Quale chiesa per la nuova evangelizzazione?

Commenti

  1. Quando ho incontrato virtualmente Guzzi ero già in conversione.
    Questo è un fatto.

    Ero già iniziata alla vita fin dall’utero di mia madre
    e l’ innamoramento è la fisiologica psicoterapia che ti apre all’età adulta
    e l’iniziazione è come un innamoramento
    e l’iniziazione cristiana è innamorarsi di Cristo
    e l’innamoramento, come la vita, non puoi darteli da te.

    Questi sono magnifici fatti che accadono, che capitano, talvolta anche all’improvviso.

    Ma allora perchè son qui?

    Perchè gli innamoramenti vanno e vengono, e se ti va bene tingono di rosa l’universo per tre, quattro anni, ma poi passano; mentre Guzzi ha messo a punto un metodo di lavoro integrato, attraverso il quale toccare quotidianamente questa sorgente interna della tua gioia per prenderti cura di te e ciò ti consente di tornare alla terra innamorato della vita, la tua e quella altrui.

    E’ UN DURO LAVORO ma vale la pena di fare un’ esperienza incarnata circa la possibilità di vivere meglio.
    Che è come dire “trovi un senso” riconosci una direzione sempre più chiara e certa poiche la sperimenti dentro te stesso.

    Ti guida una luce unificante il sentimento e l’azione che decidi di compiere.

    Impari a ri-conoscere la vita che vivi con magnanimità verso te stesso e gli altri e non per un forzato senso del dovere o della giustizia, ma proprio perchè sperimentando emozioni di gratitudine e riconoscenza, decidi di condividerne il senso con altri, godendone un po’ di più.

    Il tutto è proposto con gradualità “nella luce della fede cristiana” per gustarne consapevolmente “la dolce ragionevolezza”.

    Penso che questa sia una ricchezza per ogni uomo di buona volontà e questa è la Chiesa in cui abito e che desidero edificare ogni giorno della mia vita.

    Ciao Giovanna
    un abbraccio
    Rosella

  2. io credo, cara Giovanna, che l’evangelizzazione fallisca principalmente per una ragione :
    per mancanza di amore (ricevuto e donato)

    Qual è infatti il compito principale dell’evangelizzatore? rendere testimonianza al Cristo attraverso l’unico comandamento che ci ha lasciato: amare gli altri come noi stessi.

    Ma noi ci amiamo? e soprattutto, ci sentiamo amati?
    L’amore che possiamo dare agli altri infatti è in relazione diretta con quello che riceviamo dall’unica sorgente inesauribile che è Dio, poichè non possiamo amare senza essere amati a nostra volta.
    Pensi davvero che si debba chiedere, a noi stessi ed alla comunità ecclesiastica, altro che non sia coltivare l’amore di Dio come condicio sine qua non di una “nuova evangelizzazione”?

    un abbraccio

  3. Cara Giovanna

    rivedendo il video e riascoltando l’omelia di Papa Francesco devo dire che la domanda che mi sorge spontanea è:

    ma come si fa a “dare un pane” nella libertà dei figli di Dio?

    La Chiesa è Madre nel dirci quali siano le azioni giuste da fare: ma ci dice anche che il Cristiano è gioioso nella vita e nella carità; ma poi, non insegna il COME CONTATTARE IN NOI AMORE E GIOIA per compiere queste azioni liberamente.

    I Sacramenti son percepiti come staccati dalla realtà, perchè spesso il loro aspetto soprannaturale è, almeno in parte ridotto a magia, ed in quanto alla preghiera, a quel dialogo quotidiano da intrattenere con Cristo, chi ce lo insegna?

    Io ho solo un vago ricordo del fatto che mia madre mi dicesse che noi abbiamo un amico nel cuore e si chiama Gesù.
    Lei lo sapeva… ma nessuno le ha insegnato come fare a trasmetterlo a me: è così che mi son persa.

    C’è sete di questo:

    “Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». [40]E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. [41]Molti di più credettero per la sua parola [42]e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

    Ovviamente se son qui è perchè qualcosa ho trovato, ma mi piacerebbe molto che fosse presa in considerazione la possibilità che anche realtà monastiche contemplative si aprissero al mondo donandoci l’esperienza millenaria della loro vocazione: insegnandoci L’ESPERIENZA DELLA PREGHIERA.

