Oggi è una giornata speciale. L’inizio e la fine sono insieme e si passano il testimone.
Tutti noi viviamo quest’attimo. Ci siamo dentro, ciascuno a suo modo. Non solo oggi, ma ogni giorno.
Cos’è l’inizio? – E’ la crisi d’identità e di senso che oggi sembra non trovar casa, poco ascoltata e accolta, il punto di partenza di un possibile e desiderabile processo di trasformazione da mettere al centro.
E la fine? – E’ la consapevolezza di quanto è decisivo capire qual è il rapporto con la storia da cui proveniamo per trasformarci in qualcosa che ci lega alla storia stessa (quella personale e collettiva) e ci evita di esserne estranei.
L’inizio e la fine sono insieme, adesso, ora, mentre scriviamo e leggete ed hanno qualcosa di affascinante e d’intrigante.
L’invito ad una trasformazione che è partecipazione, non una risposta intellettualoide ma un’adesione e un’esperienza dell’essere che ha come compimento la ri-nascita (personale e collettiva). In questa scia ciascuno di noi è un “nascente”, l’icona del Natale, l’alternativa a quello che non funziona più, che non da più vita, soddisfazione, piacere … il morente.
Il percorso Darsi Pace, avviato 14 anni fa, coinvolgendo INIZIO e FINE insieme ha dato i suoi frutti: vere e proprie ri-nascite.
Il numero dei partecipanti ai corsi regolari (triennio, approfondimento e formatori) di quest’anno è di 290.
Il sito, andato on-line nel 2008, si arricchisce sempre di più dei contributi dei partecipanti che condividono il proprio percorso.
Giornalmente sul sito riceviamo circa 250 visite da diverse parti del mondo (dati forniti da Google) , Facebook conta circa 2.200 compagni di viaggio e su Youtube abbiamo 185 sottoscrizioni.
Il frutto più bello è sicuramente il desiderio di alcuni dei partecipanti non residenti a Roma che per dare continuità al lavoro e farlo insieme ad altri, hanno formato a loro volta dei gruppi in diverse città e ci tengono aggiornati sugli sviluppi.
Pazienza, perseveranza, coraggio ed umiltà è l’augurio a tutti per iniziare/continuare questo viaggio di trasformazione.
La redazione
Photo credit: Alessandro Pinna
Spogliare le vecchie scarpe per liberare i piedi ad intraprendere passi nuovi, con calzature nuove.
Dismettere i vecchi abiti, per poterne indossare di nuovi.
E’ il messaggio che raccolgo dall’immagine illustrativa di questo post in cui risuona forte e chiaro l’ appello a diventare adesso un “nascente”, l’icona del Natale, l’alternativa a quello che non funziona più…
Grazie redazione!
Un abbraccio a tutti Corrado
Questa mattina ci siamo regalate quattro ore per immergerci in un luogo di Vangelo vivo: l’abbazia di sant’Egidio a Fontanella di Sotto il Monte fra “le cui pietre vibra l’eco della voce di padre David, un profeta del nostro tempo”.
Siamo al quarto incontro del 3Telematico, il passaggio che stiamo compiendo – dall’io in conversione all’io in relazione- ci porta in un luogo dove un Servo di Maria con “la voce tonante da cattedrale o da deserto, occhi da bambino dentro un corpo da antico guerriero” accendeva il cuore di tante persone: “lui non era che voce, la Parola era un Altro”.
Il luogo ci riporta a Romena, alla bellissima pieve romanica e al laboratorio dove don Luigi trasforma vecchi strumenti agricoli in opere d’arte piene di Vita.
Il cammino trasformativo che stiamo compiendo ci fa sentire come vecchi attrezzi fa fondere e forgiare in nuove forme.
Sappiamo che noi possiamo arrivare fino a un certo punto del lavoro, poi anche l’io in conversione va lasciato per diventare io mariano, abbandonato nella fede del Figlio.
Abbiamo pregato per essere capaci di guardare con occhi misericordiosi le nostre negatività, per abbandonarci ogni giorno un po’ di più e lasciarci forgiare in ogni momento dal Fuoco dello Spirito.
Vi abbiamo portato con noi.
Un grande abbraccio.
Giuliana e Rosanna
PS: le parole tra virgolette sono di Ermes Ronchi, Le ragioni della speranza, anno C.
“Spogliare le vecchie scarpe per liberare i piedi ad intraprendere passi nuovi, con calzature nuove. Dismettere i vecchi abiti, per poterne indossare di nuovi”.
Faccio mio l’augurio di Corrado e lo estendo a tutti gli amici e compagni di viaggio.
Buon Anno a tutti. Giovanna
Oggi, nel rito ambrosiano, inizia una nuova attesa con Salomone nel cantico dei cantici e Luca 12,34-44.
Nel verbo “attendere” è insito anche il significato di “attendere al proprio lavoro” da parte di quei servi che nell’attesa che il padrone (il Signore) torni dalle nozze, sono vigili e svegli.
Contemplo l’immagine del post in quest’ottica e alla luce di un ricordo: la prima volta che mia figlia all’asilo ha fatto da sola l’asola alle proprie scarpe da tennis.
Ricordo la Suora che me lo ha riferito e la piccola che stupiva del fatto che gli altri si meravigliassero e le facessero i complimenti per qualcosa di cui lei era già fiera e contenta.
Desidero ed auguro in questo nuovo anno a ciascuno di noi, di continuare a fare ciò che sta facendo, alla presenza di una assenza che “compia la gioiosa attesa” del suo/Suo cuore.
Con affetto
Rosella