“Alza il volume della radio!” dice lui nell’auto che esplode vibrazioni assordanti.
“Ma questi cosi non sanno di niente, la verdura non la mangio!” mugugna il bambino davanti al piatto della cena.
“Coraggio, tutti al centro della pista!” esorta il DJ, per ballare fino ad esaurimento del fiato, allegramente accecati dall’intermittenza rapsodica delle luci.
Siamo tutti sensation seekers?
Eppure la sensorialità ha un andamento a saturazione, peccato che rischiamo di non riuscire più nemmeno a percepirla, la saturazione!
Se uno stimolo sensoriale – un’onda sonora, un fotone di luce, una pressione sulla pelle, una molecola in bocca o nel naso – colpisce un organo di senso, ne sollecita i recettori che trasformano (trasducono, per gli addetti ai lavori) il segnale in impulso elettrico che il cervello può riorganizzare e restituirci come sensazione. Questa catena di lavoro ha però una sua tempistica: i recettori, nello svolgimento del loro compito, hanno un tempo in cui non sono disponibili ad accettare ulteriore stimolo, proprio perché ancora impegnati con l’ondata precedente. La conseguenza è che è inutile aggiungere suono, luce o cibo perché tanto non verrà elaborato. Il rimando perciò è quello di non sentire un aumento di sensazione a fronte di un aumento di stimolo: alzo il volume ma oltre una certa soglia non sento di più, in compenso però danneggio l’orecchio interno.
Il sistema, inoltre, ha un’altra caratteristica interessante. È in grado di adattarsi a determinati valori di intensità che gli proponiamo, spostando così la capacità di discriminare le sensazioni: se sono abituato a mangiare salato, tenderò ad aggiungere sale ad ogni piatto perché li percepirò sempre tutti insipidi.
La bella notizia è che il sistema è modificabile e il cervello è educabile. Invece di imbottirci di stimoli per cercare di ricavarne qualche improbabile sensazione addizionale, possiamo muoverci nella direzione opposta: abbassare l’entità dello stimolo, lasciando che il pezzettino di cibo rotoli su tutte le papille gustative disponibili, dando loro il tempo di svolgere con calma il loro lavoro e soltanto dopo passare ad assaporare il boccone successivo. Lo stesso vale per il suono: abbassare il volume, porgere l’orecchio alle singole armonie, magari a luci soffuse, gentili con la nostra retina. Analogamente, superfici soffici offerte alla pelle, profumi delicati per il naso.
Possiamo così imparare a distinguere le sensazioni nella parte bassa dello spettro, quella di cui rischiamo di perdere persino la consapevolezza. Sensazioni lievi, eppure tutte da scoprire, come solitamente protesto quando mi si compiange perché amo i fagiolini bolliti senza alcun condimento. Basta affinare il gusto ascoltando cosa ha da dirci anche la dolcezza dei fagiolini bolliti.
Il mondo dei sensi si fa allora metafora di ciò che non è soltanto questione di sensi. Siamo infatti sempre sull’orlo di mancare l’appuntamento con la vita inseguendo traguardi fuori portata, mentre perdiamo la bellezza dei colori pastello, dei suoni leggeri, dei gusti sottili. Essere donne e uomini del nostro tempo forse significa anche riuscire ad accasarci alle nostre latitudini, dare forma alla nostra vita a partire dal goccia a goccia dell’ordinario quotidiano, nella consapevolezza della sua unicità irripetibile.
“Gli fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il suono di un silenzio leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello” (1Re 19,11-13)
Grazie Iside, condivido in pieno quello che ci vuoi dire! La percezione delle sfumature leggere, delicate è una ricchezza immensa che rischiamo di perderci per l’incapacità di spegnere gli stimoli grossolani che ci vengono proposti quotidianamente. Togliere dalla materia grezza per cercare l’essenziale è una attività “artistica” assolutamente da ricercare!
Inizio proprio bene questa giornata!
Daniela
…mi associo a Iside e, di mio, vorrei consigliare la pratica psico-fisica del metodo Feldenkrais che davvero apre scenari incredibili nella percezione sottile del nostro corpo, ciao a tutti, mcarla
grazie Iside
anch’io gradisco i fagiolini bolliti.
Gusto spesso i cibi al naturale e persino l’insalata talvolta mangio senza alcun condimento. Altre volte invece non disdegno un pizzico di sale o peperoncino in fondo “amo tutto quel che passa il convento”.
Sorrido in sintonia con Daniela al gusto delicato di questo inizio di giornata ed auguro a tutti un piacevole e fruttuoso “dolcino” giorno.
Con affetto
Rosella
Cara Iside,
apprezzo molto “la bellezza dei colori pastello, dei suoni leggeri, dei gusti sottili ”
e la delicatezza dei fagiolini bolliti e del tuo post !
buon appetito
Filomena
Possiamo educarci a godere ogni giorno di sensazioni sempre più sottili, sempre più gradevoli, sempre più arricchenti, con tutti i nostri sensi e a buon prezzo. Queste sono le piccole gioie quotidiane che ci aiutano a vivere meglio! Grazie, Iside, di avercelo ricordato! Mariapia
Grande Iside!!!!
A quando un’estetica della semplicità che diventi sempre più di moda (per cui sono gli ‘altri’ ad essere retrò)?
Possiamo contribuire divulgando la filosofia del fagiolino bollito e, perché no, anche quella dell’acqua calda (altra grande scoperta che devo ad amici darsipacisti): una bella tazza pomeridiana, magari con un pizzico di magnesio supremo, che vale più di qualsiasi the o infuso (pur buonissimi).
Buona serata (ho voglia di una minestrina…)
Bella riflessione! Assaporiamo le parole, anche, prima che escano dalla nostra bocca! 🙂
Grazie a tutti per le vostre risonanze: da quelle artistiche di Daniela ai suggerimenti di Maria Carla, dagli apprezzamenti culinari al peperoncino di Rosella alla minestrina di Paola, dalla condivisione di Filomena all’esortazione educativa di Mariapia e di Salvatore.
Un abbraccio a tutti
iside
Ciao Iside, io sono veramente uno di bocca buona che apprezza molto le pietanze molto saporite ma riconosco che hai proprio ragione! Complimenti e grazie…
Walter
Ciao Walter! Mi pare che l’importante sia saper assaporare ogni esperienza, che sia il fagiolino bollito o un cibo ben condito – tanto per rimanere nella metafora – nel senso di apprezzarla davvero fino in fondo, cogliendo le sfumature che ci offre, anche quando apparentemente sembrerebbe non avere nulla da dirci.
Alla prossima
iside
Carissima Iside, a me piacciono di più le zucchine lesse … comunque scrivi proprio bene….con vero gusto!
Un abbraccio. Marco
Francamente, purché sia bollita a me piace praticamente tutta la verdura. Poi, forse eco della mia animalità, gradisco anche le verdure crude e così mi guadagno l’appellativo di coniglio da parte di quegli stessi che mi compiangono per i fagiolini bolliti!
W il club dei “verdurosi” ;-)!
Alla prossima
iside