Con l’umiltà che lo pone a scuola da Francesco, alla comune sequela di Cristo, Antonio da Padova, il “dottore evangelico”, il santo dei miracoli, testimonia la bellezza della devozione del discepolato.
Solo un discepolo può diventare un vero maestro, solo chi abdica al falso sé che governa l’ordine dell’Ego, sperimenta la libertà reale che nasce da un amore ardente, dalla venerazione per la Sapienza e per tutto ciò che chiama l’uomo al superamento di sé.
Collaborando al faticoso processo dell’incarnazione dello Spirito, il francescano vive nel cuore della notte la manifestazione del divino come un risveglio dal sonno.
Lo spazio e il tempo si intersecano, vengono dilatati, trasfigurati: “Come se le cinque/fossero un orto/In bilico sul mare”.
Egli sperimenta la purezza liquida dell’anima immacolata, e conosce la carne, la dura realtà della materia, “con la pupilla dell’occhio scorporato”, da una profondità sorgiva più antica del cosmo e delle stelle, antecedente alla creazione tutta.
Con Antonio, e con il nuovo Papa, riconosciamoci tutti francescani, esperimenti folli e gioiosi di un ascolto che incrementa la vita e ci fa aprire agli altri.
E che il Santo guidi il nostro pellegrinaggio terreno, aiutandoci a diventare veri discepoli, maestri di santità!
IL FRANCESCANO
Nel bianco ruscello delle mie notti
Ridestato
Come se le cinque fossero un orto
In bilico sul mare
Il francescano conobbe la carne
Con la pupilla dell’occhio scorporato.
Era l’acqua più antica delle stelle,
La distillata, la sospirata
Venere, immacolata
Vergine Maria.
(Marco Guzzi, Preparativi alla vita terrena, 2002)
Ho partecipato questa mattina ad un incontro preparatorio del Collegio Docenti di domani.
Stiamo provando a unificare, a dare forma nuova alla Scuola Primaria del nostro Istituto (sono due plessi), lasciando che ogni scuola mantenga la propria identità, strettamente legata alla propria storia.
Sento la dura realtà della materia, ma il lavoro in dP mi aiuta a guardare con la pupilla dell’occhio scorporato.
Nella fatica e nel travaglio di oggi, respiro pace, gioia, leggerezza in un tempo che si dilata.
Grazie!
Giuliana
nel bianco ruscello
ridestato
in bilico sul mare
conobbe
era l’acqua
la sospirata
come se le cinque fossero
il francescano
con la pupilla
più antica
la distillata
Venere
delle mie notti
un orto
la carne
dell’occhio scorporato
delle stelle
immacolata
Vergine Maria
mi piace giocare
con affetto
rosella
Ho sentito tante volte Marco G. esprimere la sua devozione a Sant’ Antonio! Mi unisco alla vostra preghiera perchè diventi un’attenta devota discepola francescana. Un abbraccio! Gabriella
Caro Marco,
bella, audace la tua poesia francescana; ti chiedo cosa intendi per “ occhio scorporato”, quello separato dal ciarpame egoico, conformista, che ci portiamo pesantemente sulle spalle? Grazie, Mariapia
Cara Mariapia, in attesa dell’interpretazione ‘autentica’ del poeta, provo a dire la mia: l’occhio scorporato è quello sguardo che non cattura le cose, ma le lascia essere, è probabilmente il ‘terzo occhio’ della tradizione orientale, è quel distacco che ci consente di osservare noi stessi e la nostra vita mentre fluisce, senza attaccamento o avversione. E’ possibile “conoscere la carne” con una tale pupilla? Il mistero dell’incarnazione ci parla dell’unione tra dimensioni abissalmente separate, e della possibilità di annullare per sempre “il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli” (Col. 2, 13).
Un abbraccio. Paola