Si erano date appuntamento al ristorante all’angolo. Ortoressica arrivò per prima, con la sua solita ossessione per tutto, compresa la puntualità. Anoressica e Bulimica giunsero per vie diverse con un po’ di ritardo, redarguite severamente dall’amica, mentre Buongustaia si stava godendo il sole sulla terrazza.
Intorno al tavolo le quattro compagne iniziarono a discutere su ciò che era meglio scegliere per pranzo. Per Anoressica niente era adeguato: tutto o troppo grasso o troppo insipido. “Come sei difficile” la rimproverò Bulimica per la quale invece qualunque cosa andava bene, purché avesse l’apparenza della commestibilità. Essa infatti ordinò dodici dei quattordici piatti del menù (soltanto perché la lattuga e le uova in cocotte non le poteva proprio sopportare). Non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione dell’assaggio che, tentando ogni sua papilla gustativa, la trascinava ad ingurgitare tutta l’abbondante porzione.
“Se inghiotti così, non senti neanche il gusto di ciò che mangi” fece notare Buongustaia che fino a quel momento aveva osservato silenziosa le tre amiche. “Ogni lasciata è persa, lo dice anche il proverbio – ribatté Bulimica –. È un impulso irrefrenabile, devo assolutamente provare ogni cosa, altrimenti come farò poi a scegliere la migliore? E poi è tutto così bello e colorato, invitante e seducente!”
“In realtà ti comporti sempre nello stesso modo: schiava del godimento istantaneo, rinunci al piacere vero della degustazione lenta che assapora fino in fondo ogni boccone.” Buongustaia non aveva resistito a sottolineare l’assurdità del comportamento dell’amica: nella ricerca disperata e inconsapevole di offrire al suo desiderio un contenuto, gli spacciava l’evanescente frivolezza dell’esperimento che lascia sempre con l’amaro in bocca, invece di porgergli un oggetto che valesse davvero la pena di amare.
Anoressica, dal canto suo, tergiversava allontanando ogni volta il cameriere che, di tanto in tanto, tornava per prendere l’ordinazione. Era semplicemente disgustata dallo spettacolo che Bulimica stava dando: riempiva la bocca ingolfandosi in modo compulsivo, sbrodolando cibaglia da tutte le parti. “Che schifo – alla fine proruppe – piuttosto che ridursi così è meglio non mangiare per niente!”
“Penserai mica di vivere d’aria? Le tue fughe spiritualistiche sono altrettanto eccessive di quelle di Bulimica”. Buongustaia, anche questa volta, aveva sentito il bisogno di intervenire. “Abbiamo un mondo a disposizione, si tratta di imparare a discernere ciò che veramente ci nutre da ciò che ci riempie inutilmente, senza la presunzione di poterne fare a meno, pena la morte della nostra identità.”
Ortoressica intanto stava ispezionando accuratamente ogni foglia di insalata nella sua terrina “solo per essere sicura che sia pulita”. Anche per lei l’ordinazione era stata piuttosto tribolata: vegetariana stretta, non tollerava che nel suo piatto potesse finire anche soltanto l’ombra di un cibo che fosse transitato vicino a qualche animale macellato e naturalmente mangiava soltanto biologico.
“Prova a riflettere sulle tue rigidità – anche per lei Buongustaia aveva un pensiero – la linea di demarcazione tra la fedeltà ad uno stile di vita e l’incapacità di adattarsi a favore della costruzione di relazioni aperte verso gli altri può essere ingannevolmente sottile.”
Buongustaia sospirò: da sola, al tavolo, cercava di conciliare tutte le sue anime, lasciando andare le ossessioni e il perfezionismo, lasciando andare l’illusione che la propria libertà si potesse delineare a partire dalla prova scriteriata di tutto ciò che la circonda, lasciando andare la tentazione di fuggire dal mondo. E cioè lasciando andare le distorsioni egoiche per ritrovare sempre un po’ di più l’Io che giace al fondo in attesa di una presa d’aria e di vita.
(foto: Donna al bar, olio su tela, Massimo Caruso)
Grazie Iside, sei bravissima!
Dai sotterranei del castello ora ci porti al ristorante per imparare a non buttare fuori, ma a guardare dentro di noi ciò che non va. Solo così possiamo raggiungere quel luogo di maggiore integrità in cui possiamo respirare aria sottile e gustare ogni cosa.
Ti abbraccio.
Giuliana
Grazie Iside per la creatività e precisione con cui hai presentato questi quattro atteggiamenti. Provo a riflettere ulteriormente su buongustaia e ortoressica perchè in loro noto un desiderio più maturo di seguire una alimentazione sana e giusta.
