Pubblichiamo la conferenza di Marco Guzzi dedicata a Martin Heidegger, tenuta nel 2006 a Misano Adriatico.
La grandezza dell’insegnamento del filosofo tedesco sta nell’aver proposto una versione contemporanea di ciò che in tutti i tempi è stata concepito come “conoscenza iniziatica”: una conoscenza in base alla quale sei chiamato a trasformare la forma della mente e a diventare progressivamente ciò che vuoi conoscere.
Questa sapienza iniziatica, esaltata da tutte le tradizioni spirituali della terra, sembra che nel nostro tempo non goda di una particolare fortuna, in nome di un malinteso concetto di libertà di coscienza (che è, e resta, una sacrosanta conquista dell’età moderna).
Nell’ambito del pensiero, infatti, spesso si nega ciò che si è disposti a riconoscere in ogni altro ambito del fare e del creare. E cioè l’esistenza di una misura valoriale, di una scala gerarchica, e di conseguenza anche l’esistenza di veri maestri, uomini più avanti nel cammino, che possano favorire la realizzazione personale dei passaggi conoscitivi.
Nessuno si sentirebbe mai sminuito nella sua dignità se, volendo imparare il pianoforte, andasse a lezione da Rubinstein, o volendo imparare a sciare o a giocare a calcio o a tennis, andasse dal campione di turno, sottoponendosi alla sua scuola a una dura disciplina.
Oggi, in un tempo nel quale ognuno ha la proprie certezze, ognuno è maestro a se stesso, tutti sono maestri di tutti, alla fine accade che non ci siano più maestri, né una verità comune verso la quale tendere.
Forse dipende dal fatto che i veri maestri sono rari, difficili da riconoscere. Ma così è sempre stato, e in ogni tradizione che si rispetti la scelta del maestro è stata posta all’inizio di ogni serio cammino di ricerca.
Sembra dunque importante tornare a comprendere che la vera sapienza non appartiene all’ordine delle opinioni che ognuno di noi può farsi: tutto il pensiero filosofico, fin dalle sue origini è stato proprio un contrapporre il vero sapere alle opinioni comuni, ai pensieri che pensa la nostra mente nel suo stato ordinario di alienazione, illudendosi di esserne padrona e libera amministratrice.
Ma, come direbbe Heidegger e come ci ricorda Marco nel video, non siamo noi che arriviamo mai ai pensieri, è il pensiero che arriva a noi, ci raggiunge, ci colpisce e ci pretende, in quanto ci trasforma secondo se stesso.
Nei gruppi Darsi Pace cerchiamo di rianimare questa sapienza, alimentando una ricerca di senso, che è ciò che ci rende veramente umani, non tanto come un interrogare razionale, un vagare senza direzione, ma come un ritorno a casa, al cuore di noi stessi.
La buona notizia è che è possibile imparare a pensare in modo nuovo, ripartendo ogni volta dall’origine silente di ogni discorso. Infatti quando il pensiero si fa veramente profondo, allora diventa meditazione: una sorta di abbandono rilassato a ciò che è degno di essere interrogato (Heidegger).
E un tale ascolto pensante diviene attesa, ricordo, devozione, ringraziamento.
Per approfondire il contributo fondamentale di Heidegger all’interpretazione della svolta che caratterizza il tempo attuale, rinviamo all’analisi di Marco Guzzi nel libro: La svolta. La fine della storia e la via del ritorno, Jaca Book 1987.
Veramente una conferenza extra-ordinaria nella sua ariosa semplicità di secondo grado
Quante risposte coerenti e consequenziali
Un concentrato di sapienza, non si spiega in altro modo una così limpida serena distesa chiarezza della mente !
Grazie, ancora una volta
Filomena
Grazie a te, carissima, e ringraziamo sempre il Pensiero (Lògos in greco) che viene a illuminarci e a darci la vita.
Un abbraccio. Marco
Mirabile! Hai coniugato la grazia e la logica, credo di aver capito che non opponendosi a questo, anzi ricercandolo, l’uomo sente e pensa rettamente. Grazie, queste parole sono balsamo per chi le ascolta. Un cordiale saluto Stefania
La semplicità di secondo grado, che ho cominciato a sentire in dP, offre un estratto di conoscenza che è sapienza e azione creativa.
Richiede generosità in chi la offre e riconoscenza in chi la riceve.
In entrambi, umiltà e fede nel Pensiero che ci illumina in quanto non siamo noi che arriviamo ai pensieri.
Grazie e un abbraccio.
Giuliana
Faccio eco alle parole di cui sopra ed esprimo gratitudine, ammirazione e riconoscenza, perchè, con l’ascolto della “Sapienza”, offerta con generosità e naturalezza e in ogni suo aspetto, tutti gli interrogativi sul “bisogno di incremento” e sul “senso”, si sono spontaneamente ri-composti e armoniosamente ri-collocati nell’Unico Vero Senso!
Un abbraccio pieno di affetto Maria Rosaria
Sì, grazie davvero Marco per ricordarci sempre che la nostra “superiorità” come esseri umani comporta anche un livello di responsabilità individuale e collettiva di tutti verso tutti perché la dignità di ognuno di noi venga quotidianamente vista, riconosciuta e celebrata…un lavoro davvero grande, il lavoro secondo me più importante che noi possiamo fare! GRAZIE ancora, mcarla
In questi giorni sto rileggendo per l’ennesima volta “essere e tempo”.
