Ci sono giorni, o momenti, o periodi, in cui tutto sembra perso, dove tutto è dolore e soffocamento, strettoia e chiusura.
Ed in quei giorni la ferita che ci ha colpito è più sensibile: se appena la sfiori, risenti tutta la sofferenza che l’ha prodotta, e tutti quanti gli sforzi fatti per addolcirla e comprenderla ed accoglierla appaiono vani.
Ma il dolore bisogna attraversarlo, non ci si può fermare sulla soglia come spettatori. Anche se il dolore a volte è mortale.
Così ho tentato di esprimere quello stato di disperata dolorosa impotenza
Il passaggio (I)
c’è un luogo
di sale
ove tutto
strapiomba
dentro un gorgo abissale
come una piaga, nel plesso
nè puoi fermarti
alla soglia, attraversa
la cortina di male
e d’estremo veleno
come
funere mersit acerbo
Ecco, qui siamo vuoti di noi stessi, di ciò che ci illudiamo di essere o di fare da soli.
Ma la nostra anima non si dà per vinta e continua a sussurrarci che una strada esiste, una via nuova e originaria: la Via, la Verità, la Vita. Quella vera.
Aldilà dello strazio carnale della nostra ferita c’è un luogo di accoglienza, di perdono, di pace: luogo più reale della realtà cui siamo abituati, luogo di sollievo e di luce paterna e materna. Luogo che tocchiamo quando, nella meditazione e nella preghiera, riusciamo a deporre tutti i disturbi della vita quotidiana e ci abbandoniamo fiduciosi nell’abbraccio che ci salva e ci dà la nuova vita
Il passaggio (II)
aldilà c’è una plaga
ridente inattesa
circonfusa d’incenso
dove tutto rinasce dal Verbo
la tua anima
verde
riposa
hai deposto
ogni scoria abissale
hai scordato ogni male
hai passato
il passaggio
verso un nuovo
Natale
Che sia così anche nell’ora della nostra morte?
Vi abbraccio con affetto
Filomena
Questo “Luogo” di cui tu parli, Nuccia, è presente realmente anche dentro di noi. Quando si manifesta, lo percepiamo distintamente. Quando ne siamo lontani, per essercene allontanati, ne avvertiamo distintamente la nostalgia. Insomma c’è, esiste, tant’è che trovo sia estremamente vero che quel “Luogo” definisca la vita, sia cioè l’habitat di chi siamo e di ciò che facciamo. In altre parole, la vita so vive più dentro che fuori di noi, e noi travasiamo la nostra realtà interiore sulla realtà esterna, creandola, modificandola in meglio o in peggio.Direi quindi che quel “Luogo” è proiezione o propaggine di quel “Luogo” che rifulge della Luce del Cristo, dove la tenebra, in tutte le sue declinazioni, non ha residenza, perché in Dio non vi è tenebra. Il Cristo non morì, emise lo spirito. Quindi per chi ha fede la morte non esiste, è solo una “espirazione”, la consegna dello spirito nelle mani del Padre. Questa è la mia, la nostra speranza. Un abbraccio…Salvatore
Cara Filomena.
E’ proprio come tu lo descrivi. L’abisso sembra risucchiare ogni cosa. E’ come il Maelstrom di Poe. Un gorgo nero dal quale sembra impossibile fuori-uscire.
Eppure, quando si placa il vento gelido dell’uragano spunta quel raggio inaspettato, quella traccia visibile, quell’ “anima verde”, come magnificamente scrivi. Che sembra aspettare proprio noi. Che sembra avere la capacità di ogni cosa far ri-nascere. Che sembra dare un senso visibile nel mare scuro improvvisamente placatosi.
Ti abbraccio e ti auguro buon anno nuovo.
Fabrizio
Vedo il passaggio come un’intensificazione della nostra presenza che può fecondare e rendere più forte e fertile la vita.
Credo che in quel luogo che tu ben descrivi,noi impariamo a morire,a passare come un alito di vento,uniti nell’ultimo respiro in un cuore solo , un’anima sola. Un abbraccio. Rosanna
grazie Filomena.
