Questa mattina di agosto, nella ricorrenza dell’Assunzione di Maria, mentre il cielo era gonfio di nubi e un possente sole tentava di infiltrarsi a tratti, mi sono sorpresa a fare giardinaggio nel mio balcone fiorito togliendo le foglie secche dalle mie petunie… Che c’è di strano? direte voi….lo strano è che il mio cuore era pieno di gioia perché quest’anno, per la prima volta in 50 anni, ho piantato e riesco a prendermi cura di piante fiorite, rendendo il mio balcone, che era un magazzino, un luogo che pacifica l’anima. Questo fatto mi da una grande gioia e gratificazione perché è lo specchio della mia trasformazione.
Dopo aver concluso il triennio di base dei gruppi Darsi Pace mi sento finalmente all’inizio di qualcosa di grande: posso finalmente a tratti passare dallo stato d’animo di bambina defraudata, indignata, arrabbiata, allo stato d’animo genitoriale, di chi, cioè, si prende cura, favorisce la crescita, sostiene, nutre…. .
Mentre con calma toglievo le foglie secche dalle mie piante riflettevo su questo stato genitoriale e sull’importanza della CURA; su quanto noi tutti abbiamo un disperato bisogno di cura e su quanto sia difficile offrire la propria cura quando si è decentrati rispetto alla Fonte della Vita.
Riflettevo su come spesso nelle situazioni per noi nuove ci sentiamo come neonati in un corpo da adulti, ma questo fatto non viene preso in considerazione in quanto non è spesso nemmeno percepito visto che DOBBIAMO essere adulti!
Mi è tornato in mente quindi un libro che lessi nell’estate di venticinque anni fa, mentre aspettavo il mio primo figlio, Milo: “Per una nascita senza violenza” di Frédérick Leboyer Ed. Bompiani”, di cui vorrei riportare delle frasi che metterò tra virgolette.
“Quella fronte tragica, gli occhi chiusi, le sopracciglia inarcate, arruffate…
La bocca urlante, la testa rovesciata, che tenta di sfuggire…
Le mani che si tendono, implorano, supplicano, poi vanno verso la testa: gesto di calamità…
I piedi che respingono furiosamente, le gambe che risalgono a proteggere il piccolo tenero ventre…
La carne che è tutta spasimi, trasalimenti, scosse…
Non parla il neonato?
Tutto il suo essere grida, tutto il suo corpo urla:
Non toccatemi! Non toccatemi!
E nello stesso tempo implora, supplica:
Non abbandonatemi! Aiutatemi! Aiutatemi!”
Ho provato di recente questi sentimenti: sentirmi neonata in un corpo da adulta! Dal ventre caldo e rassicurante della mia casa, con dolore sono stata catapultata nel freddo ambiente dell’ospedale, dove non c’era cura; dentro di me atterrivo: “non toccatemi”! “Aiutatemi”!
Oggi pensavo che se i medici avessero questa consapevolezza, se si avvicinassero al malato come una madre si avvicina ad un neonato, potrebbero alleviare una gran parte di sofferenza!
Quando si prova dolore fisico e non si capisce quale è la causa, si vuole solo essere rassicurati, aiutati per attraversare questo dolore, si desidera un ambiente caldo, luci calde, parole dolci più che mai; proprio come un neonato… un piccolo; ecco perché, io credo, Gesù dice di prendersi cura dei “piccoli” !
“E questo appello, che da tanto tempo il bambino lancia venendo al mondo,
chi lo capisce, chi lo coglie, chi semplicemente l’ascolta?
Nessuno.”
In questa situazione ospedaliera in cui mi sono trovata, nessuno ascoltava questo appello angoscioso della mia anima indifesa e fragile…..
Questa fragilità con cui convivo e che ho sentito così forte in questa situazione estrema, mi da la misura dell’importanza che ha per me avere un padre spirituale, un accompagnatore.
Tre anni fa mi affacciavo timidamente alla scoperta di una vita interiore che ho sempre sentito premere dentro di me come una voce che non volevo ascoltare, un mondo sconosciuto e nuovo e quindi da temere.
