Due “cancellieri”, due uomini politici, due filosofi. Ambedue “prudenti come il serpente”, ma Tommaso Moro anche “candido come colomba”. Machiavelli viene scelto dal “mondo” come cardine del pensiero politico occidentale, mentre Tommaso Moro lascia la testa sul ceppo sotto la scure del suo re d’Inghilterra, per non tradire il suo Re dei Re.
Tutti due dotati di acuta intelligenza e di grande cultura: Machiavelli ha teorizzato l’autonomia della politica dalla morale perchè le due realtà stanno su due livelli diversi, mentre Tommaso Moro non separa la politica dall’etica e colloca i valori morali al di sopra della politica.
Ha vinto Machiavelli, ha vinto la razionalità tanto pura quanto sterile e incapace di dare senso alla politica, ad una politica di vita. E le conseguenze dal Cinquecento, all’Illuminismo, al XX secolo, sono state devastanti.
La democrazia non ha principi autofondativi capaci di reggersi e giustificarsi per se stessi, e le democrazie liberali europee hanno fatto tragica fine e portato popoli interi alla catastrofe delle dittature.
La politica è l’arte del possibile nelle condizioni date, e per Machiavelli ha il fine di servire la Ragion di Stato: essa per noi è accettabile solo se è supportata da un fine morale, cioè dal perseguimento del bene comune. La Ragion di Stato invece tradisce il suo motivo d’essere quando si piega all’interesse dello Stato trasformato in una sorta di divinità, il Leviatano del filosofo Hobbes.
E’ stata fondamentale la separazione, effettuata dal cristianesimo, tra fede e politica, perchè consente il pluralismo e la democrazia.
Al contrario è stata nefasta la separazione tra politica e morale, per cui Machiavelli dice al Principe, cioè al potere politico, che deve agire come volpe e come leone, usando le armi dell’astuzia e della violenza che sono giustificate e legittimate dalla Ragion di Stato.
Queste riflessioni servono per capire l’oggi, perchè è diffusa e radicata l’idea di uno Stato salvatore, persiste una specie di Stato-latria , come per la Republique giacobina in Francia o per la Repubblica dei Soviet in Russia, ma anche per lo Stato delle socialdemocrazie “dalla culla alla tomba” con relativo corredo di suicidi. E come è ancora oggi in Italia dove lo Stato è erroneamente considerato potenza capace di risolvere tutto.
E specialmente in Italia la cultura dominante è in preda alla confusione e impantanata in contraddizioni irrisolvibili sui temi della politica e dello Stato. Infatti un gran numero di pensatori, di opinionisti e di giornalisti, che hanno passato gli ultimi decenni a cercare di demolire i valori morali, e perfino quelli etici, visti come oppressivi e limitatori della libertà dell’individuo,
oggi si sono resi conto che senza quei valori morali non funziona né la vita della persona, né quella della società, né quella della politica, e vanno in malora anche l’economia e lo Stato.
Quei pensatori sono in cortocircuito perchè alternano rifiuto e richiesta di morale, senza riconoscere che hanno sbagliato prima e senza dire che se si vuole una classe politica pulita bisogna educare alla moralità. Cioè bisogna che politica e morale non siano separate.
Bisogna archiviare Machiavelli. Ma nessuno di quanti si sono conformati al pensiero dominante osa nemmeno pensarci, anche a costo di restare nel pantano, e di trascinarvi l’opinione pubblica che ingannano.
In questa condizione di insostenibilità i cattivi maestri del conformismo cercano spiragli di consolazione nella via di fuga dei “diritti civili”, perchè non vogliono riconoscere il valore e la funzione della morale e quindi raccontano, e si raccontano, che i problemi dipendono dalla mancanza di libertà degli individui.
In tal modo aumentano i danni, perchè l’Italia ha una Costituzione che si fonda sull’idea di comunità e quindi è orientata al perseguimento bene comune.
La logica dei diritti individuali al contrario, sostenuta da parte della magistratura, tende a rendere prevalente l’interesse dell’individuo su quello della comunità, tende cioè a legittimare ed istituzionalizzare l’egoismo.
All’origine di questa confusione e di questi errori c’è l’idea che l’uomo per natura sia buono e integro, e che se sbaglia è per colpa di qualcun altro o in generale della società cattiva, e quindi non ha responsabilità.
Il rimedio ad ogni male starebbe nella politica buona, nello Stato buono, nelle leggi più buone, in più libertà e in un intervento che porta moralità “ope legis”, cioè con la forza della legge: ma è errore ed illusione.
Un esempio: si vuole giustamente combattere lo stalking, ma invece di affidarsi ad un nuovo modo di pensare, alla metanoia che è conversione, si confida solo in leggi più dure, che sono utili ma che non bastano. La cartina di tornasole di tale illusione sono i fallimenti a catena di questo tipo di analisi applicato alla criminalità, alla droga, alla violenza in vari ambiti: si affermava, senza dimostrarlo, che le devianze erano dovute o a condizioni di disagio economico o a degrado sociale. Poi si è visto che le devianze emergevano nelle condizioni economiche e sociali più diverse. Era quindi evidente che le cause erano altre.