    Anch’io mi ripeto, non trovando altro di sostanziale da dire, se non Buona Domenica.

    Rosella

  4. Carissimi Rosella e Stefano grazie dei vostri interventi.
    – Stefano, condivido quello che dici: l’evangelizzazione fallisce principalmente per mancanza di amore ricevuto e donato; l’unica cosa richiesta è l’amore di Dio, ma…………l’esperienza che facciamo nei nostri gruppi ci rivela quanto sia difficile aprire il cuore con fiducia e lasciarsi inondare dall’amore di Dio, quanto lavoro interiore richiede vincere resistenze, sciogliere paure, quanto faticose siano le relazioni con gli altri!
    L’evangelizzazione fallisce perché si pretende spesso di andare ad evangelizzare altri senza aver acquistato consapevolezza che i primi da evangelizzare siamo proprio noi; senza aver toccato con mano le numerose immagini distorte di Dio che ci portiamo dentro (un Dio persecutore, un Dio vendicativo che punisce, un Dio assente); senza aver fatto arrivare la buona notizia del vangelo a tutte le nostre parti ferite che rendono spesso un inferno le relazioni ‘fraterne’.
    Nella nostra condizione di ferita (ferita ab origine) ricevere amore e donarlo non ci viene affatto naturale. Imparare ad amare richiede un apprendimento, un lungo tirocinio, non a caso Imparare ad Amare segnerà il percorso del 2° approfondimento, che corrisponde al sesto e settimo anno dell’itinerario dei gruppi!
    Per questo ritengo che il metodo di lavoro integrato messo a punto da Marco e collaudato da un’esperienza di 14 anni sia un grande risorsa per la Chiesa lanciata verso la sfida della nuova Evangelizzazione: consente di realizzare quella condicio sine qua non di cui parli: coltivare l’amore di Dio. Insegna proprio l’arte del coltivare, che richiede apprendimento e tirocinio.

    -Grazie Rosella, le tue domande centrano il punto dolente/carente: la Chiesa è Madre nel dirci quali siano le azioni giuste da fare, ci dice anche che il cristiano è gioioso nella vita e nella carità ma poi non insegna il come. Come contattare in noi amore e gioia per compiere queste azioni liberamente? come realizzare quel dialogo d’amore con Dio che è la preghiera?
    Condivido il tuo auspicio che le comunità monastiche si aprano a condividere le ricchezze della loro esperienza millenaria di preghiera, spesso però oggi anche queste sono in crisi. La presenza nei nostri gruppi di persone consacrate è una grande risorsa ed è segno di speranza di una fruttuosa osmosi di esperienze.

    Un abbraccio. Giovanna

  5. …che altro dire a proposito dell’ interessantissimo contributo di Giovanna e relativi commenti di Stefano e Rosella? Di me posso solo dire che il lavoro sulle ferite è quello che più mi impegna perchè doloroso, difficile, a volte tremendamente faticoso…dentro di me so però che è un lavoro troppo importante per non farlo, ne va della qualità della mia vita e quindi delle relazioni che vivo con chi mi sta vicino e con tutti gli altri! Davvero dobbiamo imparare a guarire noi stessi per portare salute nel mondo, per discernere ciò che è giusto e necessario fare, oltre la soddisfazione dei nostri egoismi (che purtroppo spesso non siamo proprio in grado di vedere) !
    “Chi è profondamente ferito ferisce, e trasmette agli altri la propria ferita”…se prendessimo davvero a cuore queste parole ci renderemmo conto di quanta responsabilità abbiamo verso la realtà che ci circonda, a partire da chi ci sta più vicino per arrivare all’intero creato…quanto lavoro ci aspetta! mi conforta il pensiero di essere però in buona compagnia, ciao a tutti, mcarla

  6. Condivido ciò che è già stato scritto in questo thread. Mi pare che l’evangelizzazione sia un’apertura e perciò lontana da ogni intento di proselitismo, che sarebbe soltanto autoreferenziale e perciò nella prospettiva di dominio. Mi piace leggere l’evangelizzazione come testimonianza, attraverso la propria esistenza, che la vita vale letteralmente la pena di essere vissuta per la realizzazione della libertà di ciascun essere umano, possibile soltanto se radicata nella Parola di Agape, riconosciuta come nostro fondamento.
    iside

