Essere presenti, qui e ora. Questa frase me la trovo davanti sempre più spesso, nei contesti più diversi. Ma cosa significa per me essere presente?
Ho capito che significa fare le cose di ogni giorno senza divisioni interne, senza avere la testa da una parte e le mani o le gambe da un’altra. I pensieri automatici infatti sono un sottofondo inconsapevole a molte delle cose che faccio, specie quelle più abitudinarie.
Dentro questi pensieri c’è di tutto: giudizi (tanti!) su di me e sugli altri, paure, lamentele, anticipazioni mentali di quello che farò dopo, pensieri carini ma molto appiccicosi di cose che mi fanno stare bene, e così via.
É un flusso di coscienza sganciato dal presente, o al massimo toccato solo qua e là da quello che sto facendo. La maggior parte di questa attività mentale è inutile perché agisce come una forza centrifuga rispetto al momento presente. Mi fa stare con la testa fra le nuvole, mi toglie attenzione ed energia.
Io non ho ancora capito perché mi è così difficile mantenere una serena consapevolezza del “qui e ora”. A volte mi sembra quasi che sia una paura nascosta a far scattare la mia mente in avanti, come se nell’istante presente ci fosse un vuoto, una vertigine da cui fuggire. Ma forse anche questi sono solo altri pensieri inutili.
L’unica cosa da fare allora è smettere di combattere e tornare all’abc del corpo: vedere, ascoltare, toccare.
Cosa mettono a fuoco i miei occhi realmente in questo momento? Cerco di sintonizzarmi non sul mio solito film interno, ma su quello che ho davanti, ora. I vetri di una finestra. Gli alberi quasi spogli. Le foglie a terra. I colori, le loro sfumature. La luce, il cielo, le nuvole.
E ora, cosa ascoltano le mie orecchie in questo momento? Cosa sento se spengo il mio solito monologo interno? Rumori di passi dal piano di sotto. Voci familiari. I rumori degli elettrodomestici. Attimi di silenzio.
E le mie mani, cosa stanno facendo ora? Cosa toccano? Riesco a sentire le sensazioni della pelle, gli oggetti lisci, quelli ruvidi, il caldo, il freddo?
Provo a ripetere questo gioco ogni tanto, spostando l’attenzione sensoriale dalla mia realtà interna a quella esterna. Oppure mi fermo un attimo e cerco di sentire il mio respiro. Quest’ultimo, che sembra il gesto più semplice, è anche il più radicale: il mio respiro è spesso contratto, rannicchiato tutto nella parte alta dei polmoni.
Ci vuole qualche istante perché ritorni alla giusta ampiezza: accogliere, lasciare andare, fino in fondo, senza fretta. Anche se i benefici di questi esercizi hanno una durata breve, devo ammettere che alla lunga qualcosa si smuove, si fluidifica.
A volte riesco anche a svegliarmi e a meravigliarmi di quello che ho intorno, della luce, degli oggetti che semplificano la vita, di esserci. Tutto per un attimo sembra nuovo. Ma questa sottile, invisibile novità c’è sempre, sono io che troppo spesso sono altrove e non me ne accorgo.
” Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? “ (Is 43,19)
Bello Antonietta!
“Accorgersi”, essere consapevoli è una grazia in cui è meraviglioso essere immersi, anche solo per un istante; spesso il torpore ci annebbia e non ci accorgiamo di nulla, nulla ci sollecita e siamo ottenebrati e stanchi; il risveglio passa attraverso un lavoro che non è più tempo di evitare. La strategia dell’elusione crolla miseramente nelle nostre vite pesanti, la meraviglia dell’esistenza è proprio lì a portata di respiro nel presente a cui cerco di aderire ogni giorno, in ogni momento, in ogni occasione, il lavoro interiore è la rugiada che fa germogliare il Nuovo che preme in tutti noi.
Buon Avvento
Daniela
grazie
buon avvento
Intanto grazie per gli esercizi suggeriti sull’attenzione sensoriale. Devo assolutamente provare dato che anch’io tendo a scappare piuttosto velocemente, travolta dal flusso dei pensieri che sbucano da tutti gli angoli della mente.