Sono rimasto molto colpito dalle comunanze che abbracciano il pensiero di Heidegger ed il percorso iniziatico che si propone nei gruppi di Darsi Pace.
Ad esempio, la chiamata della coscienza che irrompe con il suo tacito angosciarci richiamandoci al nostro essere più autentico è, secondo me, molto simile all’angoscia esistenziale che si prova quando si inizia un vero percorso di scoperta di sé, percorso in cui l’altro da noi gioca il ruolo principale..
Per Heidegger il “voler aver coscienza” consiste in una nostra diponibilità all’ascolto che può portarci ad un’esistenza autentica, caratterizzata da un’angosciosa gioia di essersi affrancati dalla chiacchere dell’esistenza quotidiana.
Caro Maurizio, sono felice che tu possa riscontrare questa consonanza tra alcuni aspetti del pensiero di Heidegger e il nostro cammino. Effettivamente io ritengo che l’analitica esistenziale, ma anche il pensiero sulla storia dell’essere, in Heidegger, costituiscano un presupposto filosofico decisivo per comprendere la nostra situazione contemporanea. Tentai di precisare tutto questo proprio nel mio primo libro teorico: “La svolta”, che pubblicai per la Jaca Book nel 1987. Ciao, e grazie. Marco Guzzi
Grazie a te Marco.
Un abbraccio.
Maurizio
Questo mio intervento sembrerà irrispettoso sia nei confronti di Marco sia nei confronti di Heidegger…
Però…
Ho riascoltato la bellissima conferenza su Heidegger e mi sono tornati in mente i versi di una canzone di Vasco Rossi: “Voglio trovare un senso a questa vita….anche se questa vita ….. un senso non ce l’ha….”
Spesso si trovano delle perle dove meno te lo aspetti.
Una buona giornata a tutti e un forte abbraccio.
Maurizio
Ancora una volta, dico grazie Marco! Solo oggi ho visto questo video, e sono rimasto veramente colpito dalla lucidità piana e gentile, ma al contempo logicamente implacabile, dell’argomentazione. Da pelle d’oca, poi, sentire leggere la poesia di Leopardi fuori da ogni polverosità scolastica, nella sua reale e “terribile” ma rigorosissima posizione umana. Un Leopardi che osa così tanto balza fuori di nuovo interamente uomo, totalmente uomo, fuori da ogni retorica (e capisco di nuovo perché era un poeta che piaceva tanto a Don Giussani, ad esempio). Tanti poetucoli e cantanti “trasgressivi” anche odierni, fanno appena ridere le galline (quelle che non scrivono…), al confronto.
Mi viene da pensare che ciò che ho sentito aiuta il credente ad essere credente e l’ateo ad essere ateo (o meglio a dar spazio a quella parte delle due che sempre vivono in noi). Portando il gioco alla sua prospettiva ultima, comunque.
Due cose ancora.
Una è la gratitudine per chi, come Marco, solleva finalmente la nebbia, quello strano pensiero appiccicoso “un po’ credente un po’ no”, quella che i Pink Floyd chiamano “quieta disperazione”, che pur così tante volte mi trovo attaccato addosso: mi ci trovo proprio rivoltato dentro, incartato dentro. Quella tipidezza di non decisione, fastidiossissima, odiosissima, eppure così ipnotica, così facile ad attrarti. Quel “ma…” posto dopo ogni affermazione positiva. “Sì, ma…” Forse paura, che fa arretrare di fronte al dipanare, con pazienza, le conseguenze di una posizione di fronte alla vita. Di fronte al reale, che anzi informa e “modifica” il reale (e gli accenni cosmologici di questa conferenza li ho molto apprezzati e li dovremmo anzi lavorare, anche come AltraScienza).
Seconda, finalmente la sana liberazione di… riconoscere l’evidenza! Che oscilliamo tra stati opposti. Che libertà! Per non doversi flagellare ulteriormente quando ti accorgi che hai vissuto tutta una giornata in modo totalmente non cristiano: ma non dico per qualche peccato, quello non sarebbe ancora niente, dal punto di vista ontologico. Peggio: per aver dimorato, abitato, preso casa, in una serie di pensieri e in una visione del mondo entro la quala, all’atto pratico, non c’è salvezza, non si vede salvezza. E dire “Cristo” in questo stato è dire una cosa che non si capisce minimamente, anzi irrita tanto non si capisce. Così come a volte mi suona totalmente incomprensibile chi va in giro con l’etichetta “credente” e chi “non credente”, come fosse un partito o una squadra di calcio. E tanti discorsi “inutili” sulla fede o non fede, se non riconoscono questo… Io sono tutti e due, tutti e due sono veri in me. E’ la cosa più onesta che posso dire di me stesso, ogni altra è una proiezione. Ed è proprio perché sono tutti e due in me, vale la pena di lavorarci.
“Sempre e per sempre”, come suona una canzone ripresa a Sanremo…
Grazie, caro Marco, le tue letture e i tuoi ascolti sono opere a loro volta, prosecuzione della creatività del pensiero. Ciao. Marco Guzzi