Fiducia, fiducia e ancora fiducia.
Oggi c’è un disperato bisogno di fiducia.
Il tema è delicato quanto accattivante, soprattutto oggi che sembra avere una valenza esclusivamente economica (basata sulla domanda e l’offerta dell’anonimo mercato dei consumi) e finanziaria (diventata a partire dagli anni 90 un grande sistema di scommesse, i cui attori non sempre sono identificabili chiaramente).
Guidare, curare, insegnare, parlare, lavorare, pensare, .. significa dare e ricevere fiducia quindi fidarsi.
La fiducia ci permette di contenere paura, diffidenza, indifferenza,.. è un’attitudine interiore che ci rende consapevoli del fatto che abbiamo tutto ciò che ci serve per affrontare la vita. La fiducia è anche il terreno che, se ben coltivato, ci permette di affidarci ad un altro nei momenti belli, ma soprattutto più oscuri della nostra vita.
Oggi viviamo a chiappe strette (chi più, chi meno), anche perché quello che ci portiamo dentro è l’idea che fidarsi è una fregatura. Insomma viviamo un paradosso che ci ritroviamo quando pensiamo al politico di turno, alla moglie e ai figli. Questo paradosso è anche il nostro persistente rumore di fondo.
Come eliminare il paradosso o abbassare questo rumore? La fiducia nasce e cresce sul desiderio profondo di credere. Oggi mi sembra ci sia una sostanziale “allergia nel credere” e soprattutto credere in qualcosa di preciso che possiamo raccontare perché sperimentato e di cui conosciamo il processo. La regola sembra sia procrastinare il “decidere di credere”, vivendo una vita reattiva (causa-effetto) seguendo il solito nostro copione e aspettando che le scelte vengano fatte da altri.
Decidere è il primo passo perché possa accadere qualcosa, ma è anche un rito di iniziazione che ci traghetta ogni volta dalle nostre parti infantili a quelle adulte.
Quando decido di credere allora, e solo allora, rilancio sul piatto e imbocco una direzione precisa che poi è il senso che sto dando alla mia vita. A questo punto posso scrivere la mia dichiarazione di missione personale.
Vorrei poter leggere la missione personale del politico che si candida, dell’insegnante di mia figlia, del medico che mi cura, del mio capo! Una dichiarazione pubblica, come pubbliche sono le relazioni che trasformano. Se vogliamo finisca questo modo carbonaro e ambiguo di essere, dobbiamo dirlo prima a noi stessi e poi testimoniarlo con i fatti. Chi ha a che fare con i bambini sa che ci chiedono conto di quello che diciamo e facciamo. Vivono nel mondo delle nostre emozioni e non hanno bisogno di ascoltare le nostre “ambigue” parole (e infatti ci lamentiamo proprio di questo e spesso diciamo loro che non riescono a capire).
I fatti dolorosi che incontriamo nella vita sono tutti dei punti di iniziazione verso una più completa identità. Sono dei momenti che ci permettono di venire alla luce perchè chi viene alla luce illumina (vi rimando al bellissimo testo Attesa e inaspettata di Niccolo Fabi e alla sua versione musicale) . Ho incontrato persone così e questo mi ha sempre affascinato, rapito, perché rappresentano una risposta vera, concreta e incarnata di quello che voglio fare e diventare.
Sto scrivendo la mia missione e ho già chiesto a mia moglie di scrivere anche quella della nostra famiglia, insieme ai bimbi. Condividere i punti fermi perché possiamo modellarci per stare bene insieme e diventare più accoglienti. Mi sembra un’urgenza, viste le spinte che arrivano da fuori, ma soprattutto una bella avventura da proseguire nel tempo, un antidoto alle parole dette male. Voglio metterla in casa disponibile a chi entra in modo che possa leggerla e permettergli di dirci quanto ci stiamo avvicinando.
In questa mia condivisione non ho voluto inserire nulla riguardo l’oggetto del credere. Aggiungo una cosa sulla quale ho imparato a meditare durante questi anni di percorso di pacificazione che ha ispirato quanto detto in questo post: quello in cui crediamo (teologia) produce poi una visione dell’uomo (antropologia) e delle sue relazioni (sociologia) quindi decidere di credere non è cosa da poco.