  7. Cara Giovanna e cari commentatori! Approvo tutto quello che è stato scritto qui sul tema dell’evangelizzazione, che comporta un continuo lavoro su stessi, prima che con gli altri. Sto per trasferirmi in un nuovo quartiere della città , avrò un nuovo parroco, che non conosco ancora e nuovi conparrocchiani. Questo mi stimola a rinnovarmi! Ora sono anche molto impegnata per il trasloco e perciò scrivo rapidamente. Aiutatemi con la preghiera in questa impresa pratica, dove sarà messa a prova la mia capacità di concentrazione , di controllo delle emozioni negative, di organizzazione e fiducia ! Mariapia

  8. Carissime Maria Carla, Iside, Mariapia, grazie delle vostre risonanze.
    -Maria Carla: è proprio vero quello che dici, abbiamo una grande responsabilità. Quando trascuriamo di prenderci cura dei nostri bambini feriti diffondiamo mal-essere, diventiamo fonte di infezione sociale, al pari di portatori di malattie infettive. I gruppi sono veri luoghi di cura con un medico d’eccezione, lo Spirito Santo che ci guida. Ed è bello condividere insieme questo percorso di cura.
    -Iside, si evangelizzare non è fare proseliti ma semplicemente testimoniare con la propria vita l’Amore che salva, libera e guarisce. E possiamo testimoniare, incarnare, solo quello che abbiamo davvero sperimentato.
    -Mariapia un trasferimento in altro quartiere è una bella sfida ma anche un’enorme fatica a tutti i livelli. Ti sono vicina con l’affetto e la preghiera. Poi ci racconterai.
    Un grande abbraccio a tutte. giovanna

  9. Il 22 settembre ero con mio marito a Cagliari insieme a centinaia di migliaia di pellegrini per partecipare alla celebrazione eucaristica di Papa Francesco.
    I versi scritti qualche giorno dopo ne sintetizzano pallidamente la grandissima emozione vissuta.
    AVE PAPA’ BERGOGLIO
    sei luce e orgoglio delle genti
    a Lampedusa una lampada accendi
    a Bonaria un ponte luminoso getti
    perchè l’isola di Sardegna figlia diventi
    e spezzi catene con pane di dignità
    nutrita di lavoro e libertà.
    Con te Francesco a Bonaria ancòra
    contro la malaria lottiamo
    con te, con Maria e suo Figlio
    unica àncora, unica rotta
    sulla sua Parola il popolo sardo
    e il popolo di Dio rialza la testa
    prende il largo danza e lotta.

