Io e il Tutto
Nell’intensivo, riservato ai partecipanti ai gruppi, che si tiene ogni anno alla fine di maggio a S. Marinella, abbiamo lavorato quest’anno sulla relazione che ciascuno di noi ha con il Tutto.
Che rapporto ho io con il Tutto?
Con il consueto metodo che integra tre livelli formativi (riflessioni teoriche, esercizi di autoconoscimento e pratica meditativa) Marco ci ha portati a prendere coscienza del tipo di relazione con il Tutto che abbiamo nella nostra ordinaria condizione di alienazione, e a sperimentare la diversa relazione con il Tutto che si realizza quando accediamo a stati di coscienza più unitari.
Nello stato alienato noi siamo separati dal Tutto, perduti in un mondo insensato, assurdo, ostile, pericoloso, ridotti a nulla, a cosa di natura; le relazioni sono sempre più difficili e alienanti, Dio è persecutore o assente.
Lasciando risuonare dentro di noi la domanda “Che rapporto ho io con il Tutto?”, e ascoltandola nella carne, ascoltando le emozioni che suscita dentro di noi, via via, attraverso la pratica meditativa, accediamo a stati dell’Io più unitari: sentiamo che l’Io si dilata, si apre al Tutto, ci sentiamo connessi al Tutto.
Se nello stato di separazione viviamo sentimenti di impotenza, smarrimento, disperazione, nello stato unitario viviamo sentimenti di pace e gioia.
Pubblichiamo di seguito la condivisione scritta dell’esercizio di autoconoscimento fatto la mattina del sabato, che ci ha inviato una dei partecipanti al corso: questa condivisione aiuta a capire nel concreto come si lavora nei gruppi.
Esercizio di autoconoscimento
1. Scegliete una situazione in cui avete vissuto un senso di disagio e descrivetela brevemente, contattando l’emozione vissuta.
Angoscia
Sto accudendo mio nipote, sto apprendendo ad essere nonna, e questo mi pone costantemente nella condizione di dover fare i conti con le mie emozioni e con le mie paure.
Sono praticamente costretta a mettermi in discussione ogni momento e rielaborare le mie relazioni familiari ORA, passato presente e futuro, tutto ADESSO.
Contemporaneamente con il bambino, sua madre e suo padre… . mio marito, il nonno di… non che padre di… e coniuge di… e con mia madre e mio padre etc. etc.
Tutta la costellazione familiare precipita apparentemente in un solo punto: la cura del bimbo.
La sua prima malattia
Negli ultimi dieci giorni mi sveglio verso le tre del mattino con una crisi d’angoscia molto violenta da cui non so lasciar emergere la parola che salva, che libera..
E’ solo terrore, un nodo che mi serra la gola e che soffoca.
“Terrore che il piccolo possa morire”.
Prima di partire per questo intensivo ho letto nel blog una risposta di Giuliana, nella quale diceva: “I bambini sono una centrale d’energia e stare al loro fianco mi sollecita a contattare la mia parte bambina.”
Rievocare questo terrore oggi mi è difficoltoso, poiché so che riguarda me e la mia storia. Sento che resisto, per cui il contatto è molto lieve, quasi solo poco più di una vibrazione, ma forse questo è proprio ciò che mi consente di ascoltare, di non fuggire terrorizzata, ricacciando tutto nel soma
ora sono in contatto con
questa angoscia
che è mia
della mia bambina interiore
2. Sintonizzandovi con lo stato d’animo della situazione completate la frase: Mi sento triste e disperato/a perché nessuno……
mi sento triste e disperata perchè nessuno mi salva ed io sono totalmente impotente, inerme
fatico molto a mantenere il contatto con la mia angoscia, come se il terrore di dissolvermi mi anestetizzasse
3. In sintonia con le emozioni che stiamo evocando e ci stiamo permettendo di sentire, proviamo a completare questa frase: Non c’è proprio niente da fare perché…….
non c’è proprio niente da fare, perchè io non posso proprio farcela da sola
percepisco solo l’aurea dell’orrore
4. Mantenendovi nell’emozione assumete una postura che la rappresenti ed ascoltate il pensiero che fiorisce in voi in questo stato.