Ti siamo vicini con affetto
rosella e gianni
Sento i tuoi versi risuonare anche in me, cara Filomena.
Mi ispirano tutti, in particolare l’approdo finale:
“hai passato
il passaggio
verso un nuovo
Natale”
(passato, passaggio, nuovo Natale: vedo il momento di un parto)
Grazie! Corrado
Carissima Filomena, grazie, grazie di cuore, per aver trasformato il tuo dolore in un dono così bello per noi!
Sento i tuoi versi risuonare fortemente dentro di me: aprono nuovi spazi, inesplorati, e mi lascio condurre all’esperienza del vero Natale.
Ti abbraccio con affetto! Buon anno! Giovanna
cara Filomena, il passaaggio del tuo dolore mi da sollievo perchè quando lo passo mi fa sentire in comunione con te e attenua la mia solitudine facendomi parte dell’universo.quindi buon passaggio e buon anno a te e a tutti voi . antonella.
Capisco e rispetto il dolore ma non riesco a togliermi dalla testa una domanda:
è davvero necessario sentire tanto dolore per arrivare ad un momento di beatitudine ?
insomma è davvero necessario arrivare tanto in profondità sentirsi risucchiare, trascinarsi nel dolore, stare male per capire che ci sono stati in cui si sta bene?
Per capire e apprezzarli al massimo?
Se fosse davvero cosi allora non dovremmo cercare il dolore più dello stare bene in quanto sara questa la porta per lo stare bene?
E’ possibile che il mio sia solo il pensiero di una inesperienza dovuta all’età ma credo che in fine si possa credere che anche il dolore sia uno stato di sollievo… un modo di scaricare una forte sensazione …noi/io spesso ci crogioliamo troppo in questo stato di dolore per pensare che questo non ci possa far piacere.
E’ una maschera perfetta, una maschera che fa avvicinare la gente che ci fa condividere
E’ una maschera troppo bella per lasciarla andare si parla troppo di dolore…e troppo poco di come essere se stessi… si dovrebbe abbandonare questa cultura del dolore come porta da attraversare per stare bene, secondo me, e concentrarsi più tosto sullo stare bene…. il dolore è cmq presente nella vita non vedo perché doverlo anche invitare ?!
Cari amici,
vi ringrazio, tutti e ciascuno, per i vostri contributi che mi arricchiscono e mi fanno avvertire vivo il vostro affetto e la vostra vicinanza. Grazie, di cuore.
In particolare, per cercare di rispondere a Stefano: forse ciò che ho scritto ti è sembrato un compiacimento dell’esperienza del dolore, quasi fine a sè stessa o strumentale per raggiungere la condivisione o la compassione altrui. Se è questo ciò che hai espresso (ma non so se ho compreso bene, il mezzo informatico non è sempre del tutto adeguato alla comprensione secondo me)direi che non è questo è spirito che anima le mie parole. Il dolore non lo si invita, almeno nella mia esperienza: il dolore c’è, esiste, e viene da solo. Non è un caso, credo, che molti esercizi proposti da Marco nei nostri gruppi ci portino a scoprire la matrice del nostro personale dolore, la ferita d’origine.
Poi certo ognuno vive ed elabora personalmente, con i propri mezzi e la propria sensibilità la propria storia.
Lungi da me dunque ogni ‘cultura del dolore’ ma altrettanto presente è in me la consapevolezza dell’inevitabilità di alcuni dolori, di cui, naturalmente, faremmo tutti volentieri a meno. E’ meglio allora farne tesoro per vivere una vita meno piena di paure e di irrigidimenti.
Un affettuoso saluto a voi tutti
auguriamoci un anno buono, un anno nuovo
Filomena
errata corrige:
riga 8 ‘non è questo lo spirito’
L’Ufficio delle letture di oggi propone una omelia di Natale di san Leone Magno (sec. V), dove ci sono dei passaggi che, evocativi per tutti i cristiani, mi sembrano particolarmente significativi per chi lavora in DP. Li trascrivo:
“Per onorare la presente festa, che cosa possiamo trovare di più confacente, fra tutti i doni di Dio, se non la pace, quella pace, che fu annunziata la prima volta dal canto degli angeli alla nascita del Signore? La pace genera i figli di Dio, nutre l’amore, crea l’unione; essa è riposo dei beati, dimora dell’eternità. Suo proprio compito e suo beneficio particolare è di unire a Dio coloro che separa dal mondo del male.
