PROTOMENTALE E FERITA DI ORIGINE

Commenti

  1. Grazie Giovanna. Illuminante, da portare nelle mente e nel cuore. Buone giornate! Alfredo

  2. Mariapia Porta dice

    Che rapporto c’è tra ferita di origine e il concetto di peccato originale? Grazie! Mariapia

  3. E’ proprio vero: la ferita brucia appena sfiorata.

    Il lavoro speleologico che impariamo a fare nei gruppi dP ci insegna a danzare sull’abisso e a scoprire che più abissale dell’abisso del nulla, c’è uno stato di infinita apertura che possiamo contattare ogni giorno e dal quale possiamo ripartire più integri.

    La fede del Figlio e nel Figlio ci assorbe in una dimensione in cui una mano amorevole ci ridisegna e noi, come bambini, partecipiamo al gioco che ci ri-crea.

    Un abbraccio.
    Giuliana

  4. “A noi tocca solo aprire il cuore ad accogliere con gratitudine qualunque situazione la Vita ci presenti e trasformarla in dono per altri”.
    E’ facile e difficile insieme praticare questo segreto di pacificazione, cara Giovanna.
    Ogni giorno c’è da aprire il cuore, accogliere e trasformare in dono.
    In questo ci aiuta la fede.
    L’apprendimento dell’abc della nuova umanità è declinato dalla fede in Cristo, come è risuonato in vari modi nel corso intensivo tenuto da Marco dal 7 al 9 dicembre a Roma.
    L’ho sentito risuonare anche nella meditazione alla Curia Romana di padre R. Cantalamessa del 7 dicembre scorso, di cui segnalo il link http://www.cantalamessa.org/?p=1876

    Un caro saluto Corrado

  5. Ritornare alla fonte della ricreazione è possibile! Questo ci sorprende quando ne facciamo esperienza vera, reale, concreta.

    La gioia del perdono tocca l’infinito..incommisurabile!

    Tornare ad “essere” bambini neo-nati, liberi e felici sprigiona il nostro cuore nella fede autentica che il Cristo è vera Pasqua.
    Grazie Giovanna per questa ulteriore opportunità di risonanza. Grazie a voi compagni di ricerca, la vicinanza sostiene e incoraggia a proseguire l’apprendimento di questo nuovo alfabeto della vita.
    Un abbraccio. Vanna

  6. Carissimi Alfredo, Mariapia, Giuliana, Corrado, Vanna, grazie dei vostri interventi.

    Mariapia: la tua domanda riguarda uno dei misteri della nostra fede, rispondo in modo sommario lasciando che Marco o Corrado approfondiscano e correggano (‘se mi sbaglio mi corriggerete’).
    la Ferita di Origine è conseguenza del Peccato Originale, della disobbedienza, cioè del non ascolto (ob-audire, disobbedienza) che rompe la relazione di amicizia con Dio. Questa rottura, come un’esplosione atomica, disintegra l’originaria integrità dell’essere umano e crea scissioni a catena: separato dalla Fonte del suo essere l’uomo precipita sempre di più nella separazione, nel non-essere.

    Danziamo abbandonati sull’abisso della ferita, come ci invita a fare Giuliana, e partecipiamo come bambini al gioco dell’Amore che ci ri-crea.

    Un caldo abbraccio e Buona Ri-Creazione a tutti! Giovanna

  7. Bel testo! Grazie, Giovanna, davvero illuminante e preciso, quasi si riesce a percepire quel pensiero somatico che si va formando nelle relazioni chimico-emotive con la madre, forse addirittura, dicono i neonatologi, a partire dal concepimento.
    Un abbraccio. Marco