    Cagliari è la città dove dal 1974 al 1984 nella nostra vita di giovani sposi tutto ha avuto un nuovo inizio: il lavoro,i figli nati ed adottati a Cagliari, le amicizie vecchie e nuove ancora salde.
    Per mio marito ed in particolare per me, donna sarda emigrata prima per motivi di studio e poi per lavoro, essere presente e respirare con la mia gente, alla presenza del mondo intero, l’atmosfera di quel giorno bagnato di sole e di lacrime, è stato un abbraccio ed un’emozione fortissima che spero di custodire insieme ai tantissimi che ne sono stati
    toccati.
    “Le vere ferite del cuore sono sempre ferite spirituali e possiamo testimoniare ed incarnare solo quello che abbiamo sperimentato. Papa Francesco, vero Pastore che custodisce il gregge, incarna, trasmette e testimonia la coerenza di una esperienza di vita integrata. E’ per questo che arriva a toccare il cuore, a scuotere e risvegliarci perchè non ci lasciamo rubare la Speranza. Ci ha ricordato che occorre mettere da parte “la Dea Lamentela” per mettere al centro la persona ed assumerci la responsabilità del bene comune, lottando insieme per assicurare a tutti, a partire dai giovani, un lavoro dignitoso e la custodia del creato.
    Durante la messa, pellegrino con noi ai piedi della Madonna di Bonaria, ci ha ri-cordato che non siamo soli e ci ha esortato a non permettere che qualcuno o qualcosa si frapponga fra noi e lo sguardo di Maria che è quello della Madre che senza mediatori ci porta a Gesù.
    Invitandoci a ripetere più volte con lui “Maria, donaci il tuo sguardo”, ha concluso in sardo “Sa Pache ‘e Nostru Segnore siat semper chin bois”( la Pace di Nostro Signore sia sempre con voi)
    Il mio cuore di donna sarda ha pianto e vibrato di una gioia profonda che sento radicata nella mia terra e che,grazie anche alla preziosa risorsa del lavoro che faccio nei gruppi DARSIPACE mi aiuta ad attraversare le sfide planetarie del nostro tempo.
    Questo prossimo ottobre frequenterò il 3° anno telematico dei corsi DP il cui metodo cura i tre livelli mente-corpo -spirito in maniera esperienziale con un serio lavoro personale e di gruppo.
    Il profondo cambiamento del cuore è veramente la necessità più urgente, permanente ed epocale per attraversare le difficoltà del nostro tempo senza perdere la Speranza.
    L’attesa, l’accoglienza, la commozione della mia gente e di quanti incontrano Papa Francesco testimaniano la sete e la fame di esperienze di vita interiore liberata per costruire solide reti comunitarie da vivere dentro le diverse realtà a partire dalla Chiesa e dalla famiglia e prima di tutto dentro il cuore di ognuno di noi come chiaramente sta indicandoci il Pastore Francesco.
    Mi colpisce molto il fatto che ogni volta concluda la sua benedizione con la richiesta di pregare per lui. Accolgo con serietà ed impegno questa sua richiesta nella certezza della necessità di farlo per sostenerlo in tanti: tante certamente sono e saranno le resistenze, sopratutto interne che è chiamato ad attraversare insieme a noi, popolo di Dio.
    Sempre più riconosco con gratitudine e commozione che gli strumenti necessari per il serio, permanente lavoro per la liberazione peronale e del mondo, portati avanti nei corsi DP sono in piena sintonia con l’annuncio e la testimonianza del Papa e per una nuova Evangelizzazione a partire da noi stessi.
    Mi rendo conto ancora una volta di non riuscire ad essere concisa, spero che sarò perdonata da tutti gli amici sardi e non ai quali invio questa condivisione.
    Di cuore ringrazio tutti i compagni di strada e specialmente Paola e Marco Guzzi nonchè Giovanna De Vita…
    Sa Pache ‘e Nostru Segnore siat semper chin nois
    Un abbraccio Giuseppina

  10. Carissima Giuseppina, grazie di questa vibrante testimonianza. Si, il lavoro in Darsi Pace è in perfetta sintonia con quanto Papa Francesco annuncia e testimonia: realizzare un cuore semplice, senza pieghe, senza interne fratture e scissioni (un cuore mariano) e divenire custodi l’uno dell’altro, custodi del creato, per costruire la vera pace.
    Anch’io accolgo la richiesta di pregare per lui: ha bisogno di tutto il nostro affetto e della nostra preghiera per portare avanti la grande Opera di rinnovamento della Chiesa che ha intrapreso.

    Ti abbraccio con affetto. A sabato. Giovanna

  11. Grazie Giuseppina per la tua condivisione che mi fa sentire donna sarda insieme a te, anche se diverso è lo spazio fisico in cui vivo.

    Il lavoro interiore che sperimentiamo in Darsi Pace ci porta nel luogo interiore più intimo, dentro noi stessi, un luogo da amare e che impariamo ad abitare con gioia e con speranza crescente perchè è il luogo della nostra rigenerazione, perchè in questo luogo la Parola vivente entra nella nostra carne e ci rende partecipi di un Corpo che soffre, spera, piange, gioisce, prega, e si espande all’infinito.

    La nuova evangelizzazione deve aiutarci a ricontattarlo e a sostare in questo luogo.
    Un forte abbraccio.
    Giuliana

  12. Stefano C. dice

    «Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda. A me capita che dopo un incontro ho voglia di farne un altro perché nascono nuove idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che riavvicinano e allontanano, ma l’importante è che portino verso il Bene»

    Papa Francesco

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