Quelli dunque che non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono nati (cf. Gv 1,13), offrano al Padre i loro cuori di figli uniti nella pace”.
Cara Filomena,
grazie delle tue precise parole di chiarimento.
Non c’è dolorismo nel gruppi Darsi Pace e la fede che cerchiamo di nutrire è quella in un Dio che è venuto per guarire e sanare ogni ferita.
Nel lavoro psicologico dei gruppi scendere negli abissi del dolore, al fondo della ferita, si rivela spesso, a posteriori, come un dinamismo salvifico, perché talvolta tendiamo a rimuovere, a mascherare la nostra più profonda sofferenza, continuando ad utilizzare le vecchie strategie difensive sempre più fallimentari. Per questo il salmo 34 dice che “il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito, egli salva gli spiriti affranti”.
Dalla Sua vicinanza possiamo sperare di ricevere la gioia vera, una speranza che non delude, in quanto radicata nella verità e non nel nostro cuore spesso offuscato dalle illusioni.
Caro Stefano, hai ragione: dovremmo concentrarci sempre sullo stare bene…. il dolore è cmq presente nella vita non vedo perché doverlo anche invitare ?!
C’è solo da capire sempre meglio cos’è il bene.
Un abbraccio e tanti auguri di ogni bene!!!
Paola
caro Stefano,
anch’io ho nutrito spesso le tue perplessità, quando inizialmente affrontavo il lavoro dei gruppi “dp” lavorando su di me ( e di anni io ne ho tanti) ciò nonostante perseverando ho compreso alcune cose.
NOI RIEVOCHIAMO per trasformare quella parte della nostra anima che ancora non è felice (quindi quel presente in noi doloroso), quando poi , un poco più pacificati, ci relazioniamo all’esterno, allora sì che il sorriso E’ REALE.
Se leggi ad esempio l’ultimo libro di Marco, “Dodici parole per ricominciare”, in esso non vi è alcun compiacimento del dolore, si sente che le parole partono da un’area d’ INTEGRITA’.
Di fatto questo è l’atteggiamento colloquiale che io desidero apprendere esercitandomi all’interno di questo blog, ma necessita però che le persone si decidano ad agire le parole che risuonano anche in loro, oltre che a visitare il post leggendo quelle altrui… .
Grazie per il tuo intervento poichè in questo momento ci hai proprio “solleticato” a VIVERE.
In quanto al post di Filomena le parole poetiche che m’illuminano maggiormente sono :
…la tua anima
verde
riposa…
che unitamente all’immagine postata, mi evocano un insieme di sospiri lievi e fiduciosi, su ciglia colme di speranza e di pace; tra le braccia dell’AMORE INFINITO che mi fa sentire/ESSERE finalmente FELICE.
buona vita a tutti
Rosella
“Il dolore non lo si invita, almeno nella mia esperienza: il dolore c’è, esiste, e viene da solo”
Mi risuonano queste parole che toccano nel profondo e le sento anche mie. L’accettazione di ciò che subiamo nel presente è davvero una dura lotta ma è importante sapere che dal dolore si può ricominciare e rinascere e Marco in questo è il nostro maestro
L’ impotenza personale e l’imperituro…“Perché?” vengono leniti dal viaggio intrapreso assieme a Marco e a tutti voi .
Grazie, tanti cari e affettuosi auguri.
Fabio
Cara Filomena e cari compagni di viaggio,
auguro a tutti, un anno nuovo pieno di Vita, Speranza, Carità.
Vi abbraccio nella Pace.
Brunella
Questa mattina, davanti al mare spumeggiante e azzurro, parlando della ferita che accomuna ogni uomo, eravamo in sintonia con quanto scrivi, carissima Filomena.
Nessuno cerca il dolore, il dolore arriva e allora attraversarlo è l’unica possibilità per sperimentare che l’oltre non ci annienta, ma ci permette di rinascere più integri.