La cultura deve ripensarsi radicalmente e ripensare la politica, riconoscendo che esiste la variabile “persona”, e che ogni persona deve fare i conti anche con se stessa.
Non bastano la leva della politica o della forza della legge, ma serve la riflessione sulla natura dell’uomo, sulle sue ferite originarie, sui limiti e le fragilità.
La politica avrebbe bisogno di un’etica condivisa, mentre alti esponenti della laicità affermano la soggettività della distinzione tra cosa sia bene e cosa sia male: non salvando più nemmeno l’etica laica.
Va messo in discussione il pensiero unico politicamente corretto, omologato all’egemonia del “re secolare”, dove è cresciuta l’ipertrofia “dell’io e delle sue voglie” (in Darsi pace diremmo “dell’ego e delle sue voglie”). Per approfondire consiglio di rileggere “Democrazia umana” di Marco Guzzi nel post “Lampi”, dove c’è il link sotto “La fede richiede pensiero”.
Pensiero tanto più necessario perchè i “politicamente corretti” festeggiano in questi giorni il 500° anniversario della stesura del Principe di Machiavelli: per grazia noi abbiamo avuto il dono di S. Thomas Moore.
Ok, tanto più che lo stesso Machiavelli ha certificato il suo fallimento in quanto l'”esperimento” Cesare Borgia è fallito!
Carissimo Giancarlo,
grazie !!!
sono felice di conoscerti!
Voto senza dubbio per Tommaso Moro (tra l’altro uno dei punti di riferimenti anche per mio padre)
un abbraccio affettuoso
Filomena
Dando per scontato il sostegno e la condivisione del pensiero di Tommaso Moro, mi chiedo : “cosa può mettere in moto, in generale, le coscienze individuali di oggi per una reale conversione, la sola che ,credo, possa far accrescere l’essere verso il bene e il Bene?”
Siamo tutti autoreferenziali e la lettura della nostra coscienza si ferma allo spazio a noi visibile. Ma quanto è grande se la nostra coscienza non è illuminata dalla Giusta Fonte di Luce?
Di etica, di comportamenti morali ne parlano tutti (anche molti politici), ma allora perchè non avvengono cambiamenti olistici che nell’organizzazione della res pubblica prendano in considerazione tutti gli aspetti dell’essere e quindi anche quello morale/spirituale? Anche nelle relazioni quotidiane, quelle che funzionano, in generale, sono quelle più superficiali,che si basano sulla reciproca buona educazione e non sulla condivisione di affetti e/o reciproci valori. Segni che ci fermiamo ad un ‘etica personale e non molto espansa..!
Io non ho idea di come possa avvenire una trasformazione sociale (sullo sfondo il Bene che vince sul male) perchè non ho intravisto fin qui, vie (da parte di ” poteri” riconosciuti) per risposte generali. Ho in me però una profonda fiducia nel cambiamento di coscienza dell’uomo – che sento come possibile e reale – e la certezza che in questo momento devo e posso lavorare solo su di me : a riparazione, a sostegno e come …… prevenzione!
Posso solo dire che mi piacerebbe che tutti: politici e non, si iscrivessero ai corsi di Marco…!
Un abbraccio Maria Rosaria
Leggendo sia il ‘post’ di Giancarlo che i relativi commenti, mi è venuta la domanda:
Cosa ci può tenere insieme?
E’ sotto gli occhi di tutti la necessità di una “nuova religio” cioè di un nuovo legame fra gli uomini, di una nuova idea unificante che li guidi verso la costruzione di società, di civiltà, di comunità nuove.
Penso che si debba arrivare ad un punto di equilibrio che riesca a conciliare libertà individuale da una parte, e senso dell’autorità dall’altra, per non cadere nel rischio di anarchia o in quello di dittatura.
Io lo vedo nello sviluppo-da parte dell’individuo- di un senso di appartenenza alla propria comunità come di un valore “più grande di lui” dove si compie la sua libertà sulla base del senso di responsabilità verso i propri simili in una logica di relazione autentica (così come il nostro organismo fisico vive e si sviluppa in quanto aggregazione di particelle che si relazionano armoniosamente tra di loro).
Spero di essere stata il più possibile chiara…un saluto a tutti, mcarla
Sono d’accordo con i commenti precedenti, sia sulle problematiche emerse sia sulle difficoltà circa le soluzioni e sulla necessità di un’umanità solidale; quindi ringrazio la realtà di Darsi Pace per gli spazi formativi che offre, per gli stimoli costruttivi, per il confronto che ci consente e per la speranza che infonde nei nostri cuori spesso sfiduciati. Cari saluti Lucia