  8. Mi ritrovo talvolta a riflettere su quanto noi da neonati siamo fragili ed esposti. Nasciamo come prole inetta, direbbero gli etologi, completamente affidati alle cure parentali di chi ci ha messi al mondo. Nasciamo però fatti di una materia facilmente graffiabile: le figure dell’attaccamento e l’ambiente (inteso in senso antropologico) lasciano dentro di noi, fin dall’inizio della nostra vita, solchi profondi di tradimento dell’apertura fiduciale con cui veniamo alla luce, solchi che delineeranno la nostra ferita personale. Anche chi nasce nelle cosiddette migliori famiglie fa comunque fin da subito l’esperienza del tradimento della fiducia e noi impariamo che degli altri ci si può fidare, ma solo fino ad un certo punto. Questo modello poi lo esportiamo anche sul divino che è invece l’affidabile senza riserve e perciò mettiamo in atto le strategie del sospetto verso Dio, cioè il peccato.
    Perciò, mi pare diventi essenziale la testimonianza che come cristiani siamo chiamati a dare dell’affidabilità nei confronti dell’altro, perché così testimoniamo l’affidabilità del divino che ha nella relazione con una libertà umana la forma e la forza della sua rivelazione. Ma, almeno personalmente, soltanto con fatica e a sprazzi, percepisco il senso della responsabilità di questa vocazione.
    A me pare di vedere perciò un rapporto capovolto, cioè il mio peccato si struttura a partire dall’inevitabile ferita che ha origine con la mia vita. E proprio per questo, cioè per il fatto che il peccato è conseguenza e non premessa, ho la speranza che più originale del peccato ci sia un fondamento d’Amore e perciò la mia vita possa essere salvata, riscattata e la ferita rimarginata, anche se storicamente in un non ancora in attesa di compimento.
    iside

  9. Grazie Marco per aver sottolineato la relazione chimico-emotiva del bambino con la madre che inizia già dal concepimento e da luogo ai primi pensieri.
    Credo che questa prima forma di pensiero somatico continui a mantenersi nel corpo ma separandoci sempre più dall’esperienza corporea, con lo sviluppo dell’attività mentale, ne abbiamo perso l’accesso e così anche la comprensione di ciò che sta dicendo il nostro corpo quando si ammala.
    La pratica meditativa, che ci insegni a mettere a fondamento del nostro lavoro, è la via per riportare la mente nel corpo, comprenderne il linguaggio e a volte a ripararne i guasti.

    Grazie e un grande abbraccio. giovanna

  10. Carissima Iside, grazie della profonda riflessione che hai voluto condividere con noi.
    Si, credo anch’io che l’esperienza che facciamo nella nostra esperienza terrestre è di un rapporto peccato-ferita capovolto: poiché nasciamo con una ferita di origine impressa nella nostra cane, nel nostro DNA, con gli effetti di un peccato di separazione dall’Essere che oscura la nostra mente e rende fragile la nostra volontà (“non faccio il bene che voglio ma il male che non voglio” Rm7,19; “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” Lc 23,34) il male che facciamo è in buona parte conseguenza dell’oscurità in cui siamo immersi. Per questo il Padre, che conosce la nostra fragilità, ci dona la sua grazia e ci usa misericordia.
    La nostra responsabilità consiste, a mio avviso, nel trascurare di custodire la nostra mente e il nostro cuore, nel trascurare di coltivare quel silenzio nel quale può raggiungerci la Parola che illumina e guarisce; nel non riconoscere la nostra fragilità e il bisogno che abbiamo di essere salvati.

    un grande abbraccio. giovanna

  11. Cara Giovanna,
    grazie per il dono delle tue esperienze, delle tue conoscenze, della tua continua ricerca.
    Capisco concettualmente ciò che esprimi ma non sempre ne percepisco l’esperienza reale nella mia vita.
    Sento che mi riguarda non non riesco a “tirarla fuori.
    Cercherò di seguire il tuo consiglio, di “coltivare il silenzio nel quale ci può raggiungere la Parola che illumina e guarisce”.
    Ti ringrazio e auguri per un nuovo anno di Luce e di Bene.
    Anna Maria

  12. maria cristina sorcini dice

    Ho letto solo adesso..è interessante quello che dici sullo sviluppo eccessivo del razionale come necessità difensiva, ho in comune con te l’insofferenza a regole e autoritarismi, la difesa degli ultimi..
    Mi è piaciuto, ma è da rileggere e riflettere, tutto quello che dici e come lo dici.
    Sto al secondo anno e grazie al corso acquisto sempre più consapevolezza, libertà, il calore e la forza dello Spirito. Un grosso abbraccio anche a te, buon Natale e buon cammino.
    Ci siamo viste a S.Marinella. Io ero quella dell’ascensore vicino.Confermo per il prossimo…

  13. Carissima Maria Cristina, sono lieta dei benefici che stai ricevendo, certamente grazie anche al tuo impegno e alla perseveranza nella pratica.
    Ti auguro un buon proseguimento di cammino e un sereno Natale. Un grande abbraccio..e….al prossimo incontro a S.Marinella. Giovanna

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