Questa è l’esperienza più viva e vera che l’uomo può fare: decidere di attraversare il dolore e andare oltre, un atto di libera scelta a cui è necessario unire un abbandono fiducioso allo Spirito che vive in noi.
Davanti all’infinità del mare ci siamo sentite “nel Tutto” e vicine a tutti voi, durante la meditazione vi abbiamo portato nel cuore.
Vi auguriamo e ci auguriamo che il nuovo anno risvegli e tenga sempre desto il nostro cuore!
un grande abbraccio da vanna e giuliana.
Carissimi ,in fondo mi ritrovo in tutto quello che dite.
Però ultimamente faccio esperienza quotidiana del fatto che il dolore non viene “solo” da solo,ma io lo vado a cercare.Vivo momenti in cui chiaramente percepisco in me una parte che ama il male e il dolore,una “potenza”distruttiva che mi spaventa.
Mi ritrovo quindi nelle parole di Filomena,e invoco l’aiuto dell’UNO che ci accomuna e di tutti voi.Buon inizio.
Davide
Carissimi, se il male non possedesse il suo fascino, saremmo già tutti santi e immacolati nell’eterna gioia di Dio.
Purtroppo invece il male possiede armi molto sottili.
Ad esempio, nel nostro lavoro noi scopriamo di esserci in fondo ben adattati alle nostre distorsioni difensive, ci piace stare nei nostri desideri compensatori, nei nostri isolamenti più o meno suicidari, ci sentiamo al sicuro, ci sentiamo “speciali”, e così via. Ci piace odiare, criticare, biasimare gli altri, ci fa sentire superiori e forti. Ci piace manipolare gli altri, asservirli ai nostri comodi, e così via.
Il grande lavoro consiste nello sfatare questo tipo di piacere, nel comprenderne bene tutta l’illusorietà, e nel deciderci ADESSO per la Vita vera, per il piacere positivo e reale, quello che gustiamo soltanto nella nostra integrità, in Dio, nel suo Respiro pieno di pace.
Purtroppo, come diceva Simone Weil, le nostre distorsioni sono diventate pezzi della nostra carne, e quindi liberarcene significa a volte strappare da noi pezzi della nostra carne marcita, o lasciare che ci vengano strappati.
Questo è il dolore buono, quello inevitabile, almeno su questa terra, quello connesso al processo stesso della guarigiobne.
Poi c’è una quantità immensa di dolore prodotto invece proprio dalle nostre distorsioni, dai nostri malintesi, dalle nostre forme difensive, dai nostri bisogni paranoici di ammirazione, successo, potere, etc.
Questi idoli vogliono il nostro sangue e noi lo diamo loro, abbagliati dalle loro luci artificiali. Così soffriamo da morire, letteralmente, e produciamo dolore immenso intorno a noi.
Speriamo che nel 2012 possa avanzare con forza il processo della nostra liberazione, e che lo Spirito ci guarisca fino in fondo, e cioè fino a fondere nel loro nulla tutte le scissioni,tutti i muri che ci separano da Dio, dalla vita, dagli altri, e da noi stessi.
Un abbraccio. Marco
Nell’augurare a tutti un buon anno, volevo rispondere al mio omonimo che nella nostra condizione umana viviamo nell’infinita contrapposizione tra elementi opposti. Vita, gioia, luce si compiono solo in presenza dei loro opposti Morte, dolore, buio, quindi Stefano, l’attraversamento del dolore è utile e necessario se usato come passaggio che porta oltre se stesso, verso la gioia. Ma se ci fermiamo troppo su di esso, condivido con te, c’è il rischio di farsi risucchiare da esso in un meccanismo autoreferenziale che è solo un altra maschera egoica.
Di nuovo tanti auguri a tutti voi.
“… nel nostro lavoro noi scopriamo di esserci in fondo ben adattati alle nostre distorsioni difensive …”
Sento particolarmente vere queste parole di Marco G. Personalmente, faccio molta fatica a distinguere tra il mio io egocentrato e il mio io in conversione e sento forte la tensione in me: la mortificazione, talvolta, è stata tanto profonda che io ho preso proprio la sua forma fino al punto di non riuscire più nemmeno a dire ciò che desidero veramente. Nella meditazione percepisco come se ci fosse una forza che mi tira verso l’interno, che alimenta le mie contrazioni, che irradia paura e mi fa dire “no, non ce la faccio ad aprirmi con più fiducia”.