Photo credit: Alessandro Pinna
Rimandare, rinviare è il carattere distintivo della mia vita.
“Ma proprio adesso” ero solito dire ai miei gentori, “Ma proprio ora”.
Ora non lo dico più ai miei genitori, lo dico direttamente a me stesso.
Segno gli impegni futuri, li annoto con cura, cerco di dare ordine alla mia vita.
Ma poi prendo in considerazione solo quegli impegni per cui sono costretto.
Una vita causa-effetto, come dici tu Domenico.
Una vita senza fiducia, una vita senz’anima.
Carissimo Domenico, mi piace molto quest’idea di una dichiarazione personale di missione, e anche l’accentare il ruolo della decisione.
Dobbiamo decidere in cosa credere, anche se decidiamo di credere nel Nulla, dovremmo essere consapevoli che stiamo decidendo di credere che nulla abbia un senso definitivo, e assumercene tutte le conseguenze logiche.
Questo è proprio il tempo delle decisioni, lo ripetiamo dall’inizio dei Gruppi Darsi pace: questo è proprio il tempo in cui le mezze misure non funzionano più.
Ed è giusto che se decidiamo di deciderci, proviamo anche a definire quali vogliamo che siano i nostri impegni, in quale direzione vogliamo impegnare le nostre energie, quale Missione insomma sentiamo di voler individuare e portare a termine dentro la nostra esistenza terrena.
Potrebbe essere un’ottima idea anche per riformare la politica, potremmo immaginare una nuova aggregazione politica fondata anche su questi chiari impegni personali…chi sa?
Un abbraccio. Marco
Carissiomo Domenico, anche a me piacerebbe riformulare il piano di offerta formativa dell’Istituto in cui lavoro partendo dalla dichiarazione di missione personale da parte delle persone che con ruoli diversi vi operano.
Sarebbe un modo per eliminare tante parole inutili e ripartire da piccoli, umili passi concreti, realmente visibili e verificabili.
Chissà che prima o poi accada.
Intanto grazie per la tua condivisione, è una flebo di fiducia .
Un abbraccio.
Giuliana
Un post molto ricco! Grazie Domenico.
Aggiungo due riflessioni che mi sono venute leggendo il tuo scritto.
La “dichiarazione di missione personale” non è qualcosa di statico ma di dinamico, ossia dev’essere ribadita, riespressa e approfondita cammin facendo perché – come si sa – tra il dire e il fare… c’è sempre uno scarto. L’esprimerla pubblicamente impegna certo di più, perché espone al riscontro pubblico. E inoltre, la decisione apre il cammino ad ulteriori decisioni…
Scrivi che “decidere è il primo passo perché possa accadere qualcosa, ma è anche un rito di iniziazione che ci traghetta ogni volta dalle nostre parti infantili a quelle adulte”. E’ vero. Penso tuttavia che occorra considerare non solo il fatto di prendere una decisione ma anche il contenuto di essa, ossia per chi-che cosa decido? Di fatto prendiamo anche “decisioni sbagliate” che, se per un verso – essendo decisioni – ci traghettano in un atteggiamento “adulto” (chi decide), dall’altro verso non ci aiutano a diventare davvero adulti. Soltanto le decisioni che favoriscono la realizzazione della nostra “missione” (ricevuta in dono e assecondata) intessono il rituale iniziatico che ci traghetta, ogni volta che decidiamo, dalle nostre parti infantili a quelle adulte.
Grazie ancora. Un abbraccio. Corrado
oggi è l’ 11 Febbraio e la chiesa celebra la festa del malato nella ricorrenza
della Madonna di Lourdes
Spesso i nostri corsi sono paragonati alla sala parto, OGGI a me pare di poter dire che essi sono qualcosa di più iniziale: una RIANIMAZIONE.
Finalmente il concetto anima PRENDE CORPO.
Mi pare di CONCEPIRE e quindi D’INIZIARMI … al parto.
Mamma mia quanto OSCURA è evidenza! e, quanto accecante è LUCE…
Il parto, è appunto LA PARTENZA nel quale siamo immessi nel transito terrestre.