Dato che però costitutivamente viviamo sul filo dell’ambivalenza, mi sembra che essere presenti a se stessi implichi l’essere consapevoli dell’istante e contemporaneamente il saper padroneggiare il flusso dei pensieri come con una sorta di filtro che selezioni ciò che è fruttuoso da ciò che è dispersivo. Mi pare che, come impariamo nei gruppi, spesso i difetti lo siano in realtà solo in parte. Il fatto ad esempio di avere una mente elastica, che sappia porre in relazione situazioni anche molto diverse tra loro, trovare connessioni ecc possa essere un vantaggio per imparare creativamente. Il problema sorge quando superiamo il limite (e ahimé lo facciamo spesso, almeno io :-(! ) ed entriamo nel vortice della pallina da flipper e così ogni vantaggio svanisce.
Come al solito un gran lavoro di equilibrismo…
iside
Grazie Antonella per aver descritto così bene soprattutto il continuo flusso mentale che ci trascina, a suo piacimento, nelle mille sponde della vita!
Anch’io sto vivendo,anche se con sfumatura diversa, la tua difficoltà nell’essere nel “qui ed ora”. La mia impossibilità ad essere continua-mente nel presente è data però dal richiamo interiore che sento sempre più urgente e pressante. Sembra che non possa più perdere tempo ad essere sempre “nel qui ed ora” perchè il vero segreto/scrigno che contiene la mia possibilità di ESSERE nella vita quotidiana è solo dentro di me! Se mi fermo solo al presente, vengo assalita anch’io da mille pensieri,dubbi,interrogativi (cosa faccio? e se poi finisco quello che sto facendo, cosa faccio dopo?.e se non ho niente da fare,cosa mi succede…?..) che si dissolvono se mi richiamo immediatamente al mio centro interiore(tenuto vivo dalla preghiera e dalla meditazione costanti )!
Tutto ha un senso dopo il mio contatto profondo e la vita scorre con più presenza, naturalezza e logica! Si sta innescando in me il gioco di un abbraccio continuo tra “me dentro” e “me fuori” perchè solo la complicità di questa osmosi mi da pace,perchè mi rivela misteriosamente e gradualmente chi sono e come posso ESSERE-CI!
Buon Natale! Un abbraccio Maria Rosaria
Antonietta, il vortice dei pensieri….. mi ha fatto scrivere “Antonella”! Il post è indirizzato a te! Ciao Maria Rosaria
“sono io che troppo spesso sono altrove e non me ne accorgo.” Ecco, anch’io sono così. E devo dire che leggendo questo bel post ho sentito come l’inizio di una liberazione – se non altro perché qualcun altro si prende cura di esprimere un disagio che, dunque, non è solo mio! Ho letto una marea di saggi in cui presto o tardi si raccomanda di essere “qui e ora”, spesso è il punto decisivo della trattazione, anzi. Sembra la soluzione di tutti i mali. E io mi scontro con la difficoltà, una cosa che sembrerebbe semplicissima mi risulta difficile. Sono tentato dallo scoramento. Mi accorgo che ogni istante è fasciato, insidiato, a volte avvelenato, da una quantità di pensieri.
Allo stesso tempo, accettare il trascendente, quando accade, mi riporta sempre a vivere con più intensità e creatività il momento presente. Vorrei essere sempre in questa condizione, ma devo ammettere che provarla anche solo qualche volta dovrebbe già essere motivo di speranza…
Marco
…”spostando l’attenzione sensoriale dalla mia realtà interna a quella esterna” : ecco, credo anch’io che qui stia il”barbatrucco”! 😉
E magari anche riuscire a spegnere la mania di controllo, il desiderio ossessivo di anticipare sempre tutto nell’illusione di garantirci una maggior successo..
Qui ed ora, il”presente”:un regalo, appunto..
Grazie per avercelo ricordato!
Chiara
…. e si, è così anche per me, la conquista è che ora riesco a vederlo da fuori, i movimenti della mia mente “evasiva” mi appaiono come una falena che svolazza affannosa contro il vetro di una finestra chiusa, poi si calma, si posa, la finestra si apre e il presente appare.