Ortoressica è piena di nozioni teoriche sull’alimentazione, frutto di molte letture. Alcune di queste nozioni possono essere un po’ strampalate ma in generale si basano su dati scientifici. Ortoressica è convinta di avere la ragione dalla sua parte, è convinta che la sua dieta faccia vivere a lungo e in buona salute; ma non solo questo … è pure convinta che la sua dieta sia la sola che possa contribuire ad uno sviluppo economico sostenibile, che possa ridurra il surriscaldamento della terra, che possa promuove l’etica e la giustizia nei confronto degli animali … è una dieta che, quasi quasi, sarebbe disposta a difendere con le armi, magari contro le multinazionali agro-alimentari, se necessario. E come darle torto?
Buongustaia legge di meno. Forse in passato ha letto di alimentazione e si è resa conto della complessità dell’argomento. E forse, anche per questo, ha deciso di esplorare altre modalità di conoscenza, come quella che deriva dall’esperienza diretta. Ha imparato a darsi fiducia, a credere che corpo e cuore possano capire da sè cosa sia sano e giusto da mangiare. Esplora la dolcezza che la convivialità dona ad ogni pasto e comprende che nessun cibo vale di più della compagnia di un amico e comprende pure che un bicchiere di vino non è nè necessario nè dannoso. Annusa i profumi e si meraviglia di colori e forme. Osserva l’appetito e la sazietà che nascono-muoiono-nascono nel proprio corpo e li asseconda dolcemente. E così si apre a nuove forme di conoscenza che solo il corpo ed il cuore possono dare. Su molte idee non si trova in disaccordo con ortoressica, ma le conosce e le vive in modo diverso. Infine, può capitare che nel suo paziente percorso, con i sensi del corpo e del cuore attivati, in buongustaia si ridestino appetiti spirituali ancestrali che imparerà a soddisfare nutrendosi di verità profonde, verità di cui il creato è pieno e che la metafora stessa del mangiare offre in abbondanza (la mia coppa trabocca, scrisse Davide) … per quelle sì, è proprio necessario essere dei buongustai!
Cara Iside,
immaginandomi nella situazione da te descritta, io mi identifico con Ortoressica, puntuale ,precisa, attenta a cosa mangiare come lei; però io non sono vegetariana; tieni anche conto che io non sono particolarmente buongustaia, quando sono sola; ma in compagnia mi trasformo volentieri; cercherei di non giudicare troppo Bulimica e Anoressica, confidando che , essendo in una situazione di socievolezza, i loro disturbi si attenuerebbero ; ascolterei con attenzione Buongustaia e cercherei di imitarla, cercando però di demistificare un po’ la sua saggezza , così non resterebbe da sola. Anche il saggio può cadere e proprio per questo diventa più simpatico e attraente per tutti! Mariapia
Carissima, bellissima parabola.
In fondo mi pare che ci insegni che la questione centrale è l’educazione del gusto, l’educazione al gusto, al vero piacere….
Ed è anche un modo per parlare del nostro lavoro.
Un abbraccione natalizio. Marco
In effetti, carissima Giuliana, nello scrivere questo breve racconto, l’obiettivo era intanto quello di mostrare il movimento dalla proiezione verso l’esterno al nostro mondo interno: forse abbiamo davvero bisogno di focalizzare dentro di noi le contraddizioni che ci abitano, le povertà, i grovigli per potercene prendere cura.
Sono stata molto colpita, e com-mossa, dalla continuazione / approfondimento che, tu Alessandro, hai voluto dare alla storiella: un bel modo di entrare in dialogo tra noi bloggisti! Mi ha colpita, in particolare, l’associazione che a più riprese proponi tra corpo e cuore. Sarà forse che su questo versante ho molto da lavorare… Il cibo, del resto, è una bella sintesi di corporale e spirituale.
Ciao Mariapia! In realtà, non intendevo scrivere una “parabola” sul cibo, ma usare il cibo come metafora dove l’ortoressica rappresenta “le ossessioni e il perfezionismo”, la bulimica “l’illusione che la propria libertà si potesse delineare a partire dalla prova scriteriata di tutto ciò che la circonda”, l’anoressica “la tentazione di fuggire dal mondo”. Ognuno di noi credo abbia un po’ di ciascuna metaforizzazione delle tre principali deviazioni sulla relazione con il cibo, magari con una prevalenza di una sulle altre a seconda della propria personalità.
Condivido, carissimo Marco, che abbiamo tanto bisogno di lavori seri su di noi per ritrovare il gusto del nostro umano vivere.
Un abbraccio
iside
carissima iside , a distanza intervengo sul tuo creativo racconto di buongustaia e le sue amiche… oggi l’ho riletto con piacere ( insieme agli approfondimenti di alessandro) ripetendomi che è ora che impari a discernere ciò che mi nutre da ciò che mi riempie inutilmente,……. in me vivono come due atteggiamenti….da ortoressica a bulimica…..è ora che li guardi attentamente con corpo ,mente e cuore….
grazie ancora per i tuoi creativi racconti….in attesa del prossimo ti abbraccio Irene
Ciao Irene! Grazie per il tuo contributo.
Mi pare che siamo tutti buongustai in apprendimento al corso di degustazione…
Un abbraccio
iside
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