In questa situazione nuova ho ricevuto la cura e l’accompagnamento di cui avevo tanto bisogno, ho ricevuto sostegno nei momenti di caduta e incoraggiamento per continuare nella lotta spirituale a cui siamo chiamati.
Come dei bravi genitori sono soliti fare, mi sono stati forniti tutti gli strumenti necessari per affrontare gli ostacoli che inevitabilmente sopraggiungono sulla via, e piano piano ho imparato a “camminare da sola”, nella consapevolezza di poter sempre contare su una mano tesa nei percorsi più accidentati dell’esistenza.
La vita interiore è una conquista che richiede piccoli e prudenti passi perché il nuovo non ci sconvolga, ma lentamente guadagni terreno senza farci troppo male. Il nuovo che tanto ci spaventa può essere accolto solo con l’aiuto paziente e amorevole di un genitore che ci ama, così a nostra volta possiamo diventare bravi genitori.
“Per evitare al neonato la paura, bisogna rivelargli il mondo con una lentezza infinita, un’infinità progressiva. E non dargli sensazioni nuove se non nella misura in cui è in grado di sopportarle e integrarle.”
Riflettevo poi su come Maria sia nel contempo figlia e madre di Dio; questa condizione speciale si pone sopra ogni dualismo che ci vuole solo figli o solo genitori: in noi queste due condizioni permangono, esistono contemporaneamente. Per questo occorre, attraverso il lavoro spirituale, affinare la nostra capacità empatica, per poter percepire il bisogno dell’altro di essere accolto come figlio quando si sente afflitto, inerme, bisognoso di cure e di calore, anche quando non è così evidente.
“Forse abbiamo perduto il gusto della semplicità.
Sì perchè basta così poco…
Semplicemente un po’ di pazienza, di modestia. Di silenzio.
Un’attenzione lieve, ma senza crepe. Un po’ d’intelligenza, un po’ di riguardo per l’altro.
L’oblio di sé.
Ah! Eppure…stavo per dimenticare.
Occorre amore.
Senza amore sarete solo abili.”
Quello che Leboyer ci scrive nel 1975, non dovrebbe essere riferito solo alle sale parto, ma ampliato a tutto l’ospedale a tutti i medici e a tutto il mondo!
Dedicato ai miei genitori spirituali Marco e Paola che mi hanno condotta per mano nel luogo del mio inizio
Grazie, carissima Daniela, per questa condivisione.
Gusto, insieme a te, la bellezza, il profumo, i colori del tuo balcone fiorito che si espandono attorno e lontano da te.
Il grido di aiuto della bambina nel corpo di adulta lanciato nel freddo ambiente dell’ospedale, lo sento anche in me e in molte persone che incontro; non solo in chi attraversa un momento di dolore o di sofferenza, ma anche in chi non guarda la disperazione che lo abita o la nasconde dietro sorrisi contratti o parole poco convincenti.
In DP trovo un luogo di accoglienza, di ascolto e di accompagnamento che mi aiuta a prendermi cura della bambina ferita, defraudata, indignata e arrabbiata, e a scoprire che posso camminare da sola perché mai sono stata sola, trovo sempre persone pronte a sostenermi e a prendermi per mano e un Genitore che mai mi abbandona, ma pazientemente attende il mio sì al suo amore smisurato.
Fare esperienza di un Amore che si dà gratuitamente, capace di rispettare la libertà dell’altro, di perdonarlo mantenendosi aperto nella relazione cambia la vita.
Il laboratorio di Darsi Pace mi porta lì e lì la visione che si apre è a 360 gradi come quando arrivi in vetta e tocchi il cielo.
Ti abbraccio e ti aspetto ad Albino.
Giuliana
Grazie Giuliana, è stato bello condividere questo percorso con te. Così lontane geograficamente, ma così vicine spiritualmente! Mi sei stata di grande stimolo con i tuoi interventi così precisi e tempestivi sul blog riservato. Un grande abbraccio e a presto
Daniela
Carissime Daniela e Giuliana: la prima sensazione che ho colto nel leggere il tuo poster, Daniela, e la tua condivisione, Giuliana, è stata quella di sentirmi, oltre che vicino, in perfetta sintonia spirituale con ciò che esprimete nei vostri scritti e che cercate di vivere e condividere con gli altri.
