“Nell’altro non si entra come in una fortezza, ma come si entra in un bosco in una bella giornata di sole. Bisogna che sia un’entrata affettuosa per chi entra come per chi lascia entrare, da pari a pari, rispettosamente, fraternamente. Si entra in una persona non per prenderne possesso ma come ospite, con riguardo, con venerazione: non per spossessarlo ma per tenergli compagnia, per aiutarlo a meglio conoscersi, per dargli consapevolezza di forze ancora inesplorate, per dargli una mano a essere se stesso.”
(Don Primo Mazzolari)
Tutte le volte che rileggo questa citazione penso a quanto è bello riuscire, almeno ogni tanto, ad essere amici in questo modo: curioso e premuroso, attento e sereno.
L’amicizia è sicuramente una delle relazioni più appaganti della vita: ma quali sono le condizioni perché possa realizzarsi tra due persone?
Provo a tentare una risposta prendendo in prestito alcune riflessioni da un vecchio ma attualissimo libro (Arturo Paoli, Un incontro difficile, Gribaudi, 1966).
L’amicizia esige prima di tutto una certa affinità di base, senza cui il dialogo non comincia; e questa affinità si approfondisce e conquista sempre più terreno per due strade: la prima è data dalle occasioni concrete di incontro, dal fare cose e vivere situazioni in un contesto comune. La seconda, che l’autore in questione chiama mansuetudine, mi sembra ben descritta in quell’entrare/lasciare entrare affettuoso evocato dalla citazione iniziale.
Ma tutto questo non basta: occorre infine un dialogo che nasca e cresca attorno ad un ideale comune. Ci sono delle persone, scrive Arturo Paoli, cui manca il senso dell’amicizia: non manca loro il desiderio di stare con gli altri, né di uscire dalla solitudine, ma manca il perché profondo, intrinseco dell’amicizia. Non sanno uscire da sé perché non hanno ancora scoperto un ideale dinamico che li faccia uscire, una tensione verso qualcosa che li obblighi a darsi. Questo ideale o direzione, deve aiutare a crescere e ad essere sempre più persona.
In questo senso, conclude l’autore, l’amicizia è sempre fra due poveri, cioè fra due persone che cercano qualcosa che non hanno, di cui hanno bisogno, e questo qualcosa sta nella linea di una vera liberazione umana.
Affinità, occasioni concrete, accoglienza affettuosa e una comune direzione liberante: mi sembra che all’interno di queste coordinate si possano collocare bene le nostre amicizie. Ma quelle migliori forse non hanno bisogno di tutti questi ragionamenti: sono una benedizione che ci accade, e basta.
Grazie, carissima, è proprio vero: l’amicizia è un dono raro, mi pare anzi sempre più raro.
Forse questa rarità crescente dipende proprio dagli elementi che enumeravi: affinità, occasioni propizie, accoglienza, e ideali concreti comuni. Credo che sia quest’ultimo il più difficile oggi da ritrovare.
In un certo senso abbiamo creato questi Gruppi anche per aprire uno spazio in cui le persone possano incontrarsi, ed eventualmente divenire anche amiche, in quanto qui possiamo trovare molte affinità, diverse occasioni concrete, un’educazione all’accoglienza, e specialmente una direzione comune di crescita umana e spirituale.
Un abbraccio. Marco
Sono cresciuta insieme a tanti amici e mi considero una buona amica.
Ho sempre cercato nell’amico/a una persona con cui espormi, mettermi a nudo e credo di essere approdata in dP perché non ho mai smesso di farlo, anche dopo la caduta delle illusioni giovanili.
Mi considero fortunata perché in momenti difficili della vita non mi sono mancati gli amici e perché ancora adesso condivido con vecchi amici momenti di festa e momenti di dolore.
Tuttavia per me è sempre stato difficile trovare con loro affinità e concreti ideali comuni.
In passato questo mi faceva soffrire, mi sentivo incapace, inferiore, non realizzata, colpevole di non essere come loro.
Ora non più, ora comprendo che la mia diversità non ha nulla a che vedere con incapacità, inferiorità, senso di colpa, non realizzazione, ma riguarda la mia vocazione.
