Sono autorizzati dalla Questura, ai sensi dell’art. 127 del TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza). Mi riferisco alle attività di “Compro Oro” che spuntano come funghi nelle nostre città e che sono uno dei segni di questi tempi marchiati a fuoco dalla depressione economica e dalla necessità, spesso per sopravvivere e quale extrema ratio, di alienare i “gioielli” di famiglia, oggetti spesso legati a care memorie.
Mettiamola così: una legge dello Stato, che dovrebbe tutelare i meno abbienti e soccorrere chi si trova in difficoltà, consente a chi ha bisogno di ricorrere non alle strutture pubbliche, che dovrebbero farsene carico, ma a privati che fanno affari e lucrano sulla povertà.
Certo, l’oro e l’argento vengono pagati un tot al grammo, ma come non scorgere in questo commercio legalizzato qualcosa di estremamente iniquo, di ingiusto? Come non vederci i tratti di un certo menefreghismo di Stato verso la sorte di migliaia di persone risucchiate nel vortice del bisogno e che hanno toccato il fondo? E come non considerare che si spaccia al minuto la pericolosa illusione che si possa tirare a campare affidandosi ad altro strumento e modalità che non sia il lavoro? Dopo i “Compro Oro” cosa verrà? La vendita di parti del proprio corpo? Vendite illegali e non autorizzate da nessun testo unico, com’è ovvio, ma chi ci dice che non possa fiorire anche dalle nostre parti il commercio di organi umani per far soldi e tirare a campare?
Già le cronache (nere) parlano di espianti volontari di organi o addirittura di bambini brutalmente uccisi e sezionati per vendere i loro organi a qualche benestante del ricco Occidente che, giustamente, teme doppiamente di morire (è già morto ma non lo sa, secondo me). Questi fenomeni degenerativi rischiano di espandersi a macchia d’olio in coincidenza con l’aumento della povertà economica e della miseria spirituale.
Un’economia che produce bisogni e semina povertà è un’economia di morte. È una dis-economia. Ed è un peccato sociale capitale un’economia non eticamente impostata che finanzia il capitale ed il profitto a scapito del lavoro.
Potrei portare altri esempi del degrado, ma evito di farlo per non affliggere il lettore, il quale è a conoscenza di fatti e misfatti, di corruzione pubblica e di obbrobri individuali.
Ora, la denuncia non serve a niente se non ne consegue un’azione finalizzata alla correzione delle distorsioni dell’ego collettivo e, preliminarmente, soggettivo.
Padre Ernesto Balducci invitava a non essere oziosi sul piano storico. Il credente, infatti, l’Uomo Nuovo, è l’uomo della contempl-azione, della denuncia e dell’azione intellettuale e/o concreta. C’è, difatti, chi è chiamato a disegnare il carro, chi a realizzarlo e chi a guidarlo.
Una nuova temperie educativa è tuttavia precedente ad ogni cambiamento in meglio e nel senso del progresso dell’uomo in tutte le sue dimensioni.
Senza questo nuovo inizio, che non potrà fare a meno della riscoperta della persona umano-divina del Cristo e del suo messaggio di liber-azione e di salvezza, tutto risulterà effimero e prolifereranno i venditori e gli spacciatori di illusioni e disperazioni.
Ciao Salvatore! Nel tuo post parli di povertà economica e miseria spirituale: mi sembra che questo binomio riassuma bene i tempi che stiamo vivendo. È un binomio molto distruttivo. Finché la miseria spirituale era coperta da quel po’ di benessere luccicante, tutto sembrava più o meno in ordine, ma ora viene fuori chi siamo veramente, come società e anche come individui. Questa è una buona notizia, direbbe Guzzi. Vedere smascherate le proprie miserie può portare al pessimismo e alla disperazione, oppure può essere una molla per ripartire ogni volta e rifare noi stessi da capo. Ricordare le cose che non vanno serve anche per non dimenticarci della nuova direzione in cui siamo diretti.
Ciao
Antonietta
Quando miseria morale e miseria economica si intrecciano, la miscela è esplosiva. Esplode una con-figurazione e, sulle prime, le schegge della deflagrazione feriscono e lacerano il tessuto sociale. Dopo aver fatto la conta dei morti, è possibile ricominciare convertendoci. Questa è la linea di sviluppo del caos, il suo decorso. Ciao, Antonietta!