Finalmenter anch’io so chi sono: Io sono L’ANIMA.
Il logos da cui procedo intessuta nell’amore anima, il mio ESSERE NEL CORPO, che se è pur vero che da un certo punto di vista, non esiste in quanto VIBRA l’energia del desiderio di pienezza in cui CONCEPITA CONCEPISCE, è altrettanto vero che vibrando all’unisono COSTITUISCE l’emozione dalla quale procede LA SOSTANZA/ IL VERBO nella mia parola.
Quanto avevo da corrispondere caro Domenico, ho corrisposto.
Questa E’ la sintesi della RELAZIONE complessiva in questi giorni miei, ORA:
passione, Giovanna, blog, intervento, baratro, bilico, stanchezza e finalmente FIDUCIA NELLA VITA e nel suo ristoro: LA GIOIA eterna NEL RIPOSO.
Ciao a tutti
Rosella.
Oggi la Chiesa ricorda la Beata Vergine di Lourdes.
Mi vien da pensare che apparendo alla piccola e povera Bernadette, Maria abbia ri-espresso la propria “dichiarazione di missione permanente” nella storia dell’umanità.
Lourdes è infatti appello mariano al pellegrinaggio interiore, all’esperienza pasquale, a passare dal visibile all’invisibile, dalla malattia alla salute, dall’ombra alla luce, dall’arsura alla sorgente, dall’incredulità alla fede, dalla disperazione alla speranza, dal rumore al silenzio, dall’io egoico all’io in relazione, dal caos alla preghiera…
ops, preciso:
…ri-espresso la propria “dichiarazione di missione personale” permanente nella storia dell’umanità
Ciao caro anonimo/a,
quello che descrivi è un mondo che abitiamo tutti e che con il tempo ci modifica.
Quelli che ci stanno vicino se ne accorgono prima di noi e ce lo dicono, ce lo gridano.
Per me tutto è cominciato così. Da un loro grido.
Allora ho cominciato a riflettere prendendomi all’inizio degli spazi personali piccolissimi.
La domanda che mi tormentava e che mi risuonava era: chi vuole essere Domenico? che padre, marito, amico, … vuole diventare?
Con il matrimonio e poi con i bimbi la domanda diventò sempre più insistente e sempre più amplificata. Ero lacerato.
Poi ho voluto cominciare a capire e mi sono accorto che i cambiamenti più significativi sono avvenuti quando
ho cominciato a pensare a partire dalla fine e non dall’inizio.
Ci dicono che che c’è prima il dovere (l’inizio) e poi il piacere (la fine). Ho studiato la chitarra per molti anni e suonato in diversi gruppi musicali. Ricordo il tempo trascorso a dover fare gli esercizi, a ripetere certi passaggi tante volte per raggiungere
il piacere di un suono pulito che mi emozionasse.
Il piacere dell’emozione era la fine che volevo raggiungere e per poterlo fare dovevo iniziare a lavorare.
Quasi sempre la fine guida l’inizio.
Sono diventato consapevole del fatto che partire dall’inizio in qualche modo mi sembrava accettare la logica della causa-effetto, dell’agire su richiesta,del dipendere da qualcuno.
Un’altra cosa di cui ho dovuto tener conto è la forza dell’abitudine.
Questa forza che ci abita è proprio forte, è fisica come ci stiamo raccontando e rende difficile il nostro cambiamento.
Ecco perchè riscrivere il copione è stato il frutto di una decisione personale, che doveva essere rinnovata ogni giorno.
Un processo di trasformazione lento, che ha bisogno di tempo e a piccoli passi seguendo una direzione precisa.
Ho voluto solo condividerti alcuni passaggi di trasformazione che ho avviato in questi anni seguendo il percorso Darsi Pace.
E’ stata ed è tuttora un’avventura di pacificazione che ho capito essere la via per imparare a conoscermi meglio, ad essere sempre più Domenico, quindi la mia fine, la mia missione personale.
Ho ancora molto da fare.. parecchio!
COme vedi gli inizi possono essere molti ma la fine forse è una sola 🙂
Spero di leggere presto la tua missione personale.