Mi accartoccio per terra per “tenermi insieme”, per non dissolvermi, nel senso di disintegrarmi. Sale l’impotenza ed il respiro si fa corto, strozzato, ma poi più caldo e fluido e mi sciolgo nel desiderio di morte, nella sua pace.
5. Quando siamo nello stato di separazione stiamo fisicamente così. Questa separazione dell’Io dal Tutto interrompe l’energia vitale dell’amore.
Ora impariamo a lasciar andare tutto questo attraverso un esercizio, cantando le vocali ed osserviamo quello che ci accade. Inizieremo dal basso con la lettera U che risuona nella zona pelvica, poi la O che risuona nell’addome, la A nel torace, la E nella gola, ed infine la I nella testa, verso l’alto.
( Nota: Successivamente ho compreso che cominciavamo la risalita verso l’alto, che cercavamo di elevare l’io, di aiutare a far risalire il nostro spirito per condurlo nel Tutto).
Poiché era la prima volta che facevo l’esercizio, non avendo alcuna conoscenza teorica di vocalizzi e chakra, impegnata com’ero nell’esecuzione posso dire solo quanto segue:
alla lettera E che corrisponde alla gola, mi è pervenuta questa immagine: vagavo come l’ombra di un fantasma, in un bosco spettrale e paludoso.
Non ho detto né scritto la frase che mi era pervenuta e non la ricordo più.
6. Pratica meditativa guidata: Inspirando mi unifico, espirando mi estendo. Come mi sento quando mi unifico?
mi perviene un’immagine: il mio io è uno spirito celeste che danza felice e lieto nell’azzurro cielo. La parola che sgorga spontanea è: io esisto.
Proviamo a far risuonare e a completare questa frase: Se mi unifico e mi estendo mi sento più felice perché……
se mi unifico
e mi estendo
dilatandomi sono
felice
“esisto”
Fantastico!!!! Un esercizio sul sito complimenti è una bellissima idea !!!
… desidero riprendere queste parole di Stefano nel blog precedente, in cui precisa:
“Le difficoltà davanti a noi però sono molte e sempre presenti, per questo vorrei aggiungere a quanto detto, che il nostro personale cammino alla ricerca di Cristo NON deve mai diventare individuale.
Solo attraverso la continua relazione, nella condivisione dei momenti di gioia e di sconforto, il nostro cammino iniziatico condurrà verso la luce.”
in effetti la mia condivisione termina proprio nel punto in cui, l’incarnazione ha inizio.
Nel presente dei miei giorni ora sorrido più rilassata al piccolo e penso “caro son qui per te”, un po’ più integra, un po’ più libera..
Ringrazio l’amica che ha dato il permesso di pubblicare la sua condivisione.
Il lavoro che facciamo su noi stessi, condiviso, diventa pane per altri.
un abbraccio. giovanna
Grazie della condivisione!
anch’io ho fatto quell’esercizio e mi sono stupita della differenza tra i miei stati all’inizio e dopo … eppure non era la prima volta che affrontavo esercizi simili.
Ma questo, non so l’odore del mare, la prossimità delle vacanze,l’aria primaverile, ma soprattutto il lavorare insieme in vista dello stesso fine (trovare la serenità), ha avuto su di me un effetto veramente sanante.
Un saluto affettuoso
Filomena
Questo post mi richiama alla mente due qualità necessarie per il cammino di liberazione: l’umiltà e il coraggio.
Il coraggio di porre al centro della nostra vita la trasformazione, processo lento, graduale, faticoso, poco produttivo nel mondo in cui tutto deve essere produttivo in qualche modo.
L’umiltà del lavoro personale, l’umiltà di riconoscere quanto siamo impauriti, disperati, arrabbiati.
Ringrazio la Redazione che attraverso il suo costante lavoro mi indica la direzione e ringrazio la nonna che attraverso la condivisione dell’esercizio auto conoscitivo mi dice che funzioniamo davvero tutti nello stesso modo.
Un abbraccio.
Giuliana
Gianni ha detto “bella questa condivisione” e visto che è così raro che commenti qualcosa ho teso l’orecchio.
