Mi trovo spesso a ripartire dal fondo di un cuore scisso e disintegrato, da una negatività e da una disperazione senza vie d’uscita.
Attendo un soffio, un orientamento: io posso offrire solo il mio divario, una divaricata inconcludenza.
Questa esposizione sincera di ciò che c’è, questa offerta dolente, nasconde un anelito di integrità e trova ascolto.
Tu mi accogli e trasformi tutto il mio nero in luce.
Il pozzo nero
Col nero rimboccato fino agli occhi
Attendo lo zefiro, lo zelo
Tuo, perché da me
Da darti ho solo il mio divario:
La mia divaricata inconcludenza.
“Mi voglio confinare nel tuo nero
Pozzo, e farne combustibile
Per l’illuminazione”.
Marco Guzzi, Figure dell’ira e dell’indulgenza, 1997, p. 131
Foto Sara Deledda
Sì, tutto può venire trasformato, anche il nero delle nostre scissioni e inconcludenze: diventa addirittura luce! Cercherò di ricordarmene quando attraverserò momenti di sconfitta, di stasi, di depressione. La poesia mi piace molto. Meno l’immagine che per me è poco chiara. Chi è quel personaggio seduto? Un africano? Se sì, perché scegliere una persona nera di pelle per evocare il nero dell’anima? Grazie comunque e auguri di trasfigurazione! Mariapia
Grazie Marco!
Sandro.
Cara Mariapia, ho scelto io 3 anni fa la foto da collegare a questo testo. L’ho scelta tra alcune gentilmente regalatemi da una cara amica, quando non avevo ancora imparato a movimentare con più immagini i nostri video. Oggi probabilmente cercherei di abbinare ai versi delle foto più pertinenti.
E tuttavia non mi sento di rinnegare quella scelta. Un vecchio: sì, probabilmente, di colore, forse un vecchio saggio, forse un vagabondo, in una strana situazione. Un treno?, una fucina? e quella luce da fuori, mentre lui è voltato, come se un lampo lo richiamasse da dietro.
C’è un verso di un altro testo di Marco che dice “ho esplorato la mia africa più nera…”: non c’è giudizio, non c’è ‘razzismo’.
Tutto è dentro di noi nell’alchimia dell’anima: io sono quel vecchio, e la luce mi attraversa solo se mi riconosco in quel tutto.
Così almeno mi sembra.
Un abbraccio
Paola
toccare il fondo del nostro pozzo, arrivare alla radice del nostro dolore, vedere la nostra “divaricata inconcludenza” e “farne combustibile per l’illuminazione”..
posso, ogni giorno, mettere in azione la mia discesa nel pozzo nero attraverso la pratica degli esercizi di autoconoscimento e con la meditazione avviare il cammino di liberazione interiore..
“farne combustibile per l’illuminazione” un combustibile che solo l’Amore può trasformare in illuminazione.
un processo continuo, senza fondo e senza previsione di calcolo e risultato.
Carissima Paola, mi piace molto la tua affermazione: “Tutto è dentro di noi nell’alchimia dell’anima”.. quanto lavoro di scoperta possiamo attivare per raggiungere questa consapevolezza?
abbraccio. vanna
In questi giorni sono turbata dalla morte di una collega, Giovanna, 59 anni, moglie e madre di quattro figlie. Da dodici anni convivente con un tumore.
Ho partecipato nel pomeriggio al funerale, un mare di persone, di ogni età, che l’ha salutata in preghiera, in silenzio, con la musica di chitarra e di una banda.
Tra le parole dette, mi hanno colpito quelle del sacerdote: Giovanna ha finito di recitare la prima parte dell’ave Maria, ora tocca a noi continuare a recitare la seconda parte.
“Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori.
Riconoscermi peccatore ogni giorno, riconoscere le mie divaricazioni, scissioni, distorsioni e offrirle con umiltà a chi le accoglie benevolmente e le trasforma.
Penso a Giovanna nella Luce e prego perché la stessa Luce illumini le oscurità della mia carne e le trasformi in vita nuova.
Giuliana
L’attesa è questa ferita, aperta inconcludenza, dove resto.
Mi fai compagnia in questo silenzio, che scorre dolente. Anche tu attendi, attendi che mi faccia carbone per incendiarmi. Invecchiano lentamente le ferite. Troppo verdi non prendono fuoco.