Non sento più disagio accanto a loro, ma fierezza di aver perseverato e di perseverare lungo un cammino che sento profondamente mio.
E di questo sono grata anche a tutti voi, amici ed amiche di cordata.
Giuliana
Mi ricordo alcune parole sull’amicizia di Kahlil Gibran:
“Il vostro amico è il vostro bisogno saziato. E’ il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.”
L’amicizia è davvero “una benedizione che ci accade” un dono che arriva. Concordo con le parole di Marco sull’utilità dei Gruppi dP che possono favorire questo grande valore.
E memorizzare Gibran mi fa molto bene. Spero che il nostro lavoro interiore alimenti la crescita di sincere amicizie e ci insegni, sempre più e meglio, nella trasmissione di questo dono, nei nostri ambienti sociali lavorativi e nei difficili rapporti interpersonali quotidiani. Grazie per questo post bello e importante. Un caro e affettuoso saluto a tutti.
Se non avessi intrecciato tante amicizie nella mia vita ,oggi sarei completamente diversa da come sono. Gli amici mi hanno insegnato ad aprirmi, ad essere anche estroversa, ad avere fiducia, a scoprire e vivere alcune mie qualità positive, ad accettarmi per quella che sono, ad allargare la mia visione del mondo e della storia, a vivere momenti di tenerezza, di gioia, di divertimento, a sdrammatizzare le difficoltà, a sopportare il dolore .
Mi considero molto fortunata perché ho una amica intima dall’età di quattordici anni. Penso che questo sia un dono grande per entrambe. Come è accaduto, come è durato per tanti anni? Per una serie complessa di fattori, ma preferisco ricordarmi che è accaduto , che accade, che è una “ benedizione”, come scrivi tu, Antonietta
Mariapia
Di amicizie ne ho sempre avute in numero limitato, se diamo il giusto valore alla parola amicizia, intendo…
ed ora, grazie al tuo post, mi spiego anche il motivo; la mia difficoltà di liberarmi alla richiesta di aiuto che non mi consente di donarmi veramente e fino in fondo all’altro….
Rifletterò a fondo su questo punto… per ora ti ringrazio di cuore Antonietta.
Cara Antonietta, grazie per questo post che, con l’appropriata citazione di Arturo Paoli, ci consente di monitorare i nostri piccoli successi relazionali e anche i fallimenti…..
Non si tratta certo di trovare i torti e le ragioni, ma di capire sempre meglio la via per essere felici.
Rifletterò anche io, come Stefano, su questo benefico impoverimento che ci fa desiderare l’incontro con l’altro/a, un incontro che mi libera legandomi a sé.
Un abbraccio. Paola
Grazie carissima Antonietta di questa riflessione sull’amicizia, un dono della vita, prezioso, da custodire/coltivare ogni giorno.
La vita mi ha regalato tante amicizie e sento il dispiacere di non riuscire a coltivarle come vorrei perché gli ambienti che frequentiamo sono diversi, il tempo è limitato e le energie sono quelle che sono.
Anche per questo motivo ho proposto a tutti il percorso nei gruppi, per avere occasioni in più di incontro e di scambio, e con mia gioia diversi hanno iniziato a frequentare.
Condividere uno stesso ideale e lavorare insieme per realizzarlo sarebbe il mio sogno, ma è già un dono grande e una benedizione averli così.
Un abbraccio. giovanna
Anche nella mia esperienza l’affinità è requisito fondamentale per costruire una vera amicizia: avere uno stile di vita analogo, condividere simili priorità. Sono stata molto colpita dalle parole di Marco G. quando dice che l’io egoico vede l’altro come strumento o come nemico. Ho iniziato a riflettere sul mio modo di percepire gli amici e ho scoperto quanto questo fosse vero per me. Così ho provato ad esercitarmi nel vedere in modo diverso (per partire sul pulito) le persone che ho avuto modo di incontrare grazie a dP: sono lontane fisicamente eppure sento la loro prossimità maggiore di quella di altre persone che mi vivono accanto. Anche le relazioni vissute soltanto sul filo del telefono possono essere vere amicizie quando ci si può scambiare conforto in una medesima prospettiva di vita.