Patrizia
L’ attenzione al qui ed ora è una meta che mi propongo da tempo, da quando un mio padre spirituale mi ripeteva: “ Age quod agis”. Fai quello che stai facendo, quello in quel momento è la cosa più importante per te. Mi aveva anche suggerito la lettura di un libro “ Le sensazioni coscienti” che proponeva esercizi proprio di attenzione sulle varie sensazioni, anche su quelle tattili. Ora non riesco a ritrovare più quel prezioso volumetto, edito nella collana di psicologia delle ed. Paoline. Talvolta proprio gli insegnamenti più semplici si dimenticano, nel vortice della quotidianità, delle preoccupazioni che ci soffocano… inutilmente, perché è solo nella quiete che riusciamo a risolvere i problemi. Grazie, Antonietta , per averci ricordato la preziosa ascetica della concentrazione nel presente! Mariapia
Grazie Antonietta,
Le tue riflessioni sono proprio quelle di cui ho bisogno, non sono mai “nel momento” ma sempre angosciata da quello che deve succedere o e successo……….
E anche riuscire nella meditazione mi e difficile molto spesso.
Mi da fiducia sapere che e così anche per altri
Un abbraccio a tutti anche se non vi conosco
Francesca
Grazie Antonietta,
hai molto ben descritto una situazione in cui tutti ci troviamo quotidianamente. la nostra scarsa attenzione presente, i nostri pensieri che oscillano sincroni tra passato e futuro, tra rimpianti e desideri, tra rimorsi e e progetti…
Non so se c’entra qualcosa, ma ricordo che Baudelaire diceva che viviamo in una “foresta di simboli”; ogni cosa che cade sotto i nostri sensi rimanda a qualcos’altro. Ecco, forse, perchè siamo sempre distratti, ed ecco perchè tutti i grandi maestri di spiritualità, specie in Oriente, ci richiamano all’attenzione al momento presente, momento ricco di significati, “momento meraviglioso”.
Buon Avvento a tutti!
Lorenzo
Ciao Antonietta,
da cesena il collega di gruppo del lunedì,…hai presente.
come sempre sono ammirato dalla tua prosa di dikinsoniana memoria.
l’ultima volta che ci siamo visti mi parlavi del fatto che avrei dovuto partecipare maggiormente alle discussioni.hai ragione.sono pigro ma soprattutto ho paura di essere giudicato.
infatti ho paura di scrivere che a volte trovo un clima troppo romantico che non sento in linea con lo spirito DP.
nel senso che ci si accarezza molto senza andare al cuore del problema.
si parla molto di questo sentimento oceanico(direbbe Freud)di trasporto illuminato verso il mondo.parliamo di inquinanti e veleni come provetti buddisti di stampo occidentale.ho come l’impressione che mi sfugga l’essenziale.
il lavoro DP e la pratica quotidiana ci possono aiutare,eccome.ma per quel che mi riguarda mi sono accorto che a livello relazionale sono ancora messo male.
nel leggere il post sento che il nostro problema in fondo non è tanto nel tanto nella consapevolezza del qui e ora (che rimane cardinale,ci mancherebbe)ma nell’incapacità di una relazione veramente cristiana(“vi do un comandamento nuovo…”)
Grazie, carissima, un’ottima descrizione dei primi passi della pratica meditativa, e delle sue titubanze.
Vorrei solo aggiungere che l’attitudine che forse ci aiuta di più in questa difficile distensione nell’ampiezza della coscienza presente è l’abbandono: iniziamo subito perciò, fin dal primo momento della pratica, a rilassarci nell’espiro, ad abbandonarci fisicamente ad ogni espiro, con grande pazienza e dolcezza: prima mi abbandono (mi rilasso), poi abbandono uno per volta i pensieri che emergono a distrarmi, poi l’abbandono andrà anche molto oltre….
Un abbraccio. Marco
E allora, visto che nella meditazione sono titubante, anche se al tempo stesso determinato, confesso che mi fanno impressione le parole di Marco, sicuramente facenti al mio caso, che mi ricordano che sono ancora ai primi passi.
E così tu, caro Davide, puoi tranquillamente sentirti ai primi passi nelle relazioni umane e in quella cristiana perchè non sei l’unico, e almeno un altro è come te.
A volte riesco ad entrare nel presente che può essere quello temporale delle aurore di questo incipiente inverno.
Ma a volte riesco ad attingere un presente a-temporale che ha il sapore dell’eterno, ed è esperienza istantanea.