Confido che la perseveranza, un giorno. porti i suoi (buoni) frutti.
iside
Quando non riusciamo a dire, a sapere più chi siamo, cosa vogliamo veramente, siamo in uno stato di non-integrità in cui le cose si confondono e ci confondono. Nel lavoro interiore, è necessario procedere abbandonando tutte le ‘teorie’, lasciandole andare nell’espiro, per ritrovare un po’ di sollievo, quella brezza leggera, quel tocco lieve che ci libera dalle nostre prigionie.
Possiamo lasciare andare la mortificazione, e dare alla nostra bambina ferita tutto l’amore, l’accudimento, la serenità alla quale ha diritto.
Cara Iside, sei una persona speciale e certamente i frutti della tua ricerca profonda e della tua sensibilità non tarderanno. Ti abbraccio e ti auguro ogni bene! Paola
“Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate…” (Gioele 2,12)
Non temere, ritorna!
Rifioriscono le tombe e il ponte
che se trattiene è punto di morte.
Ascolta, scegli forse di respirare?
Soffi tu sulle parole?
Il cuore, non la veste:
il tuo vuoto è la tua legna.
Credo se posso esprimere un parere sul dolore,che tutto è vita tutto è giustificabile in termini di vita,se questa viene davvero assunta nella sua realtà nuda, irrazionale,fuor da ogni “teologia”e”teleologia”.La compassione non rimuove nulla del male altrui,ma fa che esso conturbi il tuo animo.Come nel chirurgo,al luogo di pietà e compassione,l intervento che risolve.
Carissima Iside, in certi momenti del cammino credo che la bussola ce la possa donare un’accresciuta dose di dolcezza.
Proviamo a seguire la via della dolcezza, andiamo dove il cuore sente di addolcirsi, liquefarsi un po’, scongelarsi un po’, godere un po’…
Le nostre difese infatti sono sostanzialmente e fisicamente contrazioni, e cioè crampi.
Perciò producono tanto dolore.
Lo Spirito di Dio è invece straordinariamente rilassante, ammorbidisce infuocando, guarisce ammorbidendo, perché è dolce, dolcissimo ospite dell’anima, dolce sollievo, dolcezza infinita.
Proviamo a lasciarci sedurre un po’ di più da questa dolcezza, abbandonando ad ogni espiro, ad ogni battito del cuore le contrazioni dei nostri pensieri di morte.
Proviamo a volerci un po’ più bene, a lasciarci voler bene, a sentire che Dio vuole soltanto la nostra felicità: questa è l’unica sua volontà: che noi siamo felici come lui, eterni come lui, liberi come lui.
Che sia così quest’anno, per tutti noi.
Un abbraccio. Marco
iside ha espresso bene i sentimenti depressivi, le preoccupazioni, la frustrazione che invadono spesso anche la mia anima. Apprezzo nelcontempo e cerco di tesaurizzare le parole di Paola e di Marco. Auguriamoci che il nuovo anno ci porti tanta pazienza e dolcezza! Mariapia
Carissimi, vi ringrazio dei vostri pensieri, delle vostre considerazioni.
Veramente speriamo di riuscire a farci abbracciare e riempire sempre più dallo Spirito
Bellissime, caro Marco, le tue parole che mi ricordano, ci ricordano che
‘Lo Spirito di Dio è invece straordinariamente rilassante, ammorbidisce infuocando, guarisce ammorbidendo, perché è dolce, dolcissimo ospite dell’anima, dolce sollievo, dolcezza infinita.’
e poi
‘Proviamo a volerci un po’ più bene, a lasciarci voler bene, a sentire che Dio vuole soltanto la nostra felicità: questa è l’unica sua volontà: che noi siamo felici come lui, eterni come lui, liberi come lui.’
Spero in un Anno veramente Nuovo, veramente Buono
grazie a voi tutti
Filomena