Un forte abbraccio
iside
Non ho ancora elaborato un canone per definire l’amicizia, penso sia anch’essa uno stato dell’anima nel quale stai bene e cresci insieme all’altro.
Sono molte le variabili: l’affinità con Giuliana è nata in questo blog, in modo, per così dire, virtuale. Quando ci siamo incontrate fisicamente la prima volta, è stato come se avessimo giocato assieme sin da bambine.
Quello che mi aspetto da una amicizia è il desiderio di condividere liberamente una relazione appagante.
Penso che la spontaneità nel piacere di stare assieme sia imprescindibile per sostenerla nel tempo.
Ho poche amiche e tutte donne, il maschi che ho incontrato non hanno questa semplicità di rapporto che consenta di mettersi a nudo, senza imbarazzo, per divenire ciò che si è: insieme.
Lo stato dell’amicizia è composto da “momenti” che penetrano nella tua anima e non ti fanno sentire mai sola, anche in assenza dell’amico; questo favorisce in me il dialogo interiore con Gesù, poiché me lo rende credibile.
Grazie Antonietta e Ciao
Rosella
ripensandoci, forse dovrei ammettere che dopo trentacinque anni di matrimonio una certa complicità che attiene anche all’amicizia, con Gianni esiste.
ciao
Grazie per quello che avete scritto: mi ha aiutato a mettere a fuoco alcune cose.
Prima di tutto che è necessario sempre vigilare sull’attività sotterranea delle nostre maschere e difese (grazie Iside). Sono sempre in agguato, e nelle amicizie temo che il rischio possa aumentare, per il desiderio di essere riconosciuti e apprezzati.
Poi c’è la “spontaneità del piacere nello stare insieme”, di cui ha scritto Rosella. È la prima cosa che avvertiamo: è vero, aldilà di ogni ragionamento è questo il motore profondo del desiderio di incontrarsi.
E poi penso a Gesù: anche lui ci chiama così, “amici” ……
Un caro saluto a tutti
Antonietta
Cara Antonietta,
grazie per il tuo riscontro ma questo mi induce a fare una precisazione, circa quanto ho scritto.
Con la frase “Quello che mi aspetto da una amicizia è il desiderio di condividere liberamente una relazione appagante” intendevo dire che il desiderio reciproco di condividere una relazione liberamente è di per sé “appagante”.
L’amico è colui a cui ti affidi senza remore poiché sai che ti accoglie senza remore e lui sa che tu fai lo stesso nei suoi riguardi; questo dato di fondo, quello della fiducia reciproca ha una sua componente attrattiva spontanea, che aiuta a superare gli eventuali ostacoli.
Non vorrei aver dato l’impressione (non a te, invero) che l’amicizia possa essere qualcosa di totalmente spontaneo, esente da impegno personale, se c’è c’è, oppure non c’è e finisce. E’ indubbiamente necessaria una cura ricca di rispetto reciproco, anche se non condivido totalmente le parole di Don Primo che hai riportate, poichè mi suonano un po troppo educative, da maestro a discepolo più che da amico ad amico.
Ma si sa, l’amicizia è trasversale in molti rapporti, almeno in parte.
Ciao un abbraccio
Rosella
Grazissime sempre a tutti… che bello sentirsi “amici di cordata” e riconoscere con gratitudine il dono raro dell’amicizia che accade e che va pur sempre accolta umilmente e faticosamente come un bambino da aiutare a crescere per essere sempre più musicale e libero di “amorizzare il mondo”.
Mi piace, cari amici di cordata, condividere alcuni versi che ho scritto circa 15 anni fa per rinnovare e riaccogliere con voi la benedizione della nostra amicizia.
Con un abbraccio che sempre viene dall’AMICO
Giuseppina
AMICI
E dal cilindro della vita
la tua, la mia, saldamente intrecciate
emergono ricordi di gratitudine infinita.
E dall’alambicco della memoria
i lutti e i rimpianti, impalpabile essenza,
lasciano scie d’incenso e di frutti
E dalla cornucopia nuziale,
cesto divino, suprema magia
fuoriescono più che figli o fratelli
sorprendenti parenti, colleghi o sconosciuti
semplicemente solo e soltanto
AMICI.