Come ho avuto modo di dire in un altro mio pster, essendo un tecnico,non possiedo, purtroppo, capacità oratorie e letterali simili alle vostre, ma intuizioni spirituali credo di si, anche se pure queste le esprimo a modo mio, cioè cogliendo ispirazione dai disegni manoscritti che Marco usa durante le sue esposizioni ed elaborandole graficamente col computer. L’ultimo di questi lavori sto ultimandolo proprio in questo periodo e l’ho voluto dedicare alla figura di Maria. Perciò, se la circostanza lo consentirà, ho chiesto a Marco di poterne fare un flash in occasione del prossimo intensivo di Albino, al quale dovrei partecipare, sarà poi la redazione DP a deciderne l’eventuale pubblicazione.
Le mie vacanze da pensionato invece le ho trascorso a casa, ciò nondimeno, ho potuto gustare anch’io momenti di pace vera, prima di tutto mediante la “Pratica Meditativa, di preghiera e autoanalisi” (secondo il dettato di Darsi Pace indicato da Marco), cosa che non avevo potuto fare durante tutto l’arco del triennio telematico appena concluso.
Tale lavoro, che Marco usa chiamare “Plastica dell’io”, sono solito viverlo nel mio studio, la cui finestra, volgendo a oriente, mi consente di contemplare il sorgere del sole. Essendo poi un appassionato del pensiero del paleontologo gesuita “Teilhard de Chardin”, cerco di vivere tale momento come lo viveva lui quand’era nel luogo dove la chiesa lo aveva esiliato, il deserto della Cina!
Nel suo scritto dal titolo “La Messa sul mondo” egli racconta che essendo un sacerdote e non avendo la possibilità né il necessario per celebrare l’Eucarestia, prima dell’alba era solito salire su una collina adiacente il suo cantiere di lavoro e, in preghiera, attendeva il sorgere del sole, evento che egli associava a quello “dell’elevazione eucaristica” (rappresentato dal sole che si leva al cielo per inondare di luce e di vita la Terra (patena) e l’umanità.
Per ultimo, se la situazione me lo consente, cerco di assaporare anche gli effetti del contatto diretto con la natura del mio circondario che, essendo in periferia sud di Torino e vicino a territori demaniali protetti (Castello di Stupinigi, ex residenza estiva dei Savoia, con l’annesso grande parco che utilizzavano per la caccia alla volpe, e una vastissima area demaniale agricola gestita dall’Ordine Mauriziano) mi permette di servimene per compiere le mie contemplative passeggiate mattutine, in ascolto dell’armonia naturale e cosmica che vi si sprigiona.
Tanto volevo condividere, nonchè augurare a tutti voi, cari amici di viaggio.
antonio
Ciao Daniela, mi ha molto colpito il tuo riferimento alla cura genitoriale, come cura che dobbiamo a noi stessi. È un bell’approccio su cui riflettere. Il nostro tentativo in dP, infatti, è quello di imparare a raddrizzare, per noi stessi e quindi per gli altri accanto a noi, quella cura che, nelle nostre vite, assume le inevitabili storture delle nostre storie familiari.
Quest’anno purtroppo non sono in grado di venire ad Albino: mi mancherà moltissimo quest’esperienza di condivisione forte e mi mancherete tutti voi! Buon intensivo!
Un abbraccio
iside
Caro Antonio, spesso ti ho immaginato nel tuo studio mentre contempli il sorgere del sole, così come ce lo raccontavi nelle condivisioni del corso telematico, mi colpiva la quiete delle immagini evocate dalle tue parole, mentre la mia vita è sempre frenetica. Mi viene da pensare che siamo come le corde dell’arpa ognuna vibra al sua particolare frequenza, per produrre insieme una dolce armonia.