Così attendiamo e ogni tanto incrociamo gli sguardi senza parlare. Attendiamo che sbocci Primavera in fiori nuovi…
Negli ultimi quattro anni ho lavorato sodo alla mia trasformazione, mi da senso e gusto farlo.
Spesso la mia fatica maggiore consiste nel “non fare nulla”: nell’immobilità assoluta.
Tutta tesa ad ascoltare la mia interiorità, sollecitata dalle relazioni che intrattengo con l’esterno.
Mi sono accorta che praticamente da sempre in me l’emozione si fa parola ( o sintomo), eppure mai mi sono percepita separata con un dentro ed un fuori.
Io ho sempre avuto un concetto unitario di me anche se non cosmico.
Ci tengo molto ad essere PROPRIO IO.
Oggi che sto decisamente meglio, anche se devo spesso rielaborare i miei disagi esistenziali, difficilmente precipito in fondo al pozzo. Poichè so, riconosco l’esperienza e ne ho memoria nella mia carne, che la trasformazione di me/in me è Reale ed accade .
Non vi è nulla da temere.
E’ come vivere, FARE L’ESPERIENZA DELLA CERTEZZA.
In un mondo di dubbi si integra, DILATANDOSI, una stabilità che illumina i tuoi giorni come fosse IL SORRISO nella vita.
Auguri a tutti
Rosella.
Sono sul fondo.
Finita nel mio pozzo
travolta lì. Tra il dire e il fare
la vita e l’uomo, così com’è
rosso di carnee bianco d’ossa.
Naturalmente amare
Amare ancora e senza condizioni!
Temo e me ne dolgo.
Strattono la catena.
lì appesa alla Sua corda.
Dischiude un guado nel marasma.
D’una breccia il dono gratuito.
Proprio così!
Perchè temo? ancora
nella gioia, nella pace d’un incontro
nella dolcezza? Non lo so
forse temo ciò che ignoro
Ecco, temo l’ignoro dell’ignoro.
Temo il possibile e l’impossibile!
Rendere ragione, non delle parole
ma del cuore. Di quei vuoti di senso
così precisi nel ricolmo.
Come se fossi secchio, trabocco
nel risalgo: vengo alla luce.
In un batter d’ali disseto
il brucio. Ristoro, conosco altro
Altro da Te, altro da me? Temo la Vita
ma la vo alfin cercando.
Già che ci sono.
e perchè no: “io mi fido di te.”
Altro non so! Altro non conosco
solo la gioia d’esistere in un Tu.
(2009)
Grazie a tutte/i per i commenti e per le belle risonanze alla poesia di Marco e alla mia breve presentazione.
In questo lento e caldo finire dell’estate, con il consueto triste bilancio di persone care che ci hanno lasciato (perché anche questo succede spesso in estate), sembra che il compito buono che abbiamo difronte è quello di raccogliere le energie per affidarci sempre di nuovo alla vita. Non soffermandoci poi troppo su quel “nero”, sulle nostre negatività, che pure il fondamentale lavoro di autoconoscimento ci mostra.
Il male infatti, come afferma giustamente Pavel Evdokimov, non deve essere oggetto di contemplazione: solo Dio, il sommo bene, la luce possono guidarci fuori dalle nostre paludi e, come dice il salmo, rendere raggianti i nostri volti.
Auguri!
La poesia di Marco continua a risuonare in me, parola vibrante, onda che dalla discesa mi trasporta all’ascesa..
un moto interiore che ossigena, libera,dona energia di vita nuova.
Mi ha sorpresa come la “parola” abbia contattato il mio cuore, fatta carne nella mia carne ha generato nuova Luce al mio cammino spirituale.
Grazie di cuore!vanna
Soffro un pò di claustrofobia e l’idea del pozzo mi mette ansia. Da piccola mi colpì un film intitolato “La bambina nel pozzo”, la storia di Vermicino mi ha fatto stare male per giorni.
Eppure mi rendo conto quanto sia appropriato tale termine per descrivere ciò che rimane sepolto in noi, nelle viscere, che rimane inascoltato, sepolto…ma ci avvelena l’esistenza.
L’ho raggiunto in questi anni con sofferenza e con fatica il mio pozzo nero, sono riuscita a rischiararlo con una fiammella, ma è già una conquista.
Gabriella