Sabato scorso, durante l’incontro di gruppo a Mozzo, abbiamo deciso COME RICOMINCIARE insieme, il lavoro nel nuovo anno; ed io sto riflettendo proprio sui vari aspetti della ricchezza di condividere con altri il lavoro interiore.
Vi è certamente quella riportato da Giovanna, ma in questo momento, il mio percorso ne focalizza un’altra.
Permanere, perseverando insieme agli altri, in un lavoro comune, ti consente di lavorare su te stessa in modo più proficuo e veloce.
Ricevi tanti di quegli imput nelle interazioni relazionali che: “hai voglia a lavorà…” come dice Guzzi.
Questo costruisce in me lentamente, la capacità ad una ACCOGLIENZA PRIORITARIA che poi mi è utile nelle relazioni quotidiane che intrattengo con persone che non effettuano lo stesso percorso di crescita.
Riconvertire continuamente e nuovamente lo sguardo su me stessa, dicendomi: “se sento disagio, se ho un desiderio di fuga o una irritabilità diffusa IL PROBLEMA E’ MIO e non dell’altro” ma anche che: “LA RISORSA SONO IO!”.
Posso lavorare su me stessa per addivenire appunto ad una accoglienza proritaria dell’altro; e nel gruppo il processo si accelera NELL’UMILTA’ DELLA CONDIVISIONE appunto.
Ciao e Buon fine settimana a tutti
Rosella
Il Gruppo è effettivamente un microcosmo, nel Gruppo incontriamo, come in uno specchio, tutte le nostre problematiche.
Perciò “Darsi Pace” si struttura proprio in Gruppi.
Da soli possiamo fantasticare qualsiasi cosa su di noi o sugli altri, ma quando stiamo fisicamente e a lungo insieme ad altre persone, allora i vermi vengono tutti fuori, o, come diciamo, la gallina messa a bollire tira fuori il grasso e le impurità più segrete.
Il nostro è un lavoro da stagnari, non da brave persone.
Perciò funziona.
Noi non vogliamo edificare altri strati di ego, magari “spirituali”, ma dissolvere le nostre illusioni, liquidare il nostro egoismo, liquefare i nostri grassi mentali.
E questo è un duro lavoro. Glorioso.
Grazie all’amica-nonna che sa che le cose stanno così, e persevera nel lavoro, mettendosi a cuocere con tutte le scarpe…
Un abbraccio. Marco
“Il nostro è un lavoro da stagnari, NON DA BRAVE PERSONE”
caro Marco
“questa consapevolezza mi commuove sempre”.
Si apre in me una voragine di dolcezza infinita, che evidentemente mi appartiene, anche se raramente la sperimento così, come gioia e riconoscenza.
Quando ho detto sì a questo lavoro iniziatico d’integrazione , ciò che ho sempre rivendicato era la mia peculiarietà.
Non m’ importava affatto di non essere giusta, anzi “guai a chi mi volesse” ancora una volta nella vita: adeguata, perfetta e “santa subito”, chiunque fosse.
Posso offrire alla relazione solo ciò che sono e riconoscere in seguito, spesso stupita e grata, la trasformazione in atto: nel divenire CIO’ CHE SONO.
E questo MI COMMUOVE sempre…
ciao
Ciò che ho trovato interessante nel lavoro proposto da Marco non è stato solo il metodo integrato, ma anche la condivisione in gruppo.
Vivo il gruppo di Mozzo e quello di Roma come un dono che la Vita mi offre, il luogo in cui imparo a guardare me stessa e gli altri dal mio laboratorio interiore e questo non è facile, né indolore, ma è necessario se voglio essere vera-mente me stessa nel Tutto.
Quando nel gruppo ho la possibilità di vivere momenti come a santa Marinella e a Mozzo, anche in me si apre quanto dice Rosella “una voragine di infinita dolcezza” e mi convinco che prendermi cura del nascente insieme agli altri non è illusione, illusione è continuare a credere che posso stare bene in ciò che è finito e quindi deve morire.
Buona domenica.
Giuliana
Grazie per tutte queste parole profonde e al contempo gioiose, che nutrono il desiderio di perseverare sulla via!