Cara Iside, mi mancherai, sono certa che ci saranno tante altre occasioni di incontro, intanto ti leggo sempre piacevolmente nei tuoi numerosi contributi sul sito
Un abbraccio
Daniela
Cara Daniela e cari compagni di cordata che avete commentato molto bene il suo post,
io aggiungo questa considerazione: mentre tutti abbiamo un grande desiderio di ricevere cura e magari anche di offrirla, spesso non siamo in grado di darla, ma anche, forse di riceverla: gli adulti devono essere autosufficienti, si è convinti di questo e invece non è così e se, come dici tu, Daniela, siamo lontani dalla Fonte della Vita , cerchiamo invano di bastare a sé stessi e invano cerchiamo di aiutare veramente gli altri.
Le esperienze limite della vita, come una malattia, la constatazione di un fallimento, o anche una gioia che non sappiamo assaporare fino in fondo, ce lo insegnano! Prepariamoci quindi con le lucerne accese!
Quest’anno, per impegni pratici, non potrò essere neppure io a Albino, vi ricorderò nella preghiera!
Mariapia
Cara Maria Pia,
grazie, proprio come l’olio nelle lampade, facciamo tesoro degli insegnamenti duri che la vita ci presenta nelle esperienze limite, sentiamo che è un olio prezioso che non deve essere disperso, lo conserviamo sapientemente, come si fa di qualcosa conquistato con sofferenza;
è proprio così, paradossalmente dopo una situazione avversa, mi sento un po’ più capace di donare, molte resistenze sono crollate e mi abbandono ogni giorno e ogni istante al Flusso della Vita con una nuova piacevole arrendevolezza.
Daniela
Bello spunto di riflessioni il tuo post, Daniela! A me interessa molto il discorso sul genitore/bambino che è in ognuno di noi e che ognuno di noi gioca in momenti diversi della vita, con persone diverse in situazioni diverse. Il problema vero ( almeno per me lo è stato e lo è tuttora) è quando ci si ‘fossilizza’ solo su una di queste parti, pretendendo dall’altro sempre e solo lo stesso ruolo e obbligando se stessi a fare altrettanto…alla fine si diventa esausti, reciprocamente estranei e ostili l’uno all’altro. Attraverso DP spero di re-imparare a ‘fluire’ e a vivere anche quelle parti di me che nel tempo si sono come congelate…e poi sono d’accordo con te: coltivare un piccolo giardino pensile è come coltivare un po’ se stessi, si reimpara a vivere con il ritmo delle stagioni o almeno a riconoscerne i tempi e i segni. D’altronde anche noi facciamo parte del mondo naturale e recuperarne il contatto non può che farci bene.
Ciao a tutti, mcarla
Bellissimo testo, pregno di spunti per una riflessione ampia e profonda. Leggo e rileggo per gustare il contenuto. Ciò che al momento mi colpisce è l’esperienza vissuta nel triennio di base: la gradualità perché gli strumenti indicati dal metodo di “darsi pace” rispettano i tempi e i vissuti di ogni persona in un clima di semplice accoglienza. L’accompagnamento e la cura perché ognuno possa essere autore consapevole del proprio processo di trasformazione. L’incisività del metodo integrato per un reale e profondo cambiamento della visione nei confronti della propria vita.
Come praticante sto imparando a partecipare alla vita, che mi è donata, a non subirla come corpo estraneo al processo evolutivo in atto, ad aderire ad essa con decisione e fiducia coltivando con gioia il mio giardino interiore.
Grazie Daniela!
Arrivederci ad Albino. Vanna
Cara Maria Carla,
è proprio vero, quando attraverso il nostro lavoro, staniamo qualcuna delle nostre pretese assurde, e riusciamo anche solo per poco, a lasciarla andare con l’espiro, il sollievo è grande e la vita inizia piano piano a fluire di nuovo!
Cara Vanna,
ormai conto le ore tra non molto potrò abbracciarti e vedere riflessa nei tuoi occhi la gioia di cui parli, mi piace l’idea del giardino interiore delle nostre fioriture, un bacio
Daniela
What i don’t understood is in fact how you’re no longer actually a lot more neatly-favored than you
might be right now. You are very intelligent. You know therefore considerably with regards to this subject, made
me in my view consider it from so many varied angles. Its like men and women aren’t involved unless it’s one thing to do with Lady gaga!
Your personal stuffs excellent. At all times take care of it up!