Dentro di me e fuori di me: in determinate condizioni mi libera l’entrare in me, in altre mi libera uscire da me, nel mondo delle percezioni, da gustare.
C’è un “dentro” che è nella mente, ed è fuori luogo, è un posto sbagliato, anche se nel presente.
Una cara amica alcuni anni fa mi ha detto ” stai centrato in te stesso”, indicandomi un percorso dentro a dimensioni spaziali e temporali dilatate: sono nel tempo presente ma anche oltre, sono nello spazio del mio io ma anche oltre.
Grazie, Antonietta che non conosco, per gli stimoli interessanti, e spero di essere riuscito a far capire il mio pensiero.
Ciao a tutti, sono contenta che la descrizione delle mie difficoltà nell’essere presente sia servita come stimolo di riflessione. Il problema è comune, vedo, pur con sfumature diverse.
Ritorno un attimo sul tema della presenza per agganciarmi al commento dì Davide (grazie di essere intervenuto!!!)
Se io non sono presente, se sono immersa troppo nei miei pensieri caotici io presto meno attenzione agli altri e alla vita. Sono chiusa e un po’ autistica. Sono d’accordo con te Davide, il nostro obiettivo non è essere beatamente presenti nel mondo ma essere vivi e relazionali, e questo spesso comporta proprio poca beatitudine. Cristo dice “amatevi come io vi ho amato” e non: ammirate con stupore i fiori nel giardino.
Per quello che ho sperimentato io, la presenza è una premessa importante, un modo per essere un po’ più liberi e ricettivi. Ma anch’io sono ancora qui a cercare un varco per uscire dalle mie chiusure, e so che non basta scrivere qualche bella parola nel blog. Le relazioni fisiche, reali della nostra vita, è lì che bisogna essere presenti ed è lì che spero di imparare qualcosa di quell’amore di cui parla Cristo.
Quanto poi ai toni un po’ romantici che a volte si leggono qui nel blog anche a me capita di non sentirli tanto, perché quello che sperimento quotidianamente é molto più aspro. Ma poi penso che forse sono io il problema, perché parto da una condizione fisica che è difficile e che distrugge sistematicamente tante mie belle intenzioni. Però attimi di bellezza, di gioia ci sono comunque, aiutano ad andare avanti, ed è bello anche condividerli con gli altri.
Ma il punto non è lì, sono d’accordo con te. Bisogna fare un passo in avanti. Spero che riusciremo a parlare ancora di queste cose qui nel blog.
Ciao
Antonietta
Ciao a tutti e tutte,
vorrei lasciare qualche parola – tardiva, mi scuso- riprendendo il commento di Davide, aprendo a questo luogo qualche riflessione che mi ha indotto a fare.
Molto spesso, transito nel tempo presente con l’ansia piu’ o meno nascosta (anche e me stesso) di arrivare a quel chissa’ quale magico momento in cui potro’ finalmente esprimermi nell’ esercizio grandioso del “Comandamento Nuovo”… Ah ah, proprio io…mi viene davvero da sorridere, con tutte le mie profonde infermita’ “egoiche”…
E mentro aspetto quel tempo chissa’ quanto lontano in cui forse potro’ fare chissa’ come e chissa’ con quale forze questa cosa ben al di la’ delle mie possibilita’, ecco che spreco nella distrazione e goffaggine le miriadi di occasioni che si presentano attimo dopo attimo per fare cose davvero minime, ma non per questo prive di valore e, certamente, alla mia portata dell’oggi, purche’ impari appunto, nell’ oggi, anzi, nell’ora, a vivere…
Un mio problema da affrontare e risolvere, forse, pian piano, e’ proprio quello di smettere di credermi quell’eroe dello spirito che non sono, e abbracciare invece la mia vera identita’ , di piccola creatura umana, debole, povera e fragile e spesso incapace.
Poca cosa, e’ vero, ma per intanto, dovrei decidermi di vivere almeno questo, visto che forse almeno questo potrei fare…
E del resto, proprio nel libro che ci insegna il comandamento nuovo si parla anche di una vecchietta, poverissima, che pote’ donare solo una piccola moneta come offerta nel tempio, ma non per questo passo’ inosservata agli occhi del suo immenso e potentissimo Creatore.
Un caro saluto e un augurio di Buone Feste a tutti e tutte.
Alfredo