE.
La mia fatica è quella di accoglierlo “il suo Spirito d’amore” e d’incarnarlo, poichè, non sempre mi propone ciò che mi va a genio, per la verità quasi mai! dal mio punto di vista: Lui NON NE FA MAI UNA GIUSTA!
Un caro saluto a tutti e buona continuazione se siete in vacanza.
Rosella
Carissimo Michele, le mie erano domande molto varie che volevano solo mostrare la grande diversità di giudizi che si possono avere su ciò che è violento.
Anch’io apprezzo molti aspetti di Radio Maria, che ascolto con frequenza.
C’è però un elemento di unilateralità nell’interpretazione del tutto negativa che Padre Livio dà dell’intero ciclo moderno.
La Chiesa invece, e papa Benedetto in particolare, sottolinea la necessità di discernere con cura ciò che è cristico ed evolutivo nella modernità da ciò che è anticristico.
Ecco questo lavoro di discernimento non mi pare che venga fatto in modo corretto da Padre Livio, con conseguenze non indifferenti.
Ciao, e grazie.
Un abbraccio a Rosella…
Marco
Caro Marco,quando nomino darsi pace cercando di spiegare cosa sono i gruppi,molti mi guardano come a dire:darsi pace?io sono già in pace è la fuori che va tutto in rovina!
Quindi trovo difficoltà a comunicare la mia esperienza sin dal nome.
Nella chiesa sento la mancanza di un clima favorevole nel quale la prima cosa che venga chiesta alle persone sia:come stai?cosa ti succede?cosa ti grava sulle spalle?
Noi tutti siamo molto scoraggiati da ambienti che non accettano le persone per quello che sono, ma le ammette solo a determinate condizioni(di solito quando si è degni).
Il sentiero verso la pace Vera a cui tu ci conduci, ha a che fare con la domanda che Gesù fece all’indemoniato di Gerasa:come ti chiami?
E noi tutti prima o poi dovremmo rispondere:il nostro nome è legione!
Siamo abitati da spiriti che ci distraggono dall’ascolto della Vera Pace che in ognuno di noi parla e che è l’unica che ci ricentra.
Forse in questo mondo non c’è nessuno che non sia segretamente in ascolto di una Voce simile.
E’ come un ricordo di qualcosa di profondamente nascosto eppure in realtà sempre agognato.
con affetto,Davide
Carissimo Davide,
ciò che tu segnali è appunto la menzogna di questo mondo.
Le persone si incontrano come maschere difensive, e cioè nelle loro contraffazioni.
Perciò neghiamo la realtà delle nostre sofferenze, neghiamo la guerra che ci abita, neghiamo le ferite che sanguinano nei nostri cuori, e proiettiamo tutto fuori di noi: è il mondo che va male, è il governo, è la chiesa, o chi sa che…
Purtroppo anche nella pastorale ordinaria risulta sempre più difficile incontrare uomini e donne che ci aiutino a guardarci meglio dentro, che ci aiutino a destrutturare le nostre difese, e ad aprirci all’azione dello Spirito.
Anche negli ambienti ecclesiali spesso vige il più rigoroso mascheramento, con maschere magari morali o “spirituali”, ma comunque è raro percepire il respiro dolente e gioioso del cuore messo a nudo.
Credo che l’unica cosa saggia da fare sia lavorare su noi stessi, e creare piccoli Gruppi in cui collaborare all’opera immensa della nostra realizzazione, della nostra trans-formazione nella nuova umanità deificata di Cristo.
Restiamo perciò uniti nello Spirito della preghiera, nell’autoosservazione e nell’invocazione, nello studio di noi stessi e nell’implorazione per la nostra salvezza.
Un abbraccio. Marco
grazie a tutti per la bellezza e la profondita del tema e delle riflessioni
Ciao Luca, un abbraccio. Marco
ma che significa