Grazie Domenico,
per le tue incoraggianti parole e per la tua sempre grande disponibilità.
A presto
Caro Domenico il tuo bellissimo post, che stimola ognuno di noi a pensare quale possa essere la propria missione personale, mi ha riportato a quanto ha scritto Marco G. a proposito del pensiero di Jung sulla morte. Egli scrive che, secondo il filosofo “l’anima si preoccupa molto piu’ di come chiudiamo la vita, piuttosto che del fatto di come moriamo (e della morte in se) forse in quanto e’ gia’ protesa verso le forme di vita che impersonera’ dopo e che in parte potrebbero dipendere proprio da come avremo chiuso il capitolo precedente della nostra avventura…” ( La Nuova Umanità pag.71).
Questo mi ha fatto pensare che la missione (almeno la mia) debba essere liberarmi dalla paura di tutto e quindi anche della morte, concentrandomi di piu’ su come chiudere questo capitolo della vita terrena nel modo più degno e creativo. Ti abbraccio Gabriella
A partire dai vostri feedback mi sono venuti in mente tante cose che vi riassumo brevemente.
Decidere di credere (che è il tema centrale del secondo anno che sto frequentando di nuovo) mi fa uscire dall’ambiguità,
dalla terra di mezzo, dal deserto per entrare in modo deciso in un altro mondo.
Ogni volta che lo faccio la mia identità diventa più chiara e quindi anche la mia missione.
Posso relazionarmi forte di una identità un pò meno contratta un pò meno mascherata più accogliente e pronta
al confronto dialogico (consapevole che è + facile a dire che a praticare).
E’ rassicurante per me e anche per gli altri perchè sei un punto fermo. Hai delle buone basi.
Si può diventare un “centro di gravità” sempre più permanente come dice Battiato.
L’identità è tale però se esprime un senso. Quindi ha una dimensione spirituale.
E alla fine se non eviti la domanda arrivi a dire ci credo in Gesù o no? in cosa credo?
Il mio desiderio era ed è aumentare la consapevolezza nel decidere di credere in Gesù.
Non voglio allungare i tempi di decisione.
Quello che ho espresso a parole mie è il frutto di circa 5 anni di questo percorso.
Sono lento. Questo ormai l’ho capito. Ho bisogno di lasciar sedimentare.
Sono stato iniziato alla “lentezza” e questo piano piano mi ha modificato.
Faccio mio quello che dice Corrado: il processo ha una sua dinamicità e deve avere anche un contenuto salvivico
che mi fa stare meglio altrimenti chi me lo fa fare?
Il nulla di salvifico non ha nulla e non fa stare bene nessuno. Anzi inghiotte tutto e tutti. Lascia spazi di disprezzo.
Alimenta mondi di odio.
Comunque per il piacere di Rosella, mia figlia Irene che ormai frequenta il catechismo della comunione
parlando dell’ultima cena mi dice: “Io non so se credo in Gesù. Vorrei credere però … Gesù dice che ci salva dai peccati,
ma cosa sono i peccati? .. Ci salva ma da cosa e perchè?
E’ stata una serata piacevolemente impegnativa.
Sapevo che sarebbe arrivato anche questo momento e ho cominciato a prepararmi per tempo 🙂
http://www.youtube.com/watch?v=tyYQ5dDFYSo&feature=player_embedded
caro Domenico,
ammetto che “la fidanzata di Dio” m’intriga(va) più del peccato,
stante questo: ci provo:
la macchia d’inchiostro
lo scarabocchio
la pagina finita male
rovinata ma:
“lo scarabocchio non è un pasticcio”
è l’opportunità che hai
di migliorare
Cura il tuo quaderno
per essere
fiera di te. Nell’umiltà di chiedere
l’ aiuto a chi sai te lo possa dare
Magari al babbo?
e perchè no.
Risolvere il problema alla radice
con un bel quaderno nuovo
Il tuo!
Restan le pagine da copiare
su su: al lavoro
è così: ricominciare
un abbraccio a tutta la familia
Rosella
… familia famiglia… è così ricominciare 😳
Grazie Rosella, un abbraccio di cuore